2.
Secondo la formulazione della legge elettorale del 20 luglio 1885, per "persona" si intendeva un maschio, indiani compresi, ma esclusi tutti coloro che fossero di razza cinese, e dunque anche il padre di Charley, Wang Lin, uno dei gonzi di Andrew Onderdonk. I coolie reclutati nella provincia del Guangdong per conto della Canadian Pacific Railroad, allo scopo di aprire la strada alla ferrovia attraverso le Montagne Rocciose, erano più di diecimila. Sospesi dentro cesti ondeggianti sopra rupi scoscese, infilavano candelotti di dinamite nelle fenditure di roccia, e a forza di esplosioni scavarono ventisette gallerie attraverso il Fraser Canyon. Poi, a lavori ultimati, non essendo più richiesta la loro presenza, in molti si stabilirono in un insediamento che nell'aprile 1886, unito ad altri, assunse il nome di Vancouver. Lo stesso mese, gli sterratori bianchi impiegati nella costruzione della segheria di Hastings scesero in sciopero per ottenere salari più alti. Il direttore della segheria reagì assumendo più cinesi, e radunò coolie disposti a lavorare dieci ore al giorno per un dollaro e venticinque. La cosa fece infuriare un ubriacone del luogo, Locksley Lucas. Così una sera, fuori dal Sunnyside Hotel, Lucas radunò una banda di malintenzionati e si mise in marcia verso le tende di Chinatown, con l'intenzione di spaccare qualche testa. Alcuni cinesi furono legati insieme per i codini e gettati in mare dalla scogliera, con la calorosa esortazione a nuotare fino al Regno di Mezzo. Wang Lin sopravvisse all'aggressione e fuggì verso l'interno della Columbia Britannica, poi, oltre le Montagne Splendenti, nella prateria, e alla fine si stabilì nella cittadina dove gli affari migliori si facevano da A. Gursky & Figli, Commercianti all'ingrosso. Charley, il figlio di Wang, fece fortuna. Poi, nella grande partita d'autunno del 1916, Charley, insieme a Kozochar, Ingram, Kouri e McGraw, fu umiliato da Solomon, che quando si alzò dal tavolo da poker era il nuovo proprietario del Queen Victoria Hotel. Prima di partire per la guerra, Solomon assunse McGraw come barista, e secondo alcuni fu un bel gesto da parte sua. Ma per McGraw era dura. Si mise a bere. Cominciò a rimuginare. Seduto nel negozio di minutaglie con Kouri, Kozochar e Lin, si lamentava di Bernard, che per principio controllava tutte le sere il registratore di cassa. Osservava sbalordito quel piccolo bastardo pieno di sé che faceva fruttare le vincite di Solomon e metteva insieme un mucchio di hotel-postriboli, oltre a un paio di ditte di vendita per corrispondenza che contrabbandavano l'alcol da una provincia all'altra. Seduto intorno alla stufa con gli amici, McGraw ammetteva che lui non ci sarebbe mai riuscito: non aveva la stessa faccia tosta. Sì, ribatteva Lin, ma nemmeno Bernard ci sarebbe riuscito senza il Queen Victoria come punto di partenza. "E se Solomon non ti avesse battuto onestamente" chiese Lin "e invece avesse barato?". Poi Solomon tornò a casa e, senza consultare Bernard, nominò McGraw direttore del Duke of York Hotel di North Portal, nel Saskatchewan, a un metro dalla frontiera e proprio davanti alla stazione della Soo Line, la linea ferroviaria che arrivava fino a Chicago. Bernard rimase scandalizzato quando scoprì che Solomon aveva promesso a McGraw il venti per cento delle entrate dell'hotel. "In futuro," disse al fratello "decisioni del genere dovremo prenderle insieme, io, te e Morrie". Nessuna risposta. "Sto pensando di offrire la mia mano a Miss Libby Mintzberg di Winnipeg". Solomon fece un fischio. "Il padre è presidente della sinagoga galiziana. E' uno "shoymer shabos"". "In questo caso, dobbiamo presentarlo a Levine". Sammy "Red" Levine, di Toledo, era rigorosamente ortodosso: portava sempre lo "yarmulke" e non ammazzava mai nessuno durante lo "Shabbat". "Io e Miss Mintzberg intendiamo metter su famiglia, e allora le mie esigenze saranno maggiori delle tue e di