Capitolo 13
Abbiamo fatto
l’amore tutto il giorno. Lentamente, dolcemente, e in maniera piena
di significato. Mi guardava − i nostri respiri mescolati, le mani
impegnate a esplorarci − mentre mi penetrava con risolutezza,
ancora e ancora. È stato magnifico. È stato più che incredibile. Mi
ha lasciata confusa e incapace di tenere gli occhi aperti. Il che è
una buona cosa, perché così non correvo il rischio di disintegrarmi
quando mi ha baciato sulla fronte prima di andarsene ieri
sera.
Ho dormito profondamente e ho
sognato Jack. È stata la dormita più soddisfacente che abbia mai
fatto. L’unica cosa che l’avrebbe resa perfetta sarebbe stato avere
Jack abbracciato a me per tutta la notte. Ma addentrandomi in
questa situazione, devo accettare che ciò non potrà succedere.
Sembra un piccolo prezzo da pagare dopo tutto il tempo che abbiamo
passato insieme, pieno di comprensione e devozione totale. Solo un
piccolo prezzo da pagare. Per ora.
Mi sento piena di vita e di
energia mentre mi faccio la doccia. Stranamente, sento anche un
sollievo travolgente, come se mi fossi tolta di dosso un peso. Come
se avessi qualcuno al mio fianco ad aiutarmi a portare il fardello
delle mie scelte.
In piedi davanti allo
specchio, mi guardo, coperta dalla testa ai piedi di abiti
sportivi. Le guance hanno un colorito sano, i capelli scuri sono
lucidi e gli occhi verdi brillano luminosi. E sento una pressione
deliziosa fra le cosce. Mi sento bene, e per quanto possa sembrare
strano, non mi faccio domande.
Prendo l’iPod, carico una
playlist ed esco in strada. Vado a correre. Non ho idea da dove
venga l’impulso di correre, ma ho intenzione di trarne il massimo
vantaggio finché dura. Il sole è caldo sulla schiena mentre mi
dirigo verso Hyde Park, sentendomi fresca e ringiovanita. Forse fra
qualche chilometro non sarà così, ma per ora le gambe fanno poco
sforzo e il respiro è costante e regolare. Tutto ciò contrasta con
il fatto che è più di un anno che non mi alleno. E sto sorridendo.
Sun & Moon degli Above &
Beyond mi risuona nelle orecchie, spronandomi, mentre corro nel
parco, concentrata solamente sul tragitto. Altri corridori
annuiscono e ricambiano il sorriso e continuo a respirare
regolarmente.
Jack è una visione costante
nella mia mente, con l’unica eccezione che ora non sto lottando per
cacciarlo via. È radicato nei miei pensieri, e mi sta bene così. Il
suo sorriso, gli occhi brillanti. La voce, la risata, le battute
impertinenti. La sua passione per il mio lavoro e i suoi
incoraggiamenti. Tutto di lui. I nostri momenti insieme sono
soltanto delle parentesi rubate, ma non importa quanto siano stati
brevi, sono stati comunque incredibilmente potenti, e spero che il
ricordo delle sensazioni provate renda il tempo trascorso senza di
lui molto più tollerabile.
Sorrido e giro a destra,
correndo verso il Serpentine, l’aria fresca mattutina mi accarezza
la pelle. Con la coda dell’occhio vedo qualcosa che attira la mia
attenzione e guardo Micky dall’altra parte del prato che agita
freneticamente un braccio nella mia direzione. Mi tolgo le cuffie e
lo saluto a mia volta.
«Che cazzo ti è successo?»,
grida, alzando le spalle.
«Avevo voglia di farmi una
corsa!», urlo, mantenendo il passo.
Ride sonoramente e poi si
volta verso la donna carponi di fronte a lui, con i capelli biondi
e lunghi che arrivano a toccare l’erba. Sorrido come una scema
quando lo vedo inginocchiarsi e afferrarle i fianchi prima di
sollevare lo sguardo verso di me e alzare un pugno in aria. «Che
sgualdrina», dico fra me e me, seguendo il sentiero per
fiancheggiarlo, mentre lo guardo far assumere alla donna diverse
posizioni.
