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Sarebbe stato meglio non dare subito la scheda biografica, tutta e completa, ma spezzarla in frammenti successivi nelle diverse sale del Museo, infanzia adolescenza guerra dopoguerra e morte. Sebbene lui non credesse a quest’ultima, la considerasse un errore logico-linguistico, come risultava dal suo dud. Oppure entrare subito in medias res, come si conviene a un poema epico, in cui, se tutto va bene, l’inizio lo si conosce appena a metà, quando ci si avvicina alla fine. Come nella vita, del resto, e non solo quando si viene a sapere per caso, tanti anni dopo, quello che per esempio ti ha combinato tuo marito. Questo potrebbe anche non succedere se lui per esempio non ha combinato niente o te l’ha detto subito, quasi in tempo reale, che magari è ancora peggio.

Ma è di te che tutto lo vieni a sapere dopo; di come eri da bambina, in un tempo che non puoi ricordare; di come si sono conosciuti i tuoi genitori, di come è stato demolito il ghetto quando non erano ancora nati neanche i tuoi nonni e forse neppure i bisnonni. Anche il Museo dovrebbe essere un guazzabuglio del prima e del poi, come le cose che mostra e racconta. Però sarebbe bello poter invece cominciare da principio, come la Torah. Da principio, Dio creò il Cielo e la Terra. Da principio o almeno quasi, perché pare ci fossero già Tohu e Bohu, il Caos e il Vuoto, quelli non mancano mai e ti impediscono di cominciare veramente qualsiasi cosa e qualsiasi storia. Ma con lui, per esempio, si poteva iniziare, anche contro la sua volontà, se non con la nascita – o, a rigore, nove mesi prima, quando propriamente inizia la sua storia – almeno con l’infanzia, l’adolescenza, di cui raccontano, anche se frettolosamente e con il fiato grosso, i suoi taccuini.