quelle di Morrie". "Levati dai coglioni, Bernie". Durante gli anni del proibizionismo Solomon andava spesso nel Saskatchewan per dare un'occhiata a Tim Callaghan, che doveva vedersela con l'agguerrita concorrenza di Harry Low, Cecil Smith e Vital Benoit nell'"imbuto Windsor-Detroit", ed era coinvolto in dispute con la Little Jewish Navy e la Purple Gang; dispute che unicamente Solomon poteva placare, convocandoli tutti all'Abars Island View o a cena all'Edgewater Thomas Inn di Bertha Thomas. Bertha Thomas morì nel 1955 e il suo ristorante fu distrutto da un incendio nel 1970, ma quando Moses finalmente andò a Windsor riuscì a rintracciare Al Hickley, che una volta era il suo buttafuori. Al aveva passato la settantina, abitava in un'infima pensione di Pitt Street, aveva gli occhi cisposi e parlava a fatica a causa di un ictus, che l'aveva costretto a bere solo quella che lui chiamava piscia di cavallo dell'Ontano. Al, che dopo aver lasciato il locale di Bertha si era messo anche lui a fare il contrabbandiere, portò Moses in un bar vicino all'angolo di Mercer Street che puzzava ancora del vomito della sera precedente. "Ehi, quando lavoravo a Brighton Beach non solo trasportavamo alcol dall'altra parte del fiume, ma anche cinesi. Caricavamo i gialli in grosse valigie, sai, rinforzate, e se un motoscafo della polizia si avvicinava troppo dovevamo buttare anche loro in acqua con l'alcol. Merda, Moe, se penso a tutto il whiskey finito sul fondo del fiume mi si spezza il cuore".
"Hai mai incontrato Solomon Gursky, in quel periodo?". "Una volta ho stretto la mano a Jack Dempsey in persona e da qualche parte ho ancora l'autografo di Babe Ruth. Quando gli Yankees venivano a Briggs per giocare contro i Tigers si fermavano a bere da Bertha. Ho parlato un paio di volte con Al Capone, mai conosciuto un tizio più gentile. Poteva sistemare mille faccende in un giorno". "Gursky". "Portava un bastone e leggeva libri?". "E' lui". "Ah, Solly. Perché non l'hai detto subito? Diavolo, era uno dei preferiti di Bertha. Sai, all'Edgewater avevamo un sistema. La sentinella ci suonava per dire che arrivavano i piedipiatti, Bertha seminava per terra biglietti da dieci, come una pista dall'entrata fino al retro, e i coglioni si piegavano in due: prendi e intasca, prendi e intasca. Maiali alla mangiatoia. Altre volte, quando c'era la retata, gli scaffali con le bottiglie dietro il bancone scivolavano giù per un piano inclinato, e i camerieri e i musicisti vuotavano a tutta velocità i bicchieri dei clienti sul tappeto, che era molto, molto spesso. Ma una volta il pianista, un tipo basso e grasso, drogato perso, sai, io non li posso vedere quelli, naturalmente sbaglia mira e c'è alcol su tutta la pista da ballo. I piedipiatti passano lo straccio, lo strizzano e denunciano Bertha, ed è stato Solly a salvarle il bel culetto. Ehi, Bertha, dice, potrei giurare che ieri sera hai verniciato il pavimento, e quella roba non contiene mica alcol? Il giudice, anche lui un fedele cliente, scoppia a ridere e caccia via i piedipiatti dal tribunale. Solly non è per caso morto in un incidente aereo?". "Sì". "Ma adesso i suoi fratelli sono molto, molto ricchi, vero?". "Già". Altrimenti Solomon era a Chicago, a consultare Jacob "Greasy Thumb" Guzik, la mente finanziaria di Al Capone. Oppure era diretto a Kansas City, per stringere accordi con Solly Weissman. A Filadelfia si occupava delle necessità di Boo-Boo Hoff e Nig Rosen e a Cleveland riforniva Moe Dalitz. Poi incontrava Bernard a Winnipeg o a North Portal o al Plainsman Hotel, a Bienfait, e allora litigavano: Bernard bestemmiava e sputava saliva, e Solomon se ne andava di nuovo in giro. Si stabiliva per un paio di settimane al Waldorf-Astoria di New York, e gozzovigliava con Dutch Schultz e Abbadabba Barman all'Embassy o all'Hotsy-Totsy Club. Quindi prendeva la macchina e arrivava a Saratoga, dove si vedeva alle corse con Arnold