IV

Armi e uomini

Una corsa alla guerra?

All’inizio del 1914 il segretario di Bethmann Hollweg, Kurt Riezler, pubblicò con uno pseudonimo un libro intitolato Grundzüge der Weltpolitik in der Gegenwart (Caratteristiche della politica mondiale contemporanea), nel quale sosteneva che il livello senza precedenti degli armamenti in Europa era «probabilmente il problema più controverso, urgente e difficile dell’epoca presente». Sempre ben disposto a trovare spiegazioni della guerra che riducessero al minimo l’importanza del fattore umano, Sir Edward Grey si sarebbe in seguito dichiarato d’accordo con questa tesi. «L’enorme crescita degli armamenti in Europa», scrisse nelle sue memorie postbelliche, «e il senso di insicurezza e paura provocato dalle armi: fu questo a rendere inevitabile la guerra. Mi sembra questa la lettura più veritiera della storia ... l’autentico e definitivo resoconto sulle origini della Grande guerra.»  1

Gli storici in cerca di grandi cause per grandi eventi sono attratti dalla corsa prebellica agli armamenti intesa come possibile spiegazione della prima guerra mondiale. Come ha scritto David Stevenson, «un ciclo di preparativi militari in costante aumento fu un elemento essenziale della congiuntura che portò al disastro ... La corsa agli armamenti fu un presupposto necessario per lo scoppio delle ostilità».  2 David Herrmann compie un passo ulteriore: creando l’impressione che «le opportunità per una guerra vittoriosa» si stessero riducendo, «la corsa agli armamenti affrettò lo scoppio della prima guerra mondiale». Se l’arciduca Francesco Ferdinando fosse stato assassinato nel 1904 o anche nel 1911, ipotizza Herrmann, forse il conflitto non sarebbe scoppiato; furono «la corsa agli armamenti ... e le congetture su guerre imminenti o preventive» a fare del suo assassinio nel 1914 l’episodio che scatenò la guerra.  3

Tuttavia, come riconoscono gli stessi Stevenson e Herrmann, non esiste alcuna legge storica che stabilisca che tutte le corse agli armamenti debbano sfociare in una guerra. L’esperienza della Guerra fredda dimostra che una corsa agli armamenti può dissuadere due blocchi di potenze dall’entrare in conflitto e può concludersi con il collasso finale di una delle due parti senza che sia necessaria una conflagrazione di vasta portata. Viceversa, gli anni Trenta del XX secolo dimostrano il pericolo di non fare una corsa agli armamenti: se la Gran Bretagna e la Francia avessero tenuto il passo del riarmo tedesco dopo il 1933, per Hitler sarebbe stato ben più difficile persuadere i suoi generali a rimilitarizzare la Renania o a rischiare una guerra per la Cecoslovacchia.

La chiave per comprendere la corsa agli armamenti prima del 1914 sta nel fatto che uno dei due schieramenti la perse, o credette di essere sul punto di perderla. Fu proprio questa convinzione a convincere i suoi leader a scommettere sulla guerra prima di rimanere troppo indietro. Riezler sbagliava quando sosteneva che «quanto più le nazioni si armano, tanto maggiore deve essere la superiorità di una sull’altra, se il calcolo finisce con l’essere a favore della guerra». Al contrario, il margine di svantaggio deve essere estremamente esiguo – anzi, forse soltanto un margine di svantaggio previsto – perché lo schieramento uscito sconfitto dalla corsa agli armamenti rischi una guerra. Il fatto paradossale è che proprio la potenza che si ritrovava nella posizione di incipiente sconfitta nella corsa agli armamenti – la Germania –, era la potenza con la maggiore reputazione di eccessivo militarismo.

«Dreadnought»

Indipendentemente dalle rivalità economiche e imperiali discusse nei precedenti capitoli, il programma navale tedesco è tradizionalmente considerato dagli storici la causa principale del deterioramento delle relazioni anglo-tedesche.  4 La risposta britannica, però, dimostrò ben presto che questa sfida non aveva molte possibilità di successo. Anzi, la vittoria britannica nella corsa agli armamenti navali fu così completa che appare difficile considerarla seriamente una causa dello scoppio della prima guerra mondiale.

Nel 1900 il ministro della Marina, conte di Selborne, aveva osservato mestamente che un’«alleanza formale con la Germania» era «la sola alternativa a una marina sempre più grande e a previsioni di spese sempre maggiori per il suo mantenimento».  5 Ma nel 1902 aveva completamente cambiato opinione, essendosi «convinto che la nuova marina tedesca viene costruita in previsione di una guerra contro di noi».  6 Era un giudizio perfettamente comprensibile. Già nel 1896 il capitano di corvetta (in seguito ammiraglio) Georg von Müller aveva dichiarato con estrema chiarezza che l’obiettivo della Weltpolitik tedesca era infrangere «il dominio britannico nel mondo rendendo così disponibili i necessari possedimenti coloniali agli Stati dell’Europa centrale che hanno bisogno di espandersi».  7

Il programma navale di Tirpitz, tuttavia, non implicava necessariamente una guerra. Lo scopo era in parte difensivo, e niente affatto irragionevole, se si teneva conto del pericolo di un blocco navale britannico nel caso di una guerra con la Germania.  8 Anche la prevista capacità offensiva della flotta tedesca era limitata. Al massimo, Tirpitz aspirava a costruire una flotta abbastanza grande (sessanta unità) da rendere inaccettabile per la marina britannica il rischio di un conflitto anglo-tedesco. Come lo stesso Tirpitz spiegò al Kaiser nel 1899, questo avrebbe costretto la Gran Bretagna a «concedere a Vostra Maestà una tale influenza sui mari da permettervi di condurre una grandiosa politica d’oltremare», in altre parole, senza alcuna lotta.  9

Insomma, la marina tedesca si pose come minaccia al quasi monopolio esercitato dalla potenza navale britannica. O meglio, avrebbe potuto farlo se fosse riuscita a portare a termine il proprio programma di potenziamento senza che a Londra nessuno se ne accorgesse. Mentre questo programma era ancora in corso di attuazione, la Germania, come osservò Bülow, era «come il baco prima che si trasformi in farfalla».  10 Ma la crisalide era troppo trasparente (persino i dilettanteschi servizi d’informazione militare britannici erano in grado di individuare l’allestimento di una corazzata, soprattutto se si trattava di un’unità autorizzata dal Reichstag).

Nel 1905, con il completamento delle prime riforme navali di Fisher, il direttore dei servizi d’informazione della marina poteva fiduciosamente definire «schiacciante» la «supremazia marittima» britannica sulla Germania.  11 Aveva più che ragione: il numero delle corazzate tedesche passò da tredici a sedici tra il 1898 e il 1905, mentre la flotta da guerra inglese aumentò da ventinove a quarantaquattro unità. Questa proporzione non manteneva lo standard di due potenze del 1889, ma era sufficiente per tenere a bada la minaccia della sola Germania. Anzi, ribadiva a Berlino la minaccia britannica nei confronti della Germania, e questo spiega il panico che si impadronì della capitale tedesca nel 1904-1905 per un possibile attacco navale preventivo.  12 L’obiettivo originario di Tirpitz era stato quello di raggiungere un rapporto approssimativo di potenza navale tra Gran Bretagna e Germania di 1,5 a 1. Come dimostra la tabella 7, non riuscì mai neppure ad avvicinarvisi.

