10.
Condannato a passare una notte a Edmonton prima di prendere il volo del mattino per Yellowknife, Moses scese al Westin, e poi si sistemò su uno sgabello al bar. In televisione c'era Sean Riley. Era a Vancouver per promuovere "Un pilota nella tundra", il libro che raccontava le sue emozionanti avventure nella Terra del Sole di Mezzanotte. I convenevoli non durarono a lungo e ben presto l'intervistatrice, una ex miss della squadra di football dei B.C. Lions, trasse un respiro profondo che le gonfiò il petto e chiese a Riley del celebre incidente dell'inverno del '64. Il suo passeggero, un ingegnere minerario, era rimasto ucciso nello schianto. Un mese dopo Riley, ormai dato per morto, era uscito zoppicante dalla tundra e si era presentato alla Mackenzie Lounge di Inuvik. "Come lei sa, a Yellowknife ai tempi si era diffusa la voce che per riuscire a sopravvivere in quelle terribili condizioni lei aveva dovuto ricorrere al... ehm... al cannibalismo. Se le cose stanno così," disse l'intervistatrice, arrossendo "e, diavolo, chi può dire che un altro si sarebbe comportato diversamente - se le cose stanno così, be', io sono davanti a una persona che ha fatto un'esperienza "molto" insolita, eh?". Poi, dando una scorsa agli appunti, aggiunse: "Ora, quello che vorrei sapere è in che modo un'esperienza tanto insolita l'abbia coinvolta dal punto di vista personale e psicologico". "Cioè, io non è che vado in televisione molto spesso. Le dispiace se saluto Molly Squeeze Play a Yellowknife?". "Come?".
"Ciao Molly. Ci vediamo domani al Gold Range. Nel frattempo tieni le gambe belle strette e accavallate, ah ah ah". "Le fa venire gli incubi?" chiese l'intervistatrice. "Molly?". "Il cannibalismo". "Be', le dirò. E' una cosa che fa passare la voglia di mangiare il roast beef. Cioè, sa, è così buona, così dolce. Niente cartilagini, niente grasso". Il bar vibrava per il chiacchiericcio di uomini e donne che lo affollavano. Portavano tutti targhette con il loro nome scritto sopra: insegnanti ed educatori arrivati da ogni angolo del continente a meditare sul tema "Dove va il villaggio globale?". Ma quando Moses attaccò il quarto scotch doppio, i congressisti si erano in gran parte dispersi, ed era rimasto solo un pugno di devoti bevitori. Poi nella sala entrò di corsa una signora, senza fiato, ovviamente in ritardo per il party. Si accoccolò sullo sgabello accanto a quello di Moses e ordinò una vodka con ghiaccio. "Prosit" disse. IL MIO NOME E' CINDY DUTKOWSKI aveva un vestito di lana aderente e si trascinava dietro un'enorme borsa a tracolla. Capelli neri spettinati, era esuberante, minuta e graziosa, sui quaranta. Insegnava comunicazioni di massa all'Università del Maryland. "Gli occhi mi ingannano, oppure ti ho visto la settimana scorsa a Washington, a parlare con Sam Burns al Sans Souci?". "Si sbaglia". "Scommetto che anche tu sei una personalità dei media e io dovrei conoscere il tuo nome". "Pazienza". "Se mi dici come ti chiami, mica ti mordo". "Moses Berger" disse firmando il conto del bar e cominciando a scivolare giù dallo sgabello. Lei lo bloccò. "Ehi, come sei timido. E' una forma di arroganza, sai. In più, ti protegge dai rifiuti nelle relazioni sociali a elevata carica emotiva. Mi sono laureata in psicologia, sai". Il suo, disse, era un matrimonio aperto, che permetteva ai partner uno stile di vita tale da consentire a entrambi di esplorare appieno il proprio potenziale sessuale. "Dev'essere una bella comodità", "Su, dai. Devo proprio dirtelo? Io sarei interessata, se lo sei anche tu". IL MIO NOME E' CINDY DUTKOWSKI raccolse la sua enorme borsa a tracolla e andarono in camera di Moses, perché lei divideva la stanza con una tizia molto ma molto perbenista, una del Montana che per cambiarsi si chiudeva in bagno. "Sono pronta a mettere in pratica la tua fantasia preferita, se non è troppo da