3.

Moses Berger non visitava mai una città senza girare per le librerie che vendevano libri usati. Non si accontentava di scorrere gli scaffali ma rovistava anche tra gli scatoloni del seminterrato. Una delle scoperte a cui era più affezionato era una biografia di R.B. Bennett, l'avvocato della prateria nato nel New Brunswick, che nel 1930 portò i conservatori al governo a Ottawa, mettendo fine ai nove anni di regno di Mackenzie King. La biografia, scritta dal segretario del primo ministro, Andrew D. MacLean, cominciava così: "L'onorevole Richard Bedford Bennett, membro del Consiglio della Corona, dottore in diritto civile e penale, procuratore della Corona, deputato al Parlamento, primo ministro del Canada, eminente statista in un Impero di oltre quattrocento milioni di persone, si alza ogni mattina alle sette e trenta e, dopo un'abbondante colazione, raggiunge l'ufficio pochi minuti prima delle nove. "All'età di sessantaquattro anni, lavora quattordici ore al giorno, e non per scherzo. Gli ammiratori temono per la sua salute; gli avversari politici amano diffondere voci su un suo crollo imminente; purtuttavia egli - com'è sua abitudine da vent'anni - procede sereno, talvolta lamentandosi per le prove che la vita pubblica gli impone, sempre lavorando per tre, e lasciando a malapena trasparire la tensione a cui la sua mente poderosa e il suo corpo sano vengono costantemente sottoposti. "Quando lottava per procacciarsi clienti in un paesino dell'Ovest, ai tempi in cui l'Ovest era davvero selvaggio e i clienti lì si trovava nei bar e nei saloon, 'Dickie' Bennett non beveva e non fumava, eppure aveva legioni di amici, gran parte dei quali, suppongo, non era affatto contraria al consumo di liquori e nicotina". R.B. Bennett, discendente di una famiglia di lealisti dell'Impero britannico, milionario metodista, scapolo, già insegnante di catechismo, si impegnò ad assicurare alla giustizia i contrabbandieri di alcolici che per troppo tempo erano stati coccolati dai liberali, ma riuscì a ottenere qualche risultato solo nel 1934. Ormai i Gursky, amministratori della fiorente James McTavish & Figli, si erano felicemente sistemati con ogni comodità sulla collina di Montreal. La villa di Mister Bernard era stata costruita sul terreno più a monte, in modo da consentirgli di osservare dall'alto le vicine case di Solomon e Morrie. Una mattina, mentre era seduto a colazione con Libby, incinta di tre mesi, la cameriera gli annunciò che alla porta c'erano due uomini che volevano vederlo. "Sono delle Giubbe Rosse, signore, e chiedono di parlare subito con lei". Avevano tre mandati di arresto. Bernard, Solomon e Morrie furono trasferiti al quartier generale delle Giubbe Rosse, dove vennero prese loro le impronte digitali e poi furono fotografati e scortati fino al tribunale, che ne dispose il rilascio dietro pagamento di una cauzione di centocinquantamila dollari a testa. I rampolli Gursky, come li chiamavano i giornali, furono accusati di evasione fiscale per sette milioni di dollari di diritti doganali e per ulteriori quindici milioni di imposta di fabbricazione. Mister Bernard era anche accusato della tentata corruzione di Bert Smith, un funzionario della dogana. Fu proprio l'omicidio di Willy McGraw a far divampare l'incendio nella prateria. I politici della lontana Ottawa, infatti, fiutarono la puzza di bruciato che da ultimo condusse all'umiliante arresto dei rampolli Gursky. Dopo un'epidemia di rapine in banca, perpetrate dagli annoiati contrabbandieri americani, l'assassinio di McGraw fece montare su tutte le furie gli onesti cittadini delle tre province della prateria, e in particolare i membri della Royal Orange Lodge, i più chiassosi fra i lealisti anglosassoni e protestanti. Il primo ministro Mackenzie King raccolse il grido di dolore dei suoi figli dell'Ovest, consultò la boccia di cristallo e le lancette dell'orologio a muro, e decretò la fine dell'esportazione di liquori nel Saskatchewan, dando un mese di tempo ai Gursky per chiudere le loro attività laggiù. Tuttavia, King arrivò troppo tardi per evitare ai liberali della provincia una disfatta elettorale. Dal podio di un comizio, un candidato conservatore dichiarò: "I liberali sono in combutta fin dal principio con gli spacciatori di alcolici. Prendete il plurimilionario Bernard Gursky, per esempio. E' accusato di aver offerto all'ispettore Smith una mazzetta da quindicimila dollari. Secondo voi, quanto hanno versato nei forzieri del Partito liberale, lui e i suoi fratelli, per evitare il processo in tutti questi anni?". Poi salì sul pulpito il vescovo del Saskatchewan, Cedric Brown, un tempo cappellano degli intrepidi coloni di Gloriana. "Delle quarantasei ditte del Saskatchewan che esportano