Zoe

Non voglio stare accanto a Chris dopo quello che ho letto.

Non lo voglio accanto a me, e non lo voglio accanto a Lucas, e non voglio che sia mai più accanto a Grace.

Vorrei che non fosse mai, mai stato accanto a mia madre, perché un sospetto terribile si sta insinuando dentro di me, che lui possa averla uccisa con la sua violenza.

Sto facendo grandi sforzi per mantenere la calma con quel pensiero che mi riempie la mente. Vorrei disperatamente parlare con Lucas della sua sceneggiatura, vorrei dirgli che adesso capisco perché desiderava così tanto che la leggessi, e che mi dispiace tanto per ciò che è successo a lui e alla sua mamma. Ma in questo momento Lucas non mi rivolgerebbe nemmeno uno sguardo. Non fa che stare seduto, e fissarsi le dita e strapparsi la pelle arrossata intorno alle unghie mangiucchiate.

Vorrei anche poter raccontare tutto a qualcun altro, lo vorrei con tutta me stessa, in modo che altre persone sappiano chi è veramente Chris, ma non so chi scegliere perché non so se qualcuno mi crederebbe mai. In questo momento, non sono sicura al cento percento che Lucas mi lascerebbe inviare la sceneggiatura a qualcuno, perché mi rendo conto che Chris sa essere molto cattivo, ma è anche il padre di Lucas.

Mentre continuo a rimuginare su queste cose, restiamo tutti seduti sui divani: io e Lucas, Chris e Tess e la psicologa della polizia che sta mangiando un panino che puzza di pesce. Nessuno parla. Richard sta dando da mangiare a Grace in cucina. Mio padre è uscito di nuovo in giardino con il suo telefono. Quando sono tornata al piano di sotto e gli ho restituito il cellulare, ho cercato di parlargli di quello che avevo appena letto nella sceneggiatura, ma lui ha mormorato: «Non adesso, Zoe».

Gli agenti se ne sono andati per il momento, ma hanno detto che sarebbero ritornati presto per “scambiare ancora quattro chiacchiere”. Anche Katya è appena andata via: è stata prelevata da una donna della sua agenzia. Me ne dispiace da un lato, ma da un altro ne sono felice. Quella ragazza non mi piace, è ovvio, ma il fatto che sia andata via ha reso tutto ancora più reale, e anche più definitivo. È stato un altro giro di vite del destino.

Il senso di panico adesso mi sta invadendo, e mi fa sentire il bisogno di urlare quello che so e di scappare via dalla stanza per non stare più seduta accanto a Chris, così continuo a ripetermi nella testa uno dei consigli di Jason: «Non reagire sempre a tutto nell’istante in cui le cose avvengono, Zoe. Pensa prima di parlare».

Il problema è che ho paura di non riuscire più a trattenere i miei pensieri, così cerco la persona che considero più affidabile.

«Zia Tessa…», le dico, con l’intenzione di chiederle di uscire dalla stanza insieme a me, così da poterle raccontare tutto in privato. Penso che sia la persona migliore, quella di cui mi fido di più. Ho la sensazione di urlare il suo nome mentre lo pronuncio, ma la mia voce deve essere stata davvero fievole perché Tessa si gira e mi guarda come per dire: «Hai detto qualcosa?», e prima che possa aggiungere altro Chris mi interrompe e domanda: «Posso usare il tuo telefono, Tessa? Credo sia il caso di prenotare una camera d’albergo per noi, dove possiamo passare la notte».

«Noi?», gli chiede Tessa.

Chris aggrotta la fronte, come se la domanda fosse stupida, e poi precisa: «Per Lucas, per Grace e per me».

«Mi fa piacere avervi qui», dice Tessa.

«Sarà tutto più facile se ci togliamo dai piedi».

«Non è un problema, davvero».

«No, non è il caso. Hai già fatto tanto lasciando che la polizia ti entrasse in casa, e ospitando tutti».

«Bene, vuoi lasciare Grace qui con noi?»

«È mia figlia».

«Ma potrebbe essere complicato prenderti cura di lei in una camera d’albergo. È molto soffocante. Siamo felici di tenerla a casa nostra per il momento, qui c’è anche il giardino, e poi a Richard piace prendersi cura di lei, sono sicura che ne sarebbe contento».

«Credo che prenoterò una suite. Ce la caveremo, grazie».

È una risposta piuttosto risolutiva.

«Posso usare il tuo telefono?».

Lei indica l’apparecchio in cucina con una mano. «Accomodati pure».

L’espressione sconvolta sul viso di Tess esprime quello che sento io, e mi chiedo se il suo cuore stia galoppando alla stessa velocità del mio; poi concludo che se non battono allo stesso ritmo adesso, di sicuro lo faranno quando le avrò raccontato tutto ciò che so di Chris.

Ma non riesco a parlare con Tess perché arriva Richard e si ferma sulla porta proprio quando Chris sta per uscire dalla stanza. Richard tiene Grace in braccio, tutta sporca di purea arancione. Sul viso, sui vestiti, sulle mani e i capelli. Anche Richard ne è ricoperto.

«Una piccola catastrofe», spiega Richard.

Chris guarda Grace. Lei gli mostra il palmo di una mano, tutto imbrattato di cibo, e poi chiude forte il pugno, mostrando come la purea di arancia sgusci attraverso le dita: è felicissima. Grace adora fare pasticci.

Chris non accenna a prendere sua figlia dalle braccia di Richard, ma io li raggiungo con due passi dal divano.

«Vado a farle un bagno», annuncio. Guardo Chris. «Non puoi portarla via così».

Perché lui non deve averla.

«Portarla dove?», sento Richard chiedere, ma non ascolto la risposta perché porto l’appiccicosa Grace al piano di sopra, nel bagno, più in fretta possibile, chiudo la porta a chiave per essere sicura di restare da sola con lei; poi apro i rubinetti della vasca e lascio che Grace mi aiuti a versarci il sapone. Alla fine, ci mettiamo sedute sul tappetino del pavimento e dico: «Grace, sei proprio una villana», e immagino che la mamma avrebbe riso se mi avesse sentito dirle una cosa del genere.

E mi chiedo per quanto tempo potrò tenerla chiusa nel bagno per evitare che Chris la porti via.