4.

Harvey, che aveva sempre sofferto d'insonnia, in quel periodo riusciva a dormire serenamente, sapendo che non era tutto tempo sprecato. Anche quando si addormentava, e poteva sembrare un motore a riposo, le sue azioni stavano lavorando a pieno regime per lui. Le sue quote in Acorn e Jewel sbocciavano. Il suo portafoglio personale ingrassava. Harvey si alzò all'alba come un campanaro. A colazione Becky non gli rivolse nemmeno una frase sgarbata. Harvey diede una scorsa alla prima pagina della "Gazette" e vide che parlava di Watergate, Watergate, sempre Watergate. Come al solito, aspettò di arrivare in ufficio prima di leggere le pagine dello sport. Cattivo presagio. Mentre cercava i tabellini del baseball, il suo sguardo fu attratto da un articolo nella pagina accanto: SONO FINITO IN CARCERE PER ERRORE "Un uomo di Montreal West, incarcerato mentre andava a versare la cauzione per il cognato, ha chiesto un risarcimento di duecentomila dollari e ha sporto querela contro tre membri della polizia urbana di Montreal, un agente della polizia provinciale, la stessa polizia urbana di Montreal e il procuratore generale del Quebec. "Hector Lamoureux ha fatto causa per i danni morali, l'umiliazione, la perdita della libertà, l'ansia e l'angoscia subiti a causa dell'arresto illegale e delle quarantott'ore dietro le sbarre. I suoi problemi sono iniziati...". Miss Ingersoll lo chiamò all'interfono per dirgli che aveva al telefono Lionel Gursky da New York. "Mio padre è nella tomba da appena una settimana" disse Lionel "e hanno ricominciato". "Non necessariamente". "Sto parlando di milioni di dollari in azioni, questa volta acquistate tutte a Montreal, da Clarkson, Frost & McKay. Tom Clarkson non è mica un tuo vicino di casa?". "Sì". "Allora farai meglio a scoprire chi è il suo cliente e che intenzioni ha. Poi richiamami". Harvey ormai abitava da abbastanza tempo nella nuova casa, nella parte alta di Westmount, per aver preso confidenza con la sua via. I suoi ritmi, i suoi umori. Ogni mattina alle otto, con la pioggia o con la neve, mentre l'autista tirava fuori in retromarcia la Mercedes di Harvey, la Brigata Giamaicana di Pulizie occhi gonfi di sonno e di risentimento - cominciava a risalire pesantemente la collina, un'inserviente dopo l'altra, imbronciate, cariche di pacchi. E se partiva presto per l'ufficio, Harvey si imbatteva nello sciame feroce dei giardinieri italiani, che pestavano compulsivamente sui clacson dei loro furgoni mentre passavano di casa in casa, d'inverno a spalare la neve dai vialetti e d'estate a piantare aiuole di balsamine e petunie, urlando fra loro senza badare all'ora al di sopra del rombo dei tosaerba e degli spazzaneve. In fondo alla strada sorgeva la dimora di uno dei più stimati residenti di Belvedere, Tom Clarkson, appena tornato dall'Europa con la seconda moglie, una ragazza di nome Beatrice che aveva sposato a sorpresa un mese prima. Tom era alto e magro, quasi delicato, con capelli biondorossicci e penetranti occhi azzurri. Aveva i modi di uno che reagisce con delusione più che con rabbia se un maOEtre non lo accompagna al tavolo migliore. Faceva parte del consiglio di amministrazione di orchestre sinfoniche e musei perché era evidentemente suo dovere. Era anche collezionista: giade, porcellane dell'Ottocento. Quella sera ci sarebbe stato un problema. Negli ultimi tre giorni, dall'ufficio di Lionel Gursky erano partite quattro telefonate per lui, e lui non aveva mai richiamato; adesso Harvey, il piccolo cobra di famiglia, veniva a casa sua, dato che Beatrice, in modo alquanto precipitoso, l'aveva invitato al party. A dire il vero, lei non aveva avuto molta scelta. Il