XII. L’istinto di morte. Perché gli uomini combatterono

  1 Citato in J.G. Fuller, Troop Morale, p. 30.

  2 Ibid.

  3 Persino un sostenitore accanito della «macchina da guerra» come Pétain tornò ad appoggiare il primato del morale nel dicembre del 1917: Strachan, Morale, p. 385.

  4 Hynes, War Imagined, p. 106.

  5 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 225.

  6 Ashwort, Trench Warfare, pp. 57-58, 116.

  7 Hynes, Soldier’s Tale, p. 95.

  8 D. Winter, Death’s Men, pp. 92 sgg.; J.G. Fuller, Troop Morale, p. 65. Cfr. Axelrod, Evolution, pp. 82-83.

  9 Audoin-Rouzeau, French Soldier, pp. 222-223.

  10 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 90 e 184.

  11 Ivi, pp. 109 sgg.

  12 Ivi, p. 261.

  13 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 599; E. Brown, Between Cowardice and Insanity, pp. 323-445; Bogacz, War Neurosis, pp. 227-256; Talbott, Soldiers, pp. 437-454.

  14 Leese, Problems Returning Home, pp. 1055-1067.

  15 Eckart, Most Extensive Experiment.

  16 Hynes, War Imagined, p. 176.

  17 T. Wilson, Myriad Faces, p. 56; D. Winter, Death’s Men, p. 42; Hynes, War Imagined, p. 204.

  18 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 9 sgg.

  19 Barnett, Military Historian’s View. Si veda anche Bourne, British Working Man in Arms, pp. 341-342: «In un certo senso il soldato del 1918 era persino abbigliato come un operaio di fabbrica».

  20 Audouin-Rouzeau, French Soldier, p. 224.

  21 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, p. 182.

  22 Dallas e Gill, Unknown Army, p. 30.

  23 Reichswehrministerium, Sanitätsbericht, pp. 140-143.

  24 Cooke, American Soldier, p. 250.

  25 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 601; J.G. Fuller, Troop Morale, p. 76; K. Simpson, Officers, p. 77.

  26 Coppard, With a Machine Gun, pp. 17-18, 24, 77, 134-135.

  27 Englander, French Soldier, pp. 57-58.

  28 Brown e Seaton, Christmas Truce; Ashworth, Trench Warfare, p. 32; D. Winter, Death’s Men, pp. 220-221.

  29 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, p. 63: «Quando si trattava di esplosivi, la rappresaglia era in proporzione almeno di uno a due» (9 aprile 1916).

  30 Ashworth, Trench Warfare, in particolare pp. 19, 24-48, 99-115.

  31 Axelrod, Evolution, pp. 73-86.

  32 Dawkins, Selfish Gene, pp. 225-228.

  33 Nella versione più semplice del «dilemma del prigioniero», due prigionieri tenuti separati devono decidere se collaborare l’uno con l’altro negando le proprie colpe oppure tradirsi a vicenda in cambio dell’immunità. Se entrambi collaborano, ottengono il miglior risultato collettivo. Ma se uno dei due defeziona, ottiene ancora di più. Questo costituisce l’incentivo a defezionare. Ma se defezionano entrambi, perdono entrambi: questo è il risultato peggiore possibile. E qui sta l’incentivo a collaborare. Nella versione classica descritta da Axelrod (Evolution), il gioco assomiglia più a una partita di carte, con un banco che paga 300 dollari a entrambi i giocatori se giocano la carta della collaborazione; a chi defeziona sono dati 500 dollari e tolti invece 100 dollari allo «sciocco» che non lo ha fatto; se entrambi defezionano sono tolti 10 dollari a ciascuno. Axelrod descriveva una serie di ripetuti «tornei» di tipo «dilemma del prigioniero» inscenati da programmi di computer in concorrenza. Il programma che ottenne il risultato migliore fu chiamato TIT FOR TAT (TT). Non defezionava mai per primo, ma soltanto quando era stato tradito, e anche in questo caso fino allo stesso punto, per poi tornare alla collaborazione. In una semplice partita di duecento mosse (con tre punti come compenso per la collaborazione), TT ottenne una media di 504 punti, situandosi in testa a tutti gli altri programmi che non defezionavano per primi. TT vinse cinque dei seri tornei simulati da Axelrod, con la sua combinazione di «gentilezza, rappresaglia, perdono e chiarezza». In economia questo genere di ragionamento ha generato la teoria della scelta razionale e dell’equilibrio di Nash (in opposizione all’equilibrio di Pareto dell’economia classica, con i suoi individui egoisti e tesi al massimo del profitto): Coleman, Rational Choice Perspective, pp. 166-180.

