3.

Un sabato mattina, nel 1974, un Gregge di Fedeli si radunò a casa di Henry per celebrare il "bar mitzvah" del bis-bisnipote di Tulugaq. Nialie - che aveva imparato a temperare con prodotti locali le ricette prese dal manuale di Jenny Grossinger, "L'arte della cucina ebraica" - servì fegatini di pollo tritati ammorbiditi con grasso di foca. Benché gli "knishes" fossero in massima parte riempiti di purea di patate, ce n'erano alcuni a base di carne trita di caribù. In mancanza di zucchero candito, per i bambini era stato preparato un vassoio di succulenti occhi di foca. Tra i doni per Isaac c'era quello di suo padre, un libro che raccoglieva i sermoni del Rebbe che regnava a Crown Heights, al 770 di Eastern Parkway, illuminando gli eterni misteri e decifrando il codice nascosto nei testi sacri: "Possiamo affrettare l'arrivo del "Moshiakh" intensificando la nostra "simkhe", o giubilo. La "simkhe" è ovviamente connessa al "Moshiakh", altrimenti perché entrambe le parole conterrebbero le lettere ebraiche "shin", "mem" e "khes"? Similmente c'è un intimo legarne fra Mosè e "Moshiakh", come testimonia il versetto 'Lo scettro non sarà tolto da Giuda, né il bastone del comando di tra i suoi piedi, finché non venga Shiloh...', che naturalmente è un riferimento nascosto al "Moshiakh", dato che le parole "yavo Shiloh" e "Moshiakh" sono numericamente uguali. Uguali sono anche le parole Shiloh e Mosè, prova positiva che la venuta del "Moshiakh" è connessa a Mosè. Per di più, "yavo" è numericamente uguale a "ekhad", che significa 'uno'; pertanto possiamo dedurre che "Moshiakh" = Mosè + Uno". Quando, un mese dopo, Isaac fu ammesso alla "yeshivah", Henry, euforico, volò a New York con lui. Padre e figlio andarono direttamente dall'aeroporto a Crown Heights. Si fermarono a mangiare un "Lubavitsh beefburger" da Marmelstein's, in Kingston Avenue, e poi andarono a fare una passeggiata. "Ci guardano tutti" disse Isaac. "E' solo la tua immaginazione". Diedero un'occhiata alla vetrina di Suri's, piena di parrucche eleganti destinate alle mogli dei fedeli che si erano rasate la testa per non suscitare i desideri di altri uomini che non fossero i mariti. Isaac vide, riflessi nel cristallo, alcuni individui dall'altra parte della strada che lo segnavano a dito, sussurrando fra loro. Capelli neri, lisci e lucenti. Pelle scura. "Qui mi scambiano per una specie di scherzo della natura" disse Isaac. ""Narishkayt". Siamo fra persone buone" ribatté Henry prendendolo per mano e guidandolo nel negozio di Tzi-vos Hashem. Ritratti a colori vivaci del Rebbe, simili alle immagini dei santi vendute sulle bancarelle fuori delle cattedrali in Europa, erano in mostra ovunque, con cornici di plastica verniciate in tinta legno. Il simulacro dipinto del Rebbe era anche disponibile in forma di cartolina o foto da infilare nel portafogli o stampato su borse di tela. Ad Isaac giunse la voce di un uomo barbuto che diceva: "Non voltarti adesso, ma c'è il ricco "meshugener" del Nord". "Che cosa vuoi che ti compri?" chiese Henry. "Niente" rispose Isaac, mentre ricambiava lo sguardo ostile di due ragazzi foruncolosi della sua età. "Andiamocene". Henry portò Isaac alla "yeshivah", dove si sedettero ad ascoltare una lezione tenuta da un giovane discepolo del Rebbe, che ondeggiava sopra il suo testo. "Guardiamo in uno specchio" chiese il giovane agli uomini radunati attorno al lungo tavolo "e cosa vediamo? Noi stessi, naturalmente. Voi vedete voi stessi, io vedo me stesso, e così via. Se abbiamo la faccia pulita, vediamo una faccia pulita nello specchio. Se abbiamo una faccia sporca, è quello che riflette lo specchio. Così quando vediamo il male in un'altra persona, sappiamo che anche in noi c'è