«’Giorno».
«Merda!», strillo,
inciampando, e alzo lo sguardo per vedere Jack che mi corre
accanto. Batto velocemente le palpebre quando la sua fulgida
bellezza mi colpisce come un destro sull’occhio. Porca miseria;
sembra venire da un altro mondo. Il respiro che era rimasto
perfettamente regolare va a farsi benedire. Rimango senza fiato.
«Che ci fai qui?»
«Corro ogni mattina». Inverte
in modo fluido la marcia e inizia a correre all’indietro qualche
passo davanti a me. «Ma non ho mai ammirato una vista così bella».
Sporge le labbra e mi manda un bacio.
Rido nonostante il fiato
corto, lasciando cadere gli occhi su quel petto bellissimo, enorme
e muscoloso. «Corri sempre a petto
nudo?», domando, distogliendo lo sguardo da quel magnifico
spettacolo.
«Solo quando voglio fare
colpo». Torna a correre in avanti e sento che mi sta fissando.
Sbircio con la coda dell’occhio. Lui mi fa l’occhiolino.
Sorrido. «Sono
colpita».
«Anch’io», ribatte,
squadrandomi pigramente con uno sguardo altrettanto pigro. «Davvero
colpito».
All’improvviso percepisco un
altro paio di occhi addosso e mi giro per vedere Micky di nuovo in
piedi, che ci guarda con circospezione. Merda. «C’è Micky», dico,
tornando a concentrarmi sulla strada per cercare al meglio di non
sembrare colpevole. È solo una piacevole corsa mattutina con un
collega. Il collega che mi ha scopata fino a farmi diventare
stupida. Il collega sposato. Il collega con cui ora ho una tresca.
«Non guardare!», sbotto quando vedo che Jack ha iniziato a
guardarsi intorno. «Perderà davvero la testa se ci scopre».
«Gira a sinistra», ordina
lui.
Vedo il sentiero dividersi
più avanti e seguo le sue istruzioni, guardandomi dietro le spalle,
e mi accorgo che Micky non è più visibile. «Jack, non possiamo
farci vedere insieme», ansimo, faticando come non mai a respirare,
forse anche a causa del panico.
Lui si volta verso di me e mi
afferra, prendendomi in braccio per portarmi dietro a un albero,
con una mano a coprirmi la bocca. Dopo avermi spinta contro la
corteccia, toglie la mano e la sostituisce con la bocca. Vengo
consumata in un istante, ricambiando il bacio famelico. Le mie mani
si lanciano nella missione di esplorare ogni parte del suo petto
nudo. «Mmm, hai un sapore buonissimo, piccola».
Sorrido contro la sua bocca e
gli afferro i capelli. «Sono sudata».
«E io voglio leccarlo tutto
via». Jack fa scorrere la lingua dalla guancia fino all’orecchio,
leccandomi il sudore e facendomi ansimare, rabbrividire e premere
contro la sua bocca. Grugnisce e muove i fianchi contro la mia
pancia. «Un sapore buonissimo».
«Ti piace parecchio leccarmi,
vero?».
Si scosta con un sorriso
spettacolare in faccia. «Ti stai lamentando?»
«No». Può leccarmi fino a
farmi scomparire per quanto mi riguarda.
Allunga una mano e segue la
sagoma del mio naso con un dito, guardandomi amorevolmente. «Che
cosa fai oggi?»
«Finisco dei disegni, invio
una candidatura, cerco di decidere se farne un’altra».
Fa finta di sbadigliare,
guardando altrove, e di perdere completamente l’interesse. «Sembra
divertente».
«Ehi!». Gli colpisco il
braccio, causando una risata adorabile.
