21.
Sala n. 23 – Uno scaffale attaccato alla parete; libri ritti, appoggiati diagonalmente o orizzontali, sì da mettere in vista solo il dorso con il titolo. Inserite qua e là, fra i libri – ben visibili e illuminate, in qualche caso ingrandite – schede con citazioni di suo pugno e variamente colorate, simili ai soldati-carte da gioco di Alice nel paese delle meraviglie.
Sun Tzu, L’arte della guerra (VI-V secolo a.C.). «Dirigere il destino del proprio nemico. Sottometterlo senza combatterlo. Le truppe devono assomigliare all’acqua, che scende dall’alto e si raccoglie in basso – evitare i punti di forza e concentrarsi sui vuoti.» Aggiunta di suo pugno: «Acciaio o acqua? Quando un fiume è in piena, argini per contenerlo o canali per lasciarlo defluire?».
Flavio Vegezio, Epitoma rei militaris (fine IV secolo). «Azioni a sorpresa che provochino gravi perdite all’avversario e certamente terrore, ma senza mettere a rischio la vita dei propri soldati...»
Raimondo Montecuccoli, Trattato della guerra (1641) e Della guerra col Turco in Ungheria (1670). «Che l’armata non combatta mai tutta in una volta...» Nota di suo pugno: «Il primo a capire l’importanza dei commando, delle azioni terroristiche, il nuovo Machiavelli. L’“Escuriale animato”, come lo chiamavano, maestro di Napoleone ma anche dei partigiani norvegesi e dei terroristi».
Uno scaffale occupato solo da due libri, messi in grande rilievo. Carl von Clausewitz, Vom Kriege (1832-1837) e Mao Tse-tung, La guerra rivoluzionaria (1936-1938). «Forse nessuno come loro due ha capito che la guerra è la totalità, la connessione più stretta del particolare con l’universale; ogni soldato in marcia e ogni guerrigliero nella giungla in attesa di aprire il fuoco quali parti organiche del Tutto. Kultur, Tao. Il Tutto è il Vuoto della vita in cui ogni cosa si colloca. Per capire la guerra e dunque per vincerla bisogna conoscere tutto ciò che confluisce nella guerra ossia tutto, le buste paga, la pubblicità televisiva, la curva dei matrimoni, dei divorzi e degli stupri, i pranzi in famiglia, le fiabe raccontate dalla nonna, la fraternità che si crea solo in guerra, il compagno accanto a te – tuo fratello più dei figli di tuo padre e di tua madre, per lui fai quello che non faresti mai per loro, tornare indietro sotto il fuoco per trascinarlo ferito nella trincea.
Sì, la morte, d’accordo – ma la fraternità nella morte, tutti uguali nella morte e dunque tutti fratelli.» Si accende una musica nella sala. «Cimitero di noi soldà / forse un giorno ti vengo a trovare / tapìm tapìm tapùum / tapìm tapìm tapùuum...»
«Ogni morte è una festa della dialettica, Mao Tse-tung. Fiore che muore nel frutto, fiore che morendo fa frutto. Guerra, furia del dileguare. Tutto sta eterno dinanzi allo sguardo di Dio – ricorda, dottoressa Brooks? Sono sicuro che leggerà questo foglio – amaLo in me, per questo istante... È la morte che fa dell’istante una vita, ogni istante è vivo ed eterno come quello che lo annienta – ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum. Il generale Giap inchioda la guarnigione francese e la mette fuori combattimento con attacchi frontali che rompono ogni regola strategica, pochi anni dopo metterà in ginocchio la più grande potenza mai esistita... La guerra è democratica, egualitaria; atterra i grandi cedri del Libano diritti e superbi e convinti di esserlo per sempre... Il Signore, Dio degli eserciti ossia dell’universo, come oggi preferiscono dire i preti. Guerra totale, diceva il generale Ludendorff, ma solo perché la vita è totale. Il pesce mangia il verme, il pescatore pesca il pesce, gli acidi sciolgono il grasso nello stomaco di chi ha mangiato il pesce, chi mangia il pesce presto sarà come il verme. La guerra è Kultur, la Kultur muore e fa frutto nella guerra.»
Sir Basil Liddell Hart: «Lo studio della guerra, considerato come un ramo del sapere, richiede il metodo di lavoro che si segue all’Università, così come l’atteggiamento mentale che colà viene inculcato» (The Ghost of Napoleon, 1933).
«Filosofia della guerra corazzata, Tank Philosophy» (Archivio Luraghi).
Gregor von Rezzori, Un ermellino a Cernopol (1958). Metamorfosi dell’immagine della bella guerra. Dalle file ordinate e perfette delle parate e delle marce al caos scomposto della battaglia alle file nuovamente ordinate e perfette delle tombe nei cimiteri.
Stefano Jacomuzzi, Waterloo: l’epopea impossibile? manoscritto s.d. La battaglia è caos o geometria? I quadrati e le cariche nei Miserabili o nei Cento giorni di Joseph Roth, morte e strage ordinate come le uniformi. Tutto si tiene. Nella Certosa di Parma, come a Little Big Horn nei ricordi di Alce Nero, si conquista senza accorgersene un casolare, ci si ferma a mangiare mentre vicino passano nemici all’attacco o in fuga. Thackeray, La fiera delle vanità: brandelli di notizie arrivano sconnessi in città dal fronte, quelli che arrivano per ultimi superati da quelli che si sono persi per strada e che annunciano il contrario. A El Alamein Ottavio Missoni, mandato a riparare un telefono in un bunker in mezzo al fuoco, torna indietro alle linee italiane; vede un carro armato: «Come on come on», grida il soldato sulla torretta. «Cossa te parli inglese, mona», risponde lui che non ha visto la divisa. Quando l’altro gli punta contro il mitragliatore, alza le mani: «Mona mi...».
Era certo un’imperdonabile scorrettezza professionale, Luisa se ne rendeva conto, ma, colta da un improvviso slancio di simpatia per lui e per quel furore che lo dilaniava, non poté far a meno di aggiungere indebitamente in fondo al foglio, imitando meglio che poteva la sua calligrafia – un vero falso – due frasi di Sun Tzu, che lui aveva annotato ma poi cancellato con un tratto di penna: «Non elogiare la vittoria. Non amare la guerra».