SEI
D’Urso si slacciò il cinturone e lo depose
sul tavolo. «Davvero non ti viene in mente niente?»
Prima di entrare nella veranda, dove
avrebbero potuto parlare tranquilli, gli aveva presentato il
vicecommissario Ilaria Guerci, che lo affiancava nelle
indagini.
Carlo Orsi scosse la testa. «Non è mai
successo niente, ti rendi conto? Qui c’è gente che ha più di
novant’anni, e ha sempre dormito con le porte aperte… non ci sono
chiavi, chiavistelli… ma noi li avevamo. In fabbrica abbiamo gli
allarmi, in casa no. Ma serrature nuove… e poi l’hai visto anche
tu, non c’è scasso, come se fosse uno di casa…»
«E tranne te e la Beppa…»
«Sante, ti prego. Madonna mia… La Beppa è
con me da più di trent’anni. C’erano ancora i miei genitori e io
ero ragazzo. Ha più di settant’anni, dove la trova la forza per un
gesto simile? E da dove le viene?»
«Questo lo vedremo. Mani e braccia robuste,
e la rabbia. Dobbiamo guardare le cose, tutte le cose, da ogni
lato».
«Ma non qui, non con lei… che fastidio le
dava Elena? Sempre allegra e felice con i suoi cavalli…»
«Magari questo».
«Questo, che cosa? I cavalli?»
«No, allegra e felice… La Beppa. Prima che
lei arrivasse, ha sempre fatto quello che voleva…»
«No, questa è una storia che non sta in
piedi, Sante. Non in questa casa. La Beppa era contenta che avessi
preso moglie. E poi, avanti… ma l’hai guardata? È una donna
vecchia, che cosa c’entra con me?»
«Dobbiamo guardare le cose da ogni lato,
Carlo, anche se ti sembrano stupide. Da ogni lato. E in fabbrica?
Qualche ragazza che ci sperava?»
«Figuriamoci! Ce ne sono due, di giovani. Le
altre sono tutte sposate. E queste due aspettavano proprio me!
Impazzite di colpo… no, Sante».
«Di no facciamocelo dire dagli inquirenti,
io cerco di aiutarti, ma mi toglieranno il caso perché siamo
amici».
«Le sorelle vorrebbero parlare con
Gilardi».
«Hanno le idee un po’ confuse, quelle due.
Le metterò calme». Si rimise a sedere. «Non ti viene in mente
niente?»
Carlo Orsi scosse la testa. Poi si arrestò,
come se fosse stato colpito da un’idea, all’improvviso. «Un
momento… qualche sera prima del matrimonio, le sorelle mi avevano
invitato a cena. Dopo mangiato Elena mi ha accompagnato al cancello
e mi ha detto di aver visto in fondo al giardino una figura
nera…»
«E chi era?»
«Nessuno. Sono corso sino al punto dove
iniziano gli alberi, oltre il prato: non c’era nessuno. Sua sorella
dalla veranda stava richiamando i cani, perché di notte fanno
rientrare i piccoli e liberano i dobermann che sono di
guardia».
«Anche tu hai…»
«Macché! La baronessa ci aveva dato due dei
loro dobermann mentre aspettavamo i nostri, che dovevano arrivarci
dalla Baviera. Te l’avevo già detto, quei cani erano spaesati, li
tenevamo chiusi nel timore che fuggissero».
«Dove?»
«Dove li tenevamo chiusi? In fabbrica. Nel
recinto della fabbrica. Non hanno mai abbaiato, ero sveglio, li
avrei sentiti».
D’Urso fece di no, con la mano, che non
voleva né caffè né altro da bere. «A che ora sei andato a
letto?»
«Siamo andati a letto più o meno alla una e
mezzo di notte, forse era anche qualcosa in più, io me ne sono
andato nella mia stanza, al piano di sopra. Eravamo svegli tutte e
due… ma devo raccontare queste cose? Te le ho già dette».
«Stabilire gli orari è indispensabile. Sei
sicuro, vero?»
«Certo che sono sicuro. Me ne sono andato
nella mia stanza e mi sono addormentato. Al mattino, quando stavo
per partire, sono passato da lei per salutarla…»
«Che ore erano?»
«Le sette e… qualcosa, dovevo andare in
Svizzera, a Lugano…»
«Sì, va bene. Al magistrato hai detto che ti
sei messo a urlare… hai capito subito quello che era
successo?»
«Accidenti! Quel ferro in mezzo alla gola,
il sangue… e lei con gli occhi spalancati… Certo che l’ho capito
subito, e sono come impazzito. Ma tu ti rendi conto? Vi rendete
conto di quello che mi è successo, invece di farmi tante stupide
domande? Sto con mia moglie, facciamo l’amore, ridiamo… e al
mattino me la trovo in quel modo… ma vi rendete conto di quello che
mi passa per la testa? La voglia di ammazzarmi, ecco quello che mi
passa per la testa».
«Invece ci servi vivo, Carlo. Calmo e vivo.
Lo troveremo, stai sicuro. Te lo prometto, lo troveremo».
«Magari prima che io diventi completamente
pazzo. Ti prego…»