lunedì l'aveva incontrato da Dionne's, e Harvey si era presentato e le aveva spiegato che adesso erano vicini. "Scommetto che lei è una tifosa degli Expos. Ogni volta che vuole usare i miei posti, basta che me lo faccia sapere". Martedì Beatrice aveva appuntamento per l'aperitivo con Honor Parkman al Ritz, e quando chiese il conto scoprì che era già stato pagato, cosa che la lasciò confusa finché Harvey non si alzò da un altro tavolo e cominciò a salutarla freneticamente. Quando uscì per la passeggiata con il corgi, il mercoledì, Beatrice finì nell'imboscata di Harvey. "Venerdì sera avrete un sacco di macchine da sistemare. Lo so. Anche noi riceviamo spesso. Anzi, appena si è sistemata, lei e Tom dovete venire a cena da noi". "Grazie". "Comunque, volevo dirle che potete mandare tutte le auto che volete nel nostro vialetto. Venerdì sera non usciamo: non importa se le macchine bloccano il garage". Beatrice, della quale gli amici di Tom sapevano pochissimo (ed era una cosa che li tormentava), era molto più giovane di lui. Una sera, quando la Volvo degli Atkinson era rimasta in panne sul ponte Ghamplain, lei aveva sbalordito tutti saltando fuori nonostante le proteste di Tom: si era infilata sotto il cofano, aveva chiesto uno straccio e una chiave inglese e riparato la macchina. Una volta Laura Whitson l'aveva vista camminare a grandi passi per Sherbrooke Street mangiando una mela. Betty Kerr sospettava, anche se non sapeva dire esattamente perché, che avesse un po' troppa "esperienza" per la sua età. C'era qualcosa in lei - l'idea che non fosse nata e cresciuta in un certo modo, ma si fosse conquistata a fatica l'attuale posizione - che metteva a disagio le altre mogli, o addirittura le predisponeva alla critica. Non era d'aiuto il fatto che non sapessero collocarla, dato che non erano andate a scuola con lei. O che i loro mariti, una volta presentati, sostenessero senza il minimo appiglio di trovarla un filino volgare, ma non potevano invitarla a cena la settimana dopo, se non altro per far contento il povero vecchio Tom? Con una pettinatura cotonata fresca di parrucchiere che torreggiava come un casco nero lucido di lacca e le dita gonfie di anelli pesanti come tirapugni, Becky si infilò contorcendosi in un lucente tubino argentato comprato apposta per il party. Il salone dei Clarkson era pieno di estranei che chiacchieravano, il tipo di gente sulla quale l'unica cosa che piove sono gli utili da capitale. Gli uomini, col ventre piatto, trasudavano sicurezza; le mogli, languide e attraenti, pacate nell'abbigliamento e nei modi, erano a proprio agio fra loro, ma fiutavano subito gli intrusi. Tom salutò Harvey con un sorriso forzato. "E' stato terribilmente gentile da parte vostra venire qui nonostante l'invito all'ultimo minuto". "Dopo dobbiamo parlare" disse Harvey procedendo oltre. Tom si voltò verso Beatrice. "Pensavo che si portasse la moglie, mica un'accompagnatrice presa al Ruby Foo's". "Su, dai. Guarda che è un Saint Laurent quello che ha addosso". Con un imbronciato fotografo al seguito, l'onnipresente Lucinda, cronista mondana dello "Star", si fece largo oltre Harvey, ovviamente in cerca di prede più interessanti. Impertinente, occhi luminosi, bloc-notes in pugno, svolazzava da un gruppo all'altro. Alla fine si posò su Nathan Gursky, che si paralizzò all'istante, come uno scoiattolo abbagliato dai fari di una macchina mentre cerca di attraversare la strada. "Ho deciso di trasformare la rubrica di domani in un gioco delizioso, Mister Gursky". "Oh". "Se a Hollywood facessero un film sulla storia della sua vita, chi vorrebbe come protagonista nella parte di Nathan Gursky?". "Ehm".