pervertito". "Il solito" disse Moses, intimidito "mi va benissimo". In quel caso, aveva lei un menu da proporre. "Io sono la tua professoressa del liceo, calma e tranquilla ma in realtà molto porca, e tu l'adolescente imbranato. Ti ho chiesto di venire nel mio ufficio dopo la scuola, con la scusa che dovevamo rivedere insieme il tuo ultimo compito, ma in realtà perché stamattina ti ho beccato che mi sbirciavi sotto la gonna mentre ero seduta sul tuo banco e questo mi ha eccitato tantissimo. Adesso vai ad aspettare in corridoio e non bussare alla porta finché non grido 'pronta'. Capito?". "Non sono sicuro di come vuoi che mi comporti". "Be', sai. Sei ingenuo. Da canadese va bene". "Capito" disse Moses, e sgattaiolò fuori dalla stanza, raggiunse in punta di piedi l'ascensore e saltò su un taxi fermo davanti all'ingresso dell'hotel. "Mi porti in un bar dove non sparano la musica a tutto volume". Seduto su un altro sgabello, Moses riflette di nuovo sullo sconcertante biglietto di Beatrice. A Montreal erano le tre del mattino, ma le telefonò lo stesso, "Perché mi hai scritto" le chiese "che il punto interrogativo umano era Alexander Pope?". "Mi stai dicendo" replicò lei con durezza "che non ti ricordi?". Moses cominciò a sudare. "Vuoi dire che io sono rimasta seduta a letto tutta la notte a piangere, senza riuscire a dormire, perché il mio biglietto ti avrebbe ferito, "e tu non ti ricordi nemmeno che cosa è successo ieri notte"?". Moses riattaccò, mortificato, e quando tornò in hotel dovette affrontare un altro problema. Sul pavimento c'era la sua valigia, aperta e mezza vuota. Tuttavia scoprì subito che lei non aveva rubato niente. Trovò le camicie, i calzini e la biancheria in bagno, a galleggiare nell'acqua della vasca. Il mattino dopo, all'Industrial Airport, Moses capì immediatamente, senza bisogno di chiedere, qual era l'uscita giusta per il volo P.W.A. diretto a Yellowknife. Era già piena dei soliti relitti umani del Nord. Un crocchio di giovani eschimesi bassi e tozzi con i capelli impomatati, giubbotti borchiati di pelle nera, jeans a tubo e stivali da cow-boy in similpelle. Donne con permanenti cotonate e pesanti cappotti che portavano borse di plastica piene di acquisti fatti da Woodward's. C'era anche un gruppo di operai che alla fine delle ferie tornavano ai pozzi di petrolio o alle stazioni radar della difesa antimissile, dopo aver buttato via i soldi con le puttane, sicuri che le donne sono una merda, la vita è una merda, tutto è una merda. Erano grassi e pieni di lividi, e uno aveva un occhio gonfio e nero. Arrivato a Yellowknife, Moses prese un taxi e andò direttamente al Gold Range, dove sapeva che avrebbe trovato Sean Riley. Sean ordinò una birra con due dita di whiskey, ma Moses preferì un caffè nero. "Ah, siamo a questo punto?" chiese Riley. "Sì. Come va il tuo libro?". "Quando ero piccolo e il mio vecchio mi beccava a dire una bugia, mi toccava una visita alla legnaia. Adesso invece mi pagano per dirle". Moses posò una fotografia sul tavolo. "Vorrei sapere se la settimana scorsa hai visto questo vecchio signore, che magari cercava un volo". "Il naturalista californiano. Mister Corbeau?". "Proprio". "Cooney l'ha portato mercoledì scorso sull'isola di Re Guglielmo, mi pare. Era convinto che il vecchio fosse matto, ad accamparsi lì. Ma poi l'ha visto che si costruiva un igloo in un baleno. Aveva un sacco di provviste". "Potresti portarmi da lui?". "Potrei trovarlo, se è necessario". "Domani mattina?". "Ti faccio pagare dieci dollari a miglio per l'Otter, sei per il Cessna, se mi aiuti a vendere il libro". "Prendiamo l'Otter e ci fermiamo a Tulugaqtitut per fare un salto da Henry". Per Henry e Nialie, l'arrivo di ospiti alla loro tavola dello "Shabbat" era una benedizione, anche con così poco preavviso: avrebbero potuto compiere la "mitzvah" dell'ospitalità, la "Hakhnasat Orkhim". Per