Tessa

Sono in piedi proprio accanto a Philip Guerin nell’istante preciso in cui lui e Zoe si ritrovano faccia a faccia. Ho la sensazione che tra di loro potrebbe esserci persino il Grand Canyon, perché all’inizio nessuno dei due sembra in grado di muoversi, eppure quando lui finalmente spalanca le braccia lei salta su dalla sedia e corre verso il suo abbraccio, e lo fa con una tale energia che lui resta senza fiato.

Le prime parole di Philip sono: «Perché state interrogando Zoe senza la presenza di un adulto?».

Gli agenti si alzano e quello sulla sinistra si giustifica: «Sappiamo che Zoe ha diciassette anni».

«Siamo proprio al limite», osserva il padre, «e lo sapete». Parla debolmente, come se le sue nozioni sui diritti legali dei bambini siano un argomento a cui è ben poco interessato, ed è probabile che sia proprio così.

«È del tutto legale», l’agente resta fermo sulla sua posizione, «soprattutto perché non è accusata di nulla, stiamo solo facendo alcune domande informali. E lei è, signore?»

«Suo padre».

Philip Guerin è invecchiato dall’ultima volta che l’ho visto, moltissimo. Ho saputo da Maria che non è stato bene dopo l’incidente, che la sua anziana madre correva alla fattoria a cucinare per lui; e la disperazione si vede dalle rughe che ha sul viso, dalla sua postura da sconfitto, anche sono tratti che potrebbero dipendere dalla notizia che ha ricevuto questa mattina.

Nonostante questo, non posso non sentire una feroce punta di risentimento verso di lui perché ha abbandonato mia sorella e Zoe, dicendo che l’esito delle loro esistenze congiunte era troppo gravoso per lui. Non si riconosceva alcuna colpa, accusava mia sorella di far crescere Zoe sotto una campana di vetro, ma io l’ho visto fare altrettanto. L’ho sentito sfruttare appieno tutta la potenza di fuoco genitoriale per incoraggiare Zoe a suonare il piano: minacce, quantità spropositate di encomi quando lei dava buona prova di sé e valanghe di ricatti emotivi: «Non vorrai dare un dispiacere alla tua insegnante, o alla tua mamma, vero? Lei ha fatto di tutto per darti la possibilità di esibirti».

L’agente dà la mano a Philip e, mentre gli fa le condoglianze per il lutto, con evidente imbarazzo i due si presentano formalmente, mentre il corpo di Zoe è ancora incollato a quello di suo padre.

«Spero lei non pensi che stiamo abusando del nostro potere, signor Guerin», dice l’agente. «So che Zoe ha già avuto a che fare con il sistema giudiziario, ma voglio rassicurarla: in questo momento sua figlia non è una persona sospettata, e noi stiamo solo cercando di scoprire quale sia la sua versione di ciò che è successo ieri sera, in modo da poter avere un quadro preciso dell’accaduto».

E dal petto di suo padre, con la voce distorta, Zoe risponde: «Stavo dormendo».

Philip alza le mani come per dire: “Ecco, vi ha detto tutto”, ma poi non le stringe intorno a sua figlia. Mentre lei si aggrappa al suo petto in un modo che posso solo descrivere come feroce, Philip si lascia cadere le braccia lungo i fianchi in un gesto che sembra di totale sconfitta; e io sono assalita dalla terribile sensazione che quell’uomo non sarà di nessun aiuto per Zoe.