Rothstein, il genio del gioco d'azzardo. Una volta telegrafò per chiedere cinquantamila dollari a Bernard, e un'altra cento, mandando il fratello su tutte le furie. Dopo lo scandalo dei "Black" Sox (otto giocatori dei Chicago White Sox si erano venduti la finale del campionato di baseball ed erano stati squalificati a vita), Solomon si mise in società con Lee Dillage, un grossista di liquori del North Dakota, per finanziare una squadra di fuorilegge. Della squadra, che girava per le cittadine di frontiera del Saskatchewan, facevano parte anche Swede Risburg e Happy Felsch, due dei famigerati Black Sox. Le partite costituivano una gradita distrazione sia per i locali sia per i contrabbandieri, quasi tutti del North Dakota, costretti a far passare il tempo in cittadine insignificanti come Oxbow ed Estevan fino al calare della notte, quando entravano nei magazzini Gursky per caricare le loro Studebaker e Hudson Super-Six. Quindi puntavano a fari spenti verso la frontiera, e il loro unico problema erano le buche che i bifolchi della prateria scavavano apposta nelle curve più pericolose, sperando così di recuperare qualche cassa di Bonnie Brew o Vat Inverness caduta dalle macchine. Nel frattempo, Bernard friggeva di rabbia e frustrazione, convinto com'era che la sua corte disperata a Libby Mintzberg fosse ormai destinata al fallimento. Il padre di Libby, Heinrich Benjamin Mintzberg, preside del "Talmud Torah" di Winnipeg, presidente della sinagoga galiziana, tesoriere della Società di Prestiti e Mutuo Soccorso Monte Sinai, invitò Bernard nel suo studio. Mistress Mintzberg, imbronciata, servì tè e pan di Spagna e si accomodò. "Quando lei ha chiesto la mano della mia adorata figliola," cominciò Mister Mintzberg "una questione di una certa importanza per me e la mia consorte...". "Se c'è un partito migliore nella buona società dì Winnipeg vorrei proprio sapere chi è" si intromise Mistress Mintzberg. "... preoccupava molto un professionista come me il fatto che un potenziale futuro genero dei Mintzberg non avesse nemmeno un diploma di scuola superiore". "Mentre la nostra preziosa creatura sta sempre con la testolina sprofondata in un libro" precisò Mistress Mintzberg.
"Ma quando lei mi ha assicurato di essere il proprietario della Reale Società Farmaceutica del Canada, un risultato impressionante, considerando le origini di suo padre, nello "shtetl"...". "E la sua mancanza di una regolare istruzione". "... ma adesso mi dicono che in realtà il vero capo è Solomon". "Puts. Mamzer. Yeke". "Anche se lei è il maggiore" aggiunse Mistress Mintzberg. "Yakhne. Kholyerye". "Be', non la dicono giusta. Il vero capo sono io, ma siamo sempre stati in società, noi due e anche nostro fratello Morrie". "Così i proventi materiali delle vostre multiformi attività vanno divisi in tre parti uguali". "Una cosa del genere". "Mi corregga se sbaglio, dato che non sono molto versato in materia di accordi commerciali, ma ho sempre creduto che il capo è quello che possiede più del cinquanta per cento delle azioni, una volta stesi i regolari patti societari". "E le cose andranno proprio così, signore, quando metteremo tutto nero su bianco, in maniera ufficiale". "E per quando possiamo prevedere quel fausto giorno?". "Appena Solomon torna da Detroit, dove l'ho mandato per eliminare alcuni colli di bottiglia nella distribuzione". "Allora proporrei di aggiornare le nostre deliberazioni al momento in cui avrà sistemato la faccenda con i suoi fratelli. Nel frattempo, Libby potrà continuare a uscire con lei". "Ma non più di una volta la settimana" disse Mistress Mintzberg. "E senza esclusione di altri pretendenti di buona famiglia". "Senta un po', porca merda, in una settimana io guadagno più che quello stronzo di Saltzman in un anno di vacche grasse. Chiedo scusa. Sono desolato". "A proposito: niente di personale, ma lui sulla pista da ballo non è più basso di Libby". "Non lo sono