7.

Era il 1983. Autunno: la stagione delle pernici ubriache fradice per aver becchettato le mele selvatiche cadute e fermentate. Bisognava rastrellare le foglie. Fuori si gelava. C'era aria di neve, ma Moses non aveva ancora tolto le zanzariere e montato al loro posto le doppie finestre. La legna per l'inverno, che Legion Hall aveva scaricato nel vialetto, doveva essere ancora sistemata. Schivando le faccende domestiche, Moses - sommerso dalla polvere e dagli scatoloni rovesciati ovunque - si mise a contemplare l'interno della sua casa nel bosco. Un mare di disordine. E tutto perché si era deciso a ritrovare la sua Silver Doctor scomparsa, come se da quella ricerca dipendesse la sua vita. Esausto, Moses andò a versarsi da bere. Poi squillò il telefono. "Ciao. Sono io". La divorziata troppo elegante e troppo irritabile che aveva rimorchiato a Montreal il martedì precedente. "Prendo l'autobus delle quattro per Magog. Devo portare qualcosa?". Oh, Cristo, l'aveva invitata per il weekend? "Uhm, no". "Non sembri tanto contento". "Ehi, sono entusiasta. Vengo a prenderti alla fermata". Non appena lei riattaccò, Moses fece il numero di Grumpy's e chiese di parlare con il barista. "Sono Moses Berger. Come si chiama la signora che ho conosciuto da voi martedì?". "Non Mary?". "Sì. Esatto. Grazie". Raccolse le bottiglie vuote e i piatti sporchi. Svuotò i portacenere. Poi cominciò a rimettere le carte negli scatoloni. "Razza di ubriacone rincoglionito. Perché non le hai detto che eri a letto con la febbre?" C'era stato un tempo in cui Moses avrebbe considerato la presenza di una donna nella sua casa nel bosco per il weekend una piacevole novità. Ma adesso che aveva cinquantadue anni e, a sentire Strawberry, diventava sempre più scorbutico e sempre più incline ad alzarsi e a mangiare quando gli pareva, la presenza di una donna gli sembrava un'intollerabile intrusione. L'eccezione, per qualche anno, era stata Kathleen O'Brien, che lui adorava. Ma aveva finito con l'avere terrore persino delle sue visite. Visite che si concludevano immancabilmente con loro due che brancolavano in uno stato di stupore alcolico, mentre Kathleen, facile alle lacrime e all'autocommiserazione, precipitava in frasi incoerenti, compiangendo il destino di quelli che chiamava "les misérables". Il ristretto club delle vittime dei Gursky. Lei martire di Mister B., e Moses rovinato da Solomon. Ogni volta che veniva, bisognava ascoltare qualche nastro. Così Mister Bernard, che si decomponeva nella cassa sigillata col piombo, tornava dalla tomba a perseguitarli: "Ogni famiglia ha la sua croce da portare, uno scheletro nell'armadio, la vita è fatta così...". Il rabbino che aveva tenuto l'orazione funebre davanti alla bara di Mister Bernard aveva detto: "Ecco un uomo che era ricco al di là delle nostre più sfrenate fantasie. Possedeva un jet privato e uno yacht. Era andato a Buckingham Palace e alla Casa Bianca. Mistress Roosevelt e Ben Gurion erano stati entrambi a casa sua a mangiare il manzo bollito e la "kashe" di Libby. I primi ministri di questo grande paese ricorrevano regolarmente ai suoi consigli. La verità è che Mister Bernard, che riposi in pace, aveva creato una delle maggiori fortune familiari del Nordamerica. Ma questo modello, questa leggenda del nostro tempo, che cosa ha implorato sul letto di morte? Adesso ve lo dico, perché è una splendida lezione per tutti noi che siamo qui riuniti. Mister Bernard ha implorato l'unica cosa che i suoi milioni non potevano comprare: la misericordia di Dio. Questa è stata la sua ultima richiesta. Una supplica per ottenere la misericordia di Dio...". Ma Mister Morrie, che era presente, aveva raccontato a Moses cos'era successo in realtà al capezzale del fratello. Sul punto di spegnersi e con gli occhi sempre più annebbiati, Mister Bernard si era ridestato sbattendo le palpebre nel vedere Libby che gli prendeva la mano ossuta e cerea e se la portava alla guancia incipriata. Poi Libby si