7.
Venne ad aprirgli quella sciocca di Ida, grassottella e con il trucco troppo pesante. Solomon aveva portato dei regali. Una boccetta di profumo per lei. Un enorme orsacchiotto per Barney. Per Morrie una serie completa di pietre da cote in una scatola di cedro profumato, lime e raspe importate dall'Inghilterra e una pialla di faggio rosso. "Non tornerà in ufficio" disse Ida. Solomon la abbracciò e la baciò sulle guance paffute: "Perbacco, Ida, sembri dieci anni più giovane. Se non fossi sposata con mio fratello ti correrei dietro per tutta la stanza". "Potresti sempre dargli una mondina e mandarlo al cinema, quello lì". "Quanto ti fermi?" gli chiese Morrie. "Magari qualche giorno". "Meraviglioso" disse Morrie, spaventato. Solomon li aggiornò sulle ultime notizie da Montreal. Quanto era difficile dormire bene, col caldo che faceva. "Sul serio," disse "state molto meglio qui". "Avresti dovuto portare anche Clara e i bambini" disse Ida, buttandogliela lì. Al Palace davano "King Kong" con Fay Wray, e al Loews il nuovo film con Jean Harlow. Tutti cantavano il motivo principale dell'ultimo musical di Irving Berlin e Moss Hart. Solomon aveva portato il disco e lo mise sul grammofono Victrola. "She started a heat wave, By letting her seat wave, And in such a way that the customers say, That she certainly can can-can" (1). Ida fece ripartire il disco e si mise a ballare lo shimmy. "Nessuno vuole ballare con me?" chiese. "No" disse Morrie. A cena, Ida avvertì Solomon di non mettere neanche un piede nel lago. Non c'era il divieto di balneazione come sul North River a Prévost, e la situazione non era grave come a Montreal, dove tutte le colonie per bambini erano state chiuse. Però c'erano stati già nove casi accertati di polio a Sainte-Agathe e sei a Sainte-Adèle. "Non lavarti i denti con l'acqua del rubinetto. Domani mattina ti porto io in camera una brocca d'acqua bollita". "Gliela può portare Solange". "Senti un po', Otello, è mio cognato, no?", Solomon versò di nuovo del vino nel bicchiere di Ida e poi chiese di fare un giro nella falegnameria. Morrie esitò. "Be', io non ho paura di quello che può capitare "a me" al buio. Lo accompagno io" disse Ida. "Tu aspetta qui". "Segreti" gridò loro Ida quando si furono avviati. "Magari barzellette sporche. Perché non fate ridere anche me?". Nel laboratorio c'era una stufa a legna. Il banco da falegname era di faggio oliato, alla tradizionale maniera europea. C'erano una grossa morsa, granchi sul davanti, una canalina per gli attrezzi che correva lungo tutta la parte posteriore. Solomon raggiunse il retro del laboratorio e fece scorrere le mani sulle assi impilate con ordine su ripiani d'acciaio. Pino, quercia, cedro, noce e ciliegio. Ammirò gli attrezzi appesi uno per uno a quadri di legno oppure posati sugli scaffali. Martelli, sponderuole, pialle e pialletti, scalpelli e sgorbie, speciali seghe a mano e seghetti da traforo, tasselli, cavicchi e un tornio per filettare. "So che devo testimoniare al processo" disse Morrie. "Non ti preoccupare. Non mi confonderò". "L'hai fatta tu?". Una sedia da cucina. Solomon vi si sedette. "Hai visto abbastanza. Andiamo". "E questa libreria?" chiese Solomon, passando la mano su uno spigolo non ben levigato. "Me l'ha ordinata una cliente. Adesso andiamo". Solomon si sedette sul banco da lavoro e giocherellò con la morsa. "Viene a prenderla lei o gliela consegni tu?". "Dovrebbe passare a prenderla venerdì prossimo con il suo custode. Hanno un furgone". "Invitala per il tè". "Avevo intuito che c'era sotto qualcosa. Senti un po', signor sottaniere, si da il caso che sia la nipote di Sir Russell Morgan. Per favore, Solomon". Morrie fece schioccare le nocche e sospirò. "Praticamente sei appena arrivato e già ho la tachicardia. Va bene, va bene, la invito per il tè. Ma solo se mi prometti che non tenterai qualche bricconata". "Non è che mi lasceresti provare a costruire qualcosa qui dentro?". "Ma stai scherzando? Ci vuole pratica. Certi attrezzi sono molto delicati". Si sentì Ida che gridava dalla finestra della cucina. "Ma cosa c'è, puzzo per caso, e nemmeno gli amici più cari hanno il coraggio di dirmelo?". "Sto attento. Non te li rovino, i tuoi attrezzi". Il mattino dopo, Morrie portò Barney alle scuderie del conte Gzybrzki per fargli cavalcare un pony Shetland. Ida, profumata e incipriata, si precipitò nella camera di Solomon. "Pronto o non pronto eccomi qui con una bella brocca d'acqua" gridò