Capitolo 22
Mi chiudo a riccio, guardando altrove imbarazzata. Non posso sopportare la delusione sui loro volti, sebbene sia solo una frazione di ciò che mi aspetto. Il loro silenzio è straziante.
Jack si muove accanto a me e io lo guardo. È serio, ma vedo che sta disperatamente cercando di rassicurarmi. È inutile. «Vuoi che me ne vada?», mi chiede piano, e la mia mente trova subito un’altra cosa da cui essere sconvolta.
Non lo so. Lo voglio? Jack mi servirà da supporto, oppure sarà come benzina sul fuoco? Deve aver capito dalla mia espressione che non so prendere una decisione, perché mi prende la mano e me la stringe.
«Rimango». Prende la decisione al posto mio, e, dato che la mia testa non mi è di alcun aiuto, seguo il suo istinto e annuisco.
«Te ne puoi andare», si intromette Micky. Mi volto e vedo il mio più vecchio amico con l’espressione più seria che abbia mai visto.
«Rimango», controbatte Jack con calma e fermezza, alzandosi in piedi senza mostrare timidezza per la seminudità. Io lo imito, raccogliendo le coperte e trascinandole con me quando mi alzo per affrontare i miei amici.
L’espressione di disprezzo sul volto di Micky è notevole. «Non era una domanda».
«Non c’è bisogno di peggiorare la situazione», ribatte Jack, tendendo pericolosamente i muscoli della schiena.
«Okay!», si intromette Lizzy, alzando le mani, incazzata quanto i due uomini nella stanza. Chiude gli occhi e si fa forza. «Che cazzo sta succedendo, Annie?»
«Si scopa un uomo sposato, ecco cosa!», mi vomita contro Micky. «Perché non corri da tua moglie? Dille cosa stai combinando. O forse dovrei dirglielo io».
Jack fa un balzo in avanti minaccioso, non lasciandomi altra scelta che frappormi tra loro prima che inizino a fare a botte nel mio salotto. «Basta!», urlo, fermando Jack con una mano sul petto. «Penso che sia meglio se te ne vai». Lo guardo negli occhi, e lui scuote immediatamente la testa.
«No», dice categorico. «Non lascerò che questi due ti giudichino e ti facciano mettere in dubbio quello che stai facendo».
«È esattamente quello che abbiamo intenzione di fare!», urla Micky. «La faremo ragionare, cazzo!».
«Ora basta!», grido, rivolgendomi al mio amico. «So che cosa sto facendo!».
«Davvero?», interviene Lizzy. «Ne sei sicura? Perché penso che tu abbia perso la testa, Annie, cazzo. Che cosa ti ha promesso? Che la lascerà?». Ride freddamente. «Sì, lo dicono tutti, ma quando arriva il momento, non ne hanno le palle! Sei solo un divertimento. Qualcosa di eccitante e diverso. Non lo capisci?»
«Non è così», urlo, cominciando ad arrabbiarmi. La sua esperienza, sebbene sia diametralmente opposta alla mia, non può essere usata come termine di paragone. «E se avete solo intenzione di rimanere lì e giudicarmi, potete andarvene ora. Non ne sapete nulla, e non mi sembra che abbiate voglia di ascoltarmi, quindi andatevene!».
Trasaliscono entrambi, scioccati, e Jack mi posa una mano sulla spalla per calmarmi. Non funziona. Il fatto che pensano di aver capito tutto della situazione mi fa infuriare. Non ne sanno nulla. Non è solo sesso. Indietreggio verso Jack e mi schiero con lui, con espressione determinata.
«Calmati, Annie», mi dice Jack piano alle mie spalle, girandomi per guardarmi negli occhi. Mi fa un sorriso tenero, asciugandomi le lacrime sotto gli occhi. «È solo parte di quello che ci aspetta. Una delle sfide che dovremo affrontare».
Mi parla come se non ci fosse nessun altro nella stanza, e ha l’effetto desiderato. Sotto il suo comando, inghiottisco la frustrazione e mi ricompongo.
«Non allontanare i tuoi amici. Hai bisogno di loro». Si china e mi bacia la fronte, e sebbene non possa guardarlo in faccia, so che li sta tenendo d’occhio. «Vado a vestirmi».