era messa a cantare: "Bay mir bist du sheyn", lascia che ti spieghi; "bay mir bist du sheyn" vuoi dir che sei grande. Potrei cantar Bernie, Bernie, anche dire "vunderbar"... Mister Bernard aveva tentato di graffiarla a sangue, ma non ne aveva più la forza. "No, no" fu tutto quello che riuscì a dire. "Bernie, Bernie," singhiozzò Libby "credi in Dio?", "Come puoi dire stronzate simili in un momento come questo?". "Non sono stronzate, tesoro". "Non sono stronzate, dice lei. Ma non capisci. Non capisci proprio niente? Se Dio esiste, io sono fottuto". E poi, gli aveva raccontato Mister Morrie, era morto. Le visite di Kathleen, spesso senza preavviso, divennero un tormento. Colei che era stata l'esigente e sarcastica Miss O., una signora di classe, usciva affannata e con passo incerto dalla Subaru col cofano ammaccato, indossando un vecchio golfino macchiato di cibo e una gonna con la cerniera rotta, carica di sacchetti pieni di bottiglie che sbatacchiavano, e poi andava avanti a parlare fino all'alba, ripetendo sempre le stesse storie. Una notte, mentre la osservava russare a bocca aperta e priva di sensi sul divano, Moses ricordò la giovane Kathleen che lo accompagnava fuori dal Ritz, al primo matrimonio di Anita Gursky, per risparmiargli l'ascolto della poesia che L.B. aveva scritto in onore degli sposi. Si chinò, le asciugò il mento, la baciò sulle guance, la coprì con una coperta e sussurrò "Ti amo", sicuro che lei non potesse sentirlo. Ma Kathleen si mosse. "Anch'io" disse. "Ma che cosa ne sarà di noi?". La storia della busta marrone ancora la faceva infuriare. "Lui non mi ha ingannato. Su una cosa del genere, no, è impossibile. Se l'è presa il nano schifoso, o magari ce l'ha Libby". Gitel Kugelmass, che trascorreva i suoi ultimi giorni di vita al Mount Sinai, non entrò mai nella sua casa nel bosco, ma telefonava spesso. Negli ultimi tempi per informarlo che Mister Putterman era senza alcun dubbio un infiltrato delle Giubbe Rosse. "Gitel," le aveva detto Moses "devi venire con me da un medico che conosco". "Magari quel dottor Ewen Cameron dell'Allen Memorial, dove la CIA li pagava - è tutto documentato per fare esperimenti con sostanze allucinogene su vecchi completamente all'oscuro di quello che gli capitava". Purtroppo Moses non era in grado di negarlo. "Oppure potresti mettermi sul primo aereo per Mosca, dove mi sbatterebbero in un manicomio con gli altri dissidenti". L'ultima volta che l'aveva portata fuori a pranzo, Gitel aveva detto: "Ti ricordi la lettera che L.B. aveva spedito a me e Kronitz a Sainte-Agathe, supplicandoci di badare ai bambini? Non che il mio Errol Flynn del Nord non avesse già impacchettato scacchi e scacchiera. Be', quella lettera va inclusa nel libro di quel giovane professore, sai chi intendo, è sempre lì che parla in T.V., è contro gli armamenti nucleari e porta gioielli etnici". "Zeigler?". "Lui. Non trovi che ci sia dell'ironia in questo, Moses? Tutti quegli anni a sognare la fama, e quando viene pubblicata la sua biografia L.B. è morto". In casa di Moses c'erano tre lettere, tutt'e tre senza risposta, del professor Zeigler. L'ultima, una vera perla, aveva tre allegati: 1. Una cartina di Montreal, sulla quale era stato tracciato il percorso preciso della passeggiata pomeridiana di L.B., dalla villa con giardino e cespugli ornamentali in un viale alberato di Outremont, giù per Park Avenue, oltre l'edicola di Curly, il cinema Regent, la bottega di barbiere di Moe, l'Associazione dei giovani ebrei e Fletcher's Field, poi tagliando a sinistra in Pine Avenue fino alla Horn's Cafeteria. Il professore chiedeva a Moses di correggere eventuali errori o aggiungere variazioni al percorso. 2. Una fotografia di "Il bardo", la scultura della testa imponente di L.B. ad opera di Marion Peterson che adesso troneggiava su un piedistallo nell'atrio della Bibliothèque Juive de Montréal. 