neanch'io, se lei la smette di portare quei maledetti tacchi alti". "Capisce, Bernard, io guardo le cose in prospettiva. Penso ai nipotini Mintzberg". "Che Dio li benedica" disse Mistress Mintzberg. "In una società divisa in parti uguali fra tre fratelli che sono comunque creature mortali, la progenie è destinata a litigare riguardo all'eredità, a meno che la linea di successione non sia univoca, come accade nella casa reale di Windsor". Morrie non era un problema. "Bernie, se dici che ho diritto al venti per cento e basta, per me va benissimo, sul serio". "Ti voglio bene, Morrie, e avrò sempre cura di te e della tua famiglia". Bernard attese un paio di giorni dopo il ritorno di Solomon da Detroit, e poi andò a trovarlo alla sua suite al Victory Hotel. Mezzogiorno, e lui era ancora a letto a leggere i giornali. "Sai che Marcel Proust aveva solo cinquantun anni quando è morto? Cosa ne pensi?". Bottiglie vuote di champagne galleggiavano a testa in giù in un secchiello d'argento. Dal bagno si udì qualcuno sguazzare nella vasca, e la voce di una ragazza che cantava "April Showers". "Noi due dobbiamo parlare". "No. Chiudi la porta quando esci e fammi mandare in camera uova strapazzate per due e un'altra bottiglia di Pol Roger". "Metti via quel giornale e ascoltami, per una volta. Te li pago io, tutti i debiti di gioco". "Secondo te, i Red Sox hanno fatto bene a vendere Muddy Ruel ai Washington Senators?". "Tu ti fidi di me. Io mi fido di te. Tutti e due ci ridiamo di Morrie. Ma se uno di noi, Dio non voglia, finisse sotto una macchina, non c'è niente di chiaro, la nostra società non ha documenti ufficiali". "E per combinazione ce li hai qui nella tua cartella" disse Solomon allungando la mano. Solomon era intento a scorrere gli atti, quando Bernard gli ripeté per l'ennesima volta che era stato lui a passare da un hotel a nove, lavorando diciotto ore al giorno mentre Solomon se ne andava a zonzo per l'Europa con un'uniforme da ufficiale indosso. Per di più, sottolineò, lui era il fratello maggiore, e gli spettavano quei diritti tradizionali che risalivano ai tempi della Bibbia. "Cinquantun per cento a te, trenta a me e diciannove a Morrie". "Potrei anche fargli accettare il quindici, e io mi accontenterei del cinquanta virgola cinque, cosa che ti farebbe arrivare al trentaquattro virgola cinque". Solomon scoppiò a ridere. "Puttaniere, baro! E se poi perdo la mia Libby per colpa tua?".
"Be', avresti un motivo in più per essermi riconoscente". "Ti odio" gridò Bernard. Poi afferrò un posacenere e lo scagliò contro il fratello, aprì con un calcio la porta del bagno - "Attaccagli la sifilide, è quel che si merita" -e sbirciò la ragazza spaventata nella vasca. "Oddio" esclamò sbalordito, dandosi uno schiaffo prima di lasciare di corsa la stanza. Clara Teitelbaum afferrò l'accappatoio appeso a un gancio sulla porta e uscì gemendo dal bagno. "Adesso mio padre mi butterà in mezzo alla strada e non posso mica dargli torto, sono morta di vergogna". "Non ti preoccupare" disse Solomon sovrappensiero. "Sono una ragazza rispettabile. Non mi sono mai lasciata nemmeno baciare dagli altri ragazzi, ma tu, tu, animale, neanche una monaca sarebbe al sicuro con te". "Ti prometto che Bernie non dirà niente a nessuno". "E non mi avevi promesso anche che se venivo qui sapevi quando fermarti questa volta? Credi che non sappia quello che dicono di te?". Solomon attese che Clara smettesse di piangere. "Non sei solo incantevole, Clara, ma anche così intelligente. Adesso dimmi un po': secondo te, perché sono sempre così cattivo con mio fratello?". "Lui lo dirà a Libby e lei telefonerà a Faigy Rubin e a mio padre. Oddio, puoi anche assumermi come cameriera, ormai sono buona solo per quello" disse Clara. Affondò la faccia nei cuscini e riprese a singhiozzare. "Clara, per favore, cominci a darmi sui nervi". "Se almeno potessi dire: 'Papà, so che non avrei dovuto lasciarglielo