liquori" proclamò il vescovo "sedici sono di proprietà di individui di religione ebraica. Se gli ebrei costituiscono l'uno e mezzo per cento della popolazione, e possiedono sedici delle ditte di esportazione di liquori, è tempo di far capire loro che, poiché sono stati accolti in questa terra, e sono stati loro accordati gli stessi diritti di cui godono gli altri uomini bianchi, non devono insozzare il paese con i loro immondi traffici". Poi citò un sermone tenuto sul molo dal leggendario reverendo Horn, che aveva guidato all'Ovest, fino a Gloriana, un gruppo di britanni timorati di Dio. Siamo diretti, aveva proclamato il reverendo, alla terra del latte e del miele. Non, aggiunse il vescovo, ai postriboli di Sodoma e Gomorra. La condanna dei contrabbandieri ebrei da parte del vescovo divenne ben presto un coro, a cui si aggiunsero l'Unione degli Agricoltori, la Royal Orange Lodge, l'Unione delle Donne Cristiane per la Temperanza, il Ku Klux Klan e il Partito conservatore. Alle elezioni provinciali vinsero i conservatori, e promisero di trascinare i Gursky sul banco degli imputati. In precedenza ci aveva provato Bert Smith, che, proprio a seguito della sua iniziativa, lamentava di aver subito un tentativo di corruzione da parte di Mister Bernard. Questi respinse con veemenza l'accusa davanti alla Reale Commissione dei Dazi e delle Dogane. I commissari, tuttavia, sentenziarono che c'erano sufficienti ragioni per ritenerla fondata e aprire un procedimento giudiziario contro Bernard Gursky. Purtroppo, però, altri e più urgenti affari premevano, cosicché la commissione tralasciò di fissare la data del processo. Di fatto, per molti anni dopo il presunto tentativo di corruzione la Reale Commissione non trovò il tempo di riunirsi, ma a una settimana dallo scontro nel magazzino dei Gursky, Smith, con suo immenso stupore, subì un rimprovero da parte dei superiori e fu trasferito a Winnipeg. Di lì a un mese Smith inflisse una nuova sconfitta ai Gursky, questa volta bloccando un altro contrabbandiere su una strada secondaria e sequestrandogli la macchina, mentre il colpevole se la dava a gambe nella boscaglia. Mister Bernard venne avvisato mentre era nell'ufficio di Morrie. Sradicò il telefono dalla scrivania e lo scagliò fuori dalla finestra. "Mi si è infilata questa piccola scheggia "goyish" sotto l'unghia". "Oh, è solo un ragazzino che fa il suo lavoro. Una macchina, poi. Sai che perdita. Piantare un casino serve solo ad attirare ancor più su di noi l'attenzione dei giornali". "Sì, ma se non pianto un casino, tutti diranno che un boy scout del cazzo può dar fastidio a Bernard Gursky e passarla liscia". Così Mister Bernard andò a Ottawa per incontrare Jules Omer Bouchard, il grasso e rubicondo direttore del Dipartimento delle Dogane. Benché guadagnasse solo quattromila dollari all'anno, Bouchard aveva la possibilità di mantenere una villa oltre il fiume, a Hull, a cui badava una nipote, un buen retiro in Florida, e un cottage in riva al fiume nella penisola di Gaspé, con un cabinato ormeggiato sul molo e un'altra nipote che si occupava della tenuta. Bouchard avrebbe terminato i suoi giorni come bibliotecario di una prigione, dopo essere stato cacciato dal suo incarico ad opera dei fustigatori del Partito conservatore, che lo denunciarono come "pubblico ufficiale corrotto, che si rotola nell'opulenza come un ippopotamo nel fango". In realtà, era un individuo gentile e ammodo, persino lungimirante. Dopo aver giudicato inapplicabili le leggi contro il consumo dei liquori -pura perversione presbiteriana -, non vide alcuna ragione per non tentare di trame qualche beneficio personale. Non era avido, ma apprezzava la bella vita, e amava sommergere di regali costosi le nipoti e gli artisti squattrinati di cui apprezzava l'opera. Brillante collezionista, Bouchard fu uno dei primi estimatori di Jean-Jacques Martineau, pittore di straordinario talento, forse il più grande che il Canada francese abbia mai espresso. Purtroppo, quel talento non venne riconosciuto se non molti anni dopo che l'artista, oppresso dai debiti, si era tolto la vita a Granby nel 1948. Un evento che nel 1970 fu all'origine del fondamentale articolo scritto da un metafisico del Parti québécois, "Qui a tué Martineau?", nel quale si sosteneva che il pittore era stato assassinato dall'indifferenza anglofona: il destino che sarebbe toccato a tutti gli artisti québécois, i negri bianchi del Nordamerica, finché non fossero stati liberi di dipingere nella loro lingua. Bouchard pagava Martineau quattrocento dollari al mese, e non si presentava mai alla casa che il pittore possedeva nella Baie-des-Chaleurs senza una cassa di Beaujolais e un quarto di cervo o un salmone appena pescato, oltre