ridendo. "Ma niente scherzi, eh?". La stanza era vuota. Ida stava rimuginando sulla terza tazza di caffè con pane e marmellata di fragole quando tornò Morrie. "Pensavo fosse con te" disse Ida. "Non ci crederai, ma Solomon è in laboratorio a cercare di fare qualcosa. Qualunque sgorbio salti fuori, diciamogli che è meraviglioso". "Gli porterò il pranzo ". "Nessuno ha il permesso di avvicinarsi finché non ha finito. Si è preso le chiavi. Dice che dev'essere una sorpresa". "Oh, per me!". "Non essere ridicola". "Non essere ridicola. Quando mi guarda mi spoglia con gli occhi, te lo dico io". Solomon si era messo al lavoro alle sei e mezzo, accendendo la stufa. Poi aveva recuperato qualche squadra e preparato martelli, scalpelli e altri attrezzi essenziali. In un grosso secchio, in mezzo ad altri oggetti, aveva trovato quattro maniglie da cassetto. Erano tonde e di ottone, proprio quello che cercava. Esaminando minuziosamente la legna impilata sui ripiani d'acciaio, all'inizio era stato tentato dall'acero da zucchero, ma alla fine aveva optato per il ciliegio selvatico. Difficile da lavorare, ma robusto, di colore marrone chiaro, con nel cuore una sfumatura ambrata che si sarebbe scurita con gli anni. Aveva scelto le tavole, annusandole e accarezzandole, e poi le aveva osservate da vicino per scartare quelle screpolate o curve. Il legname era più che sufficiente. Una buona cosa, perché Solomon prevedeva di sprecarne molto. Tranne che per le maniglie, né un chiodo né una vite avrebbe contaminato la sua opera. Tutti i giunti sarebbero stati a maschio e femmina o a tenone e mortasa. Le avrebbe costruito un tavolo da toletta. Lei avrebbe tenuto il diario, pieno delle sue fantasticherie adolescenziali, in un cassetto, e i gioielli con cui lui l'avrebbe abbagliata in un altro. Sul piano del tavolo, un candeliere d'argento, un pot-pourri, un bauletto portatrucco e sacchettini profumati in ogni cassetto. Nelle calde sere d'estate, con la finestra aperta per far entrare la brezza del lago, lei si sarebbe seduta alla toletta per spazzolarsi i folti capelli color miele, contando i colpi. Solomon era deciso a finire il tavolo entro le dodici di venerdì, ma il primo giorno sì contentò di squadrare le assi e levigarne i bordi con la pialla. Una volta aveva incontrato il padre di lei. Un uomo grande e grosso, ben piantato. "Mi chiamo Russell Morgan Jr, guardate la mia eredità, potenti della terra, e disperate". Era attivo nella Empire League e colonnello della Black Watch. Era il socio anziano, inetto e bevitore, dello studio Morgan, MacIntyre e MacLean, che i soci più giovani sopportavano solo per la stima associata al suo nome e per i suoi utili contatti ad alto livello. Era un terribile snob, ma, per essere onesti, c'era qualcosa di donchisciottesco nella sua natura. Due volte si era presentato alle elezioni a Montreal come candidato del Partito conservatore, e due volte era andato incontro a un'inevitabile sconfitta. A un comizio, un provocatore inviato dai liberali gli rivolse una domanda in francese. Russell Morgan Jr cercò di liquidarlo con un gesto della mano, ma il provocatore insisteva. "E' mai possibile" gli chiese "che la sua famiglia sia qui da tanti anni e lei ancora non parli francese?". "Ho meno probabilità di parlare francese qui, buon uomo, di quante ne avrei di capire il cinese se vivessi a Hong Kong". Mister Bernard, terrorizzato dalle voci secondo cui il brillante Stuart MacIntyre avrebbe potuto rappresentare il governo in tribunale, ebbe l'assurda trovata di contattare lui per primo il loro studio. Russell Morgan Jr non aveva mai sentito niente di tanto offensivo. Così Mister Bernard, peggiorando la situazione, provò a sedurlo con i numeri. "Oh, certo che è ricco, ragazzi". Alla fine Mister Bernard sfoderò l'asso dalla manica. "Mi chiedevo se lei fosse al corrente del fatto che suo padre e mio nonno una volta sono stati impegnati in una trattativa d'affari. La New Camelot Mining & Smelting Company". "Miss Higgins le mostrerà la porta, Gursky, e stia pur certo che Stu MacIntyre spedirà lei e i suoi fratelli dietro le sbarre, nel posto che fa per voi. Buona giornata". Stava calando la sera quando Solomon si infilò in cucina, dove lo aspettava Ida, acida come non mai. "Ida, hai un'aria adorabile". Lei aveva raccolto i capelli in uno chignon e indossava un abito Chanel di pizzo nero, che minacciava di lasciarsi andare da un momento all'altro sulle cuciture. "Oh, cosa