questo male. "Ora, alzando lo sguardo verso lo specchio, vediamo la faccia, ma se lo abbassiamo, cosa c'è? I piedi. Voi vedete i vostri piedi, io vedo i miei piedi e così via. Il Rebbe ci ha mostrato che a "Simkhat Torah" uno non balla con la testa, balla con i piedi. Da questo il nostro amato maestro ha dedotto che le capacità intellettuali di una persona non fanno differenza a "Simkhat Torah" e ciò vale per qualsiasi ebreo in tutto il mondo. "Guardando nello specchio dovreste anche notare che il più alto è contenuto nel più basso e il più basso nel più alto. Ma è vero anche il contrario. Il chassidismo ci insegna che il più basso si rivela nel più alto e il più alto nel più basso". Isaac sbadigliò. Moriva dalla voglia di vedere Broadway. Il Felt Forum. Una partita di hockey al Madison Square Garden. La sede dove veniva pubblicato "Screw". Il palazzo della McTavish sulla Quinta Avenue. "Andiamo a trovare zio Lionel?". "Penso proprio di no". Henry, trascinandosi la sua borsa piena di grafici e carte, lo portò invece alla Columbia University. Mentre suo padre parlava con un climatologo, Isaac rimase seduto su una panca in anticamera. Annoiato, si tuffò nella lettura del "Mishneh Torah" che Henry gli aveva comprato al Merkaz Stam. Il Re Messianico, lesse, sarà un discendente della casa di David. "Tutti quelli che non credono in lui o non attendono la sua venuta negano non solo le testimonianze degli altri profeti, ma anche quelle della "Torah" e di Mosè, il nostro maestro. La "Torah" affermò...". Alla fine Henry uscì con un'aria umiliata dallo studio del climatologo. "Dimmi un po', "yingele", pensi che tuo padre sia matto?". Fecero un'altra sosta, questa volta a un indirizzo sulla Quarantasettesima Strada Ovest, dove Henry aveva appuntamento con un tizio per un paio di orecchini di diamanti, un regalo per Nialie. "Quanto ci metti?" gli chiese Isaac. "Magari una mezz'ora". "Ti aspetto fuori". Pareva di veder spuntare ovunque uomini barbuti con cappelli neri che procedevano a passo rapido, con valigette incatenate al polso. Da qualche parte ululavano delle sirene. Il traffico era bloccato. Isaac, avanzando, raggiunse un gruppetto di persone radunate a semicerchio all'angolo con l'Ottava Avenue. Facendosi largo fino ad arrivare in prima fila, vide un lacero ragazzino nero che faceva la ruota, mentre due suoi amici ballavano a testa in giù. Isaac fu accostato da una ragazza che indossava una camicetta trasparente e una minigonna argentata. Aveva i capelli tinti di arancione e di viola. Spaventato, Isaac cominciò a tornare indietro. Mentre attraversava la Sesta Avenue vide Henry in lontananza, che camminava su e giù con i cernecchi svolazzanti, scrutando tra la folla. D'impulso, Isaac si nascose in un androne. Guardatelo, pensò. Con tutti i suoi milioni, potrebbe vivere qui, in un attico. Non sarebbe costretto a nascondere le foto sporche di una ragazza pelle e ossa nell'ultimo cassetto della scrivania, potrebbe permettersene di vere, e invece no, se ne sta a Tulugaqtitut. Merda. Cazzo. Henry, sempre più isterico, si era messo a fermare i passanti, evidentemente descrivendo il figlio, chiedendo se l'avessero visto. Passarono cinque minuti prima che Isaac, mosso a pietà, saltasse fuori dal suo nascondiglio. Nell'istante in cui lo scorse sul marciapiede, Henry si mise a correre per andare ad abbracciarlo. "Grazie a "Hashem" sei sano e salvo" gridò, mentre Isaac si divincolava imbarazzato. Due giorni dopo Henry ripartì per Tulugaqtitut, carico di libri. Isaac non lo rivide finché non tornò a casa, un paio di settimane prima di "Pesakh". Insieme intrapresero il viaggio che avrebbe condotto Henry alla morte, a soli centocinquanta chilometri da Tuktuyaktuk.