che con un paio delle sue nipoti. In cambio, Bouchard poteva scegliersi cinque tele all'anno, una delle quali era sempre appesa dietro la sua scrivania. "Ehi," disse Mister Bernard, dopo aver descritto i suoi guai con Smith "che quadro meraviglioso ha appeso qui!". Pescatori di merluzzi di ritorno nella nebbia con il loro carico. Che vitaccia, pensò. "Sa, darei diecimila dollari per avere un quadro come quello". "Sta scherzando". "Quindicimila. In contanti". Mister Bernard tornò a casa di cattivo umore, furibondo perché aveva visto di meglio sulla scatola di molti puzzle che gli sarebbero costati solo venticinque centesimi. Una settimana dopo, l'auto del contrabbandiere che Smith aveva sequestrato a Winnipeg venne restituita dal Dipartimento dei Dazi e delle Dogane, e Smith fu aspramente redarguito perché qualcuno lo aveva visto usare l'automobile per scopi personali, una macchia sull'onore del dipartimento. Smith rispose a Ottawa con una lettera di fuoco, nella quale sosteneva che aveva guidato la macchina solo per portarla al garage e che i Gursky avevano già tentato una volta di corromperlo. In più, il suo appartamento era stato svaligiato, e alcuni documenti erano spariti. Si faceva tutto il possibile, scrisse, per ostacolare le sue indagini sui Gursky e su quelli del loro stampo. Sempre più stizzito, una sera, senza attendere risposta alla sua lettera, Smith decise di fare irruzione da solo alla United Empire Wholesalers, il magazzino dei Gursky a Winnipeg. Si imbatté in Morrie, seduto su uno sgabello, che filtrava un bidone di alcol con del pane di segale. "Cosa sta facendo?" chiese Smith, arrivandogli alle spalle. "Devo. Questa roba è tutta arrugginita. Oddio, è lei". Perquisendo il magazzino, Smith trovò attrezzature per produrre miscele illegali, uno scatolone pieno di marche da bollo statunitensi contraffatte e una cassa da tè con delle etichette false di famosi whiskey americani. Chiuse le prove in una scatola, applicò un sigillo ufficiale e raggiunse l'ufficio postale della ferrovia, per mandare il pacco incriminante a Ottawa. "Cosa c'è qui dentro?" chiese l'impiegato. "Abbastanza prove da spedire i Gursky nel posto che si meritano: la galera". "Allora sarà meglio tener d'occhio la scatola e farla partire col primo treno". Purtroppo, però, quando la scatola arrivò a Ottawa quasi tutte le prove erano scomparse. Bouchard telegrafò a Smith per ordinargli di non intraprendere altre azioni di sua iniziativa e presentarsi subito a Ottawa a rapporto da lui. Tuttavia, quando Smith entrò nell'anticamera dell'ufficio di Bouchard gli fu chiesto di aspettare. Mister Bernard era già seduto di fronte al direttore del Dipartimento delle Dogane. "Oh, vacca," esclamò Mister Bernard schizzando in piedi per andare a vedere da vicino "dove diavolo ha trovato un altro Martineau? La mia Libby va matta per questa roba". "Ah, da questo non potrei mai separarmi" disse Bouchard. "E' il mio preferito. Il suo capolavoro". Una festa in mezzo al bosco. Donne grasse che portavano secchi, uomini attorno al pentolone dove ribolliva lo sciroppo d'acero, bambini che raffreddavano pezzi di caramello nella neve e se li mangiavano, un vecchio coglione che suonava il violino, tutti di sicuro lì a ghiacciarsi le palle, ma per loro era il massimo della baldoria. Che branco di idioti. "Sto parlando di quindicimila dollari" disse Mister Bernard, aprendo la valigetta. "Vuole scherzare? Questo è molto più grande di quello che mi ha convinto a venderle l'altra volta". "Mangiarane del cazzo, imbroglione, figlio di puttana". "Quanto sarebbe più grande, secondo lei, mio buon amico?". "Il doppio". "Avrei detto una volta e mezzo. Qua la mano, Jules". Andarono a pranzo in un ristorante di Hull e poi Bouchard, assonnato, tornò con passo malfermo in ufficio, morendo dalla voglia di sdraiarsi sul divano, ma rassegnato a sistemare prima la faccenda di Smith. "Il fatto è" disse all'ispettore "che l'iniziativa da lei intrapresa contro la United Empire Wholesalers, benché non costituisca una violazione di domicilio, ha dimostrato un'incapacità di giudizio da parte sua che si riflette negativamente su quest'ufficio. Pertanto devo annunciarle che lei è temporaneamente sospeso da ogni incarico in materia daziaria. Fino a nostra diversa deliberazione, lei dovrà limitarsi al lavoro di dogana al porto di Winnipeg e non è autorizzato a condurre indagini esterne che non sia stato io a ordinare". Di ritorno a Winnipeg, Smith vergò una lunga lettera indirizzata al ministro della Giustizia, chiedendo perché, dopo che una Reale Commissione aveva stabilito che c'erano sufficienti ragioni per ritenere fondate le accuse contro Bernard Gursky di tentata corruzione nei suoi confronti, non era ancora