6.
Tra le pile impolverate di memorabilia gurskiani che ingombravano la casa nel bosco di Moses c'era una copia del "Cunarder" del maggio 1933, con articoli come "All'Avana, gaia capitale di Cuba" e "Feste d'inverno in Cecoslovacchia". C'era anche una doppia pagina dedicata a "Personalità transatlantiche", in posa sui ponti del "Berengaria", dell'"Aquitania", del "Caronia" e del "Mauretania". Fra loro, la duchessa di Marlborough, già Miss Consuelo Vanderbilt; Madame Luisa Terrazzini, primadonna del Metropolitan di New York, e Mistress George F. Gould ( "La frase "Filiae pulchrae, mater pukherior" potrebbe essere stata coniata per descrivere Mistress Gould"). Accanto a quella di Mistress Gould c'era la fotografia di Solomon Gursky. "Al momento, tutto l'interesse dell'opinione pubblica è concentrato sulla possibile fine del proibizionismo negli Stati Uniti. Nella foto sopra, uno dei principali distillatori canadesi, responsabile in prima persona dell'inondazione di liquori che sta per abbattersi sull'America. Qui lo vediamo sorridere sul ponte dell'"Aquitania", dove ha gentilmente acconsentito a farsi ritrarre nel corso di una recente traversata per l'Inghilterra". Su una scheda fissata con una graffetta alla copia del "Cunarder", Moses aveva annotato che alcuni mesi prima - il 27 febbraio 1933, per la precisione - la Camera dei Rappresentanti e il Senato degli Stati Uniti avevano votato una mozione a favore dell'abolizione del Diciottesimo Emendamento. Per ratificare l'abolizione, la mozione richiedeva il voto favorevole delle assemblee di almeno trentasei Stati. Il 4 marzo Franklin Delano Roosevelt, noto bevitore, prestò giuramento in qualità di trentaduesimo presidente degli Stati Uniti, e ai primi di aprile la vendita di birra con una gradazione alcolica di tre virgola due gradì divenne legale. H.L. Mencken assaggiò un bicchiere della nuova bevanda al bar del Rennert Hotel di Baltimora. "Niente male" disse. "Dammene un altro". In maggio Solomon si imbarcò per l'Inghilterra, ufficialmente diretto a Edimburgo, dove avrebbe cercato di stringere accordi per il mercato americano con la potente McCarthy Distillers Ltd. di Lochnagar, appena sopra Balmoral. Ma nel corso dei tre mesi successivi da parte sua non giunse altro che una scherzosa cartolina ogni tanto. Cartoline da Berlino, Monaco, Londra, Cambridge e infine Mosca. Nel frattempo Mister Bernard, furibondo, non restava con le mani in mano. Acquistò una distilleria nell'Ontano e una nel Kentucky. Solomon tornò a Montreal all'inizio di ottobre. "Che è successo in Scozia?" gli chiese Mister Bernard, con gli occhi fuori dalle orbite. "Sai benissimo che non ci sono andato. Vacci tu, Bernie". "Ho bisogno del tuo permesso? Col cavolo". Mister Bernard partì alla fine di ottobre, con l'unico risultato di scoprire che i magnati dei liquori scozzesi non lo consideravano adatto a rappresentare i loro interessi in America, ora che il proibizionismo volgeva al termine. Anzi, sembravano divertiti della sua presunzione. Mister Bernard masticava amaro al Savoy di Londra quando si seppe che lo Utah era il trentaseiesimo Stato a favore dell'abolizione, e così la notizia divenne ufficiale. Era il 20 novembre, e il titolo di prima pagina dell'"Evening News" diceva: IL PROIBIZIONISMO E' MORTO L'HANNO AMMAZZATO I MORMONI URRA' TORNANO I GIORNI FELICI Mister Bernard rimase sconcertato quando Solomon non lo prese in giro per essere tornato a casa a mani vuote. Solomon aveva sistemato nel suo ufficio un apparecchio radio a onde corte e una branda. Piccoli stranieri vagamente ripugnanti - sguardo sfuggente, buffi abiti di taglio europeo, sigarette sempre accese che spargevano cenere dappertutto -venivano a trovarlo e se ne andavano con le tasche gonfie di soldi. "Cosa stiamo comprando?" chiese Bernard. "Giudei". "Prima o poi la smetterai di