QUATTRO
Laura entrò nello studio di Gilardi con il
tablet acceso. Era l’unica a cui fosse concesso di entrare in
quello studio senza bussare.
«Ha sentito, avvocato?»
Gilardi si tolse gli occhiali e alzò la
testa dai fogli che aveva di fronte. «Che cosa?» e le mostrò con un
gesto il computer spento.
Da quando era tornata in studio Laura era
serena, indispensabile a tutti.
Aziz l’aveva abbracciata. Mi sei mancata.
Anche
tu.
Il professor Giorgetti, dimettendola, le
aveva fatto una carezza sui capelli ormai ricresciuti: Vai, Laura. Ti ringraziamo per averci aiutati a
guarirti.
Ora Gilardi la osservò, smagrita e sempre
sorridente. Si accorse che aveva invece il viso duro,
confuso.
«… Quell’amica di Olga alla quale ha fatto
da testimone di nozze lo scorso anno, l’hanno trovata ammazzata con
un ferro da calza in gola… ne stanno parlando tutti perché è stata
olimpionica di dressage e salto a ostacoli».
«Quando è successo?»
«Ieri notte, tra l’una e le due».
«E il marito dov’era?»
«Non dormono nella stessa stanza, per la
protesi. Lei voleva dormire da sola, era imbarazzata… questo hanno
detto. Lui l’ha trovata ieri mattina alle sette, quando è passato a
salutarla perché stava partendo…»
«Brutta situazione, mi dispiace. Era una
donna intelligente, allegra e generosa. Era anche innamorata di suo
marito».
«E lui?»
«Scommetto poco sugli amori degli altri, ma
qui credo di potermi sbilanciare. Erano innamorati e felici. Li
abbiamo rivisti quest’estate, sono venuti a trovarci nella tenuta
di Olga: due compagni straordinari. Buona musica, buone letture,
viaggi. Sono stati da noi una settimana: mi sarebbe difficile
immaginare Carlo come assassino di sua moglie».
«Infatti dicono che non è indagato, ma che è
stato tradotto in questura come informato dei fatti, per aiutare le
indagini… L’inchiesta è del commissario Sante D’Urso». S’interruppe
perché stava suonando il telefono interno.
Laura alzò il ricevitore, fece due volte di
sì con la testa, poi allungò il braccio verso Gilardi. «È lui,
Sante D’Urso».
«Va bene… Santino, sì… me ne stava parlando
ora Laura. A che punto siete? Sì, immagino. E Carlo? Certo, per noi
che li conosciamo è facile, ma il PM... chi è? Antonello Servi… non
lo conosco. Perché vuole me? Certo, ci mancherebbe. Se me lo
chiede, sistemando un po’ le cose qui a Napoli, lo incontro
volentieri. Secondo me arrivate prima del processo. Tienimi
informato, grazie… A Carlo di’ che gli siamo vicini… Grazie,
Santino. Buon lavoro».
Rimise a posto il ricevitore e fece una
smorfia. «Messo male, anche se prevale l’ipotesi che difficilmente
sia lui l’assassino. Doveva partire. Se ne sarebbe andato, invece
di essere proprio lui a chiamare la polizia. Comunque, da quello
che ho capito, la situazione è molto intricata. Questione di soldi,
tanti. Di gestione del lavoro, ora che Elena aveva preso in mano la
parte creativa della fabbrica. Ci raccontava che stava mettendo a
punto un sistema di vendita tipo e-commerce di abiti su misura. Anche se a me
sembrava difficile…»
«Ma certo, un abito su misura fatto dal
computer?»
«Ma lei ci credeva e cominciava ad avere
qualche successo. Credo che anche nella loro vita privata
prevalessero le decisioni di Elena. Inoltre, forse, mettiamoci
anche l’età: lui era più giovane di qualche anno».
«Quello che mi sta dicendo getterebbe una
luce ambigua su questo marito».
«No, francamente non credo Carlo Orsi
colpevole di un simile delitto». Ci pensò un attimo, poi si alzò.
«Vado su in casa da Olga, non vorrei che avesse ascoltato radio o
televisione e avesse appreso la notizia in questo modo. Erano
compagne all’università e si volevano bene».
Ora era in piedi, dietro la scrivania, e
stava raccogliendo i fogli che aveva davanti.
«Si erano conosciute a Urbino,
all’università. Il paese di Elena è quasi disabitato, un paese di
contadini con un torrente dove si pescano le trote e un fiume a
valle che ogni tanto esonda e fa danni. La villa, quella che loro
si ostinano a chiamare castello, a piani sovrapposti uniti da scale
e scalette esterne, terrazze, belvedere, ha intorno campi quasi
incolti, la scuderia di cavalli di Elena, stanze che sanno di muffa
e di ricordi. E queste tre sorelle, baronesse». Sorrise. «La
maggiore, la più baronessa delle tre, tiene i ricordi e i cordoni
della borsa, la minore è scontrosetta, carina e alla costante
ricerca di marito, l’altra era Elena, la migliore delle tre.
Sicuramente la più aperta e la più intelligente. Ed è morta».
Spostò i fogli verso Laura. «Me li sistemi tu, per favore? È il
processo di Nicola Tuono, stamani alle undici, avverti Aziz. Io
vado a sentire Olga, grazie».