Si dirige in camera mia, rallentando davanti alla porta per aspettare che Micky si faccia da parte per lasciarlo passare. Il mio amico si prende qualche secondo per fargli questa cortesia, ma alla fine si sposta di lato, facendo passare Jack, seppure con una smorfia. Vedo Lizzy riprendere a respirare quando Jack scompare e Micky si rilassa un poco.
Poi mi guardano entrambi, ma prima di permettere alle loro condanne di abbattermi mi giro e raccolgo la maglietta dal pavimento. «Potete mettere su il bollitore se volete rimanere. Devo vestirmi».
«Accendo il fornello», sospira Lizzy, prendendo Micky per un braccio e spingendolo in cucina per lasciarmi sola. In quei pochi minuti in cui mi vesto, provo a smorzare il mio rancore. Non ci riesco. Devo affrontare la situazione di petto, però. Senza più nascondermi.
Quando li raggiungo in cucina, vedo che Lizzy sta bevendo del vino e Micky ha una bottiglia di birra in mano. Li ho spinti a darsi all’alcol.
«Non vi ho dato una chiave per infrangere la mia privacy», dico mentre tiro fuori un bicchiere dalla credenza e mi verso il vino. Anch’io ho bisogno di bere.
Nessuno dei due ha niente da dire, ma non mi faccio illusioni che la conversazione sia finita qui.
«Ho fatto allenamento con Jason oggi pomeriggio», spiega Micky. «Mi ha detto che ha incontrato Tom». Inclina la testa, sollevando le sopracciglia. «E Tom gli ha detto che un tizio ti ha sfondato la porta di casa».
«Che cazzo pensi di fare?», si intromette Lizzy, indicando la porta con il bicchiere, come se non sapessi di cosa sta parlando. «Sapevo che nascondevi qualcosa».
«E c’è da chiederselo?», domando. «Perché mi sarei dovuta confidare con voi sapendo che avreste reagito così? Non mi aspetto che capiate».
«Che c’è da capire?», sbotta Micky, buttandosi a sedere su una sedia. «Ci hai mentito per tutto questo tempo. Hai fatto quello che nessuno dovrebbe mai fare».
«Pensi che non lo sappia? Pensi mi ci sia buttata a capofitto a occhi chiusi?»
«A quanto pare sì». Micky ride aspramente.
«Non è un gioco», urlo. «Non è un trofeo da vincere. Lo amo, cazzo!». Il volume della mia voce mi spaventa, e Lizzy e Micky spalancano gli occhi. Non gli lascio, però, nessuna opportunità di ribattere. Non finché non sapranno l’intera storia. «Non ho smesso un attimo di torturarmi!», strillo. «Mi sono buttata giù e ho sempre avuto paura delle conseguenze, ma non ho perso di vista i miei sentimenti. Non posso far finta di non provare ciò che provo. Non posso voltargli le spalle perché sono spaventata». Comincia a tremarmi la voce, ma resisto, determinata a fargli vedere le cose dalla mia prospettiva. «Vale la pena affrontare tutta la merda che ci arriverà addosso per lui, perché lo amo. Così tanto che mi fa male qui». Mi batto il petto. «Mi spaventa, ma il pensiero di non averlo, di uscire da questo casino senza di lui, mi spaventa a morte, cazzo». Finisco il discorso con un lungo sorso di vino, tremante, e appoggio il bicchiere sul ripiano. «Non chiedo la vostra approvazione. Vi chiedo solo di non presumere di conoscere tutta la situazione, perché non è così».
«Non hai il diritto di averlo, Annie», dice Lizzy piano. «Per favore, non fare questo passo».
«È troppo tardi». Abbasso lo sguardo sul pavimento. «E non sono stata io a prenderlo. È venuto da me di sua spontanea volontà».
«Pensi che la moglie la vedrà così?», chiede Micky. «E tutti gli altri?»
«No», ammetto. «Ma una cosa con cui devo fare i conti è che non posso controllare il modo in cui la gente mi vede. Conosco già tutte le etichette che mi affibbierà la gente. Sfasciafamiglie, sgualdrina, puttana, stronza egoista. Però niente mi ferisce quanto il pensiero di stare senza Jack. Il suo matrimonio lo rende infelice. È colpa della moglie se ha quel segno sulla faccia. È stata lei a farglielo!».
C’è un breve momento di silenzio in cui entrambi mi guardano, stupiti. «Oh, merda», sospira Lizzy, mettendo da parte il calice di vino e scuotendo la testa. Non può capire, ma comprende cosa provo nei confronti di Jack. Si avvicina e mi cinge le spalle con un braccio, abbracciandomi a metà. «In cosa ti sei cacciata, Annie?»