prendermi in giro". Solomon aveva già compiuto il primo di molti snervanti viaggi a Ottawa, per incontrare Horace MacIntyre, sottosegretario all'Immigrazione. MacIntyre, scapolo e anziano della sua congregazione, era celebre in tutto l'apparato statale per la sua rettitudine. Se impostava una lettera personale dall'ufficio metteva due centesimi in una scatola per il francobollo. MacIntyre ascoltò con una certa impazienza l'appello di Solomon a favore dei profughi. "Non nascondiamoci dietro gli eufemismi, Mister Gursky. Per profughi lei intende gli ebrei". "Mi avevano anticipato che lei è un uomo molto perspicace e senza peli sulla lingua". "Gli ebrei tendono a essere classificati come 'immigrati non graditi', non a causa della razza, un pregiudizio che troverei ripugnante, ma perché considerano il lavoro nei campi o in miniera indegno di loro". "Mio nonno ha lavorato nelle miniere inglesi prima di arrivare qui nel 1846, e mio padre è stato contadino nelle praterie". "Ma, a quanto capisco, lei ha trovato un impiego più redditizio". Solomon sfoderò il suo sorriso allegro. "E' perché il suo popolo è per tradizione composto da abitanti di città, che in questo modo usurperebbero posti che potrebbero essere occupati da nativi, o da emigranti dalla madrepatria, che, semplicemente, non possiamo aprire le cataratte". "Se si considera la composizione attuale della popolazione del Canada, gli ebrei non arrivano all'uno virgola cinque per cento" replicò Solomon, e proseguì nella descrizione di ciò che aveva visto in Germania. "Si dà il caso" disse MacIntyre "che io sia un ammiratore degli scritti di Mister Walter Lippmann, un suo correligionario, anche se piuttosto schivo su questo punto. Lippmann è dell'opinione che la persecuzione degli ebrei serva all'utile scopo di soddisfare il bisogno dei tedeschi di sottomettere qualcuno. Anzi, il suo meditato convincimento è che siano una sorta di parafulmine che protegge l'Europa. Certo, è una seccatura, Mister Gursky, ma non è il caso di farsi prendere dal panico". Venuta l'estate, Mister Bernard era sui carboni ardenti. Si vociferava che il primo ministro volesse sbattere in galera i fratelli Gursky e buttar via la chiave. Sotto la spada di Damocle del procedimento governativo contro di loro, nel corso del quale i Gursky sarebbero stati accusati, tra l'altro, di evasione di diritti doganali su liquore di contrabbando, Mister Bernard si riuniva ogni sera con i suoi avvocati, ed era infuriato con Solomon, che se ne stava in silenzio durante le sedute, indifferente, pareva, al loro destino. E adesso toccava a Mister Bernard fare la spola fra Montreal e Ottawa, una o anche due volte la settimana, carico all'andata di grosse somme in contanti che riempivano la sua valigeria, e al ritorno di quadri di Jean Jacqes Martineau, che poi ficcava in un armadio. Tale era lo stato dei suoi nervi che gli ci volle un mese prima di notare l'assenza di Morrie. Una mattina, entrando a passo di carica nel loro primo ufficio di Montreal, in Sherbrooke Street, si mise ad aprire le porte a calci e a perlustrare i bagni, finché chiese: "Dov'è mio fratello?". "Non si agiti, Mister Bernard" disse Tim Callaghan. Ubriacone di un irlandese, innamorato di Gesù Cristo. "Ah, sì? E perché?". "Perché se va avanti così, le verrà di sicuro un'ulcera". "A me non viene l'ulcera. La faccio venire agli altri. Dove cazzo è Morrie?". Mandò a chiamare Solomon. "Davvero gli hai tirato un portacenere in testa?" chiese Solomon. "Solo un idiota come lui non si sarebbe abbassato". "Morrie ne ha abbastanza di te. Non ne può più di vomitare la colazione tutte le mattine. Si è ritirato in campagna con Ida e Barney". Mister Bernard si abbatté come un fulmine sulla segretaria di Morrie. Terrorizzata, lei tirò fuori una cartina con tutte le indicazioni per raggiungere la casa di Morrie