La campagna orchestrata dalla stampa di destra britannica nel 1909 voleva averne la certezza. Gli allarmisti britannici – quelli che urlavano «We want eight and we won’t wait» – erano convinti che l’obiettivo dei tedeschi fosse accelerare il «ritmo» del rafforzamento navale in modo che nel giro di pochi anni avrebbero posseduto più dreadnoughts (corazzate) della Royal Navy.  13 In realtà, nel 1912 la Germania possedeva in tutto nove corazzate rispetto alle quindici della Gran Bretagna.  14 Allo scoppio della guerra, la Triplice intesa possedeva quarantatré grandi navi da guerra, mentre le Potenze centrali appena venti (si veda la tab. 8).  15

Tabella 7 – Rapporto fra il tonnellaggio da guerra della Gran Bretagna e della Germania, 1880-1914.

1880

1890

1900

1910

1914

7,4

3,6

3,7

2,3

2,1

Fonte: Kennedy, Rise and Fall of the Great Powers, p. 261.

Tabella 8 – Forza navale delle potenze europee nel 1914.

Paese

Personale

Unità di grande stazza

Tonnellaggio

Russia

  54.000

  4

   328.000

Francia

  68.000

10

   731.000

Gran Bretagna

209.000

29

2.205.000

Totale

331.000

43

3.264.000

Germania

  79.000

17

1.019.000

Austria-Ungheria

  16.000

  3

   249.000

Totale

  95.000

20

1.268.000

Fonte: Reichsarchiv, Weltkrieg, I serie, vol. I, pp. 38-39.

I tedeschi sapevano di essere stati sconfitti. Già nel novembre del 1908 l’autorevole «Marine-Rundschau» pubblicò un articolo anonimo in cui si faceva la seguente ammissione:

La Gran Bretagna può essere sconfitta soltanto da una potenza che ottenga il controllo permanente del mare britannico. Deve possedere una flotta non semplicemente di dimensioni pari a quelle della Royal Navy, ma superiore per numero di corazzate. Chiusa tra la Francia e la Russia, la Germania deve mantenere il più grande esercito del mondo ... Naturalmente, è al di là delle possibilità dell’economia tedesca mantenere nello stesso tempo una flotta che possa superare quella britannica.  16

Quindi, alla domanda posta da Bülow nel 1909 – «Quando potremo pensare con fiducia a una guerra contro la Gran Bretagna?» – Tirpitz poté rispondere soltanto che «in cinque o sei anni il pericolo sarà completamente scomparso». Da questa deludente risposta Moltke concluse che «non abbiamo alcuna possibilità di combattere con successo una guerra con l’Inghilterra», e perciò esortava a stipulare «un accordo onorevole» con questo paese.  17 Il cosiddetto «consiglio di guerra» dei capi militari convocato dal Kaiser nel dicembre del 1912 fu tale solo nel nome. Sebbene Moltke fosse a favore della guerra e sostenesse che «prima la si faceva, meglio era», Tirpitz chiese altri diciotto mesi, perché la sua marina non era ancora pronta. Come annotò nel suo diario l’ammiraglio Müller, il risultato fu «praticamente uno zero».

Il mantenimento della supremazia marittima britannica rafforzò la superbia dell’Ammiragliato. I timori tedeschi di una nuova Copenaghen non erano semplici parti della fantasia: nell’aprile del 1905 Fisher ribadì a Lord Lansdowne che, con l’appoggio dei francesi, la marina «poteva impadronirsi della flotta tedesca, del canale di Kiel e dello Schleswig-Holstein nel giro di un paio di settimane». Allo stesso modo, Fisher nutriva un’incrollabile fiducia nella capacità britannica di imporre un efficace blocco commerciale sulla Germania. «È una cosa davvero singolare che la Provvidenza abbia fatto dell’Inghilterra una sorta di gigantesco frangiflutti contro il commercio tedesco», osservò Fisher nell’aprile del 1906. «La nostra superiorità navale è così schiacciante che, il giorno stesso in cui scoppia la guerra, possiamo immediatamente “spazzare via” ottocento mercantili a vapore tedeschi. Immaginatevi che colpo devastante per il commercio e le finanze tedesche. Degno di Parigi!»  18 La convinzione che una guerra si potesse decidere limitando le importazioni tedesche di derrate alimentari era alquanto diffusa nei circoli navali nel 1907.  19 È proprio questo il motivo per cui, quello stesso anno, ci fu una tenace opposizione alle risoluzioni delineate nella seconda conferenza di pace dell’Aia per limitare l’uso del blocco in tempo di guerra.  20 Come aveva spiegato nel dicembre del 1908 Sir Charles Ottley, ex capo della Naval Intelligence e segretario del Comitato di difesa imperiale, l’opinione dell’Ammiragliato era che

[in una guerra protratta] le macine della nostra potenza navale frantumerebbero (anche se forse piuttosto lentamente) la popolazione tedesca «in minuscoli pezzetti»; prima o poi nelle strade di Amburgo crescerebbe l’erba e sarebbero inflitte enormi distruzioni e rovine.  21

La superiorità britannica appariva talmente schiacciante che devoti navalisti come Esher non riuscivano quasi a immaginare che la Germania avrebbe potuto correre il rischio di una guerra sui mari.  22 Tirpitz era ben conscio del pericolo: nel gennaio del 1907 avvertì che il paese avrebbe sofferto una grave carenza di derrate alimentari in una guerra che, secondo i suoi calcoli, sarebbe durata almeno un anno e mezzo.  23

Anche i politici britannici si rifiutarono di riconoscere la legittimità di una sfida alla loro «supremazia assoluta» sul mare. Per Haldane lo standard di due potenze era un sacro dogma e l’aumento dei costi di mantenimento era colpa della Germania, che voleva recuperare lo svantaggio.  24 Per Churchill la marina britannica era una «necessità vitale» dalla quale dipendeva la stessa «possibilità di esistere» della Gran Bretagna, mentre la marina tedesca era semplicemente un «lusso», il cui scopo non poteva essere altro che l’«espansione»: una vera follia, se si consideravano i piani di blocco britannici.  25 Dopo essere passato all’Ammiragliato nell’ottobre del 1911, Churchill alzò addirittura la posta aspirando a mantenere un nuovo «standard del 60 per cento ... in rapporto non solo alla Germania ma anche al resto del mondo».  26 «La Triplice alleanza sta per essere scavalcata dalla Triplice intesa», si vantò con Grey nell’ottobre del 1913.  27 «Perché», chiese bruscamente il mese seguente, «si dovrebbe supporre che non siamo in grado di sconfiggere [la Germania]? Un esame della potenza relativa delle flotte pronte alla battaglia ci farà sentire al sicuro.»  28 Nel 1914, come ricordava ancora Churchill, «la rivalità navale aveva cessato di essere una causa di attriti ... Stavamo procedendo imperterriti ... ed era certo che non avremmo potuto essere superati».  29 Persino Asquith ammise in seguito che «la competizione sulle spese navali non era in se stessa un motivo concreto di immediato pericolo. Eravamo determinati a mantenere il nostro necessario predominio sul mare ed eravamo perfettamente in grado di tradurre in pratica questa determinazione».  30 In un’intervista rilasciata al «Daily Mail» nel gennaio del 1914 Lloyd George si spinse ancora più in là, dichiarando chiusa la corsa agli armamenti navali:

I rapporti con la Germania sono infinitamente più amichevoli ora di quanto lo siano stati da parecchi anni a questa parte ... La Germania non ha nulla che si avvicini anche solo lontanamente allo standard di due potenze ... È per questo che sono convinto che, se anche la Germania avesse avuto l’idea di sfidare la nostra supremazia sul mare, le esigenze dell’attuale situazione l’hanno completamente dissuasa.  31

La fiducia dei navalisti britannici nella superiorità della loro marina risulta chiaramente anche dal modo in cui giudicavano la minaccia di un’invasione tedesca, l’incubo preferito degli allarmisti. Il Comitato di difesa imperiale non si lasciò persuadere dall’allarmistico rapporto stilato da Robertson nel 1903 (si veda supra, cap. I); e anche un documento redatto dallo stato maggiore generale nel 1906 esprimeva scetticismo sulla possibilità di un’invasione tedesca.  32 Quando, nel 1907 (in risposta all’ammissione pubblica di Lord Roberts su una «minaccia» di invasione), venne creata una sottocommissione del CID per esaminare la questione, il suo rapporto giungeva alla seguente, inequivocabile conclusione: «L’idea che la Germania possa assicurarsi il controllo del mare del Nord per un periodo sufficientemente lungo da permettere il passaggio senza ostacoli di mercantili deve essere considerata del tutto impraticabile».  33 E quando, nel 1914, la possibilità di un’invasione tedesca venne nuovamente discussa, non apparve più probabile.  34 Ed era proprio così, perché i tedeschi avevano abbandonato l’idea già più di dieci anni prima.  35

La finestra che si chiude

I tedeschi avevano un analogo svantaggio sulla terraferma, soprattutto dopo la stipulazione dell’alleanza franco-russa. Ma già prima l’esperienza della disperata resistenza francese dopo la sconfitta di Sedan nel 1870 aveva convinto Helmuth von Moltke che, in caso di una guerra contro entrambe le potenze, la Germania «non poteva sperare di sbarazzarsi rapidamente di un nemico con una rapida offensiva, che la lasciasse libera di affrontare il secondo nemico».  36 Il suo allievo Colmar von der Goltz ribadì questo giudizio nel suo libro Das Volk in Waffen (La nazione in armi), nel quale sosteneva che «la guerra del prossimo futuro dovrà perdere parte dell’elemento di mobilità che ha caratterizzato in larga misura le nostre ultime campagne».  37 La conferma probabilmente più drastica del fatto che i tempi delle guerre brevi e limitate erano terminati giunse nel 1895 per bocca dell’ufficiale del commissariato dello stato maggiore Köpke. In un memorandum segreto (il cui originale è andato perduto) prevedeva che, nel caso di una guerra su due fronti,

anche con lo spirito più offensivo non si potrà realizzare altro che una sfiancante e sanguinosa avanzata passo per passo – talvolta per mezzo di un normale attacco in stile assedio – per ottenere lentamente qualche vantaggio ... Non possiamo aspettarci rapide e decisive vittorie. L’esercito e il paese devono abituarsi subito a questo fatto per evitare che si diffonda un allarmante pessimismo fin dall’inizio della guerra ... La guerra di posizione, i combattimenti su lunghi fronti di campi fortificati, l’assedio di grandi fortezze: tutto ciò deve essere portato a termine con successo. Altrimenti non riusciremo a riportare alcuna vittoria contro i francesi. È sperabile che non ci manchi la necessaria preparazione intellettuale e materiale e che, nel momento decisivo, saremo ben addestrati ed equipaggiati per questa forma di combattimento.  38

L’analisi di Köpke si basava in larga misura sul modo in cui erano state utilizzate le trincee nella guerra russo-giapponese. La convinzione che le fortificazioni russe fossero inferiori a quelle francesi e che la capacità di mobilitazione della Russia fosse più lenta spinse Moltke e Waldersee a scegliere di attaccare per prima la Russia se fosse scoppiata la guerra.  39

Com’è noto, subentrando nel comando a Waldersee, Alfred von Schlieffen cercò di risolvere il problema delle difese francesi aggirandole e attaccando la Francia da nord. Già nel 1897 aveva elaborato un piano di avanzata rapida attraverso il Lussemburgo e il Belgio; nel 1904-1905 aveva definito le linee generali di un grande movimento di aggiramento, che ora passava anche attraverso l’Olanda; e nel dicembre del 1905, alla vigilia del ritiro a vita privata, terminò la sua celebre Grosse Denkschrift (Grande promemoria), in cui prospettava una massiccia offensiva con circa i due terzi dell’esercito tedesco (trentatré divisioni e mezzo) attraverso il Belgio e l’Olanda per penetrare nella Francia settentrionale. L’Alsazia-Lorena e la Prussia orientale dovevano essere difese con il minimo delle forze: una sola divisione sarebbe rimasta in Prussia a contrapporsi all’attesa avanzata russa. L’obiettivo era addirittura l’«annientamento» (Vernichtung) dell’esercito francese in sei settimane, dopo il quale qualsiasi forza nemica che fosse penetrata nel territorio tedesco vi sarebbe rimasta intrappolata.  40

Tuttavia, in questo piano, già al tempo della sua stesura e fino allo scoppio della guerra nel 1914, c’era un errore di fondo: otto delle divisioni che Schlieffen intendeva utilizzare non esistevano. Gli storici conoscono da tempo le tesi contrarie all’aumento delle dimensioni dell’esercito all’interno dell’establishment militare: Kehr le espose in dettaglio già nel 1920.  41 Come ha scritto Stig Förster, in Germania c’era un «doppio militarismo», o meglio, c’erano due militarismi: un militarismo reazionario, «tradizionale, prussiano, conservatore», «dall’alto», che aveva dominato tra il 1890 e il 1905, e un militarismo «borghese», «dal basso», che «tendeva alla destra radicale» e che avrebbe trionfato dopo il 1905.  42 Secondo il primo tipo di militarismo, l’obiettivo essenziale era, come aveva detto Waldersee nel 1897, «mantenere integro l’esercito».  43 In poche parole, questo significava mantenere al 60 per cento la percentuale di ufficiali provenienti da famiglie aristocratiche e anche quella dei sottufficiali provenienti da zone rurali, in modo da escludere i «democratici e altri elementi inadatti all’ambiente [militare]», contro i quali si sarebbe in seguito scagliato il ministro delle Guerra prussiano Karl von Einem.  44 Sotto questo profilo, i militari conservatori potevano far causa comune con Tirpitz e gli altri sostenitori di una grande flotta da guerra tedesca. I successivi ministri della Guerra non esitarono ad accettare la subordinazione dell’esercito alla marina relativamente agli aumenti di bilancio della difesa e ad approvare una modesta crescita delle dimensioni dell’esercito. Tra il 1887 e il 1889 la forza in tempo di pace dell’esercito tedesco era di circa 468.400 uomini. Nei sette anni successivi era aumentata solo fino a 557.430 uomini, malgrado due tentativi di introdurre la coscrizione obbligatoria (che nel 1890 avrebbe assicurato un aumento di 150.200 uomini). Si trattò quindi di aumenti estremamente modesti: nel 1904 la forza in tempo di pace ammontava appena a poco più di 588.000 uomini (si veda fig. 1). Forse la conferma più convincente dei limiti del militarismo tedesco sta proprio nel conservatorismo dello stesso esercito tedesco.