stata fissata la data del processo. Il ministro rispose che purtroppo molti testi della Corona erano malati, e comunque la questione era in verità di pertinenza del procuratore generale del Saskatchewan. Così Smith scrisse al procuratore generale, il quale replicò che a suo modesto parere il caso rientrava nella giurisdizione federale. Smith allora scrisse al ministro delle Finanze, e poi al primo ministro. Alcune settimane più tardi, ricevette una lettera di licenziamento dalla dogana. Alla lettera era allegato un assegno che copriva tre mesi di stipendio. Smith traslocò in una stanza in affitto, sistemò sul comodino, accanto alla Bibbia, la fotografia dei genitori, in piedi davanti alla casupola d'argilla a Gloriana, e, pestando con due dita sulla Underwood di seconda mano, prese a scrivere lettere ai ministri di Ottawa, nelle quali forniva le prove delle violazioni commesse da Gursky e metteva in dubbio l'integrità di Jules Omer Bouchard. Giurò di poter dimostrare che, nella tenuta che i Gursky avevano acquistato nei distretti orientali del Quebec a cavallo del confine, un certo Albert Crowley era rimasto ferito in una sparatoria. Avanzò ipotesi sulle attività dei Gursky lungo il fiume Detroit, e sottolineò che possedevano una compagnia di navigazione a Terranova, con almeno trenta golette a noleggio, tutte dirette a Saint-Pierre et Miquelon. Le lettere di Smith rimasero senza risposta. Poi, quando ormai disperava che si facesse giustizia, salì al potere R.B. Bennett. Questi dovette ben presto vedersela con baracche di lamiera e di carta catramata che spuntavano ovunque e con contadini che, non potendosi più permettere benzina e pezzi di ricambio, erano costretti a far tirare dai cavalli le loro Ford Modello T, ribattezzate "calessi di Bennett". Quando migliaia di disoccupati marciarono su Ottawa, Bennett si convinse che il paese era sull'orlo della rivoluzione. Dato che non poteva distribuire il pane, pensò di fornire uno spettacolo da circo. I Gursky furono arrestati a Montreal, con l'accusa di evasione dei diritti doganali e dell'imposta di fabbricazione. I giornali cominciarono a pubblicare con grande evidenza le fotografie delle loro ville in collina, e i cronisti ripescarono la storia dell'omicidio di Willy McGraw, rimasto insoluto. Per sostenere l'accusa, il governo reclutò un'agguerrita flottiglia di avvocati, al comando di Stuart MacIntyre, dello studio Morgan, MacIntyre e Maclean. Non appena il suo treno arrivò alla Windsor Station, Bert Smith si recò direttamente da MacIntyre. L'avvocato lo ascoltò e poi si riunì con i colleghi. La sua delusione era palese. "Purtroppo," disse "con questo tizio madre natura è stata a dir poco inclemente. E' una nullità che schiuma dalla bocca non appena sente nominare Bernard Gursky, e ce l'ha a morte pure con Bouchard, membro autorevole del Club Saint-Denis e della Société Saint-Jean-Baptiste. Farlo salire al banco dei testimoni è un rischio". Anche i Gursky misero insieme una formidabile squadra di specialisti, ed ebbero l'accortezza di includere un avvocato franco-canadese, Bernard Langlois, e un altro, Arthur Benchley, con conoscenze impeccabili a Westmount; la loro strategia era orchestrata da Moti Singerman, che però non avrebbe mai interrogato personalmente un testimone. Il processo, presieduto dal giudice Gaston Leclerc, ex tesoriere capo del Partito liberale, ebbe un inizio promettente, dal punto di vista dei Gursky. MacIntyre, nella sua prolusione d'accusa, sostenne che i Gursky avevano cospirato al fine di violare le leggi di una nazione amica, contrabbandando liquore attraverso la frontiera non sorvegliata più lunga del mondo. Langlois ribatté che sarebbe stato incredibile che una corte della provincia del Quebec avesse applicato le leggi degli Stati Uniti. "Se il procuratore della Corona intende accusare i fratelli Gursky di contrabbando, deve fornire le prove". Le prove sarebbero potute saltar fuori da certi documenti bancari che dimostravano l'avvenuto passaggio di milioni di dollari dalla Ajax Shipping, la compagnia di navigazione che i Gursky possedevano a Terranova, alla Gibraltar, il fondo fiduciario della famiglia. Disgraziatamente, però, l'irruzione delle Giubbe Rosse al quartier generale della McTavish era stata tardiva: i libri contabili erano andati perduti in un incendio il giorno prima. Le cose volsero al peggio quando Solomon fu chiamato a testimoniare. Incalzato sulla sua presunta attività di contrabbandiere di liquori, chiese a MacIntyre: "Durante il proibizionismo, quando aveva ospiti nella sua casa al mare, serviva cocktail o succo di carota?". "E perché mai dovrebbe interessarle?". "Mi piacerebbe sapere cosa mi sono perso, ammesso che mi sia perso qualcosa".

