7.

Dipendeva dalle persone con cui si parlava. Alcuni dicevano di sicuro sei, sette milioni, altri giuravano dieci, magari di più. Comunque, nel 1973 erano quelli i soldi che, a sentire i pettegolezzi, Harvey Schwartz aveva messo da parte accudendo le centinaia di milioni che maturavano nella Jewel, la compagnia d'investimento della famiglia Gursky, oltre che coprendo le spalle alla Acorn Properties, la società Gursky di patrimonio immobiliare, con un valore stimato, all'epoca, di più di un miliardo di dollari. Certo, buona parte della fortuna di Harvey era in azioni. Ma, stando alle chiacchiere, era proprio il peso del denaro a spiegare perché Harvey si mangiasse le unghie e soffrisse di insonnia, dispepsia e tormentosi sommovimenti intestinali. I pettegolezzi, come spesso succede, non dicevano la verità. Anche prima di accumulare i suoi milioni, Harvey era consumato da un segreto terrore: che un giorno sarebbero venuti a cercarlo, accusandolo falsamente di un delitto. Rapina, stupro, omicidio, non importa quale. Un giorno l'avrebbero incastrato e sarebbero venuti a prenderlo. A nulla sarebbero valse le sue proteste di innocenza, "a meno che lui non avesse un alibi inconfutabile". Così Harvey, ben sapendo che l'arresto sarebbe avvenuto quando lui meno se lo aspettava (ovunque, in qualsiasi momento), era costantemente impegnato a sgombrare il proprio nome da ogni sospetto. Una volta, sdraiato ai bordi di una piscina al Tamarack Country Club, sul punto di appisolarsi, Harvey era scattato sul chi vive quando si era accorto che tutti gli altri discutevano dell'omicidio Kleinfort. "Sapete," aveva detto, non appena era riuscito ad attirare l'attenzione del gruppo "io non saprei nemmeno tenere in mano una pistola". L'ossessione di Harvey si cristallizzò quando vide "Il ladro", il film di Alfred Hitchcock basato sulla storia vera di un contrabbassista dello Stork Club che durante un confronto era stato identificato dalla polizia e ingiustamente accusato di rapina a mano armata, per essere poi scagionato all'ultimo momento quando il vero responsabile aveva colpito ancora. Harvey vide il film tre volte, e ogni volta soffriva con Henry Fonda dall'inizio alla fine. Harvey sapeva. Harvey capiva. Per questo prendeva le sue precauzioni. Quando, per esempio, andava al cinema con la moglie Becky (la cui testimonianza a suo favore non avrebbe contato nulla), non solo conservava i biglietti, archiviandoli con la data, ma faceva del suo meglio perché ci si accorgesse della sua presenza. Magari pagava la cassiera con una banconota da cento dollari, scusandosi per non avere tagli più piccoli con sé, "ma facendosi riconoscere", e una volta dentro salutava con grandi effusioni anche chi conosceva appena. "Sì, la sera dello stupro sono sicuro di aver visto Mister Schwartz al cinema di Westmount Square". Quando entrava in una stanza d'hotel a New York, a Chicago o in qualunque altro posto, non appena il fattorino, dopo aver posato le valigie sul pavimento, era uscito dalla porta, Harvey infilava guanti da chirurgo. Perquisiva gli armadi, la doccia (dopo "Psycho") e tutti i cassetti; non era disposto a lasciare in giro le sue impronte digitali finché non era sicuro che non vi fossero pistole compromettenti o coltelli insanguinati lasciati dal precedente occupante, "per incastrare lui". Harvey insisteva inoltre con l'autista perché rispettasse tutte le norme della circolazione, in particolare i limiti di velocità, nel timore che qualche madre bisognosa, folle di avidità, gettasse un neonato fra le ruote della sua macchina, "facendogli causa per milioni di dollari". All'epoca in cui era ancora costretto a salire su voli di linea, non si sedeva mai accanto a una signora non accompagnata, "per paura che fosse un'esca", messa lì perché lui potesse essere accusato di molestie sessuali. Per fortuna, grazie alla munificenza di Mister Bernard, poteva ormai servirsi dei jet Gursky. La verità era che Mister Bernard sapeva essere sorprendentemente affettuoso, e trattare Harvey come il suo discepolo preferito, mettendosi a pensare ad alta voce in sua presenza. Se fosse stato primo ministro, diceva a Harvey, avrebbe sistemato il deficit nazionale in un minuto. Era convinto che nel Terzo Mondo si scopasse troppo senza