Tuttavia, nel dicembre del 1912 – circa vent’anni dopo il fallimento del tentativo del cancelliere del Reich Caprivi di imporre la coscrizione obbligatoria – all’interno dell’esercito molte cose erano cambiate, nonostante tutti gli sforzi dei conservatori. Senza dubbio, la percentuale di generali provenienti da famiglie aristocratiche era diminuita di pochissimo, e il corpo degli ufficiali di grado superiore continuava a essere formato dai vari von Bülow e von Arnim.  45 Ma la percentuale complessiva degli ufficiali provenienti da famiglie aristocratiche era scesa dal 65 al 30 per cento. Il cambiamento era particolarmente evidente nello stato maggiore generale, che nel 1913 era composto per il 70 per cento da non aristocratici, con alcuni dipartimenti (in particolare l’importante Sezione ferroviaria) formati quasi interamente da elementi di estrazione borghese.  46 Qui lo spirito era più tecnocratico che conservatore e la preoccupazione principale riguardava più i nemici esterni che quelli interni, in particolare la minaccia rappresentata dall’esercito francese e da quello russo. La figura più dinamica della nuova «meritocrazia» militare era Erich Ludendorff, il quale già nel luglio del 1910 aveva dichiarato che «ogni Stato coinvolto nella lotta per la propria sopravvivenza deve usare tutte le sue forze e tutte le sue risorse».  47 Nel novembre del 1912 aveva sostenuto la necessità di introdurre la coscrizione generale con parole che riecheggiavano lo spirito dell’epoca delle guerre di liberazione: «Dobbiamo diventare nuovamente un popolo in armi».  48 Il «Grande memorandum» redatto da Ludendorff nel dicembre del 1912 chiedeva di mandare sotto le armi un ulteriore 30 per cento degli uomini dichiarati idonei (portando il tasso di leva dal 52 all’82 per cento, vale a dire allo stesso livello dell’esercito francese), con un aumento complessivo di 300.000 reclute in due anni.  49 Persino Bethmann Hollweg sembrò persuaso: «Non possiamo permetterci di trascurare qualsiasi recluta che possa portare un elmetto», dichiarò.  50 Per i militari conservatori all’interno del ministero della Guerra le connotazioni radicali del piano di Ludendorff erano perfettamente chiare. Il generale Franz von Wandel replicò piccato: «Se voi continuate a fare simili richieste, porterete il popolo tedesco [sull’orlo] della rivoluzione».  51 Quando, durante il «consiglio di guerra» del dicembre 1912, il Kaiser sembrò appoggiare l’idea di un nuovo disegno di legge per l’esercito, il ministro della Guerra Josias von Heeringen si oppose «perché l’intera struttura dell’esercito – istruttori, caserme, eccetera – non sarebbe in grado di accogliere nuove reclute». Anzi, Heeringen giunse addirittura a scagliarsi contro «i dubbi ... sulla nostra potenza bellica» sorti in alcuni «settori dell’esercito» per «la propaganda della Lega dell’esercito e dei pangermanici».  52 Denunciando il piano del capo dello stato maggiore come un tentativo di «democratizzazione» dell’esercito, riuscì a far degradare Ludendorff al comando di un reggimento e lui stesso preparò un nuovo disegno di legge che prevedeva un aumento di soli 117.000 uomini.  53

Figura 1 – La forza in tempo di pace dell’esercito tedesco, 1874-1914.

Nota: La figura non comprende il Landwehr (milizia territoriale).
Fonte: Förster, Der doppelte Militarismus.

Ma Ludendorff aveva ragione. I disegni di legge del 1912 e del 1913 incrementarono la forza in tempo di pace dell’esercito tedesco fino a 748.000 uomini. Le forze russe e francesi, però, erano aumentate ancora più rapidamente negli anni precedenti. Nel 1913-1914 gli eserciti francese e russo potevano contare su una forza complessiva in tempo di pace di 2.170.000 uomini, in confronto a una forza complessiva austro-tedesca di 1.242.000 uomini: c’era quindi uno scarto di 928.000 uomini. Nel 1912 lo scarto era stato di 794.665 uomini, e nel 1904 di appena 260.982 unità.  54 Ciò significava che l’esercito tedesco, al livello massimo degli effettivi in tempo di guerra, poteva contare su 2.150.000 uomini, ai quali potevano essere aggiunti 1,3 milioni di soldati degli Asburgo, mentre le forze congiunte di Serbia, Russia, Belgio e Francia ammontavano a 5,6 milioni di soldati (cfr. tab. 9).  55

L’aumento del divario era visibile anche in termini di cifre totali di richiamati nel 1913-1914, rispettivamente 585.000 e 383.000. Secondo lo stato maggiore tedesco, in Francia veniva arruolato l’83 per cento degli idonei al servizio militare, in confronto al 53 per cento in Germania (cfr. tab. 10).  56

È vero che in Russia veniva arruolato ogni anno solo il 20 per cento degli idonei al servizio, ma, data l’enorme vastità della popolazione russa, per Berlino era una magra consolazione.  57 Come aveva detto lo stesso Schlieffen nel 1905: «Continuiamo a vantarci dell’elevata densità della nostra popolazione, ma queste masse non sono addestrate e armate in modo adeguato».  58 E sette anni più tardi Bernhardi commentò: «Sebbene l’Impero tedesco abbia 65 milioni di abitanti in confronto ai 40 milioni della Francia, questo surplus di popolazione rappresenta un capitale inerte, a meno che un corrispondente numero di reclute sia arruolato ogni anno e che in tempo di pace siano predisposti i meccanismi per attuare una tale organizzazione».  59 «Farò quel che posso», disse Moltke al suo collega austriaco, barone Franz Conrad von Hötzendorf, nel maggio del 1914. «Non abbiamo una superiorità sui francesi.»  60

Tabella 9 – Le forze militari degli Stati europei nel 1914.

Paese 

 Forza in tempo di pace

 Coloniali

 Forza in tempo di guerra

 Divisioni di fanteria

 Divisioni di cavalleria

Russia 

1.445.000 

  

3.400.000 

114.5 

36 

Serbia 

     52.000 

  

   247.000 

  11.5 

  1 

Montenegro 

        2000 

  

  

  

  

Francia 

   827.000 

157.000 

1.800.000 

      80 

10 

Gran Bretagna 

   248.000 

190.000 

  

        6 

  1 

Belgio 

     48.000 

  

   117.000 

        6 

  1 

Totale 

 2.622.000

 347.000

    5.564.00

     218

 49

  

  

  

  

  

  

Germania 

   761.000 

     7000 

2.147.000 

  87.5 

11 

Austria-Ungheria 

   478.000 

  

1.338.000 

  49.5 

11 

Totale 

 1.239.000

      7000

  3.485.000

    137

 22

Fonte: Reichsarchiv, Weltkrieg, I serie, vol. I, pp. 38-39.

La figura 2 riassume il problema, mostrando quanto fossero più grandi gli eserciti uniti di Russia e Francia alla vigilia della guerra rispetto a quelli della Germania e dell’Austria-Ungheria. In termini di divisioni (e «divisione» corrisponde a entità diverse in paesi diversi) la situazione risultava addirittura peggiore.  61

Tabella 10 – Potenziali militari degli Stati europei nel 1914.