sulle alture Laurenziane. Dopo ripetute minacce, raccontò a Mister Bernard del laboratorio. Dopo gli insulti e gli spruzzi di saliva in faccia, spifferò la storia di Morrie che si era messo a fare mobili. Mister Bernard la licenziò. "Prenda la sua borsetta e la limetta per le unghie, quel rumore mi tira scemo, e si porti via questa puzza di profumo da dieci centesimi la tanica e la scatola degli assorbenti. Fuori di qui!". Poi fece venire la limousine e partì a tutta velocità verso Sainte-Adèle. Morrie, avvisato in anticipo, lo aspettava in soggiorno, con la testa posata sul grembo di Ida. Poi si alzò e andò alla finestra, facendo schioccare le nocche. Quando finalmente la limousine entrò nel lungo viale d'accesso, Mister Bernard saltò giù, non si diresse subito alla grossa fattoria appena ristrutturata che, in cima alla collina, sovrastava il lago. Puntò invece verso l'orto, mentre Morrie lo osservava sbigottito. Prese a strappare le piante di pomodori. A calpestare la lattuga, a mollare calci ai cavoli, a saltare sulle melanzane facendole esplodere. Afferrò un forcone conficcato in un mucchio di letame e lo abbatté sugli steli di granturco. Poi corse alla porta di casa e cominciò a martellarla col pugno. "Guardate il mio vestito! Guardate le scarpe! Sono coperto di merda di campagna". Schizzò direttamente in sala da pranzo, strappò via dal tavolo una tovaglia di lino, facendo volare un vaso di fiori sul pavimento d'assi, e si pulì le mani e le scarpe dai resti di melanzane. "Digli che non hai intenzione di tornare da lui!" strillò Ida. "Chi diavolo era tuo padre? Un piccolo ebreo che aveva una drogheria con una bilancia truccata, e abitava in una baracca senza manco il bagno. Se andavi a cagare nel cesso di fuori, dovevi stare attento a non farti pungere le balle dai calabroni. Adesso sei piena di diamanti e pellicce di visone che pago io, e rischio la pelle e il culo per pagarteli. Vattene subito in camera tua.
Devo parlare con mio fratello". Ida scappò via, fermandosi in cima alle scale per gridare "Hitler!" prima di sbattere la porta della camera da letto e chiudersi a chiave. "Se, Dio ce ne scampi, fosse mia moglie, le insegnerei le buone maniere, te lo dico io. Quanto l'hai pagato questo letamaio". Morrie glielo disse. "Quanti ettari?". "Dodici". "Un affarone. Se volevo un posto in campagna, mi sarei preso quaranta ettari come minimo, e sulla riva del lago dove batte il sole, e con una casa più grande dove i pavimenti non scricchiolano". Mister Bernard scoppiò a ridere. "Hanno capito subito che arrivavi tu, povero "puts". "Penso di sì". Mister Bernard andò alla finestra. "E' quello lì" chiese, indicando una costruzione rivestita di assicelle, evidentemente nuova "il laboratorio dove fai i mobili?". "Sì". "Mi hanno detto che accetti ordini per librerie e che vendi la tua roba in un negozio a Sainte-Adèle". Mister Bernard sollevò un fragile tavolino. "L'hai fatto tu questo tavolinetto di merda?". "Sì". "A quanto l vendi?". "Dieci dollari". "Te ne darò sette" disse Mister Bernard contando le banconote. "Dato che se vendi direttamente a me, non devi dare la percentuale al "goy" del negozio a Sainte-Adèle". Poi ribaltò il tavolino con un calcio e cominciò a saltarci sopra. "Tu sei mio fratello, leccafiga di merda, e se i ricchi antisemiti di Sainte-Adèle comprano le tue cagate è solo perché così possono dire: 'Ehi, lo sai chi me l'ha fatto quel tavolino tutto storto per dieci dollari? Il fratello di Mister Bernard'. Non puoi farmi questo. Voglio vederti in ufficio domani mattina alle otto, altrimenti entro con un'ascia in quel cazzo di laboratorio". Morrie raccolse ciò che restava del tavolino e posò i pezzi accanto al caminetto. Senza fiato, Mister Bernard sprofondò nel divano. Si asciugò la faccia con un fazzoletto. "Che cosa c'è per cena?". "Cotolette di vitello".