Mi afferra le guance e le
stringe per farmi sporgere le labbra. Jack imita la mia espressione
con un sorriso. «Non sono sicuro che mi vada bene stare con una
donna che in teoria ha molto più talento di me».
«In teoria?», borbotto con la
faccia schiacciata.
«Be’». Fa spallucce. «Non ho
ancora raggiunto un verdetto sulle tue capacità a letto».
Sussulto, disgustata, e Jack
mi imita, prendendomi per il culo. Lo guardo storto e lui fa
altrettanto. Storco il naso, e così fa lui. Gli faccio la
linguaccia in modo infantile per dimostrargli quanto sono offesa.
Lui sorride e mi lascia andare le guance, stringendomi al petto per
abbracciarmi. «Adoro la tua etica del lavoro, per la cronaca. Sono
in pochi a poter dire di amare quello che fanno. Tu sei una dei
pochi fortunati al mondo che riesce a ricavarne qualcosa oltre ai
soldi».
Lo abbraccio a mia volta. «E
che ne dici del tuo lavoro? Sei uno dei pochi fortunati?»
«Immagino di sì», dice contro
i miei capelli. «Anche se il lavoro è più una distrazione per me
ultimamente». Mi lascia andare e mi rimette in ordine, togliendomi
i capelli dal viso sudato. Non sono sicura di cosa leggere fra le
righe di quell’affermazione. Quindi non ci provo.
«Pronta?»
«Sì», affermo, unendomi a lui
quando ricomincia a correre sul sentiero principale. «Sii normale»,
dico, consapevole che Micky tornerà visibile da un momento
all’altro.
«Giusto», dice Jack. «Com’è
andata la giornata ieri?».
Gli lancio uno sguardo
incredulo. «Cosa?»
«Sto facendo
conversazione».
«Davvero?»
«Sì, voglio sapere come ti è
andata la giornata». Nasconde un sorrisetto mentre si concentra
sulla strada, senza cedere ai miei occhi ridotti a fessure.
«Benissimo», confesso,
decidendo di stare al gioco. «Ma non sono riuscita a combinare
molto. Tu?»
«Io ho “combinato”
un sacco di cose». Sorride. «Ed è
stata la giornata più bella di sempre».
Sorrido anch’io quando mi
guarda, gli occhi più brillanti che mai. L’idea di esserne io la
causa provoca qualcosa di incomprensibile nel mio cuore.
Sporge le labbra e mi manda
un bacio. «È meglio che vada. Ti chiamo più tardi, bellezza». Corre
via e io mi godo la vista della schiena nuda e sudata per troppo
poco tempo prima di vederla sparire mentre rallento gradualmente il
passo e mi fermo.
«Che cazzo voleva ora?»,
chiede Micky, attraversando l’erba per raggiungermi.
«Niente». Alzo le braccia e
faccio un po’ di stretching, determinata a fingere di essere
tranquillissima.
«Ti stava dando
fastidio?»
«No».
«Allora che voleva?»
«L’ho solo incontrato, tutto
qui», dico stancamente, lasciando cadere le mani per premerle sulla
terra, e lo guardo. «È finita, Micky. Te l’ho già detto».
Freme come un orso che si
sente minacciato, ma ciò non gli impedisce di premermi una mano
sulla schiena. «Allungala», borbotta. «Se devi fare stretching,
fallo bene».
«Hai lo chignon storto»,
ribatto, sibilando quando i tendini cominciano a bruciarmi. «Fa
male!».
«Smettila di
lamentarti».
Mi raddrizzo e mi metto a
sedere, lanciandogli un’occhiataccia. «Vai a fare stretching con la
tua cliente».
Aggrotta la fronte e guarda
la donna che in questo momento è sdraiata a quattro di spade
sull’erba. «Ci sto lavorando».
Rido. «È Charlie?»
«Sì».
«Stai perdendo il tuo tocco,
Micky».