fare, ma siamo fidanzati'". "Se non ti sbrighi, Clara, arrivi in ritardo per la lezione di pattinaggio. Passo a prenderti alle otto e andiamo a vedere il film di Lillian Gish al Regal". "L'ho già visto" disse lei, tirando su col naso. "Allora l'ultimo di Fairbanks". "Meglio le sette e mezzo. Ma vengo io qui, dirò che esco con un'amica, mio padre potrebbe aspettarti sulla porta con una frusta. Vorrei non averti mai conosciuto, ecco la verità". Alle quattro del pomeriggio Solomon fu svegliato da una timida grattata alla porta. "Entra, Morrie, è aperto". Morrie era seguito da un cameriere che spingeva un carrello carico di bagel, salmone affumicato, formaggio e una brocca di caffè. "Morrie, mi faresti un favore?". "Quello che vuoi". "Potresti sposare tu al mio posto la splendida ma incredibilmente ottusa Clara Teitelbaum?". "Ehi, cosa vai dicendo? E' una bomba, Clara, e con la puzza sotto il naso, pure. Le hai mai dato un'occhiata alla pista di pattinaggio, mentre fa tutti quei numeri con il gonnellino corto?". "Purtroppo sì". "Suo padre si mette alla staccionata, e non la lascia parlare con nessuno". "Che ne dici, ti fisso un appuntamento con Clara per stasera?". "Sono contento di vedere che almeno tu sei così allegro". "Ah, davvero? E come mai?". "Bernie è molto, molto innamorato di Libby, ma i Mintzberg gli rendono la vita impossibile". "Se dici una sola parola su quei ridicoli contratti ti caccio fuori". "Aspetta. Non guardarmi così. Ammettiamo che per ottenere la mano di Libby lui debba mostrare quei contratti a Mintzberg; però allo stesso tempo ti da una lettera che li annulla, e dice che dopo il matrimonio verranno stracciati". "Come potrei essere complice di un inganno nei confronti di una degna famiglia di ebrei tedeschi e della loro deliziosa figliola?". Così Morrie si trascinò fino all'ufficio del magazzino e riferì a Bernard che Solomon non si smuoveva di un millimetro. "Avrei dovuto pensarci due volte prima di affidare a te una missione tanto delicata, razza di "puts"" disse Bernard mollandogli un pugno nello stomaco. Poi afferrò il cappello e il cappotto di castoro e uscì di corsa dall'ufficio. Con la testa bassa per proteggersi dal vento, Bernard scese per Portage Street, maledicendo tutti quelli che urtava. Ancora una volta si rivide davanti agli occhi Solomon, l'unto di Ephraim, che saltava oltre la staccionata, in mezzo ai mustang selvaggi. "Se mi vieni dietro, Bernie, ti pago una birra". Mentre girava un angolo, con le lacrime che gli si ghiacciavano sulle guance, si sentì di nuovo apostrofare da Lena Calze Verdi: "Sei il ragazzo con due ombelichi". Minnie Pryzack, osservandolo allungare il braccio per prendere l'asciugamano, rivolgeva un sorriso a quell'ometto tozzo con umidi occhi da pesce, un uomo che avrebbe dovuto tirar fuori le unghie e i denti per ottenere ciò che desiderava dalla vita, ma che non avrebbe mai barato, pensò Bernard, come invece aveva di sicuro fatto Solomon in quella partita a poker; eppure ancora oggi McGraw mi guarda come se fossi una merda di cane, e invece leccherebbe il cibo dalla mano di Solomon. Bernard si sedette in un séparé del Gold Nugget e ordinò caffè e torta di mirtilli con doppia porzione di gelato alla vaniglia. Mio Dio, telefona Lansky e chiede di Mister Gursky. Sono io, dice Bernard. Intendevo Solomon. Be', tengo a informarla che l'ultima volta che ho controllato ero Mister Gursky anch'io. Dica a Solomon che ho chiamato. Clic. Praticamente nessuno in città poteva aspirare a un appuntamento con l'irraggiungibile Clara Teitelbaum, ma Solomon la sfiniva a furia di scoparsela all'hotel. Certo, come no. Mentre per lui era più facile vincere un milione di dollari alla lotteria che guadagnarsi il bacio della buonanotte da Libby. "Dobbiamo tutti imparare a controllare i nostri desideri" aveva detto Libby. "Sì, be', magari non proprio tutti. Potrei raccontarti delle cosette, sulla tua amica