Paese   

   Popolazione

   Popolazione delle colonie

   Uomini in età di leva

   Uomini addestrati (esclusa la marina)

   Percentuale di uomini addestrati

Russia   

164.000.000   

    

17.000.000   

6.000.000   

  35   

Serbia   

    4.000.000   

    

     440.000   

    

    

Montenegro   

       400.000   

    

       60.000   

    

    

Francia   

  36.600.000   

  57.700.000   

  5.940.000   

5.067.000   

  85   

Gran Bretagna   

  46.000.000   

434.000.000   

  6.430.000   

   248.000   

4-8   

Belgio   

    7.500.000   

  17.500.000   

    

    

    

Totale   

   258.500.000

   509.200.000

    

    

    

    

    

    

    

    

    

Germania   

  67.000.000   

  12.000.000   

  9.750.000   

4.900.000   

  50   

Austria-Ungheria   

  51.000.000   

    

  6.120.000   

3.000.000   

  49   

Totale   

   118.000.000

     12.000.000

    

    

    

Fonte: Reichsarchiv, Weltkrieg, I serie, vol. I, pp. 38-39.

Figura 2 – Gli eserciti delle quattro principali potenze europee, 1909-1913.

Nota: I dati relativi all’Austria-Ungheria nel 1913 sono tratti da un’altra fonte perché quella utilizzata da Herrmann (von Loebbels Jahresberichte) non li riporta.
Fonte: Herrmann, Arming of Europe, p. 234.

Tabella 11 – Totale del personale militare (esercito e marina) come percentuale della popolazione delle cinque grandi potenze,
1890-1913/1914.

 

1890

1900

1910

1913-1914

Russia

0,58

0,86

0,81

0,77

Francia

1,42

1,84

1,95

2,29

Russia + Francia

0,79

1,08

1,03

1,05

Gran Bretagna

1,12

1,52

1,27

1,17

Russia + Francia + Gran Bretagna

0,85

1,16

1,08

1,07

Germania

1,02

0,94

1,08

1,33

Austria-Ungheria

0,81

0,82

0,84

0,85

Germania + Austria-Ungheria

0,93

0,89

0,97

1,12

Italia

0,95

0,79

0,94

0,98

Nota: Le cifre sulla popolazione riportate da Kennedy riguardano il 1913, mentre quelle del personale il 1914.
Fonte: Kennedy, Rise and Fall of the Great Powers, pp. 255 e 261.

Come mostra la tabella 11, la società più militarizzata nell’Europa prebellica era senza alcun dubbio quella francese, dove il 2,29 per cento della popolazione era nell’esercito o nella marina. La legge dei tre anni di servizio militare, approvata nel luglio del 1913, rafforzò semplicemente una tendenza già in atto da lungo tempo.  62 Seguiva la Germania (1,33 per cento), ma la Gran Bretagna non era molto indietro (1,17 per cento). Queste cifre confermano che Norman Angell aveva ragione quando scriveva che i tedeschi «erano ritenuti (detto per inciso, in modo del tutto erroneo) la nazione più militarizzata d’Europa».  63

Le cifre, naturalmente, non sono tutto. È vero che, qualora si tenga conto di altri fattori (in particolare la percentuale di ufficiali e sottufficiali e la quantità di armamenti rispetto al numero degli arruolati), il divario risulta meno netto. Nell’esercito tedesco il dibattito tra conservatori e radicali riguardava tanto la tecnologia militare quanto il numero degli effettivi. Si discutevano questioni come l’utilità della cavalleria o la necessità di una migliore artiglieria da campo e di equipaggiare i soldati con mitragliatrici. I radicali presenti all’interno dello stato maggiore generale si distinguevano in particolare per l’importanza che assegnavano al ruolo delle linee ferroviarie.

Senza dubbio, da questo punto di vista erano stati fatti grandi passi in avanti. Nel 1870 erano occorsi ventisette giorni per mobilitare l’esercito prussiano contro la Francia; nel 1891 la mobilitazione tedesca entro i confini del Reich si effettuava ancora nell’arco di cinque diverse fasce orarie. Nei decenni successivi lo stato maggiore generale si impegnò a migliorare questa situazione. Anche se i suoi compiti comprendevano esercitazioni sulla carta, tracciatura di mappe, insegnamento della storia militare e «cavalcate» in campagna,  64 era responsabilità dello stato maggiore generale elaborare e perfezionare il Piano di trasferimento militare, l’importantissimo quinto stadio della mobilitazione tedesca. In una delle ultime versioni del suo piano, Schlieffen aveva preso la battaglia di Canne come modello per una futura «guerra di annientamento» contro la Francia; ma spettò a tecnocrati come Wilhelm Groener il compito di ideare il modo di portare l’esercito tedesco sul campo di battaglia decisivo nel momento migliore. Qui la conoscenza dei classici contava meno della conoscenza della rete ferroviaria e degli orari. Alla vigilia della guerra il Piano di trasferimento militare avrebbe dovuto essere effettuato in trecentododici ore, con l’impiego di undicimila convogli per spostare due milioni di uomini, seicentomila cavalli e tutti i rifornimenti necessari.  65

Nonostante questo notevole miglioramento della logistica, i tedeschi non potevano sentirsi soddisfatti. Oltre ai soldati e all’artiglieria russa, nel 1914 un altro motivo di ansia per Berlino erano le ferrovie russe.  66 A questi timori aveva dato particolare risalto la deposizione di Groener alla Commissione bilancio del Reichstag nell’aprile del 1913, in cui aveva sostenuto che dal 1870 in poi la Germania era rimasta indietro rispetto alla Francia e alla Russia nella costruzione di linee ferroviarie.  67 Era vero. Tra il 1900 e il 1914 il numero di treni che in un giorno si potevano inviare a ovest dalla Russia era salito da duecento a trecentossessanta. Nel settembre del 1914 i russi intendevano introdurre un nuovo piano di mobilitazione (Piano 20), che avrebbe ridotto da trenta a diciotto giorni il tempo necessario a schierare settantacinque divisioni di fanteria.  68

Non c’è dubbio che i tedeschi avessero in qualche modo sopravvalutato il nemico. I russi erano certamente numerosi, ma equipaggiati malissimo. I francesi, nonostante tutto il loro impegno militare, erano ostacolati da una strategia letteralmente folle: il Piano XVII, vale a dire l’offensiva in Alsazia-Lorena elaborata da Joffre e approvata nel 1913, si reggeva sul presupposto che l’attacco (nella forma di cariche di cavalleria e di avanzate in ordine serrato alla baionetta) fosse la migliore difesa.  69 In particolare, i generali francesi, convinti che, come aveva detto nel 1904 l’esperto di artiglieria Hyppolite Langlois, «la costante crescita della potenza dell’artiglieria facilita sempre gli attacchi», sprecarono nei primi mesi di guerra una tale quantità di uomini da rischiare di consegnare la vittoria nelle mani dei tedeschi.  70 Con ancora maggior miopia, i francesi non fecero alcun serio tentativo per impedire che la regione economicamente vitale di Briey (da cui provenivano quasi i tre quarti di tutta la produzione francese di ferro) cadesse in mano nemica.  71

