DICIANNOVE
A cena, in un silenzio imbarazzante,
interrotto soltanto dal rumore discreto delle posate, Gilardi cercò
di immaginare qualcosa da dire di leggero e di gradevole.
Come gli avrebbe detto Olga, ridendo,
muovendosi come un elefante in una cristalliera.
«Oggi ho visto Sante D’Urso».
«Dove?» gli chiese Elisa, senza alzare gli
occhi dal piatto.
«A casa sua… sono andato a prenderlo alle
sette, avevamo un appuntamento con il procuratore Elio Ricetti, che
ti saluta» aggiunse, guardando Eleonora.
«Grazie, una cara persona. Qualche
notizia?»
«No, non a me. Ne sa certamente di più il
commissario D’Urso, anche se dubito che possa parlarne».
«Infatti non dice niente…» Elisa fece una
leggera pausa, come se inghiottisse a fatica, e alzando il viso per
sfidarlo, aggiunse: «Oggi doveva venire da Beatrice, ma non si è
visto».
«Infatti era con me».
«E a te non ha detto niente?» domandò
nuovamente Eleonora.
«Forse ne sa più Elisa». Stavano mangiando
la pera cotta con la crema, e Gilardi volle impedire a Elisa di
rispondere. «Ti sei ricordata che le pere alla crema sono la mia
passione fin da quando ero ragazzino? Non è possibile, mi confondi.
Te l’avevo detto quando siamo stati qui per il matrimonio di
Elena».
Eleonora rischiarò il viso in un gran
sorriso. «Me lo sono ricordata sì… Me l’ha detto Olga… Peccato che
non sia venuta, ma la capisco. Deve aver sofferto molto per la
morte del padre».
«Sì, molto. Lei era la preferita dal padre,
così diversa dalle sorelle da non sembrare loro parente». Gilardi
accettò il caffè. «Anche voi tre non sembravate sorelle». Lo disse
ridendo, come se fosse uno scherzo. Alzò la tazzina alla bocca e
attese le reazioni.
«No… io credo che ognuna di noi…»
Elisa la interruppe. «Abbiamo mescolato le
carte, ognuna di noi ha alcune caratteristiche delle altre due, più
o meno evidenti. Non ci somigliamo, non siamo uguali, ma siamo
sorelle, abbiamo avuto la stessa vita, la stessa educazione».
«Sì, vi conosco poco. Olga mi diceva che
Elena somigliava a suo padre, che lei aveva conosciuto al tempo
dell’Università».
«Non mi sembra». Eleonora si guardò attorno
come se avesse dimenticato qualcosa. «Un liquorino?»
«No, grazie».
«Possiamo andare in salotto? Ho fatto
accendere il camino, non fa più freddo, ma c’è un po’ di
umido…»
Si trasferirono in salotto, e ognuno riprese
il posto che aveva occupato la sera in cui c’erano anche Carlo e
Elena. La fiamma del camino era piacevole anche se scaldava
poco.
«Che cosa pensi di Carlo?» gli domandò
Eleonora.
«In che senso? Rispetto alla tragedia di
Elena? Io e tutti quelli che seguono questo caso da un punto di
vista strettamente professionale, quindi senza chiacchiere né
particolari emozioni, pensiamo che Carlo sia una vittima innocente.
Tutta la faccenda, da qualsiasi parte la si voglia guardare, è
assurda se riferita a Carlo».
«Però non lo lasciano muovere».
«Questa è la prassi».
«Però non lo lasciano partire» insistette
Elisa.
«Neppure voi potete lasciare il Paese senza
avvertire la polizia. Vogliono avervi a disposizione per qualunque
confronto, qualsiasi dubbio. E voi siete sicuramente al di sopra di
ogni sospetto».
Non guardò né l’una né l’altra, mentre
parlava. Fissò il suo bicchiere e lo portò alla bocca.
«Per l’amor del cielo…» mormorò Eleonora.
«Era felice, malgrado quello che le era capitato. Non si è mai
lamentata… era così innamorata».
«Insomma, diciamo che ha dovuto contentarsi,
con quella gamba».
«Elisa, non sai quello che dici. La sera
prima… sì, insomma». Deglutì. «La sera prima era stata qui a
parlarmi di quel lavoro a maglia… quei ferri… se non ci fossero
stati quei ferri…»
«No, Eleonora, quei ferri sono stati un
mezzo, non la causa. L’assassino avrebbe usato qualunque altra
cosa… per esempio la scultura di vetro di Paola, che era lì vicino.
E sarebbe bastata a ucciderla».
«Lo dici per convincere me?»
«No, Eleonora: lo dico perché è la tesi alla
quale sono arrivati gli inquirenti. L’assassino non l’ha uccisa
perché ha trovato disponibile un mezzo. Voleva ucciderla, e voleva
uccidere proprio lei».
Eleonora lo guardò spaventata. «Ma come fate
a dirlo? E chi poteva voler ammazzare Elena?»
«È quello che stanno cercando di scoprire. E
so che ci riusciranno, la squadra investigativa di Sante D’Urso è
un’ottima squadra. Stanno lavorando bene».
«Avete molta stima di D’Urso». Parole quasi
sussurrate, ed Elisa fissò il fuoco.
Gilardi la guardò con un sorrisetto sulle
labbra. «Tu, no?»
«Per me…»
Messaggio ricevuto. Si alzò. «Mi scusate se
salgo in camera? Ho del lavoro da terminare e ho lasciato nella
valigia telefono e orologio… che ore sono, per favore?»
Non guardò Eleonora. Ma si accorse che Elisa
aveva alzato gli occhi alla pendola appesa al muro sopra il
camino.
«Sono le dieci e dieci».
«Grazie». Fece un cenno di saluto a Elisa e
si chinò a baciare la mano di Eleonora. «Grazie delle pere con la
crema… e dormi, questa notte ci sono io».