Clara, che ti farebbero venire i capelli bianchi, garantito". "Cioè?". "Qualcuno se la fa". "Dovresti vergognarti anche solo a pensarle, certe cose. Non può nemmeno uscire la sera senza il suo chaperon". "E prima di pranzo, quando magari dice che è in giro per negozi?". "Tu sei pazzo". "Di te, sì". "Allora smettila di perder tempo e convinci mio padre". "Ci sono dei problemi". "Senti, Bernie, io ti sposerei anche se tu non avessi un centesimo, ma non posso andare contro la volontà di mio padre. Perciò datti una mossa, per favore, e vedrai con quanto calore risponderò alle tue carezze" aveva replicato Libby chiudendogli la porta di casa in faccia. All'inferno, all'inferno tutti quanti. Lavorare diciotto ore al giorno, con Morrie che era più un peso che un aiuto. Tenere la contabilità. Sistemare gli assegni circolari emessi da banche di New York, Detroit e Chicago, perché tutti avevano paura a portarsi dietro troppi contanti, per via delle rapine. Controllare i magazzini e i registratori di cassa degli hotel, perché i direttori sono sempre dei ladri. Tenere allegri gli autisti del Minnesota - non avevano niente da fare durante la giornata se non aspettare che venisse notte, così all'improvviso si erano messi a rapinare le banche dei paesi di campagna, e gli abitanti davano la colpa al contrabbando in generale e ai Gursky in particolare, che avevano attirato in città delinquenti simili. E Solomon, intanto? Quando non è a trombare Clara (se il padre lo scopre lo ammazza di sicuro) o a organizzare una partita a poker, è a New York da Texas Guinan's, o meglio ancora Mister Eleganza in persona se ne va a riempirsi le "kishkes" al Jockey Club con Arnold Rothstein e poi mi telegrafa e mi chiede centomila dollari qui, cinquantamila lì per coprirgli le perdite. E' una mina vagante. Una "make". Se lo lascio fare, distruggerà tutto. Ho lavorato tanto per avere quello che ho e non resterà niente per mia moglie e i figli che verranno. Il martedì seguente Bernard - con cappello, abito grigio col panciotto, ghette e scarpe nuove con i tacchi rialzati - si presentò a casa di Libby, come d'accordo, per portarla a vedere "Il monello" al Regal. Sulla porta trovò ad accoglierlo un torvo Mister Mintzberg. "Ho paura che stasera Miss Mintzberg non potrà uscire con lei". "Non sta bene?". "Dio ce ne guardi!" esclamò Mistress Mintzberg. "E allora cosa c'è che non va?". "Si vergogni" disse Mistress Mintzberg. E poi nell'atrio, dietro i genitori, comparve Libby, un fantasma, con gli occhi rossi, torcendosi tra le mani un fazzoletto bagnato. "Si dice in giro che tuo fratello abbia disonorato Clara Teitelbaum. Io non credo una sola parola di questa storia". "Io non sono come lui, Mister Mintzberg". "Gliel'ho detto che ti sei sempre comportato da gentiluomo" disse Libby. "Basta che dica una parola, Mister Mintzberg, e io Libby la sposo domani". "Non nelle presenti circostanze" dichiarò Mister Mintzberg sbattendo la porta, mentre Libby, in lacrime, gridava: "Fa' qualcosa, tesoro". "Ho il vago sospetto" disse Bernard a Solomon un paio di giorni dopo "che forse non ti dispiacerebbe andartene fuori città per un po'". "Apprezzo il tuo interessamento". "Ci sono tre vagoni di whiskey che arrivano alla stazione di North Portai domani notte. Te ne occupi tu?". "Certo". "Non accettare assegni circolari dai ragazzi del Nebraska, solo contanti, quei bastardi usano libretti di assegni in bianco rubati direttamente in banca. Posso contare su di te?". "Inizi a essere noioso". "Devi per forza trovarti alla stazione a mezzanotte precisa, perché gli autisti cominciano ad arrivare a quell'ora. E non giocarti l'incasso a poker, se non ti scoccia". Il pomeriggio seguente Solomon, arrivato a North Portal, andò dritto all'hotel e si mise a bere con McGraw e i contrabbandieri. Poi un gruppo di loro, compresi Solomon e McGraw, si trasferì all'Imperial Pool Hall per giocare a biliardo a mille