preservativo, e lui avrebbe detto basta a quell'andazzo. Se gli israeliani avessero avuto il buonsenso di rivolgersi a lui, avrebbe sistemato anche il casino con gli arabi. "Sa, Mister Bernard, dovrebbe registrare i suoi discorsi a tavola". "Per le generazioni future?". "Sì". Così cominciarono le sedute davanti al microfono, con Mister Bernard che pontificava. "Sai qual è la più grande invenzione dell'uomo occidentale?". "No". "L'interesse". Mister Bernard sgranocchiava anacardi, sorseggiava Masada filane e si abbandonava ai ricordi. "Abramo Lincoln (non lo voglio mica criticare, ha liberato i negri) è nato in una capanna di tronchi in un clima mite, e non doveva stare poi così male. Ma per Bernard Gursky c'era una casupola d'argilla nella prateria gelata, tutto quello che poteva permettersi allora il mio povero padre, dato che Ephraim non gli avrebbe dato un cazzo di niente. Ero io il preferito di Ephraim, sai. Bella roba. Ephraim aveva i soldi per il poker e le puttane, sissignore, ma per suo figlio? "Bupkes". Come faccio a sapere se il tuo registratore funziona?". Harvey tornò indietro e gli fece ascoltare le ultime parole. Funzionava. "Credi che a Westmount faccia freddo? Te lo dico io cosa vuoi dire freddo. Quando arriva a cinquanta sotto zero, anche se la stufa della cucina sta accesa tutta la notte, l'acqua nei secchi la mattina è ghiaccio. Poi arriva la primavera, e anche se ti affanni a chiudere ogni più piccola fessura, in una casupola d'argilla quando piove ti piscia sulla testa. Non ha importanza. Anzi, così puoi pure raccogliere in un barile l'acqua piovana che filtra dal tetto di travi di pioppo e zolle per aumentare la provvista. Altrimenti, ragazzo, un giorno dopo l'altro devi trascinarti secchi pieni d'acqua dalla sorgente fino a casa. "D'inverno mia madre, che Dio la benedica, faceva sciogliere la neve nelle pentole per avere l'acqua. Per il riscaldamento raccoglievamo la merda secca di bisonte. I bisonti erano spariti da un pezzo, ma dappertutto c'erano i loro teschi. Ehi, com'è riuscito Bernard Gursky, il costruttore di un impero, a fare i primi soldi? La gente normale magari vorrà saperlo. Ho fatto i primi soldi andando a caccia di scoiattolini, ma adesso" disse Mister Bernard, e diede una botta sul tavolo scoppiando a ridere fino alle lacrime "adesso ne ho uno tutto per me, eh, nanetto?". Le guance lentigginose di Harvey si fecero di fuoco. "Ehi, volevo solo prenderti un po' in giro. Era una battuta. Amici come prima, eh?". "Certo". Un altro giorno. "Ogni famiglia ha la sua croce da portare, il suo scheletro nell'armadio, è la vita. Eleanor Roosevelt è stata a casa nostra, lo sai. Suo padre poteva permetterselo un dentista, non credi? Eppure lei aveva certi denti... "Oy vey". I suoi trafficavano con l'oppio in Cina, ma questo non lo leggerai di sicuro nel 'Ladies' Home Journal' o dove diavolo teneva la sua rubrica, come si chiama, "La mia giornata". Joe Kennedy era un puttaniere e ha raggirato Gloria Swanson, ma questo mica lo raccontano in "Camelot". Prendi anche re Giorgio Quinto, guai a dare a me l'Ordine dell'Impero britannico, per carità. Uno dei suoi figli era un ubriacone senza speranze, un altro un frocio drogato, e poi quel povero coglione del duca di Windsor, che ha buttato la corona nel cesso per mettersi con una zoccola. Vuoi il duca e la duchessa per un ballo di beneficenza? Li prendi a nolo come lo smoking da Tip-Top. E quella sarebbe una coppia reale. Per me, la croce da sopportare era Solomon, e Dio sa se ho fatto tutto quello che potevo per lui, è tutto documentato. Era, come si dice, una mala pianta. Credi che non mi pesi, una cosa del genere? Mi pesa eccome, mio fratello, morire in quel modo, e sporcare così il buon nome della famiglia, ancora oggi. 