Capitolo quindici
«Sappiamo com’è morta?», chiese il commissario Bainbridge.
Joseph si morse il labbro. «In via ufficiosa, signore. Strangolamento».
Il commissario annuì lentamente. «Spero riescano a portarla via da quella palude prima che faccia notte».
«È già qui, signore. L’hanno portata all’obitorio qualche minuto fa. Il professor Wilkinson farà l’autopsia questa sera».
«Rory Wilkinson? È delle sue parti, non è vero, sergente?»
«Sì, signore, sostituisce il vostro uomo mentre è su alla Old Bailey1 come consulente tecnico. Wilkinson è un brillante medico legale».
«Ammesso che si riesca a tollerare il suo strano senso dell’umorismo. Lo conosco, sergente. E lei ha ragione, è molto bravo».
Nikki si sentì sollevata. Conosceva la ragazza, e voleva fosse trattata con rispetto. Stando alla sua reputazione, il professor Wilkinson lo avrebbe fatto.
«Ora», il commissario si passò una mano tra i capelli grigio ferro, «dobbiamo dare la notizia alla famiglia Leonard. Lisa Jane deve essere formalmente identificata».
«Lo farò io», disse Nikki. Poi guardò Joseph e si corresse: «Volevo dire che lo faremo noi, signore».
Il commissario la fissò per un istante, con espressione leggermente confusa, poi annuì. «D’accordo, ma sbrigatevi. Si tratta di una notizia che non voglio lo raggiunga attraverso il suo tamtam criminale». Si appoggiò allo schienale della sedia, e Nikki vide profonde rughe di preoccupazione incise sul suo volto già segnato. «E stai attenta, Nikki. So che hai un rapporto particolare con Archie, ma la situazione in sé potrebbe equivalere ad accendere un petardo sotto una polveriera. La famiglia Leonard vorrà vendetta».
«Lo so, commissario. E faremo qualsiasi cosa per impedirgli di dare inizio a un bagno di sangue, lo prometto».
«Quanto sei disposta a dirgli?».
Lei ci rifletté un momento, poi rispose: «Tutto, signore. Mi serve il suo aiuto, quindi deve conoscere tutti i fatti».
Il commissario torse le labbra. «Hai più fiducia in lui di quanta ne abbia io, ma ti sosterrò qualunque sia la tua decisione, ispettore. Ora, avete un lavoro da svolgere. Vi suggerisco di andare a farlo».
Mentre raggiungevano in auto il quartiere del Carborough, Nikki fu costretta a domandarsi in che condizioni sarebbe stato il suo rapporto con Archie alla fine di quel dannato incontro. L’unica cosa che sapeva con certezza era che il suo dolore per la perdita dell’uomo era sincero, e che lui se ne sarebbe reso conto. Cominciò a fare le prove di quello che avrebbe potuto dirgli, poi lasciò perdere. Non esistevano parole giuste per un momento simile. Dovevi solo sperare di saper parlare con il cuore, e di non finire per dire una marea di banalità dozzinali.
«Cosa è successo ad Hannah?».
La voce di Joseph interruppe i suoi pensieri, e per un attimo lei fu sul punto di dirgli di farsi i cazzi propri. Poi ricordò la sua gentilezza di poco prima, e il fatto che aveva condiviso con lei alcuni ricordi abbastanza dolorosi.
«Overdose», rispose in tono sommesso. «Dopo la morte di Emily ero fuori di testa, e quello ha finito per distruggere il mio matrimonio. Robert è andato a vivere all’estero, e si è rifiutato di portare Hannah con sé. Lei ha preso malissimo il suo rifiuto, e ha dato a me la colpa di tutto».
«E ha iniziato a sgarrare?».
Nikki fece una risata breve e rabbiosa. «Oh, no! Non Hannah! Era fin troppo intelligente per farlo! Aveva un piano geniale. Il suo unico scopo nella vita era farmi soffrire. Ogni giorno, in ogni modo».
«Così si è data alle droghe, solo per farla incazzare?».
Di nuovo, Nikki scosse la testa. «No, ma ha iniziato a girare con dei personaggi decisamente poco raccomandabili, tutto solo per me. Poi ha commesso l’errore di fidarsi di una persona che mi odiava ancora più di lei. Una persona che era molto più intelligente di Hannah, e priva di scrupoli».
«Non me lo dica», sussurrò Joseph. «Frankie Doyle».
«Centro al primo colpo, sergente». Nikki entrò nel Carborough e avanzò con sicurezza nel dedalo di strade. «Ed è stato Archie Leonard ad aiutarmi a scoprire cos’era successo, e a darmi il nome di Frankie Doyle».
«Che cosa è successo?», chiese Joseph.
