Nota sulle illustrazioni
Le fotografie di questo libro sono in parte ufficiali e in parte non ufficiali. Queste ultime sono probabilmente più interessanti e sicuramente meno note. Molte fotografie scattate da semplici soldati sono qui riprodotte per la prima volta.
George Mosse ha sostenuto che «le foto scattate dagli stessi soldati per le loro famiglie erano sempre realistiche», mentre quelle ufficiali tendevano a perpetuare «il mito dell’esperienza di guerra» (Mosse, Fallen Soldiers, pp. 150 sgg.). A giudicare dalle fotografie qui riprodotte, non è del tutto vero. Senza dubbio, i fotografi accreditati tendevano a evitare foto che ritraevano i morti del proprio schieramento, ma non sempre. Anzi, sorprende constatare quanti orrori di guerra si possano vedere nelle fotografie «ufficiali». Cosa ancora più importante, gli album privati dei soldati non sono necessariamente «realistici», se con questo si intende un atteggiamento impassibile nel raffigurare gli orrori delle trincee.
L’archetipo del fotografo di guerra «realistico» fu John Heartfield. Le due foto con la didascalia «Ecco come appare veramente la morte di un eroe» sono immagini strazianti di soldati morti, contorti, sfigurati, coperti di fango. Ma Heartfield era un soldato particolarmente politicizzato. In realtà era tedesco. Battezzato con il nome di Helmut Herzfeld, lo cambiò in John Heartfield nel 1915 in segno di protesta contro l’anglofobia del tempo di guerra. In seguito ricordò come cercasse consapevolmene di contrapporsi alla fotografia ufficiale mentre prestava servizio nelle trincee: «Le foto di guera furono utilizzate per sostenere la linea di condotta da seguire quando ormai la guerra era finita già da molto tempo sulla Marna e l’esercito tedesco era stato già sconfitto ... Sono stato soldato fin quasi dall’inizio. A quel tempo le incollavamo; io stesso le incollavo e tagliavo rapidamente per disporle una sotto l’altra. Naturalmente, questo creava un altro contrasto, una contraddizione che esprimeva qualcosa di diverso» (Pachnicke e Honnef, John Heartfield, p. 14).
E così nacque il fotomontaggio di Weimar. Comunque, la maggior parte dei soldati che si erano portati una macchina fotografica al fronte (e bisogna ricordare che ai soldati britannici non era permesso) erano meno politicizzati. Pochi cercarono di ottenere il realismo come lo aveva inteso Heartfield, ossia come un contrappunto alla propaganda. Le loro foto ci descrivono come essi stessi volevano vedere la guerra – e la guerra che dovevano vedere gli altri – proprio come le fotografie ufficiali ci illustrano gli obiettivi della propaganda governativa.
Tutte le foto sono state gentilmente concesse dall’Archive of Military Conflict di Londra.