Nathan sottopose a Harvey il suo problema. "Dille George Segai" gli propose Harvey. "E cosa ne dici, uhm, di Dustin Hoffman?". "Scelgo Dustin Hoffman". Tom Clarkson aveva tollerato la presenza in casa sua di Nathan Gursky e di Lucinda dello "Star" solo perché il party, che si teneva poco prima delle elezioni federali, serviva in realtà a raccogliere fondi per il ministro di Westmount. Era un party elettorale all'insegna della massima discrezione: nessuno parlava dell'entità dell'assegno che aveva portato con sé, e il ministro non dava segno di aver ricevuto buste. Era magro, con un'aria da segugio. La moglie era una MacGregor. Uno zio di Toni, Jack, possedeva una proprietà accanto alla sua a Bermuda. Appoggiato al caminetto, il ministro schivava abilmente le domande sull'opportunità di un blocco dei prezzi e dei salari. Poi Becky si spinse innanzi a forza di gomiti, come se avesse ancora diciassette anni e volesse saltare la coda per trovare un tavolo all'elezione di Miss Montreal. "Mi chiamo Rebecca Schwartz. Sono un'autrice pubblicata. Mio marito stasera farà una donazione personale di diecimila dollari per la sua campagna elettorale. Allora, può dirmi se il governo è a favore di altri accordi con la Russia per l'esportazione del grano mentre tanti ebrei soffrono nelle galere sovietiche, sotto il peso di false accuse?". "Merda". Prima che il ministro potesse rispondere, Harvey si ritirò in un'altra stanza, dopo aver afferrato Moffat, un agente di borsa che gli doveva più di un favore, e avergli spiegato ciò che voleva assolutamente sapere. "Maledizione, Harvey, lui è la riservatezza fatta persona. Come diavolo vuoi che lo scopra?". Poi Harvey riconobbe Jim Benson (Manucorp, presidente) e si infilò nella sua cerchia. Dall'ultima volta che l'aveva visto, Benson aveva perso come minimo quindici chili. Harvey si strofinò la modesta pancetta, strizzò l'occhio e disse: "Ragazzi, se riuscissi a trovare una copia della tua dieta. Ma come hai fatto, Jimmy?". Un silenzio inorridito calò sul crocchio che circondava Benson e che subito si disperse, lasciando Harvey da solo. E all'improvviso comparve Becky. "C'è anche McClure" lo informò. "Ha detto che ho un'aria molto "soignée"". Becky si illuminò, e alcune piccole crepe si aprirono sul suo fondotinta. "Ah, ho sentito un'altra cosa. Jim Benson sta facendo la chemio. Dicono che gli hanno dato sei mesi di vita. Forse". McClure sorrise a Beatrice da sopra il bordo degli occhiali bifocali. "Devo dire che Tom ha fatto una splendida scelta per sé, ma spero proprio che i bambini non diventino un problema, legati come sono alla povera Charlotte. Charlotte è una Selby. Il suo prozio Herbert mi ha fatto da padrino. Io e suo padre siamo stati nella Black Watch insieme. Lei pure è di Montreal?". "No". "Anche a me pareva di no. Allora è di Toronto?". "Sbagliato un'altra volta". "Ma perfino una creatura incantevole come lei dovrà venire da qualche parte, mia cara". "DaYellowknife. Ero una bambina Corvo". "Non capisco". "Quando ero piccola io, nella parte vecchia della città c'erano due miniere, Corvo e Gigante, e si apparteneva all'una o all'altra. E' così che si distinguevano i bambini a Yellowknife". "Ed è stato a Yellowknife che ha conosciuto Moses Berger?". "Oh, povera me. Lei fa un sacco di domande, eh?". "Glielo chiedo solo perché mia moglie gli ha lasciato una lettera e un tavolo di ciliegio nel testamento. Lei ormai non saprà dove posso rintracciare Mister Berger". "Provi al Caboose". "Che cos'è?". "Il suo club" rispose Beatrice, allontanandosi. L'imponente Neil Moffat riuscì finalmente a trovare Betty Kerr sola. "Ti va bene mercoledì?" le chiese. "Ti ho detto di non farti vedere a parlare con me qui". "Sembrerebbe molto più strano se non lo facessi". Becky era qui, là, dappertutto. Impegnata a sollevare lampade da tavolo per sbirciare il marchio impresso sulla base. A dare colpetti con l'unghia