D’altro canto, è sbagliato pensare che i timori tedeschi di un relativo declino militare fossero privi di fondamento. Appare sempre più evidente che chi conosceva bene la situazione dello stato maggiore generale si rendesse perfettamente conto che il Piano Schlieffen non poteva essere attuato nel modo in cui lo si era inteso in origine. Per resistere alla prevista offensiva francese in Lorena, Moltke pensava che fosse necessario spostare un certo numero di truppe dall’ala destra (che avrebbe dovuto circondare Parigi) e incanalare l’avanzata attraverso il solo Belgio, lasciando intatta l’Olanda, nonché utilizzare l’VIII armata nell’offensiva iniziale contro la Russia per aiutare gli austriaci. Così come era concepito, il piano del 1914 non avrebbe quasi certamente consentito l’annientamento dell’esercito francese, soprattutto perché nessun esercito avrebbe potuto marciare così velocemente e così in profondità come ci si aspettava che facesse la I armata sull’estrema ala destra (addirittura 483 chilometri in un solo mese) senza soccombere alla stanchezza.  72 Forse è proprio questo il motivo per cui Moltke decise di evitare l’Olanda, in modo che potesse continuare a servire come passaggio neutrale per le importazioni tedesche. Già nel gennaio del 1905 Moltke aveva avvertito il Kaiser che non si poteva vincere una guerra contro la Francia «in una sola battaglia decisiva; sarà invece una lotta lunga e spossante con un paese che non si arrenderà prima che l’energia di tutto il suo popolo sia completamente esaurita. Anche il nostro verrà sottoposto a sforzi sovrumani, persino se ne uscissimo vittoriosi». Quest’analisi era stata confermata da un rapporto del Terzo dipartimento dello stato maggiore generale nel maggio del 1910. Moltke e Ludendorff avevano addirittura scritto al ministero della Guerra nel novembre del 1912 il seguente avvertimento:

Dovremo essere pronti a combattere una lunga campagna con molte dure e protratte battaglie finché non avremmo sconfitto uno dei nostri nemici; il consumo e l’usura delle nostre risorse aumenteranno perché dovremo vincere in diversi teatri sia a ovest sia a est, uno dopo l’altro ... combattendo in inferiorità contro forze numericamente superiori. La necessità di disporre di enormi quantità di munizioni per un lungo periodo di tempo sarà una priorità assoluta.  73

Era già la seconda volta che chiedevano di aumentare la riserva di munizioni. Il 14 maggio 1914 Moltke avvertì esplicitamente il segretario di Stato per gli Interni Delbrück che «una guerra probabilmente lunga su due fronti può essere affrontata solo da un popolo economicamente forte».  74

Gli storici si sono spesso chiesti perché i leader politici e militari tedeschi fossero così pessimisti negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale. Nel 1909, per esempio, Tirpitz temeva un attacco lampo della marina britannica contro la sua flotta; mentre l’incubo di Schlieffen, ormai in pensione, era «un attacco concentrato contro le Potenze centrali» da parte di Francia, Russia, Gran Bretagna e Italia:

A un dato momento, si abbasseranno i ponti levatoi, si apriranno le porte e si scateneranno eserciti di milioni di uomini, che infurieranno e distruggeranno tutto, attraverso i Vosgi, la Mosa, il Niemen, il Bug e persino l’Isonzo e le Alpi tirolesi. Il pericolo appare gigantesco.  75

Già dal 1905 anche lo stesso Moltke sapeva che «la Gorgone della guerra sogghignava» contro di lui. Nel suo diario scrisse: «Viviamo tutti sotto una sordida pressione che uccide la gioia per i risultati ottenuti, e quasi mai possiamo dare inizio a qualcosa senza sentire una voce interiore che dice: “A che serve? È tutto vano!”».  76 Per Moltke, anche nel momento in cui lanciò l’offensiva tedesca, la guerra era «la dilaniazione reciproca delle nazioni civilizzate d’Europa» e la «distruzione della civiltà in quasi tutta l’Europa per decenni a venire».  77 «La guerra», dichiarò addolorato dopo il suo fallimento e le dimissioni nel settembre del 1914, «dimostra come le epoche di civiltà si susseguano in modo progressivo, come ogni nazione debba adempiere al suo compito prestabilito nello sviluppo del mondo ... Se in questa guerra la Germania fosse annientata, ciò significherebbe la distruzione della vita intellettuale tedesca, da cui dipende l’ulteriore sviluppo dell’umanità, e della cultura tedesca; l’intero sviluppo dell’umanità verrebbe interrotto nel modo più disastroso immaginabile.»  78 Lo stesso fatalismo caratterizza le successive dichiarazioni di Conrad, l’omologo austriaco di Moltke.  79 Persino un tenace militarista come Bernhardi dovette sforzarsi per dare un senso razionale all’eventualità di una sconfitta «nella prossima guerra»: «Anche la sconfitta può dare buoni frutti».  80 Questo fu esattamente ciò che disse il generale Erich von Falkenhayn, successore di Moltke, il 4 agosto 1914: «Anche se ne usciremo rovinati, sarà pur sempre stato bellissimo [Wenn wir auch darüber zugrunde gehen, schön war’s doch]».  81 Alla vigilia della guerra i vertici militari tedeschi non si sentivano forti ma deboli.

E non soltanto i vertici militari. Nessuno, infatti, era più pessimista del cancelliere del Reich Bethmann Hollweg. Come ammise nel 1912, era «gravemente preoccupato per la nostra forza relativa in caso di guerra. Bisogna avere una profonda fede in Dio e contare sulla rivoluzione russa come su una nostra alleata per riuscire a prendere sonno».  82 Nel giugno del 1913 disse inoltre di sentirsi «nauseato dalla guerra, dalla brama di guerra e dall’eterno armamento. È giunto il momento che le grandi nazioni si calmino nuovamente, altrimenti ci sarà un’esplosione che nessuno merita e che danneggerà tutti».  83 Al leader liberalnazionale Bassermann disse «con fatalistica rassegnazione: “Se scoppierà la guerra con la Francia, gli inglesi marceranno contro di noi fino all’ultimo uomo”».  84 Il suo segretario, Kurt Riezler, annotò nel proprio diario, in data 7 luglio 1914, alcune sue meditazioni:

Il cancelliere si aspetta che una guerra, quale che sia il suo esito, provocherà lo sradicamento di tutto ciò che esiste. Il mondo attuale è molto antiquato, senza idee ... Una fitta nebbia avvolge la gente. Lo stesso in tutta Europa. Il futuro appartiene alla Russia, che continua a crescere senza posa e incombe su di noi come un incubo sempre più terrificante. Il cancelliere è molto pessimista sulla situazione intellettuale della Germania.  85

Il 20 luglio Bethmann Hollweg tornò sul tema della Russia: «Le rivendicazioni della Russia crescono insieme alla sua forza enormemente esplosiva ... Nel giro di pochi anni non potrà più essere tenuta sotto controllo, soprattutto se persiste l’attuale costellazione europea». Una settimana più tardi disse a Riezler di sentire che «un destino [Fatum] più possente del potere umano incombeva sull’Europa e sul nostro popolo».  86 Quest’atmosfera quasi disperata, che gli storici della cultura talvolta attribuiscono a un’eccessiva diffusione e influenza delle opere di Nietzsche, Wagner e Schopenhauer, appare più comprensibile quando si tiene conto delle realtà militari dell’Europa nel 1914.