'Ehi, quel Solomon Gursky ha fatto uccidere Willy McGraw alla stazione. E quei fratelli Gursky una volta erano contrabbandieri. Oh cielo. Oh poveri noi. Non possiamo mica invitarli per il tè con i sandwich ai cetrioli e il pane fatto con la colla'. "Ti ho mai raccontato che cosa è successo quando ho comprato il nostro primo hotel sulla ferrovia, anzi subito prima, e se qualcuno dice che è stato Solomon, prova a controllare, eh, e guarda che nome c'è scritto sull'atto. A quel punto, tutto quello che avevamo era l'emporio di mio padre e magari quattromila dollari nella "pushke". Mi correggo. "Avevamo" quattromila dollari fino a che Solomon non li ha rubati per andare a giocarseli al più grosso tavolo da poker che c'era in città. Lui vuole rischiare tutti i soldi faticosamente guadagnati dalla famiglia, tutti, e che vinca o perda, quel bastardo ha intenzione di filarsela. Ciao ciao famiglia. Ciao ciao risparmi. La mia povera madre, mio padre, e Morrie, non è neanche il caso di dirlo, tutti a piangere disperati in cucina. Nessuno sa dov'è la partita ma io so dove trovare le puttane di Solomon. La vecchia indiana alla riserva e la polacca con le tette grosse all'hotel. Lascio a tutt'e due un messaggio per il mio amato fratello. 'Ditegli che può arrivare fino a Timbuctù e io lo trovo lo stesso e lo faccio sbattere in prigione a marcire per il resto della vita'. Lui capisce l'antifona e torna a casa. Si vergogna talmente a guardarci in faccia che il giorno dopo scappa e si arruola nell'esercito. E mentre lui si fa il suo giro tutto spesato per l'Europa, e finisce perfino ufficiale dell'aviazione, perché si era inventato una falsa laurea, io metto insieme una catena di hotel, lavorare diciotto ore al giorno per me non è mai stato un problema, e intesto un terzo di tutto a nome suo, perché Bernard Gursky è fatto così. La famiglia è la famiglia. Lui torna a casa, e secondo te mi dice: 'Bernard, non mi merito una parte così grossa'? Magari mi dice che sono stato bravo? Ma figurati. "Sai che nei brutti vecchi tempi avevamo un problema: gli assalti ai convogli. I banditi. L'avidità di altra gente. Bene, un giorno lui manda Morrie, di tutte le persone che poteva mandare, con una colonna di camion, perché lui, invece, ha troppa paura. Morrie è sull'ultimo furgone, sai, quello con la catena lunga quindici metri attaccata dietro, che alza una tremenda nuvola di polvere se per caso qualcuno ti insegue. Gli uomini su questo furgone hanno anche un proiettore che possono accendere per abbagliare qualcuno, e delle mitragliatrici, ma solo per autodifesa. La sparatoria comincia prima ancora di arrivare alla frontiera con il Montana. Morrie si caga nei pantaloni. Non è un disonore, lo sai, se hai letto qualcosa sulla Grande Guerra. A me non mi hanno preso per via dei piedi piatti. Mi si è spezzato il cuore. Questo paese io lo amo, e amo tutti quelli che ci abitano. Comunque, ho letto cosa è successo ai soldati canadesi ad Arras, alla cresta di Vimy, la prima volta che hanno fatto un assalto fuori dalle trincee, e alcuni sono tornati a casa con una M.V:, una medaglia al valore, mica una malattia venerea come Solomon. Bell'eroe, Solomon. Figurarsi se è stato a Vimy. Il fango. I pidocchi. I topi nelle trincee. Secondo me, il posto più vicino a quelle trincee che ha frequentato, prima del trasferimento in aviazione, sarà stato un bordello di Montmartre. "Dov'ero rimasto? Ah sì. Solomon si mette a prendere in giro di brutto Morrie per quello che gli era capitato. Ragazzi, l'ho sistemato una volta per tutte. L'ho ficcato nel trasporto che partiva subito dopo. Lui è bianco come un lenzuolo. Suda. Un camion scoppietta dal tubo di scappamento e lui si butta per terra. Tutti schiattano dal ridere. Ridono di lui, l'eroe di Vimy. La smette di dar fastidio a Morrie, puoi scommetterci il culo". Un altro giorno ancora. "Ogni generazione produce una manciata di grandi uomini, cresciuti in capanne di tronchi o casupole di argilla, che allungano la mano verso le stelle per afferrare sogni impossibili. Einstein, Louis B. Mayer, Henry Ford, Tom Edison, Irving Berlin. Uomini che vivono in ambienti diversi, e l'unica cosa che hanno in comune è che non si fermano mai a riposare. Ma com'è cominciato tutto, nel caso di Bernard Gursky? Be', adesso te lo dico. Abitavamo in città (oh, ragazzi, marciapiedi di assi di legno) e, fra le altre cose, mio padre commerciava in cavalli. Mustang selvaggi. Aveva un accordo con un tizio che gliene portava magari quaranta la settimana e io lo aiutavo a domarli, in un recinto dietro il vecchio Queen Victoria Hotel. Poi li metteva all'asta e dopo ogni vendita invitava il cliente al bar dell'hotel per chiudere l'accordo con una bevuta. Io guardavo tutta la scena, seduto sulla staccionata dei cavalli. Guardavo e pensavo, come ho sempre fatto. 