Lui sbuffa e mi cinge il
collo con un braccio, tirandomi a sé. «Non sto perdendo il mio
tocco». Mi porta verso la sua cliente, scompigliandomi la coda di
cavallo. «E se mai dovesse succedere, uccidimi prima».
«Sarebbe un’ingiustizia per
tutto il genere femminile».
«Vero», concorda, lasciandomi
andare una volta raggiunta la zona in cui si allena. «Charlie,
questa è Annie».
Lei sorride timidamente,
arrossendo. «Ho sentito molto parlare di te».
«Ci scommetto», rido, facendo
un passo indietro. «Vi lascio finire. Devo andare al lavoro.
Piacere di averti conosciuta, Charlie».
«Altrettanto!».
Lancio uno sguardo di
approvazione a Micky prima di voltarmi e correre verso casa.
Bevo un mare d’acqua e butto
l’iPod nel cestino della frutta prima di spalancare le doppie porte
per far entrare un po’ d’aria. Vado nell’angolo segreto del
giardino e mi faccio strada fra le foglie del salice per sedermi
sulla sdraio, allungando le gambe mentre controllo il telefono.
Jack mi ha mandato un messaggio. Lo apro subito.
Correre con un’erezione fa un
male cane.
Scoppio a ridere e mi rilasso
sulla sdraio, fantasticando per qualche minuto mentre ripenso agli
avvenimenti di ieri e di questa mattina. Jack va a correre ogni
mattina, il che vuol dire che anche io dovrò iniziare. Una mezz’ora
ogni giorno potrebbe far parte della nostra routine? Vorrei
lamentarmi, ma non posso, non quando significa che 1) ho una scusa
per vedere Jack, e 2) mi tonificherò. Dovremmo solo pensare a dove
andare a correre per evitare di essere visti insieme. Inizio a
scrivergli una risposta, ma una chiamata mi interrompe a metà
messaggio.
Non conosco il numero. «Annie
Ryan», annuncio quando rispondo.
«Signorina Ryan, sono
Terrence Pink, amministratore delegato della Brawler’s».
«Oh, buongiorno». Mi
raddrizzo sulla sdraio, chiedendomi perché una compagnia
tecnologica famosa in tutto il mondo si abbassi a chiamare una come
me. «Come posso aiutarla?». Muoio dalla curiosità.
«Ci stiamo espandendo,
abbiamo intenzione di costruire nuove sedi, e ci è stato fatto il
suo nome. Speravo di poterla incontrare per parlare».
Gli è stato fatto il mio
nome? «Certamente!». Corro in cucina e prendo l’agenda. «Quando le
farebbe più comodo?»
«Il prima possibile.
Oggi?».
Faccio una smorfia. Ho la
giornata piena, specialmente dopo che ieri non sono riuscita a
combinare nulla. «Si potrebbe fare domani?»
«Mi dispiace; so che è
all’ultimo minuto, ma abbiamo già incontrato altri candidati e
speriamo di prendere una decisione il prima possibile in modo da
mettere in moto il progetto».
Mi mordo il labbro e ingoio
il rospo. È un’opportunità troppo grande. «Alle due?»
«Vada per le due. Siamo al
decimo piano, a Churchill Place 25, nel Canary Wharf».
Annoto l’indirizzo. «A
presto». Chiudo la chiamata e il messaggio che non avevo finito di
scrivere in risposta a Jack mi appare sullo schermo.
Del sesso mattutino
aiuterebbe…
Invece di finirlo e
inviarglielo, però, lo cancello. Perché finirebbe solo per
ricordargli che in questa relazione non sarà possibile fare sesso
mattutino, e non voglio che si senta irritato come me all’idea.
Metto il broncio, mordicchiando un angolo del cellulare. Niente
sesso mattutino, ma altri tipi di sesso? E nemmeno coccole a letto,
o semplicemente stare insieme. Caccio via questi pensieri e corro
nel mio studio per fare ricerche sulla Brawler’s su Google in
preparazione all’incontro.