vuoi che sia" disse sospirando. Barney aveva già mangiato ed era stato messo a letto quando Ida servì la cena a lume di candela. Morrie ribolliva di buonumore. "Magari dovrei prenderlo come apprendista. Che ne pensi, Ida?". Solomon usciva di casa ogni mattina alle sei e mezzo e non rientrava prima di sera. Ma non passava tutto il tempo in laboratorio. Andava anche a passeggiare. Una volta l'aveva vista in lontananza. Era tranquilla nel suo giardino, a tagliare rose per il centrotavola. Aveva un ampio cappello di paglia con un nastro rosa. "Poserà il libro che sta leggendo sul piano del tavolo. Il libro avrà una sovraccoperta in pelle con un segnalibro di seta rossa. Sarà magari "Ragione e sentimento", o le "Vite dei poeti" del Dottor Johnson. Lui glielo leggerà ad alta voce la sera. Le racconterà di Ephraim nella Terra di Van Diemen e dell'"Erebus" e di come il nonno di lei l'aveva tenuto prigioniero in quell'hotel di Sherbrooke". "Ehi," disse Ida "non hai bisogno di una che faccia le pulizie lì dentro? Costo venticinque centesimi all'ora, ma non rubo". "E' una sorpresa" intervenne Morrie. "Te l'ho detto. Non abbiamo il permesso di entrare". "Ah, te ne sei ricordato, Morrie?" chiese Solomon. "Ricordato cosa?" domandò Ida. "Miss Diana Morgan viene a prendere il tè da noi" rispose Morrie distogliendo lo sguardo. "Ehi, ci abito anch'io qui. Perché non me l'avete detto?". "Te lo sta dicendo adesso". "Se pensi di scopartela, caro mio, avrai una brutta sorpresa". "Ida!" saltò su Morrie. "Ida! Puah. Scommetto che neanche una bottiglia di latte è al sicuro, sola in una stanza con Solomon. Povera Clara, ecco tutto quello che posso dire". Ida scostò la sedia dal tavolo e uscì a grandi passi dalla sala da pranzo, fermandosi sulla porta. "Lei non verrà, Solomon. All'ultimo minuto dovrà fare lo shampoo al cavallino o andare in chiesa a confessarsi. 'Mi perdoni, padre, ma sabato sera, sul carro del fieno, Harry McClure mi ha baciato sulle labbra e mi ha infilato la mano sotto la gonna'. 'Puoi essere più precisa, figliola?'". "Lei non è cattolica" disse Morrie. "Sai che mi frega. Neanch'io". "E chi è Harry McClure?" chiese Solomon. "Solo uno dei tanti "giovani" che le corrono dietro. Voglio dire, a proposito di "nakhes". Lei è nipote di Sir Russell Morgan. Io adesso sarei qui a esercitarmi a fare le riverenze se solo potessi conoscere quella gente, ma lei non metterà mai piede in questa casa; quando suo padre mi incontra per la strada, pensereste che ha appena pestato una merda di cane". Il tavolo di ciliegio selvatico fu pronto per venerdì a mezzogiorno. Solomon lo nascose sotto una coperta, chiuse il laboratorio e andò in casa per farsi un bagno e cambiarsi. Puntuale, alle quattro e mezzo, un furgone Ford svoltò nel lungo viale tortuoso che conduceva alla villa. Il custode di casa Morgan, Emile Boisvert, era venuto a ritirare la libreria. "Miss Morgan manda le sue scuse" disse. "Si sente poco bene". Solomon andò direttamente al laboratorio, afferrò un'ascia e, all'ultimo istante, la abbatté non sul tavolo ma sul pavimento. Poi portò il tavolo in casa, sempre nascosto dalla coperta. "La mia sorpresa" esclamò Ida, saltando su e giù. Solomon annunciò che non si sarebbe fermato a cena perché doveva tornare a Montreal, e poi tirò via la coperta e mostrò il tavolo. "Lui sì che è... come si dice... un vero ebanista" disse Ida. Morrie fece scorrere la mano sulla superficie del tavolo. Si chinò per accarezzarne le gambe. Aprì e chiuse un cassetto. "Di' qualcosa" lo incitò Ida, dandogli una gomitata. "E' bello". Il mattino seguente, di buon'ora, Morrie arrancò fino al laboratorio, si sedette al banco da falegname, si prese la testa fra le mani e pianse. Impacchettò gli attrezzi, stese un lenzuolo sul banco e sul tornio a pedale e poi chiuse con un lucchetto il laboratorio, con l'intenzione di non entrarvi mai più. Ida si era portata il pane e la marmellata in soggiorno, dove poteva ammirare il tavolo mentre mangiava. "Torniamo a Montreal" disse Morrie. Ida si pulì le dita appiccicose in un tovagliolo e rimise il disco sul Victrola. "She started a heat wave, By letting her seat wave, And in such a way that the customers say, That she certainly can can-can". Lei ballava lo shimmy. Lui la guardava.
Note.
1. "Lei ha scatenato un'ondata di calore / facendo ondeggiare il sedere / e in un modo tale che i clienti dicono / che di certo sa ballare il can-can" [Nota del Traduttore].