«Nell’amore», rispondo semplicemente, perché quella parolina di cinque lettere è l’unica cosa che possa spiegare come mi sia avventurata lungo questa strada dolorosa.
Dal momento in cui Jack e io abbiamo incrociato gli sguardi in quel pub, i nostri cuori hanno cominciato a legarsi lentamente, e ora sono così aggrovigliati l’uno all’altro da non avere altra scelta che resistere e sperare di non essere separati, perché se Jack dovesse lasciarmi, porterebbe via con sé un pezzo del mio cuore. Sarò distrutta. Il groppo crescente in gola cresce e io crollo fra le braccia di Lizzy. Sento Micky inveire, e sento anche Lizzy singhiozzare piano. Piango contro la sua spalla, grata del conforto che è costretta a darmi, finché non si tira indietro e mi tiene per le spalle. Ha gli occhi lucidi pieni di lacrime mentre asciuga le mie con un’espressione triste.
«Che sciocca», dice teneramente, la voce spezzata dall’emozione. «Una parte di me è felicissima che tu abbia trovato un uomo di cui sei così innamorata, e l’altra parte è spaventata a morte per te».
Deglutisco e faccio un cenno della testa, provando esattamente la stessa cosa. Micky sospira con forza e si avvicina, abbracciandoci entrambe. «Il cervello mi è diventato ufficialmente rosa», borbotta, baciandoci la testa a turno. «Per l’amor del cielo».
Veniamo interrotti da un lieve colpo di tosse, e ci separiamo. «Non volevo interrompere», dice Jack.
«Faresti meglio a esserci per lei», lo avverte bruscamente Micky.
Jack non controbatte e non si sente insultato dalla minaccia più o meno velata di Micky. Io mi trattengo dal dire ai miei amici che anch’io devo esserci per lui. «Sarà fatto», risponde Jack, senza esitare.
«E se le spezzi il cuore, giuro che ti ammazzo».
«Non ce ne sarà bisogno», ribatte Jack freddamente, voltando lo sguardo calmo su di me. «Se dovessi ferirla, mi ucciderei prima che possa farlo tu».
Sento il sussulto sorpreso di Micky, e mi mordo il labbro quando cala il silenzio. Non c’è più niente da dire. Lizzy dà una gomitata a Micky per fargli interrompere la gara di sguardi con Jack, trascinandolo fuori dalla cucina. «Ti chiamo domattina», mi dice, evidentemente devastata dalle rivelazioni di oggi.
Jack si sposta per lasciarli passare e gli fa un cenno di rispetto, e una volta chiusa la porta dell’ingresso, si volta verso di me, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e l’espressione seria. È diventato tutto così reale. «Stai bene?».
Annuisco, ma le mie emozioni non sono d’accordo e crollo di nuovo, incapace di sopportare ciò che è appena successo. Jack attraversa la stanza in pochi passi e mi tira a sé per l’abbraccio di cui ho tanto bisogno, stringendomi, mi calma e mi bacia la testa. «Andrà tutto bene», dice, nel tentativo di tranquillizzarmi. «Te lo prometto».
Io mi aggrappo alle sue parole come se fossero tutto ciò che ho, pregando che abbia ragione mentre mi aggrappo fisicamente a lui. Mi sento già spossata. L’assenza di spirito combattivo non andrà bene. La mia forza sarà messa a durissima prova. Posso solo sperare che non mi spezzi.
Con un respiro profondo, Jack mi stringe un’ultima volta prima di prendermi in braccio e portarmi in camera. Mi fa sdraiare sul letto, poi sparisce per un momento per prendere tutti i cuscini e il piumino dal salotto. Una volta posto un cuscino sotto la mia testa e spogliatici entrambi, entra nel letto, facendomi sdraiare su un fianco, e ci copre. Mi protegge perfettamente con tutto il corpo. «Ogni volta che ti lascio, fa male, Annie. Impazzisco, mi agito solo a non sapere con esattezza quando ti rivedrò. Non posso andare avanti così». Mi bacia la nuca, tirandomi a sé.
Siamo legati.
Al riparo dal mondo esterno. Protetti da ciò che avverrà.
«Non importa cosa succederà, cosa farà a me o a se stessa», mi sussurra all’orecchio, «domani la lascio».