«Credo che Doyle abbia messo le mani su una partita di droga tagliata male». Nikki esitò un istante, poi fece un respiro profondo e disse: «E ha corretto il bicchiere di Hannah con una quantità di schifezze tale da abbattere un bue».
«Voleva ucciderla?». La voce di Joseph si sollevò di un’ottava.
«Ne sono certa. Quale modo migliore per farmela pagare? Ma non ho mai potuto dimostrarlo. Anche Archie è riuscito a ottenere le sue informazioni soltanto attraverso una decina di vie clandestine. C’era un solo uomo che avrebbe potuto aiutarmi, ossia lo spacciatore che ha venduto a Frankie quella merda, perciò può immaginare dove mi ha portato tutto questo, vero?»
«È impegnata da allora in una personale caccia alle streghe». Joseph espirò rumorosamente. «Ma perché Archie l’ha aiutata? Avrete anche uno strano rapporto stile buono-cattivo, ma lei è pur sempre uno sbirro».
Nikki parcheggiò in una piazzola, spense il motore, poi sollevò lo sguardo e rimase quasi a bocca aperta. «Ne parliamo un’altra volta, sergente! Guardi un po’ lì!».
Di fronte a loro c’era il muro di fondo di uno dei caseggiati più piccoli, su cui erano state dipinte con enormi lettere multicolori le parole: GUERRA DELLE MASCHERE.
«Merda!». Joseph saltò giù dall’auto e corse verso il capolavoro non autorizzato. «I graffitari firmano le loro opere con una tag». Perlustrò le spirali marcate e i tratti di colori vivaci. «Sì! Ecco, guardi».
Nikki lo raggiunse e studiò lo strano geroglifico. «Che cos’è? Io leggo P-I-E-T. Telefoni in centrale, sergente, chieda a Cat o a Dave di fare un controllo».
Joseph estrasse il cellulare, parlò brevemente con Cat, poi lo richiuse. «Controllerà sul computer, anche se non penso che ci porterà lontano. Non credo che questo possa essere l’unico, no? Il quartiere ne sarà pieno».
Attraversarono la strada diretti verso la casa di Archie, e Nikki si fermò davanti al cancello. «Non sarà facile». La sua voce era bassa. «Un sacco di cose dipendono da come gestiamo questo incontro. Se la sente?».
Joseph annuì. «È un po’ che non sfrutto le mie capacità di negoziazione, ma immagino siano cose che uno non dimentica». Aprì il cancello e lo tenne per farla passare. «Andiamo?».
Seduto su un divano di pelle color crema, Archie Leonard fissò Nikki con espressione granitica. «Chiunque sia stato la pagherà cara. Mio Dio, se la pagherà!».
«Oh, lo farà, Archie. Te lo prometto». Nikki scelse le parole con cura. «Ma adesso sai cosa dobbiamo chiederti, non è vero?»
«L’identificazione?»
«Temo di sì. E mi dispiace che tu debba passarci. Non c’è dubbio che sia lei, ma per formalizzare il processo abbiamo bisogno di te o di sua madre, in quanto parenti più prossimi».
«Andrò io. Sono il suo tutore…». S’interruppe. «Ero il suo tutore mentre Frank è in prigione. E Margaret non è in condizioni di vedere Lisa Jane, non così». L’uomo fece un respiro tremante e tornò a guardare Nikki. «La famiglia non la prenderà bene, lo sai, vero?»
«Archie, devi convincerli a lasciare il caso a noi. Abbiamo un’altra ragazza a cui pensare. Anche un’altra famiglia del Carborough sta vivendo l’inferno. Una faida nel quartiere potrebbe intralciare seriamente le nostre indagini su Kerry Anderson, e pure su tua nipote. Bastano già le gang e le maschere, non rendeteci le cose ancora più difficili, per favore».
«Ti voglio bene, Nikki, lo sai, ma quando ho messo piede al commissariato sono andato contro la famiglia. Non è stata una mossa apprezzata, quindi…». Scrollò le spalle. «Quindi, potrebbero non essere dell’umore giusto per ascoltarmi, al momento. E, francamente, penso che mi piacerebbe essere il primo a mettere le mani intorno al collo dell’animale che ha ucciso la mia bambina».
«Certo che le piacerebbe», disse piano Joseph. «È naturale per qualunque uomo devoto ai suoi cari».
Nikki lo osservò mentre fissava Archie Leonard con uno sguardo penetrante. «Ma Lisa Jane non era la sua unica responsabilità. Per come la vedo io, ha altre tre ragazze a cui pensare. Le sue due figlie e l’altra figlia di Frank, Melissa. E ha anche dei maschi, nulla impedisce loro di diventare un bersaglio. Immagino che vorrete incanalare tutte le vostre considerevoli risorse nella loro protezione».
