8.

Non bisognerà dar troppo peso ovvero troppo spazio alla scheda biografica dell’autore, diceva l’appunto di suo pugno consegnatole a suo tempo da lui personalmente. Dovrei scrivere coerentemente e doverosamente – continuava l’appunto – la Sua scheda, forse anzi la loro. Chi aiuterà a sistemare il Museo e queste carte dovrà riordinarle, in parte riscriverle per renderle più chiare, me ne rendo conto, e dunque le carte che spiegano e celebrano la mia opera saranno anche, anzi soprattutto sue. L’arte della guerra ha autori, non un autore. Anche se, pur senza voler essere presuntuoso, credo che – ma non ha importanza. Continuo a usare queste forme convenzionali della grammatica e questi tempi senza senso, il presente che appena c’è non c’è più e dunque non è e il futuro che non c’è mai; me ne scuso, ma non voglio mettere in difficoltà nessuno e men che meno Lei, dottoressa Brooks, Lei che mi sembra abbia compreso cosa significhi lavorare per il Museo.

Quando si è nell’invertitore, i tempi grammaticali non esistono più, sono al massimo dei tic verbali, riempitivi e intercalari tanto per prender fiato quando non si sa cosa dire. In principio era il Verbo, ma qui non c’è principio e dunque neanche Verbo. Queste notizie sull’infanzia, per esempio, le mettiamo – le abbiamo messe, le metteremo, le metta, cara dottoressa Brooks – sparpagliate qua e là. Anche perché contano poco. Al Museo devono contare le cose, oggetti, elicotteri, faretre, mitragliatrici, anch’esse ignare di tempi verbali; lui – cioè io – capisco possa destare simpatia e anzi me ne compiaccio, ma non sono io che conto.

Anzi, dottoressa Brooks, ci ho ripensato. La prego, quando è proprio necessario usare una persona verbale, dato che non siete ancora nell’invertitore, usi sempre e senza esitazione la prima persona singolare. So che è sconveniente, gliel’ho già detto, ma in certi casi – almeno per ora, poi sarà diverso – non se ne può fare a meno. Quando dico che da bambino continuo a sparare con il piccolo cannone di legno, Lei trascriva pure la mia frase alla lettera, senza preoccuparsi che qualcuno possa non capire chi sia stato o chi sia a sparare. Tutti i bambini dicono «io» quando parlano dei loro giochi, anzi tutti dicono «io» quando parlano. Io è ognuno, è il pronome più generico e impersonale, non serve a designare nessuno. Per questo lo si può usare senza vergogna. Del resto immagino – viste le correzioni, gli sgorbi e le cancellature che rendono, lo so, pressoché illeggibili i miei fogli – che Lei li copierà, li trascriverà, insomma li scriverà e dunque sarà, è, Lei a scriverli, sono Suoi.