"Con cosa?". "Patate arrosto". "Le ho mangiate ieri sera. Non è che mi faresti un po' di "kashe?"". "Provo a chiedere". "Sarà meglio che dici che è per te. Ehi, ti ricordi la "kishke" della mamma? Mi dava sempre il pezzo più grosso. Ma io ero il suo preferito, eh?". "Sì". "E come primo?". "C'è un po' di "borsht" avanzato da ieri sera". Mister Bernard sbadigliò. Si stirò. Alzò una natica e scoreggiò. "C'è Eddie Cantor stasera. Ce l'avete la radio qui?". "Non si sente tanto bene in mezzo alle montagne". "Potremmo giocare un po' a ramino, no? Oh, lascia perdere. Mangio meglio a casa mia. Ma prenderei volentieri un ghiacciolo. Non è che ne avresti uno nella ghiacciaia, per caso?". "Perché, non lo sapevo che arrivavi tu?". Morrie tirò fuori due ghiaccioli e appallottolò le carte che li avvolgevano. "Ehi, cosa stai facendo?" chiese Mister Bernard, recuperando le carte e stirandole sul tavolo. "Se compili il buono sul retro, puoi vincere una bicicletta. Per che ora ti trovo domani mattina in ufficio?". Morrie ricominciò a far schioccare le nocche. "Morrie, un po' di buon senso, per una volta. Senza di te, come faccio a sistemare i litigi con Solomon? Ho bisogno del tuo voto, così lo posso battere onestamente". "Sono stanco di essere stretto in una morsa fra voi due". "Bravo. Diglielo" strillò una voce in cima alle scale, Mister Bernard, infuriato, si alzò di scatto dal divano, con le braccia tese e le dita piegate, pronto a graffiare. "Se mai ti facessi una "kashe", "oysvorf" che non sei altro, ci metterei dentro l'arsenico" gridò Ida, e poi si precipitò in camera, si chiuse dentro e questa volta spinse un comò contro la porta. "Non hai idea di cosa è diventato Solomon," disse Mister Bernard abbattendosi di nuovo sul divano "quel pazzo di nostro fratello. Stavamo meglio quando era sempre a caccia di figa. Adesso passa la notte in ufficio, certe volte con Callaghan, e si scolano una bottiglia a testa, mentre lui ascolta la radio a onde corte e giochicchia con la manopola tutta la notte. Non si perde un solo discorso di Hitler". "Io non torno più in ufficio". "Puoi startene qui fino a lunedì mattina, ma dopo basta". Mister Bernard arrivò a Montreal quando era già buio, ma non pensò neanche per un istante di telefonare a casa di Solomon. Era inutile. Lui non c'era mai. E il mattino seguente Mister Bernard scoprì che Solomon era di nuovo a Ottawa, di nuovo ad agitare le acque, in un momento in cui l'ultima cosa di cui avevano bisogno i Gursky erano altri nemici in alto loco. Solomon disse a MacIntyre: "Ho comprato ottocento ettari di terreni coltivabili sulle Laurenziane, oltre che...". "Laurenziane dove?" chiese MacIntyre. "Non lontano da Sainte-Agathe. Perché me lo chiede?". "Oh, Sainte-Agathe" ripeté MacIntyre, sollevato. "Sono anni ormai che vado in vacanza, d'estate e d'inverno, allo Chalet Antoine di Sainte-Adèle. Lo conosce?". "No. Ho comprato ottocento ettari di terreni coltivabili, oltre che una grossa mandria di vacche da carne e da latte, e ho una lista di persone che promettono di insediarsi lì". "Mister Gursky, mi sta chiedendo seriamente di valutare l'ipotesi di sistemare altri ebrei nella provincia del Quebec?". "E perché no?". MacIntyre si fece portare una cartelletta. "Dia un'occhiata, se non le dispiace". Era un ritaglio con un editoriale del "Devoir": "... Il mercante ebreo di boulevard Saint-Laurent non fa nulla per aumentare le nostre risorse naturali". Poi gli passò una copia di una petizione consegnata al Parlamento dal deputato liberale Wilfred Lacroix. La petizione, firmata da più di centoventimila membri della Société Saint-Jean-Baptiste, si opponeva "a qualunque immigrazione, e soprattutto all'immigrazione ebraica" in Quebec.