Solomon aveva per caso conosciuto Al Capone? Sì. Longy Zwillman? Sì. Moe Dalitz? Ancora sì. "Ma" precisò Solomon "ho conosciuto anche Joan Mirò e George Bernard Shaw, eppure non sono né un pittore né uno scrittore. Ho parlato più di una volta con suo fratello a Ottawa, eppure non sono un bigotto". Il giudice Leclerc ammonì Solomon, e non era la prima volta. MacIntyre, frugando tra le carte e fingendo di aver perso il filo, chiese: "Può dirmi se il nome Willy McGraw significa qualcosa per lei?". Prima che Arthur Benchley potesse obiettare che la domanda non era pertinente, Solomon rispose: "Era un mio amico". Mister Bernard, sconvolto, concesse una serata libera all'autista e si mise al volante della sua Cadillac per raggiungere Sainte-Adèle. Il giudice Leclerc lo stava aspettando. Aveva accettato, seppure con riluttanza, di aprire la sua casa di campagna, Pickwick Corner, con il parco disegnato da un architetto di giardini e gli interni che obbedivano alla sua visione vagamente distorta del cottage di un gentiluomo dell'Oxfordshire. Sì, il giardino delle rose era stato un fallimento, e anche i rododendri non avevano resistito al gelo, ma c'era un pozzo dei desideri. Ogni primavera fioriva una miriade di giunchiglie gialle. E i tassi che bordavano il prato da croquet rivelavano la regia, a detta di uno degli ospiti, di un sommo coreografo. Mister Bernard si accomodò in soggiorno con il giudice. La parete del camino era adorna di dipinti con scene di caccia alla volpe, su un'altra c'erano scaffali di piatti e boccali di peltro, illuminati dal retro. I due uomini sedettero su poltrone di pelle. Il giudice Leclerc caricò la pipa con una fragrante miscela di tabacco importata da Fribourg & Treyer, Haymarket, mentre la pipa di radica veniva da Inderwick's. "Bernard," disse il giudice Leclerc lisciandosi i baffi a spazzola e sistemandosi la cravatta larga di seta "dobbiamo dargli qualcosa, perbaccolina". "Come fa Jules Omer Bouchard, che se gli va bene guadagna cinque bigliettoni l'anno, ad avere una grande casa a Hull e un'altra in Florida e una tenuta nella penisola di Gaspé, senza contare le nipoti diciottenni che saltano fuori da tutte le parti, se non prende mazzette?". "Jules finirà nei guai comunque, poveretto, ma lui non basta. Non basta per niente". Mister Bernard fece scattare la serratura della valigetta. "E neanche quello funzionerebbe". "Senti, testa di cazzo, se vado in galera io ci vieni anche tu". "Per Giove, è una minaccia?". "Certo che !o è". "Stu MacIntyre è assetato di sangue. Se vince la causa un incarico alla Corte suprema o come futuro ministro della Giustizia non glielo leva nessuno". "Cosa può avere contro di me?". "Non contro di te. Contro Solomon. Ha cercato di prendersi Diana Morgan, in quell'hotel che si è comprato qui, e le corre dietro da allora, con intenzioni indubbiamente priapiche". "Questo non lo so, ma ha sempre la figa in testa, quello lì. Gli dirò di piantarla. Consideralo sistemato". "Quella giovane signora è un purosangue. E' nipote di Stu MacIntyre, e suo nonno era Sir Russell Morgan. E io spero di succedere a MacIntyre come presidente del Club della Caccia di Sainte-Adèle. Potrei essere il primo franco-canadese ad avere questo onore. Pensa un po'". Il giudice Leclerc tirò fuori una caraffa di porto e due bicchieri grandi. "E' stato Solomon a far uccidere McGraw?". "Oh no. Non potrei...". "E' quello che pensavo". "Mio fratello". "Dobbiamo mettergli qualcosa sotto i denti, maledizione". "Callaghan?". "Non è abbastanza". "Carne della mia carne e sangue del mio sangue". "Capisco". "E io cosa potrei beccarmi? Nella peggiore delle ipotesi". "Una grossa multa". "Posso sopportarla". "E magari dieci anni di galera". Il mattino seguente, al banco dei testimoni tu chiamato Bert Smith, che così realizzò il sogno che l'aveva sorretto per anni, notte dopo notte, mentre digrignava i denti nel sonno, si agitava, si svegliava in un intrico di lenzuola fradice. Nelle sue fantasie, in tribunale avrebbe sconfitto i Gursky come aveva fatto Davide con Golia, non con cinque pietre levigate ma con la verità. Poi, il governatore generale sarebbe intervenuto in suo sostegno, disponendone il reintegro al Dipartimento dei Dazi e delle Dogane, anzi nominandolo direttore al posto di Bouchard. Ma adesso, mentre finalmente avanzava per il giuramento, stordito, con la gola secca, Smith udì lo scricchiolio delle scarpe nuove che aveva acquistato per l'occasione e si sentì morire dalla vergogna. Il colletto della camicia lo soffocava, ma non osava allentarsi la cravatta. Benché fosse già andato due volte in bagno, la vescica era sul punto di esplodere. Gli brontolava la pancia e aveva paura di farsela addosso, davanti a tutti. In preda al panico, cercò di riepilogare mentalmente le dettagliate istruzioni di MacIntyre, ma l'unica cosa che ricordava era il pranzo insieme da Delmo's. Terrorizzato al pensiero di fare una gaffe, Smith aveva atteso che fosse il famoso avvocato a ordinare per primo, e poi aveva mormorato al cameriere: "Lo stesso per me, grazie, signore". Alla fine si era reso comunque ridicolo, accorgendosi troppo tardi che stava imburrando il pane con il coltello del pesce; e l'imbarazzo era cresciuto quando MacIntyre, per