questo restarono alzati gran parte della notte a preparare leccornie. "Khale, gefilte fish". Pollo arrosto. "Tsimes. Lokshen kugel" con uvette. Torta al miele. Apparecchiarono con la tovaglia migliore e, in onore di Moses, misero una bottiglia di cognac invecchiato cinquantanni su un tavolino. Isaac ricevette l'ordine di andare a fare il bagno e indossare camicia bianca, cravatta e calzoni appena stirati prima di uscire con suo padre incontro all'Otter. I cernecchi di Henry danzavano al vento. ""Sholem aleykhem"" gridò Henry, abbracciando Moses. ""Aleykhem sholem"". Riley, che non voleva essere di peso a due vecchi amici che si vedevano così di rado, accettò di prendere l'aperitivo a casa di Henry, ma disse che non si sarebbe fermato a cena. "Mi sembra che mi stia venendo la febbre" disse. "E' meglio che mi faccia vedere da Agnes McPhee". ""Abi gezunt"" disse Nialie. Dopo la benedizione delle candele si sedettero a tavola e Henry benedì il figlio. ""Yesimekha Elohim keEfrayim vekhi-Mnasheh"". Che Dio ti ispiri a vivere nella tradizione di Efraim e Manasse, che fecero progredire la vita del nostro popolo. Henry rimase fiduciosamente in attesa, ma Isaac, imbronciato, rispose solo quando Nialie lo pungolò. ""Harakhman hu yevarekh et avi mori baal habayit hazeh veet imi morati baalat habayit hazeh"". Dio misericordioso, benedici il mio amato padre e la mia amata madre che guidano la nostra casa e la nostra famiglia. Isaac, che era venuto a tavola con un atteggiamento poco meno che ostile, si ritrovò a ridere alle battute con cui Moses punzecchiava Henry. Si meravigliava che qualcuno potesse passarla liscia dopo aver raccontato storielle irriverenti sul Rebbe, ed era sbalordito alla vista di suo padre che beveva più di un cognac. Per la gioia di Henry, si mise anche lui a cantare con i due uomini i canti dello "Shabbat", battendo la mano sul tavolo per tenere il tempo. "Sai," disse Moses "la prima volta che ho incontrato tuo padre, lui aveva più o meno la tua età, e ci siamo seduti sul pavimento della sua camera e abbiamo rifatto la battaglia di Waterloo con i soldatini". Poi, senza pensarci, Moses accese un Montecristo. Nialie stava per protestare per quella profanazione dello "Shabbat", ma Henry la zittì con un gesto della mano. Per Isaac era troppo. "Come sarebbe," disse "zio Moses può permettersi di fumare di "Shabes" e io invece non posso giocare a hockey con i miei compagni e nemmeno guardare la T.V. senza sentirmi dire che sono un cattivo ebreo?". "Moishe non è un cattivo ebreo," disse Henry "è un ebreo delinquente". "Lo spengo" disse Moses. "No" disse Henry, e rivolto di nuovo a Isaac aggiunse: "E, in più, lui non è mio figlio. Ricordati, è una "mitzvah" insegnare al proprio figlio la "Torah", perché sta scritto: 'Siano queste cose, che io oggi ti ordino, nel tuo cuore. Inculcale ai tuoi figli, parlane stando in casa tua e andando per via...'". "Tutto sta scritto," disse Isaac, lottando per non piangere "anche che la mia vita deve fare schifo per forza, perché se non è "Shabes" è "Tishoh B'Ov" o "Shvues" o il digiuno di Gedalyah o il diciassettesimo giorno di Tammuz o qualche altra stronzata dell'età della pietra. Lo so. Va' in camera tua. Ci vado. Buonanotte a tutti". ""Oy vey"" disse Henry, liquidando lo sfogo di Isaac con una risatina nervosa. "Che età difficile. Perdonalo, Moishe, non voleva essere maleducato. Scusami un minuto solo". Nialie attese che Henry andasse nella stanza di Isaac e si chiudesse la porta alle spalle, e poi parlò. "Ruba" disse. "Henry lo sa?". "Non devi dirgli neanche una parola". "Perché no?". "Non dirglielo". E poi Henry fu di ritorno, carico di bollettini meteorologici, altri documenti e un libro appena pubblicato, sottolineato in molti punti. "Secondo il professor Morton Feinberg, un climatologo di prim'ordine, siamo nei guai. La nuova era glaciale, che