"Per rendere le cose più semplici, potrei comprare delle terre in Ontario o nelle Province Marittime". "Sono sopraffatto dalla prodigalità del suo portafogli, Mister Gursky, ma c'è un problema. La sua è una razza a parte, con - come si può dire? - un'esasperante inclinazione a organizzare i propri affari meglio di chiunque altro. Questa sua assurda fissazione di voler inondare la nostra nazione di parenti o amici o presunti contadini deve finire. Ho le mani legate. Mi dispiace". Quando, la mattina dopo, tornò al vecchio palazzo della McTavish, Solomon scoprì che Mister Bernard lo stava aspettando. "Come è andata?" gli chiese Solomon. "Morrie non vuole sentire ragioni". "Lasciagli fare quello che gli pare, Bernie". "Senti, fra poco abbiamo un processo. Bert Smith va in giro a sputtanarci a destra e a manca. Salgo io al banco dei testimoni, e quella gente piena di pregiudizi pensa che non ho la faccia onesta. Ci sali tu, e sarai così arrogante, cazzo, che il giudice ti odierà di sicuro. Morrie è un tesoro. Tutti gli vogliono bene. Ma dev'essere istruito. Perciò datti una mossa e riportalo qui". "Ho degli affari a Sainte-Adèle mercoledì prossimo. Vado a trovare Morrie, ma senza impegno". Gli affari di Solomon riguardavano lo Chalet Antoine, l'hotel più elegante di Sainte-Adèle, in cima a una collina fitta di pini, cedri e betulle, con una vista sul Lac Renault che le guide definivano incantevole. Sul cancello, una targa avvertiva: SOLO CLIENTELA SELEZIONATA Solomon arrivò in un tardo pomeriggio di fine estate. Si diresse subito al bar, un locale elegante, con le travi al soffitto; alle pareti, rivestite in legno di pino, un quadro in cui era ritratto Howie Morenz mentre tagliava verso la rete sulla pista da hockey, e fotografie di altri campioni dello sport come Red Grange, Walter Hagen e Bill Tilden. Le porte a vetri si aprivano su una terrazza lastricata orlata da aiuole di gladioli, che dava sui campi da tennis e il lago. Al bar c'erano sei ospiti. A un tavolo, marito e moglie di mezza età, entrambi corpulenti, appena tornati dal campo da golf. Lei indossava una gonna scozzese e lui un paio di calzoni alla zuava. Un uomo, seduto da solo, consultava i listini di borsa sullo "Star". Una coppia a un altro tavolo: lui con lo sguardo fisso nel vuoto, lei immersa nella lettura di "Anthony Adverse". E poi un'adorabile giovane donna, sola e intenta a scrivere una lettera su carta di riso, di quella che si trovava soltanto all'estero, sorseggiando un bicchiere di vino bianco. Capelli color miele stretti da un fermaglio d'avorio. Labbra dipinte di rosso, piene ma severe. Indossava una maglietta a righe, una gonna pieghettata blu marino e scarpe da tennis. Sul tavolino erano sparse varie riviste. "Vanity Fair", "Vogue". Quando Solomon fece il suo ingresso, lei alzò la testa - stringendo appena gli occhi, chiaro segno di miopia - e poi tornò alla sua lettera. Intruso liquidato. Solomon si sedette, aprì un giornale in yiddish e chiamò il cameriere. ""Du whiskey, s'il vous plaOEt. Glenlivet"". L'uomo con lo sguardo fisso nel vuoto si sporse in avanti per dire qualcosa alla moglie. Lei posò il libro e prese la borsetta, stringendosela in grembo. Un turbamento oscurò il tavolo del golfista, come una folata di vento prima di un temporale. Ma la giovane donna seduta da sola continuò a scrivere la lettera. Paul, il cameriere tarchiato e irsuto, andò a chiamare il direttore e lo condusse al tavolo di Solomon. Monsieur Raymond Morin. Un cappone con i baffi a manubrio. "Ah," disse Solomon ""le patron"". E ripeté l'ordinazione. "Devo chiederle di andarsene". "Oh, non fare lo sciocco, Raymond," disse ad alta voce la giovane donna seduta da sola "dagli quello che vuole e sia finita lì...". "Ci sono altri bar...". ""Dép"che-toi, mon vieux"" disse Solomon. A quel punto si intromise l'uomo che consultava i listini di borsa: "Posso capire che lei trovi offensiva la politica di questo hotel, ma perché uno voglia andare a bere dove sa di non essere il benvenuto è cosa che sinceramente mi sfugge". "La sua argomentazione non è priva di valore" concesse Solomon. "Paul, chiama la polizia". "Non si scomodi, Monsieur Morin. Sta già arrivando" disse Solomon, e ripeté l'ordinazione. "E' contro la nostra politica servire persone del suo genere". "Diglielo, Ray" fece la moglie del golfista. "Ieri pomeriggio ho comprato quest'hotel". "Non mi