  34 Questa apparente «irrazionalità» non è esclusiva della prima guerra mondiale. Uno studio condotto tra studenti di economia della Cornell University ha dimostrato che, nel «dilemma del prigioniero», il 58 per cento defezionava anche se sapeva con certezza che i propri compagni di gioco avrebbero collaborato: Frank, Gilovich e Regan, Does Studying Economics, pp. 159-171.

  35 Spiers, Scottish Soldier, p. 326.

  36 Kershaw, Hitler, p. 93.

  37 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 64 e 66.

  38 Ashworth, Trench Warfare, pp. 90 e 105; J.G. Fuller, Troop Morale, p. 64.

  39 Coppard, With a Machine Gun, pp. 108-109.

  40 Deist, Military Collapse, pp. 195 e 201; Strachan, Morale, p. 394.

  41 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 595; Simkins, Everyman at War, p. 300.

  42 Englander, French Soldier, p. 54.

  43 Stone, Eastern Front, pp. 240-241.

  44 Englander, French Soldier, pp. 53 sgg. Lo studio classico è Pedroncini, Les Mutineries.

  45 Westbrook, Potential for Military Disintegration, pp. 244-245; Strachan, Morale, p. 387.

  46 Dallas e Gill, Unknown Army, pp. 67-76; J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 1-2.

  47 Hughes, New Armies, pp. 108-109.

  48 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 604.

  49 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 24, 51-52.

  50 Ivi, p. 67.

  51 Carsten, War Against War, p. 205.

  52 Hynes, War Imagined, p. 214; Englander, French Soldier, p. 54. Circa il 10 per cento di tutti i soldati britannici era stato condannato per omicidio.

  53 Hynes, War Imagined, p. 465; Hynes, Soldier’s Tale, p. 18.

  54 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 595.

  55 K. Simpson, Officers, p. 87.

  56 D. Winter, Death’s Men, p. 44.

  57 T. Wilson, Myriad Faces, p. 60.

  58 D. Winter, Death’s Men, p. 40; Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 227.

  59 Simkins, Everyman at War, p. 299.

  60 Davies, Europe, p. 911.

  61 Figes, People’s Tragedy, pp. 264-265.

  62 Englander, French Soldier, pp. 55, 59, 67.

  63 Deist, Military Collapse, pp. 192-193.

  64 K. Simpson, Officers, pp. 71 e 81; Sheffield, Officer-Man Relations, p. 416.

  65 Beckett, Nation in Arms, p. 21.

  66 Strachan, Morale, p. 389.

  67 Ivi, p. 414.

  68 P. Parker, Old Lie, p. 172; Fussell, Great War, p. 165.

  69 Hynes, War Imagined, p. 186.

  70 Lawrence, Seven Pillars, p. 28.

  71 Hynes, War Imagined, pp. 225 e 366.

  72 Coppard, With a Machine Gun, p. 69.

  73 Spiers, Scottish Soldier, p. 320; K. Simpson, Officers, p. 85; Sheffield, Officer-Man Relations, p. 418.

  74 Bourne, British Working Man in Arms, p. 345.

  75 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 54-55.