3. Tabulati di computer, inclusi a ragion veduta, che misuravano la frequenza di proposizioni polisubordinate, verbi ausiliari, nomi con avverbi attributivi, clausole non frasali e così via nelle poesie di W.B. Yeats, T.S. Eliot, Robert Frost, W.H. Auden, Robert Lowell e L.B. Berger. Moses fu lieto di constatare che L.B. si classificava al primo posto nell'uso dei pronomi personali. Nella lettera, Zeigler chiedeva un'intervista a Moses in merito a un saggio per una conferenza a Banff, sulla sindrome da fallimento da cui era afflitta la progenie di grandi artisti canadesi. "Di sicuro" scriveva "il suo contributo in quest'impresa sarebbe decisivo". Erano anni che Moses non vedeva Beatrice, ma non aveva mai smesso di seguirne a distanza l'ascesa. Era un suo fan sfegatato. Si era già liberata del biodegradabile Tom Clarkson, e aveva ricavato non poco dal divorzio. Secondo le ultime notizie, stava per sposare il futuro alto commissario canadese nel Regno Unito. Di lì al terzo matrimonio con titolo nobiliare annesso il passo sarebbe stato breve. Nel frattempo, la monella che a Yellowknife era conosciuta come una bambina Corvo si sarebbe lavorata una serie di garden party a Buckingham Palace. Moses, felice per lei, si immaginava Beatrice che spiegava a Mistress Thatcher come si scuoia e si squarta un caribù e ricordava al principe Carlo che si erano già incontrati una volta, nella Elks Hall della favolosa Yellowknife. Lucy gli spediva ritagli di giornale e articoli di riviste che parlavano di lei e che magari si era perso. Una fotografia su "People" - lei che abbraccia Andy Warhol -con un'aggiunta a penna: "Guarda la tua piccola Lucy adesso!!". Recensioni, in massima parte favorevoli, delle sue produzioni a Broadway e nei teatri indipendenti. Una breve nota biografica su "New York" la definiva sboccata, spaventosamente maligna nei confronti delle attrici che avevano lavorato con lei, ma anche perfezionista, sempre disposta a non badare a spese quando allestiva una nuova produzione. L'ultima telefonata di Lucy risaliva a molto tempo prima, forse un paio d'anni dopo la morte di Henry. "Ieri sera è venuto a trovarmi il cannibale". "Chi?". "Il figlio di Henry. Isaac". "Come sta?". "Sta che mi fa venire i brividi". "Sì, immagino". "Mi sembri ubriaco". "Sai che novità". "Vieni a New York e ti mantengo io. Non devi stare da me se non vuoi. Ti sistemo al Carlyle". "Ci credi che mi ricordo ancora quando hai proposto a Henry di pagarmi per avere la mia compagnia?". "Ci saremmo potuti sposare e adesso avremmo dei figli". "No, sarebbe stato da irresponsabili. Io sono un ubriacone impenitente e tu non sei ancora uscita dall'infanzia". "Peso centoventicinque chili. Non riesco a fermarmi. Sono un mostro. Un giorno o l'altro esploderò come un w rstel in padella" strillò Lucy prima di riattaccare. Gitel, Beatrice, Lucy. Quanto al resto, le donne che Moses riusciva ad attirare nella sua casa nel bosco offrivano cinque minuti di sollievo al prezzo di ore di fastidio. C'era stata una signora di una certa età che non poteva soffrire il fumo del sigaro e un'altra venuta per il week-end che leggeva un libro di Sidney Sheldon nel suo letto. Asciugamani bagnati sul pavimento del bagno. Capelli che otturavano il lavandino. I suoi dischi riposti nelle copertine sbagliate. Donne che a colazione pretendevano di chiacchierare. E adesso, "non Mary?", come si era provvidenzialmente espresso il barista di Grumpy's, per un intero weekend. Per fortuna, Mary insistette per andarsene subito dopo che lui l'aveva rimproverata, il sabato mattina. "Non che mi freghi una sega di quello che pensi tu" disse Mary "ma non stavo ficcanasando. E sai che m'importa delle tue carte del cazzo. Ho soltanto pensato come una sciocca che ti avrebbe fatto piacere se qualcuno cercava di mettere ordine in questo porcile". Moses la accompagnò alla stazione degli autobus di Magog. "Me lo pago io il biglietto, se non ti spiace. E questa è per te. Mi ci sono seduta sopra stanotte. Fammi un favore. Ficcatela su per il culo". La sua Silver Doctor.