Archie rimase imperturbabile sotto quello sguardo fisso. «Ah, siamo una grande famiglia, sergente, con un sacco di amici. Dall’istante in cui mia nipote è scomparsa, gli altri miei ragazzi hanno iniziato a essere tenuti d’occhio come dei neonati. Ci restano ancora un bel po’ di tempo e uomini per risolvere il nostro problema».
«Allora aiuti noi, signor Leonard». Joseph si chinò in avanti. «Pensi a cosa potremmo ottenere con uno sforzo congiunto. Lei ha la conoscenza sul campo, e noi abbiamo un intero esercito di esperti e apparecchiature di ogni tipo».
«Il sergente ha ragione, Archie. Noi abbiamo la tecnologia, e voi avete le informazioni. E non rifilarmi quelle stronzate sul fatto che la famiglia non ti ascolta. Ti amano e ti rispettano, e alla fine qualunque cosa tu dica è legge». Nikki lo guardò seria. «Collabora con noi. Prometto che non ti nasconderò nulla, se tu e gli altri Leonard ci terrete al corrente di ciò che accade nel quartiere».
Archie si massaggiò la fronte, ma non disse niente.
«Suppongo che potremmo fare anche qualcos’altro, signore». Joseph si appoggiò allo schienale e parve pensieroso. A Nikki sembrò uno specialista di chirurgia plastica che discuteva di qualche ritocchino, più che un poliziotto impegnato in un caso di omicidio.
«E sarebbe?».
Adesso fu Joseph a restare in silenzio per un attimo, e Nikki si chiese quale piano stesse architettando.
«Forse, solo forse, potremmo riuscire a tenere il nome di Lisa Jane lontano dai media. Se lei riuscisse a trovare il modo di assisterci, intendo».
Nikki lasciò andare un respiro rumoroso. «Un momento, Joseph! Come cavolo pensa che potremmo riuscirci? Fare una promessa praticamente impossibile da mantenere è un grosso errore!».
«Io non ho mai parlato di promesse, signora. Ma potremmo tentare, no?»
«Potreste?», domandò Archie in tono solenne.
«Lei ci aiuterebbe, se lo facessimo?», ribatté Joseph.
«Prima di rispondere, Archie, non c’è nessuna garanzia», s’intromise Nikki. «Se si sparge la notizia, o se qualcuno offre una bella bustarella, be’, è tutto finito, lo sai».
Archie Leonard la guardò con aria pensierosa. «Parlerò con la famiglia. Non prometto niente, ma ci proverò, e voi fate tutto il possibile per nascondere il suo nome alla stampa. Affare fatto?».
Nikki accettò la mano protesa. «Affare fatto».
Non era la prima volta che faceva accordi con quel particolare angolo del sottobosco criminale, ma simili azzardi costavano spesso qualcosa. Osservò i turbati occhi azzurri di Archie Leonard e sperò che il rischio valesse la pena. Poi, mentre gli lasciava andare la mano, un’immagine di Kerry Anderson le passò davanti agli occhi, e seppe che era così.
«Ora, ho paura che dobbiamo chiederti di andare in ospedale. Dato che dobbiamo tenere la faccenda segreta, ti suggerisco di andarci da solo. L’orario di visita dura fino alle otto, quindi non sembrerà esserci nulla di strano, e io ti raggiungerò lì. Ti porterò da lei passando per i corridoi posteriori».
«Capisco».
«Sarò nel negozio dell’ospedale tra mezz’ora», disse Nikki. «Non dare l’impressione di avermi riconosciuto, compra qualcosa, una rivista o dei fiori, poi esci dietro di me, d’accordo?».
Archie annuì.
«So che non c’è bisogno di dirlo, ma mi dispiace tantissimo».
L’uomo abbassò la testa. «Lo so, Nikki. E una parte di me dice che è colpa mia, che se fossi venuto prima da te, forse…?».
Nikki scosse energicamente la testa. «Non pensarci nemmeno per un attimo. So che stiamo ancora aspettando i rapporti ufficiali, ma da quel che sappiamo, nessuno avrebbe potuto aiutarla. Siamo sicuri che sia stata uccisa appena è stata rapita. Solo non conosciamo il motivo».
«Allora dobbiamo scoprire cosa sta succedendo, prima che muoia qualcun altro». Archie raddrizzò la schiena, e un’espressione ferrea di determinazione gli si allargò sul volto. «Chiamo subito la famiglia, e ti raggiungo in ospedale».
1 La Central Criminal Court di Londra prende il nome dalla strada in cui si trova (Old Bailey, appunto).