  76 Ivi, p. 55.

  77 Westbrook, Potential for Military Disintegration, pp. 244-278.

  78 Becker, Les Français; Marwick, Deluge, p. 78.

  79 Spiers, Scottish Soldier, pp. 317-318.

  80 Coppard, With a Machine Gun, pp. 83-87.

  81 Numerose fotografie e memorie testimoniano l’entusiasmo dei tedeschi per la defecazione: cfr. per esempio Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale. I britannici la consideravano la prova che i tedeschi erano «uno sporco mucchio di bastardi»: Coppard, With a Machine Gun, pp. 90-91.

  82 D. Winter, Death’s Men, p. 56. Cfr. Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 8-9, 14; Ashworth, Trench Warfare, p. 25; Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 600; J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 69 sgg., 81-82.

  83 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, p. 252; Strachan, Morale, p. 391.

  84 Englander, French Soldier, p. 56.

  85 Finch, Diary, 31 luglio 1917.

  86 Fussell, Great War, pp. 46-47.

  87 Spiers, Scottish Soldier, p. 321. Si veda anche Hughes, New Armies, p. 104.

  88 Coppard, With a Machine Gun, pp. 57 e 78; Englander, French Soldier, p. 56.

  89 J.G. Fuller, Troop Morale, p. 75.

  90 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 158 sgg.

  91 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 6 e 58; Bond, British «Anti-War» Writers, pp. 824-825.

  92 Finch, Diary, 30 giugno 1916.

  93 D. Winter, Death’s Men, p. 81.

  94 Ivi, p. 82.

  95 Dallas e Gill, Unknown Army, p. 63.

  96 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 47-48, 77-78; Bourne, British Working Man in Arms, p. 345; Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 598.

  97 Deist, Military Collapse, p. 204.

  98 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 64, 144-153.

  99 Fussell, Great War, pp. 178-179. Cfr. Coppard, With a Machine Gun, p. 62, sull’importanza delle battute salaci.

  100 Fussell, Great War, pp. 159, 162 sgg.

  101 Coppard, With a Machine Gun, p. 88.

  102 Simkins, Everyman at War, pp. 301-302; J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 95-98.

  103 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 101-113.

  104 Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 595; J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 85-93; Dallas e Gill, Unknown Army, p. 20.

  105 Coppard, With a Machine Gun, p. 56.

  106 Buckley, Failure to Resolve, pp. 71 sgg. Si veda Beckett, Nation in Arms, p. 19; Cooke, American Soldier, pp. 247-248; D. Winter, Death’s Men, p. 99; Hynes, War Imagined, p. 371.

  107 Becker, Les Français; Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 226; Englander, French Soldier, pp. 63-64.

  108 Englander, French Soldier, p. 57.

  109 J.G. Fuller, Troop Morale, p. 72.

  110 Ivi, p. 23.

  111 Fussell, Great War, p. 155. Si veda anche P. Parker, Old Lie, p. 197; Hynes, War Imagined, pp. 116-117, 206; J.M. Winter, Great War, pp. 293 sgg.

  112 Hynes, War Imagined, p. 117.

  113 Schneider, British Red Cross, pp. 296-315.

  114 Remarque, Im Western; Strachan, Morale, pp. 387 e 393.

  115 D. Winter, Death’s Men, pp. 55-57. Per qualche altro esempio si veda Spiers, Scottish Soldier, p. 318; P. Parker, Old Lie, p. 177; J.M. Winter, Great War, p. 299.

  116 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 22-23.

  117 Coker, War and the Twentieth Century, p. 156.

  118 Janowitz e Shils, Cohesion and Disintegration. Per una discussione critica, cfr. Westbrook, Potential for Military Disintegration, pp. 251-260.

  119 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 45 e 70. Si veda Dallas e Gill, Unknown Army, pp. 39-40; Cooke, American Soldier, p. 246.

  120 Westbrook, Potential for Military Disintegration, pp. 254 sgg.

  121 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 228.

  122 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 35 sgg.