magnanimità, l'aveva imitato. Rispondendo alla domanda più facile, deciso com'era a compiacere MacIntyre, un gentiluomo così squisito, Smith si portò istintivamente una mano davanti alla bocca per nascondere i denti storti; poi, invitato a parlare in maniera più comprensibile, la abbassò di scatto, arrossendo e agitandosi sempre di più. Bagnato di sudore, balbettava, senza riuscire a ricordare nemmeno uno dei tanti discorsi che aveva ripetuto all'infinito. Sentiva la propria voce, le labbra che si muovevano erano le sue, ma non aveva idea di che cosa stesse dicendo. Alla fine, stillando vetriolo e incoerenza in parti uguali, dolorosamente consapevole dell'impazienza di MacIntyre e dei sorrisi stampati sui volti delle scimmie che affollavano i banchi della stampa, riuscì a bofonchiare che l'accusato, in presenza dei fratelli e di Tim Callaghan, gli aveva offerto la somma di quindicimila dollari perché disponesse il rilascio di tre contrabbandieri americani. Poi, proprio mentre cominciava a riscaldarsi, Smith si rese conto che MacIntyre, palesemente seccato, stava prendendo le distanze da lui. "Molte grazie, Mister Smith". "Ma...". "Non ho altre domande". In seguito MacIntyre, pontificando nella sala riunioni dello studio davanti ai neolaureati appena assunti, avrebbe spiegato: "Sapevo che non avrei mai dovuto chiamare a testimoniare quel piccoletto maligno. Aveva appena levato la mano per giurare e già sentivo il vento ostile che mi soffiava sul collo. Vedete, ragazzi, la sua presenza era inutile. Non c'era nessuno, in quell'aula di tribunale, che almeno una volta non fosse stato fermato e non si fosse visto perquisire i bagagli da uno stronzetto puntiglioso come lui". Alla fine dell'interrogatorio di MacIntyre, Smith si ridestò all'improvviso e realizzò che un'altra figura era entrata nel suo campo visivo. Mise a fuoco e vide che si trattava del corpulento Langlois. Questi suscitò risolini quando dichiarò che Smith era un capo scout che non beveva e non fumava, e che probabilmente non aveva nemmeno un gran senso dell'umorismo, altrimenti avrebbe capito che Mister Bernard, ben noto per i suoi scherzi, l'aveva preso in giro. "Non è stata offerta nessuna mazzetta" testimoniò Mister Bernard. "Smith è entrato nel nostro ufficio mentre, per caso, stavamo controllando il contenuto della cassaforte. Sulla scrivania c'era l'incasso del mese, più o meno quindicimila dollari e, facendo l'occhiolino ai miei fratelli e a Callaghan, sono saltato fuori a dire: 'Ehi, ragazzo, che ne diresti di un po' di questi soldi? Potresti farti sistemare i denti. Comprarti un paio di scarpe che non scricchiolano...". I giornalisti scoppiarono a ridere. "... offrire il gelato ai tuoi boy scout. Magari, per una volta, portare fuori una ragazza. Iu-huh!". Quindi fu la volta di Morrie: "Non posso non essere dispiaciuto per Mister Smith, un ragazzo così gentile ed educato, ma è stato tutto un equivoco". Callaghan giurò che in sua presenza non era stata offerta nessuna mazzetta. E poi toccò a Solomon, conscio della presenza di Smith, che si dondolava seduto al suo posto, con una mano davanti alla bocca, gli occhi inespressivi. "Sono nel giusto se affermo" esordì MacIntyre "che lei ha chiesto a Mister Smith di parlargli da solo?". "Sì, ma lui ha voluto un testimone". MacIntyre ridacchiò. "Così si è fermato Callaghan" aggiunse Solomon. "Che era presente quando lei ha intimato a Mister Smith di non testimoniare contro di voi?". "Non gliel'ho intimato. Gliel'ho consigliato". "E di prendere invece il denaro che era ancora sul tavolo?".

"Prenderlo o lasciarlo lì, come preferiva". "E poi" proseguì MacIntyre, sorridendo al testimone da sopra gli occhiali da lettura "magari gli ha persino detto: 'Ti darò tutte queste cose se, prostrandoti, mi adorerai'?". Il giudice Leclerc alzò gli occhi, sbalordito. Prima che Langlois potesse intervenire, MacIntyre aggiunse: "Se ha riconosciuto la citazione...". "Il Nuovo Testamento?". "Sì". "Non so lei, MacIntyre, ma io ho sempre trovato i seguiti abbastanza deludenti, soprattutto Matteo". "Chi crede di essere, per dire una cosa del genere?". "Io sono colui che sono, se "lei" riconosce la citazione". Il giudice Leclerc si affrettò ad aggiornare l'udienza, annunciando che il processo sarebbe ripreso l'indomani mattina alla solita ora. E quella sera Mister Bernard, turbato, tornò a Sainte-Adèle, dove lo attendeva il giudice. "Colpevole o innocente," disse Mister Bernard "è contro la mia natura tradire un fratello. Preferisco ingoiare la pillola e comportarmi da uomo". "E' un peccato". "Ma se MacIntyre vuole davvero, davvero arrivare alla verità, gli consiglierei di mettersi in contatto con questa persona" disse Mister Bernard, passando un foglietto al giudice. "Arriverà domani pomeriggio al Windsor Hotel". Un paio di giorni dopo Stu MacIntyre, interrogando di nuovo Solomon, sembrava vagare senza un filo logico, mentre gli avvocati difensori scattavano in piedi per protestare contro la non pertinenza delle domande, e il giudice Leclerc, dimostrando una pazienza e un buonumore insoliti, respingeva le obiezioni. "Devo dedurre" disse MacIntyre "che lei ama particolarmente il gioco d'azzardo". "Sì". "Cavalli?". "Sì". "Biliardo?". "Ogni