'Fa',' gli faccio 'il bar ci guadagna più di noi. Perché non compriamo l'hotel?'. Proprio lì è cominciato tutto. Sono stato io a guidare i Gursky oltre il Rubicone, nel commercio dei liquori. E' giusto il fiume?". "Sì". "In giro circolano troppe bugie su Bernard Gursky, bisognerebbe assumere qualcuno. Qualcuno che ascolti la verità da me e scriva la mia autobiografia". "Stavo pensando la stessa cosa, Mister Bernard". "Per un lavoro così non voglio un canadese. Voglio il meglio. Al diavolo le spese". "Potrei consultare Becky e buttar giù una lista di nomi". "Churchill. Chi ha scritto la sua roba?". "Se l'è scritta da solo, Mister Bernard". "Ah sì?". Mister Bernard tamburellò con le dita tozze sulla scrivania. "Forse sì e forse no. E quel tizio, Hemingway, quanto può guadagnare?". "E' morto". "Certo che è morto. Credi che non lo sappia? Mi stai dando sui nervi, Harvey. Non hai niente da fare? Non potresti tornare a lavorare?". Sì, sì, certo, ma Becky, rientrata quella mattina da un viaggio di due giorni a New York, gli telefonò e disse: "Voglio vederti, e "subito"". Harvey arrivò a casa nel giro di un'ora e trovò Becky seduta allo scrittoio Luigi Quattordicesimo. Davanti a lei era sparso il contenuto di una scatola profilata d'amianto che era stata tolta dalla cassaforte a muro di Harvey. "Voglio sapere perché la tua preziosa vita da barboncino di Mister Bernard è assicurata per tre milioni di dollari con varie compagnie mentre il valore della mia, l'assicurazione di un'autrice pubblicata, è di miseri centomila". "In realtà, mi ero preso un appunto per riesaminare la situazione proprio questo weekend". "Fammelo vedere". "Era un appunto mentale". Becky gli tirò addosso gli atti e le polizze, uscì dalla stanza e salì di corsa le scale diretta alla loro camera da letto. Harvey la inseguì fino al corridoio, dove inciampò in una pila di scatole di Gucci, Saks, Bendel e Bergdorf Goodman. Si ritirò in soggiorno, sprofondando nel divano. La verità era che, il giorno in cui aveva fatto la revisione annua della loro posizione assicurativa, con l'intento di aumentare la copertura della moglie, a Toronto c'era stato un caso di omicidio che l'aveva costretto a riflettere. I giornali non parlavano d'altro. Un costruttore edile, dalla vita in apparenza senza macchia, era sotto processo per l'omicidio della moglie, con cui era sposato da vent'anni. Stando al suo racconto, una sera, diretto a Stratford, si era fermato in un'area di servizio sulla 401 per cambiare una gomma sgonfia. Mentre era curvo su una ruota posteriore, un'altra macchina aveva accostato da dietro, ne erano usciti due drogati e avevano dato una botta in testa a lui e sparato alla moglie, che stupidamente aveva reagito. I delinquenti erano scappati con il portafogli dell'uomo, la borsetta della donna e tutto il loro bagaglio. La sua difesa era stata compromessa da un minuscolo indizio. Appena un mese prima, aveva assicurato la vita della moglie per un milione tondo. Harvey, comprensibilmente molto sensibile a storie del genere, aveva rinunciato all'idea di fare lo stesso per Becky. E se una settimana dopo, Dio non voglia, fosse stata investita da una macchina mentre attraversava la strada, o fosse morta in un incidente aereo? "Lui sarebbe stato l'indiziato numero uno, ecco la verità". Trascinato fuori da casa sua con le manette ai polsi, sotto gli occhi delle telecamere. Incarcerato insieme a finocchi con la bava alla bocca. Il suo corpo violato come quello di Lawrence da quel viscido turco in "Lawrence d'Arabia". Harvey, col cuore che gli rimbombava in petto, salì le scale in cerca di un'aspirina, e lì, guarda un po', c'era Becky sulla porta della camera da letto, tutta sorridente. "Cosa ne dici, passerotto?". Di cosa? pensò. "Dammi un suggerimento". Lei roteò su se stessa, con le mani che svolazzavano attorno al collo, e allora la vide. Una collana di diamanti. "Da Van Cleef and Arpels" disse, e poi indicò un pacchetto, legato con un fiocco dorato, sul letto. "Ho portato una cosa anche a te". Harvey strappò la carta. "Lo so che te ne servirebbero una dozzina, ma proprio non ce la facevo a trascinare altri pacchi". Tenendo i calzini contro il petto, Harvey disse: "Sono proprio della misura giusta".