sulle porcellane. A far scorrere il palmo della mano sulla superficie dei tavolini. A scostare i quadri dai muri, e a prendere nota del nome della galleria d'arte. Joan Saint Clair baciò Beatrice su entrambe le guance. "Erano anni che non trovavo Tom così giovane e in forma. Sei la cosa migliore che gli sia mai capitata. Mi è sembrato di capire che vieni da Ottawa". "No". "Ma vi siete conosciuti lì". "Sì". "Che bella cosa per te". "Vuoi dire per tutti e due?". Becky raggiunse un gruppetto che comprendeva Lucinda dello "Star". "Salve. Sono Becky Schwartz e, da scrittrice a scrittrice, devo dire che i tuoi articoli sono meravigliosamente perfidi. Se a Hollywood facessero un film sulla storia della mia vita, vorrei che la parte andasse a Candice Bergen". Bla bla bla. Harvey, che per tutta la sera aveva fatto la posta a Tom Clarkson, finalmente vide che era solo e piombò su di lui. "Oh" disse Tom. "Mi scusi, ecco Beatrice". Tom si avvicinò da dietro a Beatrice e le passò le braccia attorno alla vita. La baciò sul collo. "Non sei molto gentile con i miei amici". "Se parli di McClure, è insopportabile".

"E' tanto solo adesso, cara. Sua moglie era una Morgan. Cugina di mia zia Hattie". La porta del bagno non era chiusa a chiave e Harvey la aprì, ma sulla tazza c'era seduto Moffat, con la testa piegata all'indietro e un fazzoletto sporco di sangue premuto contro il naso. Betty Kerr era accanto a lui. "Fuori di qui, piccoletto ficcanaso" sibilò a Harvey. Joan Saint Clair si appartò in un angolo dell'atrio con Laura Whitson. "Sotto le lenzuola lei sarà anche un dono di Dio, ma il bambino parla solo a monosillabi e qui non c'è il calore di una famiglia". E Harvey riuscì finalmente a bloccare Tom in cucina. "Il suo studio lunedì ha acquistato una quantità enorme di azioni McTavish". "Non vedo tutte le cedole". "Sto parlando di milioni e milioni dì dollari. Voglio sapere per conto di chi vi muovete". "Sarebbe un'informazione riservata, Harvey". Erano le tre di notte quando Neil Moffat, l'unico ospite superstite del party dei Clarkson, cominciò a prodursi in un lamento funebre sul futuro di Montreal, il loro patrimonio. "La festa è finita, caro il mio Thomas. Montreal Piscia Qui non conta più niente. Adesso succede tutto a Toronto, l'orrida "Turrono". Il separatismo ufficiale non c'entra nulla. Quello che ci toccherà sarà una separazione "de facto". Nel nuovo ordine delle cose diventeremo una specie di Boston. O, se va male, di Milwaukee". Poi, sopraffatto dalla nostalgia, Moffat si mise a rievocare i bei vecchi tempi, i giorni in cui l'apparato statale era ancora anglosassone. Non male amministrato da franco-canadesi ripuliti e stesi ad asciugare alla London School of Economics o alla Harvard Business School. O da giudei invadenti usciti dal North End di Winnipeg. Bastava guardare come si era ridotta la McGill. La vecchia McGill. O il Mount Royal Club. "Ai tempi di mio padre avevano respinto tre volte la domanda di ammissione di quel seccatore di Mister Bernard. E adesso ne fa parte Nathan, il figlio del vecchio contrabbandiere, con quel suo sorriso scemo. A Natale quello stupido fifone ha mandato al portiere una cassa di Crofter's Best. Auguri di buone feste. Nessuno sapeva cosa dire. Dove guardare". Moffat cominciò a contare sulle dita rosee e grassocce tutte le possibili partenze da Montreal. Tutte le case madri che avevano preparato piani di emergenza, per filarsela in punta di piedi dalla città nel caso il Parti québécois fosse salito al potere. "Ho sentito che i Gursky stanno già abbandonando la nave che affonda, e trasferiscono il personale di alto livello a Toronto. E loro, quegli svegli topolini semiti, sì che le capiscono le cose, loro i bilanci li sentono nel fondo delle mutande. Sono faccende che mettono in agitazione lo sfintere degli ebrei. Come il sesso per noi, eh, Thomas?". Tom sbadigliò. Beatrice cominciò a vuotare i posacenere.