tanto". "Come la notte in cui ha mandato McGraw alla stazione, dove fu ucciso da ignoti sicari?". Arthur Benchley balzò infuriato dal suo banco. Il giudice Leclerc, accogliendo l'obiezione, rimproverò MacIntyre. MacIntyre si scusò ed ebbe il permesso di continuare. "Poker?". "Sì". "Per pura informazione: con poste molto elevate?". "Ho come la sensazione che adesso salterà fuori un testimone a sorpresa". "Non ha risposto alla mia domanda, Mister Gursky". "Il fatto che lei mi indichi un sentiero, signore, non implica necessariamente che io debba seguirlo, solo per trovarmi di fronte un bugiardo". Dopo che il giudice Leclerc ebbe ammonito il testimone, MacIntyre ripeté la domanda a Solomon. "Con poste molto elevate. Sì". "Una volta non ha forse puntato l'atto di proprietà dell'emporio di suo padre, oltre che una notevole somma di denaro, contro...". "Ha dimenticato la bottega da maniscalco e la pensione di Charley Lin". "Tutto questo, allora, contro l'atto di proprietà del Queen Victoria Hotel, appartenente allora al defunto Willy McGraw?". "Sì". "Ha vinto?". "Fortunatamente sì". "Le mie competenze in questo campo si limitano a qualche mano di bridge di tanto in tanto, perciò mi corregga se sbaglio, Mister Gursky, ma tenderei a credere che in partite con poste così alte sia fondamentale che i giocatori abbiano la certezza di onorare i propri debiti e giocare attenendosi strettamente alle regole". "Ciò che le manca in sottigliezza, signore, lo riguadagna in intuito". "Le dispiacerebbe...". "Rispondere alla domanda?".

"Sì". "Ha ragione". "Ho ragione anche a dare per scontato che, se un giocatore fosse sospettato di barare, non sarebbe più il benvenuto al tavolo da gioco?". "Se lei vuole fare una partita, signore, posso organizzargliela io. Al di fuori di quest'aula, sono sicuro che non oserebbe giocare con un mazzo truccato". "Le dispiacerebbe rispondere alle domande che le vengono rivolte, Mister Gursky?". "Sì, un giocatore poco scrupoloso verrebbe presto individuato e bollato come persona non gradita ai tavoli da gioco, per non dire di peggio". "Perciò se qualcuno avesse minacciato di compromettere la sua reputazione senza dubbio invidiabile di stimato giocatore, sarebbe stata una questione seria". "Molto seria". "E' tutto per il momento, Mister Gursky. La ringrazio per la pazienza e naturalmente per l'inesauribile cortesia delle sue risposte". Ma non appena Solomon si alzò, MacIntyre gli fece cenno di sedersi di nuovo. "Mi perdoni. Un'ultima cosa ancora. Tornando alla partita in cui ha avuto la fortuna di strappare il Queen Victoria Hotel...". "Al "defunto" Willy McGraw?". "Sì. Al defunto Willy McGraw. Potrebbe dirmi se ha usato delle carte nuove?". "Sì". "E dov'erano state acquistate?". "Be', da A. Gursky & Figli, Commercianti all'ingrosso". Charley Lin non fu chiamato al banco dei testimoni fino al tardo pomeriggio. Distolse lo sguardo mentre passava accanto a Solomon, che gli sorrise e sussurrò qualcosa che fece inciampare Charley e poi lo spinse a dire al giudice che il suo era stato un lungo viaggio e si sentiva poco bene. Il giudice Leclerc guardò l'orologio e aggiornò l'udienza, chiedendo a Mister Lin di ripresentarsi l'indomani alle dieci. Ma il mattino dopo Solomon Gursky non comparve in aula all'ora fissata e non fu nemmeno trovato a casa sua. Secondo Clara Gursky, la sera prima si era incontrato con Bernard, e i due avevano litigato aspramente; poi, alle sei del mattino, Solomon era uscito a fare una passeggiata e da allora non si era più visto. "Ha preso una valigia con sé, Mistress Gursky?". "No". Era ormai il tardo pomeriggio quando le Giubbe Rosse stabilirono che Solomon aveva preso un taxi fino all'aeroporto di Cartierville ed era decollato con il suo Gypsy Moth con il corvo dipinto sulla fusoliera. Diretto dove? A nord, era tutto quello che aveva detto Mister Gursky. Nord dove, Cristo santo? Lontano, aveva detto. Dopo aver fatto rifornimento in Labrador, come si scoprì in seguito, era ripartito ancora verso nord, in condizioni meteorologiche spaventose. Il giorno seguente, i giornali pubblicarono in prima pagina fotografie del defunto Willy McGraw che giaceva in una pozza di sangue sul pavimento della stazione. C'erano interviste a Charley Lin. Foto di Solomon seduto con Jack "Legs" Diamond all'Hotsy-Totsy Club; Solomon sull'angolo della Terza Avenue che chiacchiera con Izzy Einstein e Moe Smith, i leggendari agenti del proibizionismo; e infine una foto di Solomon in uniforme da aviatore, in piedi davanti al suo Sopwith Camel, in un aeroporto "da qualche parte in Francia". I giornalisti avanzarono l'ipotesi che McGraw avesse scoperto che Solomon giocava con carte segnate, acquistate all'emporio del padre. Temendo di essere smascherato, o forse perché ricattato, Solomon aveva nominato McGraw direttore del Duke of York Hotel di North Portal, e in seguito l'aveva fatto ammazzare, contando per di più su un alibi a prova di bomba. L'aeronautica militare mandò alcuni aerei in cerca del Gypsy Moth di Solomon, che sembrava fosse scomparso dopo il rifornimento in Labrador. Il meccanico che si era occupato dell'aereo fu interrogato a lungo. "Non ha detto dove voleva andare?". "A nord". "Questo lo sappiamo, maledizione, ma dove?".