Ciò che rendeva più convincente l’analisi tedesca di un declino strategico era la situazione ancora peggiore in cui versavano gli eserciti dei suoi alleati. Nel febbraio del 1913 Conrad aveva avvertito Moltke che se l’«inimicizia» tra l’Austria-Ungheria e la Russia avesse assunto «l’aspetto di uno scontro razziale»

non potremo certo aspettarci che i nostri slavi, i quali costituiscono il 47 per cento della popolazione, manifestino entusiasmo per una lotta contro i loro consanguinei. Attualmente l’esercito è permeato dalla sensazione di essere storicamente unico e di essere tenuto insieme dal cemento della disciplina ... ma è dubbio che sarà vero anche in futuro.  87

Non era certo rassicurante. Già nel gennaio del 1913 lo stato maggiore generale cominciò a prendere in considerazione la «necessità che la Germania debba difendersi da sola contro Francia, Russia e Inghilterra».  88 In realtà, fu l’Austria-Ungheria a dover combattere praticamente senza aiuti nelle fasi iniziali della guerra, dato che il Piano Schlieffen prevedeva lo spiegamento della maggior parte dell’esercito tedesco a ovest. Con un capolavoro di tipica inettitudine asburgica, Conrad inizialmente inviò in Serbia quattro delle sue dodici divisioni di riserva. Ma dovette richiamarle in Galizia quando divenne chiaro che l’VIII armata tedesca non lo avrebbe aiutato contro i russi.  89

Inoltre, l’incompetenza dell’esercito e della marina italiani era già stata evidenziata in occasione della facile invasione di Tripoli nel 1912.  90 Ma già prima i diplomatici britannici scherzavano sul fatto che «fosse un bel vantaggio che l’Italia rimanesse nella Triplice alleanza rappresentando una fonte di debolezza».  91 D’altra parte, i tedeschi non sembravano aspettarsi che gli italiani avrebbero combattuto nel 1914.  92

C’erano due possibili risposte a questo senso di declino della potenza militare. La prima era evitare la guerra e dissuadere lo schieramento avversario dall’attaccare: questa era la conclusione finale del vecchio Moltke. La seconda era scatenare una guerra preventiva prima che la situazione peggiorasse ulteriormente. Questa seconda possibilità era stata ripetutamente sostenuta dai generali tedeschi. Lo stesso Moltke aveva esortato Bismarck ad attaccare nuovamente la Francia nel 1875 e dodici anni dopo consigliò di fare la stessa cosa contro la Russia.  93 Waldersee, il suo successore, era ancora più tenacemente convinto della necessità di un attacco preventivo. Persino Schlieffen aveva esortato ad attaccare la Francia mentre la Russia era impegnata nella guerra contro il Giappone.  94 Anche Conrad era un sostenitore dell’attacco preventivo: aveva proposto un attacco contro l’Italia nel 1907 e nel 1911, e nel 1913 aveva sostenuto che l’Austria «doveva separare culturalmente e politicamente gli slavi meridionali e occidentali dagli slavi orientali al fine di sottrarli all’influenza russa»: detto altrimenti, un primo attacco contro la Serbia.  95 Fino al 1914 i politici avevano sempre rifiutato queste proposte. Nel 1914, però, sembrò non esservi più modo di farlo. Nell’aprile del 1914 il principe ereditario disse al diplomatico americano Joseph Grew che «la Germania avrebbe presto combattuto contro la Russia».  96 Il 12 maggio 1914, a Carlsbad, Moltke disse a Conrad: «Aspettare ancora significa una progressiva diminuzione delle nostre opportunità; per quanto riguarda il potenziale umano a disposizione non possiamo competere con la Russia»; e ripeté la stessa cosa al ministro degli Esteri tedesco Gottlieb von Jagow otto giorni dopo, mentre viaggiavano da Potsdam a Berlino:

La Russia porterà a termine il suo programma di armamento in due o tre anni. La superiorità militare dei nostri nemici diventerebbe talmente schiacciante che Moltke non saprebbe come fare ad affrontarli. A suo giudizio non ci sarebbe altra alternativa che lanciare una guerra preventiva per sconfiggere il nemico finché siamo più o meno in grado di superare la prova.  97

Un mese dopo, al termine di un banchetto ad Amburgo, Guglielmo II riprese quest’analisi in una conversazione con il banchiere Max Warburg:

Era preoccupato per gli armamenti russi, per i progetti di costruzioni ferroviarie, e in ciò aveva individuato i preparativi per una guerra da scatenare contro di noi nel 1916. Si lamentava dell’inadeguatezza dei collegamenti ferroviari che avevamo sul fronte occidentale contro la Francia; e accennò ... al fatto che forse sarebbe stato meglio attaccare adesso, anziché aspettare.  98

Questo avvenne esattamente una settimana prima dell’attentato di Sarajevo. In altre parole, gli argomenti per un attacco preventivo erano già ben presenti a Berlino prima che la crisi diplomatica offrisse un pretesto quasi perfetto (un casus belli che Vienna non avrebbe mancato di sfruttare). Gli storici lo sanno da tempo, ma non sempre hanno riconosciuto la fondatezza dei timori dello stato maggiore generale tedesco. Cosa piuttosto strana, fu il giornale britannico «Nation» a centrare il bersaglio nel marzo del 1914 con questo commento: «I militari prussiani non avrebbero nulla di umano se non immaginassero di prevenire lo schiacciante accumulo di forze».  99 Il mese seguente Grey espresse il suo disaccordo, mettendo in dubbio che «la Germania avrebbe lanciato un aggressivo e pericoloso attacco contro la Russia», perché, «anche se all’inizio la Germania avesse ottenuto un certo successo, le risorse della Russia erano talmente grandi che alla lunga i tedeschi avrebbero esaurito tutte le loro forze».  100 Ma Lord Bryce, che in seguito sarebbe diventato noto come autore del rapporto ufficiale britannico sulle atrocità commesse dai tedeschi in Belgio, faceva notare in giugno che la Germania era «pronta ad armarsi e ... avrebbe avuto bisogno di ogni uomo disponibile» contro la Russia, che stava «rapidamente diventando una minaccia per l’Europa».  101

La questione continua a essere discussa: nel 1914 la Germania intendeva semplicemente raggiungere un successo diplomatico dividendo le potenze dell’Intesa, o voleva invece scatenare una guerra europea di tipo «preventivo» o addirittura espansionistico? In questo contesto è opportuno osservare che, all’epoca in cui il principe ereditario aveva confidato le sue previsioni a Joseph Grew, lo stato maggiore generale era impegnato innanzitutto in un riammodernamento strategico delle sue ferrovie, opera che avrebbe richiesto parecchi anni prima di essere completata e che non sarebbe stata avviata, come il cancelliere aveva sottolineato in aprile, prima del 1915.  102 In ogni caso, sembra chiaro che, nell’agosto del 1914, i vertici militari tedeschi, contrariamente alla ben radicata leggenda dell’«illusione della guerra breve», non entrarono in guerra aspettandosi di festeggiare il Natale sugli Champs-Élysées.  103

Impreparati

Per i tedeschi c’era una sola consolazione: alcuni dei loro potenziali nemici erano ancor meno preparati per la guerra. L’esercito belga, per esempio, non era assolutamente in grado di resistere a un’offensiva tedesca. I suoi ufficiali francofoni avevano con i graduati e i soldati di lingua fiamminga più o meno lo stesso rapporto che gli ufficiali austriaci avevano con il bravo soldato Švejk. Calcoli dell’epoca indicavano che nel 1840 l’esercito belga aveva una consistenza pari a circa un nono di quella dell’esercito prussiano e a un quinto di quella dell’esercito francese; ma nel 1912 la proporzione era passata rispettivamente a un quarantesimo e un trentacinquesimo. In termini pro capite gli svizzeri spendevano il 50 per cento in più nella difesa, gli olandesi il 100 per cento e i francesi quattro volte tanto. Nel 1909, malgrado la tenace opposizione dei cattolici fiamminghi, il servizio militare fu reso obbligatorio per un figlio di ogni famiglia. Tuttavia, il periodo di servizio fu contemporaneamente ridotto a quindici mesi e il bilancio dell’esercito rimase immutato. Infine, il 30 agosto 1913 fu approvata la legge sulla milizia territoriale, in forza della quale il numero annuale delle reclute salì da 15.000 a 33.000 con l’annullamento dell’esenzione per i figli minori; l’obiettivo era un esercito che potesse contare su 340.000 uomini in caso di guerra. A questo si aggiunse una riorganizzazione della struttura divisionale dell’esercito. Le riforme, però, non ebbero il tempo di avere effetto: le forze complessive mobilitate nel luglio del 1914 ammontavano a 200.000 soldati, con appena centoventi mitragliatrici e nessun pezzo di artiglieria pesante.  104