"Ricordatelo," disse Moffat "adesso che il vecchio bastardo è morto, la McTavish è vulnerabile. Non mi sorprenderebbe che ci fosse un tentativo di scalata". Tom guardò con intenzione l'orologio. "Anche prima che morisse il vecchio," disse Moffat "appena si è capito che stava perdendo colpi, forse sei, sette anni fa, il nostro studio ha avuto un enorme ordine d'acquisto". "Oh, questo mi interessa. Ti ricordi chi era?". "Un inglese. Un certo Sir Hyman Kaplansky. E' lui il tuo cliente?". "Il mio è uno di quei fondi offshore con base a Ginevra. Corvus Investment Trust".

"Che si prepara all'assalto, non c'è dubbio". "Non essere ridicolo, Neil. Ci vorrebbero miliardi per far sloggiare la famiglia". "Ammesso che restino tutti insieme". Moffat, con il naso che pulsava dolorosamente e la vescica sul punto di scoppiare, finalmente acconsentì a farsi accompagnare alla porta, spargendo benedizioni su Tom e la sua incantevole sposa. "Vecchio sottaniere che non sei altro". Tom trovò Beatrice nella serra. Concentrata, curva a bagnare le piante, il seno turgido. Tom corse a cercare la macchina fotografica e cominciò a riprenderla, proprio come già l'aveva fotografata mentre leggeva, si pettinava, scendeva le scale in abito da sera. "Preferirei che non lo facessi" disse Beatrice. Lui andò a recuperare una bottiglia di Montrachet, che galleggiava tra ghiaccio e turaccioli e mozziconi di sigarette, e le porse un bicchiere. "Mi hanno detto che adesso Moses Berger lo si trova di solito in un bar che si chiama Caboose". "Noi staremo bene insieme, Tom. Sul serio. Non mi interessa proprio rivedere Moses". Quando Harvey tornò a casa, gli dissero che Mister Gursky aveva telefonato due volte in sua assenza. Becky gli lanciò uno sguardo furibondo, si sfilò una scarpina da sera argentata e la scagliò contro il muro. ""Shmuk". Perché non mi hai detto che nessuna si sarebbe vestita da sera?". Il telefono squillò di nuovo. "Sarà il badrone" disse Becky. "Va' a rispondere, schiavo". Ma era Moffat. "E' un nome che non mi dice niente" disse Harvey. "Devi scoprire qualcosa di più". Harvey si ritirò nel suo studio, si sedette alla scrivania ed estrasse una cartellina dall'ultimo cassetto. Là fuori c'era uno squalo assassino che ogni sei, sette anni veniva preso dalla frenesia di mangiare tutto quello che trovava e poi, inspiegabilmente, andava a nuotare da qualche altra parte. Un predatore di astuzia e pazienza infinite destinato a fare una mossa letale, ad affondare i denti, prima o poi, nella giugulare di Lionel. Be', riflette Harvey pensando alle sue azioni McTavish, forse, nel caso di una scalata, lui avrebbe potuto guadagnarci parecchio. Harvey attese le dieci del mattino seguente prima di telefonare a Lionel. "Non c'è niente di cui preoccuparsi" disse. Poi telefonò al suo banchiere di Ginevra. "Voglio sapere chi c'è dietro una società che si chiama Corvus Investment Trust". "Non è l'unico" gli riferì il banchiere.