Capitolo diciassette
Mentre parcheggio la bici fuori dalla biblioteca, ricordo di aver trascinato velocemente il mio trolley sul marciapiede rovinato fino al pontile del traghetto. Dove stavo andando così di fretta? Il rumore di metallo contro il molo, il garrire dei gabbiani – riecheggia tutto nel vento. Faccio un respiro profondo e salgo i gradini; sul cartello attaccato al vetro si legge: BIBLIOTECA PUBBLICA MYSTIC. La pesante porta di legno cigola quando la apro.
All’interno, sento l’odore di vecchi libri e del legno del pavimento, di detersivo al profumo di pino e di polvere. Ai lati dello stretto corridoio centrale e delle scale ci sono due grandi sale piene di scaffali di libri. Alla mia sinistra, una donna è seduta dietro il banco delle informazioni: ordinata ed elegante, ha i capelli color cannella raccolti e indossa un maglioncino grigio, un paio di jeans e degli occhiali ovali senza montatura. La biblioteca è silenziosa, si sente solo il fruscio delle pagine.
Lei alza lo sguardo e mi sorride. Mi incammino nel corridoio e mi ritrovo nella sezione gialli. Altri due utenti esaminano gli scaffali, e una donna con un cappello fatto all’uncinetto e un maglione sta leggendo seduta a un tavolo.
Faccio un giro, e sulla parete in fondo noto una serie di acquerelli vivaci che arrivano fino al corridoio che porta ai bagni. La firma in basso a destra sui dipinti è a malapena leggibile: D. Ingram. L’uomo con la barba bianca e gli occhi da pazzo cattura immagini fantasiose di Mystic Island – le bellissime spiagge desolate coperte di alghe e legna, granchi che corrono sulla sabbia, cormorani appoggiati a un tronco che fluttua nel mare, un’orca che salta fuori dall’acqua nella nebbia grigia. Ingram comprende le sfumature di grigio dell’inverno nord-occidentale, ma quando mi avvicino per guardare meglio compaiono gli strati di blu e giallo, le pennellate di verde, una luminosità di fondo.
I paesaggi con le fitte foreste di abeti e quelli marini spogli rivelano in primo piano conchiglie, rocce vulcaniche, un affioramento lungo una cala protetta. In un dipinto riconosco il molo di Doug e la sua barca che oscilla sulle onde. Un’altra immagine mostra la vista sull’oceano dalla cima della scogliera. E poi ha dipinto una persona, una donna che si allontana da lui sulla spiaggia. È una sagoma nera con i capelli al vento e il vestito leggero, una macchia rossa, che svolazza contro le tinte scure di una sera autunnale. Qualcosa nel quadro evoca un senso di forte malinconia, rimpianto – il passato che si allontana. La bellezza della donna è resa dalla sua forma, dal suo portamento, dal modo in cui il cielo si illumina intorno a lei, come un alone.
Nel quadro successivo, lui le si avvicina e la fantasia a fiori del suo vestito è più chiara. Nel dipinto seguente non c’è più la spiaggia, ma si vede un’immagine della donna attraverso il vetro di un bar, come se lui la stesse osservando da un marciapiede. Riconosco il Moonside Café in fondo alla strada. L’oceano si riflette debolmente sul vetro, il profilo di lei è in ombra. Mascella pronunciata, labbra piene, zigomi alti, chioma scura e selvaggia. Mi somiglia molto, ma non abbastanza da darmi da pensare, non abbastanza da farmi ritenere che sia una sosia. I dipinti finiscono qui.
Chi è quella donna? Perché tormenta Douglas Ingram? Non può essere una coincidenza che mi abbia scambiata per lei su un’isola in cui sono già stata. Non posso fare a meno di pensare che sia la chiave – di cosa, non lo so ancora.
Torno indietro al bancone e la bibliotecaria mi sorride. Sul badge c’è scritto FRANCES. Vista da vicino sembra più vecchia – qualche capello bianco tra la chioma color cannella, piccole rughe intorno agli occhi che le danno un’aria sempre sorridente. «Come posso aiutarla?»
«Il quadro nel corridoio», sussurro, anche se non c’è nessuno nelle vicinanze.
«Sì. L’autore ha talento, vero?», dice, congiungendo le mani sul bancone.
«Sa qual è la storia dietro i dipinti?».
Inarca le sopracciglia e il suo sorriso si allarga. «Sta pensando di acquistarne uno? Sarà elettrizzato. Potrebbe non darlo a vedere, ma lo sarà».
«Mi interessa quello con la donna nel bar. Può dirmi qualcosa al riguardo?».
Arriccia il naso e sembra perplessa. «Mi mostri quello di cui sta parlando».
Mi segue nel corridoio che conduce al dipinto. Le sue suole di gomma scricchiolano sul pavimento. Ha un leggero profumo di gardenia. Quando arriviamo davanti al quadro, inspira e batte l’indice sul mento. «Meraviglioso, vero? So che era una persona reale. Come vede, il bar è abbastanza nuovo. Potrebbe essere la moglie, ma se n’è andata dall’isola tempo fa. Non ha mai voluto vivere qui, o almeno così si dice. Nessuno conosce davvero quell’uomo, quindi la gente spettegola. È piuttosto solitario».
«Ma i quadri riflettono la sua sensibilità. Ha occhio».
«Le persone non sempre sono quello che sembrano, vero? Tutti abbiamo dei segreti. Stando alle voci, da giovane era un bellissimo ragazzo. Ed è ancora affascinate, ma è diventato… eccentrico. Una delle vecchie bibliotecarie ipotizzava che la donna del quadro abitasse sull’isola, che fosse sposata. Ma sono solo pettegolezzi».
«Mi incuriosisce la relazione che avevano. Mi ha scambiata per lei; ma se c’è ancora, dev’essere più vecchia di me».
Guarda il quadro e poi di nuovo me. «Vedo la somiglianza, in effetti. Deve sentirne ancora la mancanza dopo tutti questi anni. Magari è sua madre, signorina».
Rido. «No, impossibile. Sono abbastanza sicura che mia madre non sia mai venuta qui. Ed è mancata tanti anni fa».
«Oh, mi dispiace, cara». Il suo sguardo è comprensivo ma non pietoso.
«Grazie. Chissà chi era questa donna per lui».
«Gliel’ha chiesto?»
«Ci ho provato, ma non ha detto niente e non volevo sembrare insistente».
«Non lo so per certo, ma si dice che dopo che sua moglie se n’è andata lui sia rimasto per un qualche motivo. Forse si è innamorato di questa… femme fatale, ma non ha funzionato. Una storia triste. Forse è per questo che l’ha tenuta per sé».
«Mi piacerebbe saperne di più su di lui e sulla donna misteriosa».
«Posso chiedere alla bibliotecaria che lavorava qui. È in pensione, ma conosce bene la storia dell’isola».
«Se non è un problema…».
«Assolutamente no. Le faccio sapere appena scopro qualcosa».