Tessa

Arrivo alla stazione di polizia insieme a Richard e Zoe. Lui si precipita fuori dal taxi per l’ansia di abbracciarmi, ma è lei che voglio stringere per prima, perché lei è carne della mia carne.

«Dove sei stata?», mi domanda Richard, mentre abbraccio Zoe. «Ero così preoccupato».

Le sue parole mi irritano profondamente perché ho la sensazione che si stia preoccupando per se stesso, e non per me. E poi sono già arrabbiata con lui per aver portato Zoe da Sam. Sono arrabbiata perché è stata una mossa rischiosa per me, ma anche per lei. Zoe non ha bisogno di un avvocato. Perché dovremmo peggiorare questa difficilissima situazione cercando pubblicamente un aiuto legale per Zoe? Fa cadere tutti i sospetti su di lei. Richard è privo di buon senso; non avrebbe dovuto acconsentire alla sua richiesta.

«Dopo», replico. «Per l’amor di Dio!».

Evito di guardarlo negli occhi, ma da come si comporta, dando la precedenza a me e a Zoe e chiudendo la fila mentre ci avviciniamo all’ingresso della stazione di polizia, per poi affrettarsi a superarci e aprire la porta, intuisco che non sa nulla di me e Sam; e ne sono sollevata.

Mentre un agente in borghese ci guida lungo un corridoio nella stazione di polizia, sentiamo Chris ancor prima di vederlo. Girando un angolo, la sua voce ci giunge forte e quasi incontrollata, mentre spiega a qualcuno che c’è un limite a tutto, e che la famiglia non può continuare a stare nella stazione di polizia.

«Perché ci state trattenendo qui?», chiede. «Quale sarebbe l’utilità delle vostre azioni?».

Superiamo la soglia di una porta aperta che conduce in una piccola stanza dove Lucas, Katya e la bambina sono seduti su alcuni divani intorno a un tavolo lungo e basso. Il viso di Grace è striato di lacrime e Katya la tiene stretta con l’espressione di chi si senta fisicamente e mentalmente esausta. Chris è in piedi accanto alla porta e sta protestando con una poliziotta che sembra atterrita.

«Stiamo per aprire un’indagine formale sulla morte di sua moglie, signore», spiega la donna, e mentre formula la frase sembra scegliere le parole con molta attenzione. «Se ci fa la cortesia di portare pazienza, la terremo naturalmente informato su tutto ciò che scopriremo. È complicato…».

Chris la interrompe. «Capisco che sia complicato. Quello che non capisco è perché ci tratteniate qui. Perché siamo “accampati” nella vostra stazione di polizia? Qual è il vostro piano?».

La voce di Chris è ancora più alta, tanto da far scatenare di nuovo la disperazione della bambina.

«Potete venire a casa nostra», propongo. «Se vi fa piacere».

Solo in questo momento Chris si accorge della nostra presenza, ma guarda Zoe distrattamente.

Gira di nuovo lo sguardo sulla poliziotta. «Possiamo?», chiede. «O siamo sospettati?».

Lei risponde con molta cautela. «Non vi stiamo trattenendo, signore, vogliamo solo offrirvi un posto dove stare, perché non potete entrare nella vostra casa. Abbiamo pensato che fosse più facile fare gli interrogatori durante la vostra permanenza qui, perché avremmo avuto bisogno di parlare al più presto con ognuno di voi».

Alle spalle di Chris, Grace piagnucola sommessamente e Katya la dondola sulle ginocchia a un ritmo sconclusionato, che riesce solo a farle spalancare la bocca per la disperazione. Passando accanto a Chris, Zoe si avvicina alla bambina e la prende in braccio.

«Ho una bambina!», esclama Chris. «E dei ragazzi di cui sono responsabile. Questo non è giusto! Li guardi!».

Sono uno spettacolo angosciante. Le loro borse sono disseminate ovunque, l’occorrente per la bambina è sparpagliato per tutta la stanza: il passeggino, il fasciatoio per cambiare il pannolino abbandonato sul pavimento e una tazza di purea mangiata per metà accanto a un pacchetto di salviettine umidificate.

Hanno bisogno di aiuto.

«Agente», intervengo io. «Possono venire a casa mia, se è consentito. Abito a Stoke Bishop».

«Adesso chiedo», risponde. «Immagino che preferiscano sapere che siete qui almeno per il momento, ma andrò a verificare».

Solo quando lei sparisce nel corridoio mi avvicino a Chris e, quasi sovrappensiero, ci abbracciamo in modo goffo. Il dolore non ha indebolito Chris fisicamente, sembra resistente come la pelle di un tamburo.

La polizia acconsente a trasferire tutti a casa mia, e così ci avviamo utilizzando diverse auto.

Mi pento di aver fatto quella proposta quando arriviamo qui, però, perché l’idea di avere Chris in casa mia, insieme alla bambina, e a Katya, e ai ragazzi, improvvisamente mi sembra schiacciante. Con noi è venuta anche la psicologa della polizia. A causa loro, lo spazio sembra addirittura claustrofobico, anche se la mia casa è oggettivamente piuttosto grande. Tante persone non lasciano spazio al mio dolore.

Richard capisce quello che sento, forse lui prova lo stesso sentimento. «Va’ di sopra», mi incita. «Prenditi qualche minuto solo per te».

È mentre sono sulle scale che lo sento aggiungere: «Fatti una doccia», e mi rendo conto di indossare ancora gli abiti che avevo al concerto. Di sicuro lui non ricorda che cosa avevo indosso ieri, ma non è nemmeno stupido, e mi chiedo se il suo commento sulla doccia abbia un significato recondito, oppure se sono diventata paranoica.

Mentre la novità della morte di mia sorella vortica nella mia testa, accuso con violenza Richard: “Se ti ho tradito, te lo meriti. È stato il tuo vizio di bere a costringermi a farlo”.

Apro l’acqua della doccia e la faccio scorrere fino a quando non diventa fin troppo bollente. Sento qualcuno gridare al piano di sotto e la bambina piangere a squarciagola, ma uscirò dalla doccia solo quando non ce la farò più a tollerare la temperatura dell’acqua, perché c’è una parte di me che non riesce a sopportare nessuno di loro, e che non vuole nemmeno guardarli in faccia.

Penso a Sam, e alla notte trascorsa con lui, e tutto ciò che desidero è tornare nel suo appartamento, dove il fiume ci fa da sottofondo sonoro e da panorama, dove esistiamo solo noi due, e so che Richard è opportunamente ubriaco e mia sorella e Zoe stanno bene, felici della loro nuova vita, e non ci sono complicazioni di nessun tipo.

A parte questo, mentre l’acqua mi scorre lungo la schiena e le lacrime mi rigano il viso, avverto solo un senso di stordimento.