  123 Spiers, Scottish Soldier, p. 323.

  124 Perry, Mantaining Regimental Identity, pp. 5-11. Cfr. Kipling, Irish Guards.

  125 J.G. Fuller, Troop Morale, pp. 23, 50, 171; Englander e Osborne, Jack, Tommy and Henry Dubb, p. 601; Dallas e Gill, Unknown Army, p. 31; Simkins, Everyman at War, pp. 206 sgg. Il 42 per cento delle truppe canadesi e circa il 18 per cento di quelle australiane erano di origine britannica. Come ha mostrato L.L. Robson, il gruppo sociale più numeroso della Forza imperiale australiana era formato da lavoratori dell’industria; l’immagine del digger, lo «sterratore», cioè il soprannome dato in Gran Bretagna al soldato australiano, era in certa misura un’invenzione.

  126 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 55.

  127 J.M. Winter, Sites of Memory, pp. 64-69, 91-92, 127 sgg., 206.

  128 Fussell, Great War, pp. 40-41, 116-117, 131-132, 137-138. Si veda anche Mosse, Fallen Soldiers, pp. 74-75.

  129 Robbins, First World War, pp. 155 sgg. Cfr. Moynihan, God on Our Side.

  130 J.G. Fuller, Troop Morale, p. 156.

  131 Kellett, Combat Motivation, p. 194.

  132 Freud, Zeitgemässes über Krieg und Tod, pp. 1 sgg.

  133 Freud, Das Unbehagen in der Kultur. Si veda anche il suo Warum Krieg?.

  134 Hynes, War Imagined, pp. 8-9.

  135 Fussell, Great War, pp. 19 e 27.

  136 Graves, Goodbye, p. 151.

  137 J.M. Winter, Great War, p. 292.

  138 P. Parker, Old Lie, p. 199.

  139 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 225.

  140 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, p. 24.

  141 Ivi, pp. 30 sgg.

  142 J.M. Winter, Great War, p. 296; Hynes, War Imagined, p. 201.

  143 Ellis, Eye-Deep in Hell, p. 167.

  144 Coker, War in the Twentieth Century, p. 67.

  145 Ivi, p. 34.

  146 Creveld, Transformation of War, pp. 218-233.

  147 T. Wilson, Myriad Faces, p. 10; Hynes, Soldier’s Tale, p. 39.

  148 Fussell, Great War, pp. 168-169.

  149 Ivi, p. 27.

  150 Hynes, Soldier’s Tale, p. 38. Si veda anche p. 33 per il commento del maggiore generale M.F. Rimington sul fatto che «il cacciatore» poteva diventare un buon ufficiale di cavalleria perché «affronta il pericolo per amore del pericolo».

  151 D. Winter, Death’s Men, p. 91.

  152 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, p. 285.

  153 Ellis, Eye-Deep in Hell, p. 168.

  154 Macdonald, They Called It Passchendaele, p. XIII.

  155 J.M. Winter, Great War, p. 292; Bond, British «Anti-War» Writers, p. 826.

  156 Coker, War in the Twentieth Century, p. 162.

  157 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 54-55.

  158 S. Gilbert, Soldier’s Heart, pp. 216 sgg.

  159 T. Wilson, Myriad Faces, pp. 57-64.

  160 D. Winter, Death’s Men, p. 210.

  161 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 227.

  162 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 63 e 266.

  163 Hynes, Soldier’s Tale, p. 40.

  164 Gammage, Broken Years, p. 168.

  165 A. Simpson, Hot Blood, p. 168.

  166 D. Winter, Death’s Men, p. 211.

  167 Broch, Die Schlafwandler.

  168 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 222.

  169 Fussell, Great War, p. 171.

  170 Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, pp. 67, 187, 262.

  171 Ellis, Eye-Deep in Hell, p. 100.

  172 Hynes, Soldier’s Tale, pp. 56-57.

  173 Ivi, p. 294; D. Winter, Death’s Men, pp. 82-83; Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 223.

  174 Freud, Zeitgemässes über Krieg und Tod.

  175 Becker, Les Français.

  176 Fussell, Great War, pp. 71-74.

  177 Audoin-Rouzeau, French Soldier, p. 222.

  178 Ellis, Eye-Deep in Hell, pp. 98-101.

Il grido dei morti: La prima guerra mondiale: il più atroce conflitto di ogni tempo
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