faccia ridere". "E, quanto a quei due," disse Solomon indicando il golfista e la moglie "li voglio vedere fuori di qui prima di cena". "Che sfacciataggine". La giovane donna seduta da sola posò la penna. "Ah, bene, allora. In questo caso la politica dell'hotel non cambia, cambia solo il tipo di clientela indesiderata". Dopodiché raccolse le sue cose e si spostò in terrazza. Il lettore dei listini di borsa sorrise. "Lei è un avvocato?" chiese Solomon. "Ho paura di essere già impegnato a rappresentare la parte avversa, Mister Gursky". "La legge è un'idiozia". "Ma è tutto quello che abbiamo. E ci sono anche un cadavere o due ancora senza un responsabile". "Ma non quello di Bert Smith. Non è stato ammirevole da parte mia?". "Sconsiderato, più che altro". "Questa nazione non ha radici. Invece c'è Smith. La sua vera essenza". Arrivarono due agenti della polizia provinciale, Coté e Pinard. "In che cosa possiamo esserle d'aiuto, Mister Gursky?". "Sono io il direttore qui" protestò Monsieur Morin. "Non renderti ridicolo, Raymond" disse l'avvocato. "Se Mister Gursky afferma di aver comprato questo pachiderma, suppongo che sia vero. Qualcuno deve avergliela data a bere". "In realtà, l'hotel è al completo da venerdì pomeriggio, ma apprezzo il suo interessamento". "Sono lieto di esserle d'aiuto. Tra parentesi, sono Stuart MacIntyre. Credo che lei conosca mio fratello Horace". "Proprio così". "Arriverà qui venerdì". Solomon uscì sulla terrazza. Lei sedeva al tavolo più lontano. Il sole le illuminava i capelli e le braccia nude. "Ha comprato davvero l'hotel?". "Sì. Posso sedermi?". "E' abbastanza ricco da poter comprare tutti gli hotel vietati agli ebrei delle Laurenziane?". "Dovrei presentarmi". "So già chi e che cosa è lei, Mister Gursky. Mi chiamo Diana Morgan. E non è il caso che mi fissi in quel modo. Sì, è vero. Un occhio è azzurro e l'altro castano. La manderanno in galera?". "Ne dubito". "Non sottovaluti Stu MacIntyre". "Lei lo conosce, naturalmente". "Sua moglie è una Bailey. E' mia zia. Stu e mio padre vanno insieme a caccia di anatre selvatiche". "Quanto si ferma?". "Vengo solo a prendere lezioni di tennis. Abbiamo una villetta qui vicino". "Resti a cena con me". Lei scosse la testa. "Suo fratello mi sta facendo una libreria. E' una persona così dolce". Solomon si alzò. "Le chiedo scusa per quello che è successo prima". "Voleva scatenare un bel putiferio, vero?". "Sì" rispose Solomon, sorpreso. "Lei non capisce. Le persone noiose ma perbene che frequentano questo posto detestano le scenate anche più di quanto non sopportino gli ebrei". "Non mi frega un accidente della gente che frequenta questo posto". "E di cosa le frega, invece?". "Sono alla ricerca del Regno del Prete Gianni" disse lui, e rientrò nell'hotel. Il Prete Gianni. Diana Morgan avrebbe voluto richiamare Solomon. Si fermi, pensò, mi dica dell'altro, Mister Gursky. Ma nel bar c'era quel maledetto Stu. Per come stavano le cose, avrebbe raccontato tutto a suo padre. Bella fortuna. Oh, be', pensò, se fosse tornata a casa di corsa c'era ancora tempo per una nuotata prima di cena. Solomon, in piedi accanto alla finestra, la osservò mentre si dirigeva alla sua macchina, una Biddle & Smart verde scuro, scoperta. Rimase a guardarla finché non fu partita. "Non è neanche arrivato in prima base con lei, eh, Gursky?". E allora Solomon si voltò e si trovò faccia a faccia con il golfista, i cui occhi brillavano di malizia. "Non si permetta simili confidenze con me" disse Solomon, e con un affondo prese il golfista per la gola e lo sbatté contro la parete. "Quando i tuoi antenati ancora brindavano alla loro salute in coppe piene del proprio sangue, abitavano in tuguri d'argilla e dormivano su tavole di legno, avvolti in luride coperte, erano già cent'anni che
Maimonide aveva scritto la "Guida dei perplessi"." "Lo lasci andare" strillò la moglie del golfista. "Quando i tuoi bisavoli costringevano i bambini a portare amuleti contro il malocchio e accendevano un cerchio di fuoco attorno al bestiame per tenere alla larga il male, Spinoza aveva già scritto l'"Etica"". "Per favore, Mister Gursky. Sta soffocando". Solomon tirò a sé il golfista, poi lo scagliò all'indietro, facendogli sbattere la testa contro il muro. La moglie urlò di nuovo. Allora si avvicinarono i due poliziotti, e liberarono il golfista dalla stretta di Solomon. "Ehi, basta così" disse Pinard. "Basta".