"Lontano, ha detto". Consultato dalle Giubbe Rosse, un pilota specializzato in voli a quelle latitudini dichiarò che il giorno in cui era partito Solomon nessuno si era alzato in volo, perché sarebbe stato come volare dentro una bottiglia di latte. In simili circostanze, spiegò, non c'è orizzonte: il cielo coperto da uno strato uniforme di nuvole bianche è indistinguibile dalla tundra innevata. Anche il pilota più esperto, mentre cerca, con virate e cambiando quota, di venirne fuori, perde il senso della gravità e finisce per volare capovolto e schiantarsi al suolo. E a sentir lui a Gursky era successo proprio quello, in qualche punto della tundra, dove solo un eschimese aveva qualche probabilità di sopravvivere. Tre giorni dopo la scomparsa di Solomon, Mister Bernard entrò in tribunale strascicando i piedi, scusandosi con il giudice Leclerc: non si era fatto la barba e indossava le pantofole e una giacca con il collo strappato. Non era, assicurò, un atto di spregio nei confronti della corte, ma una tradizione del suo popolo, un segno di lutto per la morte di un parente stretto, in questo caso un fratello adorato, a prescindere dai suoi peccati. Cinque giorni più tardi, con il Gypsy Moth sempre disperso, il giudice Gaston Leclerc emise il suo verdetto. Tutti gli occhi del pubblico presente in aula erano puntati su di lui. "Il procuratore della Corona sostiene che gli accusati avevano aperto agenzie a Terranova e a Saint-Pierre et Miquelon per svolgere attività legate al contrabbando, e che le vendite erano la prova di una cospirazione illegale. Tuttavia, gli accusati avevano tutto il diritto di farlo, perbaccolina. Avevano il diritto di aprire agenzie in quei luoghi, e non è un segreto che all'epoca molte distillerie canadesi facevano del loro meglio per vendere i loro prodotti fuori del Canada. Quegli atti, lo affermo con decisione, erano legali, e i venditori non erano obbligati a verificare la destinazione dei beni venduti, né avevano alcun obbligo di chiedere agli acquirenti cosa avessero intenzione di fare con quei beni". Il giudice concluse: "Non esistono prove che gli accusati abbiano commesso atti criminali. Ritengo che non vi siano indizi sufficientemente fondati della presunta cospirazione. Pertanto dichiaro gli accusati non colpevoli". Aggiunse tuttavia che se Solomon Gursky fosse stato ritrovato vivo, avrebbe dovuto rispondere alla corte di altre accuse. Il mattino seguente un ispettore delle Giubbe Rosse si presentò con un mandato per controllare i conti bancari del giudice Leclerc e sequestrare il contenuto della sua cassaforte. Non furono trovate prove a carico. In ogni caso, l'anno dopo il giudice Leclerc andò in pensione, e fece una sosta a Zurigo prima di raggiungere l'Oxfordshire, dove aveva acquistato una tenuta con un giardino di rose, rododendri a volontà, un labirinto, e meli e peri. L'atteso verdetto sul caso Gursky non finì nemmeno in prima pagina, perché lo stesso giorno furono trovati i frammenti carbonizzati di un Gypsy Moth, sparsi nella tundra in un'area di otto chilometri quadrati. Molte parti dell'aereo furono rinvenute da un gruppo di eschimesi nomadi, che indossavano tutti parka di pelle di foca, ai cui angoli pendevano quattro frange, ciascuna formata da dodici cordoncini di seta. Un eschimese aveva raccolto una valigeria con le iniziali S.G. in rilievo. Conteneva il passaporto di Solomon e quasi duecentomila dollari americani. Il corpo di Solomon non fu mai recuperato. Si diede per certo che si fosse disintegrato al momento dell'esplosione del Gypsy Moth, e che i resti fossero stati portati via e divorati dai lupi artici della tundra. Il mattino seguente Mister Bernard convocò Morrie a casa sua. "Prima di scappare," disse "Solomon ha avuto la bontà di firmare i nuovi contratti societari". Cinquantacinque per cento della McTavish a Mister Bernard, trenta a Solomon e ai suoi discendenti e quindici a Morrie. "Credevo che la mia quota sarebbe stata del diciannove per cento". "Mi sono battuto per te come una tigre, ma lui non si è smosso di un millimetro". Mister Morrie firmò. "Adesso siamo rimasti solo noi due" disse Mister Bernard. "Sì". "Ma non devi preoccuparti per me. Ho deciso di cominciare un programma di regolari controlli della mia salute". "Dovrei fare lo stesso, secondo te?". "Ah. Perché buttare via i soldi? Hai un'aria magnifica".