ormai è dietro l'angolo, porterà alla fine della civiltà, almeno come la intendiamo noi, nell'emisfero settentrionale". "Meno male, Ringraziamo Iddio" disse Moses, allungando la mano verso la bottiglia di cognac. "Nel giro di cinquant'anni, forse meno, i paesi equatoriali domineranno il pianeta". "Henry," disse Moses, irritato "come un tempo c'erano la Scuola di Hillel e la Scuola di Shammay, così adesso ci sono altri esperti che hanno un'opinione diversa sul giorno del Giudizio che ci toccherà. A sentir loro, tutti gli indizi lasciano pensare a un graduale riscaldamento della terra, a causa dell'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera che tende a intrappolarne gran parte del calore. Ma che vadano all'inferno. Magari dovresti preoccuparti meno della fine del mondo e più di Isaac". "Voglio farti dare un'occhiata a questi g-g-grafici" disse Henry. "Ci sono posti migliori dove far crescere un ragazzo che fra poco sarà un adolescente". Henry attese che Nialie si ritirasse in cucina. "Io spero che vada alla "yeshivah" di Crown Heights", "E se lui non fosse tagliato per diventare uno "yeshive-bokher"?". "Guarda questi grafici, per piacere," lo supplicò Henry, con le lacrime agli occhi "e poi dimmi se la terra si sta riscaldando". Il mattino dopo, prima di partire con Riley, Moses portò Isaac a fare colazione al Sir Igloo Inn Café. "Posso prendere la pancetta, con le uova?" chiese Isaac. "Non fare il rompicazzo fin dalla mattina presto, per favore". "Vuoi dire che tu puoi ma io no". E poi arrivò Riley, con gli occhi arrossati. "Se non decolliamo fra dieci minuti potremmo rimanere bloccati qui per dieci giorni". "Isaac, perché non ci scriviamo delle lettere, ogni tanto? Magari potresti anche stare un po' da me quest'estate, per le vacanze" disse Moses, subito pentendosi dell'invito. E poi, rivolto a Riley: "Arrivo, però prima devo passare a salutare Henry e Nialie". Isaac raggiunse un gruppo di suoi compagni a un tavolo vicino. I ragazzi subito serrarono le fila, e non gli fecero posto. "Avete visto il vecchio stronzo che è appena uscito?" chiese Isaac. "E allora?". "Ieri sera ha fatto incazzare mio padre". "Non dire stronzate". I ragazzi cominciarono ad alzarsi a uno a uno. "Si scopava mia zia a Londra" disse Isaac.
"Sai che notizia". Isaac bloccò loro l'uscita e tirò fuori di tasca un biglietto da cento dollari. "E mi ha dato questo". "Stronzate. Te lo sei fregato". "Me l'ha dato lui" ripeté Isaac, arrossendo. "Allora ci troviamo dopo la scuola e offri tutto tu". "Stavo per dirlo io". Trovare l'accampamento di Mister Corbeau sull'isola di Re Guglielmo non fu una cosa difficile. A Victory Point, a un centinaio di chilometri da dove l'"Erebus" era stato visto per l'ultima volta, era stata aperta una specie di pista di atterraggio. Non appena l'Otter si abbassò, Moses vide un igloo accanto alla costa. Riley si fermò, Moses spalancò lo sportello della cabina, saltò sul ghiaccio e corse verso l'igloo. Buttandosi in ginocchio per strisciare nel corridoio d'entrata, il piede gli si impigliò in un filo, che fece partire una cassetta registrata. Ci fu un rumore di tuono. Il suono di un fuoco scoppiettante e un altro tuono. Poi una voce baritonale, piena di sé. "Mosè, Mosè, non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo dove sei è terra santa". Bastardo. Figlio di puttana. "Ma io non sono più qui". Moses, che aveva scoperto le tracce di quattro slitte che si allontanavano dall'igloo, avrebbe dovuto immaginarlo. Però non poteva essere molto in ritardo. L'igloo, riscaldato da un fornello da campo Coleman, era ancora ragionevolmente caldo. C'era una pelle di caribù stesa a mo' di tappeto e su di essa una bottiglia di Dom Pérignon, una scatola di caviale beluga, una pagnotta di pane nero, due volumi dei diari di Solomon e un biglietto: "Se non io, chi? Se non ora, quando?".