dollari la partita. Solomon, che a un quarto a mezzanotte aveva già vinto dodicimila dollari, pensò che fosse di cattivo gusto lasciare la stecca per andare alla stazione, così mandò McGraw al posto suo. Solomon si apprestava a mettere la palla rosa in una buca laterale con un tiro molto angolato quando la partita fu interrotta da due colpi di fucile che provenivano dalla stazione. Tutti si accalcarono nel vicolo buio e arrivarono alla stazione giusto in tempo per vedere una figura solitaria che, fucile in pugno, attraversava di corsa i binari e scompariva nella notte su una Hudson Super-Six. Solomon si chinò su McGraw, steso a terra, morto, con una pallottola in testa e una al petto esplose da una delle finestre. Mentre gli altri si assiepavano intorno al cadavere, Solomon sgattaiolò via e rientrò nella sua suite all'hotel. Erano le tre di notte, e si era già scolato mezza bottiglia di cognac, senza alcun risultato, quando telefonò a Bernard. "McGraw a mezzanotte è andato alla stazione al mio posto e qualcuno gli ha sparato". "Oh no. Come sta?". "Morto, l'ultima volta che l'ho visto". "Hanno preso gli assassini?". "No". Bernard si mise a bestemmiare. "Non volevo preoccuparti, ma solo farti sapere che sto bene e sono al sicuro". "Sia ringraziato il cielo". "Un'altra cosa, già che ci sono" disse Solomon, ricordandosi di spalmare il miele sul coltello. "Mintzberg si è messo a comprare le azioni sbagliate da Duncan, Shire e Hamilton. Siccome per coprire la cifra si è fatto prestare i soldi, e siccome il suo stipendio è quello di un preside, direi che è molto, molto esposto". "Con l'aiuto di Dio perderà anche la camicia, quel cazzo di "yeke"". "Potrebbe dimostrarsi molto riconoscente nei confronti di un genero comprensivo disposto a offrirgli un prestito". Temendo di assopirsi nonostante le sue migliori intenzioni, Solomon spinse la scrivania contro la porta della stanza e posò la pistola sul comodino, accanto alla bottiglia di cognac e all'orologio d'oro su cui era incisa la dedica: Da W.N. a E.G. "de bona et malo" L'assassino di Willy McGraw non venne mai preso, ma, dal punto di vista delle Giubbe Rosse, il movente era ovvio. McGraw era stato derubato di un anello con diamante e, secondo i calcoli di Solomon, di circa novemila dollari in contanti. Nel giro di qualche settimana, tuttavia, negli spacci clandestini di liquori fino a Kansas City presero a circolare le storie più assurde. A sentire gli uni, McGraw era stato ucciso dai rapinatori che assalivano i convogli, perché aveva fornito informazioni alla polizia su un paio di loro. Altri invece raccontavano che McGraw era stato colpito per errore, e la vera vittima avrebbe dovuto essere Solomon, che aveva sedotto la moglie di un politico di Detroit. A sostegno di simili sciocchezze c'erano le dichiarazioni di alcuni testimoni, secondo i quali la macchina dell'assassino aveva una targa del Michigan. O ancora si mormorava che l'ordine dell'omicidio era partito dallo stesso Solomon, perché McGraw era a conoscenza di porcherie da lui commesse alcuni anni prima. A dar credito a questa teoria c'era il fatto innegabile che era stato Solomon a mandare McGraw alla stazione. Infine, qualcuno diceva che il killer in effetti era lì per Solomon, ed era stato ingaggiato dal padre di una ragazza che lui aveva disonorato a Winnipeg. In ogni caso, Solomon non si fece vedere nella prateria per qualche mese, e quando tornò fu per sposare, tra la sorpresa generale, una ragazza dì Winnipeg. A quell'epoca lei era incinta di sei mesi, e viveva reclusa al Victory Hotel, perché i genitori l'avevano ripudiata. Solomon, si vociferava, l'aveva sposata solo per dare un nome al nascituro. Bel gesto ma superfluo, come risultò ben presto, dato che la bambina nacque morta. Non tutti i mali vengono per nuocere, commentò
Libby Gursky, perché in caso contrario la poverina sarebbe vissuta per sempre con quel marchio d'infamia.