Non molto meglio preparata era la potenza che aveva proclamato pubblicamente di difendere la neutralità del Belgio. Nonostante l’esperienza della guerra boera, che aveva evidenziato gravi carenze nell’esercito britannico, fino al 1914 entrambi i partiti avevano fatto ben poco per rimediare al problema.  105 Per i liberali la coscrizione, raccomandata da tre successive indagini ufficiali, era un anatema, e la proposta di una leva a livello nazionale, avanzata da Lord Roberts, era stata soltanto un primo piccolo passo. Come ministro della Guerra, il massimo che Haldane poteva fare era creare una milizia territoriale, ossia una forza di riserva a tempo limitato. Con questi uomini, i riservisti, la marina e i soldati inglesi dell’esercito indiano, erano circa 750.000 i britannici «impegnati nel servizio militare in tempo di pace».  106 Ian Beckett ha sostenuto che circa l’8 per cento della popolazione maschile aveva preso parte a qualche forma di servizio militare, compresi la Yeomanry (la guardia nazionale a cavallo) e successivamente la milizia territoriale, e che, alla vigilia della guerra, circa i due quinti degli adolescenti erano arruolati in organizzazioni giovanili paramilitari come la Boys’ Brigade e i boy-scout. Ma questa non poteva essere considerata seriamente un’autentica riserva, soprattutto perché solo il 7 per cento dei soldati della milizia territoriale era preparato per servire oltremare.  107 Quando Eyre Crowe gli disse che in caso di guerra si sarebbe potuta inviare in Francia la milizia territoriale, Henry Wilson rispose sbottando: «Che stupefacente ignoranza della guerra! Nessun ufficiale, nessun trasporto, nessuna mobilità, nessun desiderio di partire, nessuna disciplina, armi obsolete, nessun cavallo ecc. Persino Haldane ha detto che non servirebbe a nulla».  108 L’esercito regolare, al quale era affidato l’impegno continentale della Gran Bretagna, restava una forza estremamente modesta: solo sette divisioni (compresa una di cavalleria), rispetto alle novantotto e mezza della Germania. Come disse Henry Wilson a Roberts, ne mancavano «almeno cinquanta». Il Lord cancelliere, conte Loreburn, aveva detto la stessa cosa nel 1912: «Se scoppiasse la guerra non potremmo impedire che [la Francia] sia sconfitta. Se vogliamo mantenere la nostra attuale politica dovremo mandare non centocinquantamila uomini ma almeno mezzo milione perché servano a qualcosa».  109 Oltretutto, le reclute continuavano a essere tratte da quella che nel 1901 l’ambasciatore tedesco aveva definito «la feccia della popolazione ... gente di dubbia morale, idioti, persone mingherline e debolucce».  110 Un giudizio troppo severo, certo, ma è innegabile che l’esercito regolare britannico reclutasse principalmente giovani semianalfabeti e privi di qualsiasi qualifica professionale, provenienti dalla classe operaia.  111 Malgrado qualche miglioramento nello stato maggiore generale, il corpo ufficiali era dominato da uomini la cui impresa principale era procurarsi una «buona monta» durante una battuta di caccia a cavallo.  112 C’era una forte resistenza all’adozione di mitragliatrici e le riserve di munizioni si basavano ancora sull’esperienza sudafricana.  113 Non si era fatto alcuno sforzo concreto per mettere a frutto le lezioni economiche tratte dalla guerra boera: nonostante gli avvertimenti della Commissione Murray, il ministero della Guerra continuava a ricorrere a un piccolo «cerchio incantato» di appaltatori per provvedere ai rifornimenti.  114 In poche parole, non si era fatto praticamente nulla per assicurarsi che la Gran Bretagna fosse in grado di fornire un contributo efficace nella prevista guerra franco-tedesca: molto semplicemente, non era pronta per la guerra.  115 Poco a poco, e nonostante (o forse proprio per) gli sforzi profusi da Esher per ridurre l’impegno continentale, il Comitato di difesa imperiale cessò di essere il forum privilegiato dei grandi dibattiti strategici. Al suo posto si sviluppò un’ossessione tecnologica per la logistica nei modi definiti dai «Libri di guerra» dei vari dipartimenti, con il risultato che i disaccordi tra i dipartimenti rivali furono risolti adeguatamente soltanto a guerra iniziata.  116

Alla luce di tutto questo, le argomentazioni di Wilson al «consiglio di guerra» del CID svoltosi nell’agosto del 1911 risultano insincere. Come il Kaiser, Wilson non credeva in realtà che la minuscola Forza di spedizione britannica potesse fare un’«apprezzabile differenza» in una futura guerra europea con la Germania; sperava semplicemente di rafforzare il ministero della Guerra in previsione di un futuro conflitto dipartimentale con l’Ammiragliato.

Durante e dopo la crisi del luglio 1914, il governo francese aveva sempre sostenuto che una dichiarazione inequivocabile e tempestiva sull’appoggio britannico alla Francia sarebbe bastata a dissuadere la Germania, una tesi, questa, successivamente ripresa dai critici di Grey, tra i quali anche Lloyd George e Lansdowne, nonché dal più grande storico delle origini immediate della guerra, Luigi Albertini.  117 Resta comunque il fatto che l’esiguità della Forza di spedizione britannica non costituiva un motivo di preoccupazione per lo stato maggiore generale tedesco.  118 Come ha sostenuto John M. Hobson, soltanto un più concreto impegno continentale – nel senso di un esercito regolare britannico di maggiore consistenza – avrebbe potuto dissuadere i tedeschi dall’attaccare la Francia.  119 Ma questo ci riporta all’argomentazione utilizzata allora per proporre la coscrizione e – come vedremo – può essere considerato un elemento controfattuale privo di plausibilità politica sotto un governo liberale.  120 Come disse Lloyd George a Balfour nell’agosto del 1910 (al tempo del loro primo flirt con l’idea di un governo di coalizione), la coscrizione era fuori discussione «a causa dei violenti pregiudizi che scatenerebbe anche soltanto l’ipotesi che un governo concepisse la possibilità di imporre una cosa del genere».  121 Ancora il 25 agosto 1914 le ragioni presentate da Churchill al gabinetto per sostenere la «necessità del servizio militare obbligatorio» furono respinte da tutti i presenti, compresi Asquith e Lloyd George, perché «il popolo non darebbe ascolto a simili proposte».  122 Quindi la strategia britannica, come disse Grey, consisteva nel «perseguire una politica europea senza mantenere un grande esercito».  123 L’idea che questo fosse possibile fu probabilmente la più grande di tutte le illusioni inglesi.

Il grido dei morti: La prima guerra mondiale: il più atroce conflitto di ogni tempo
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