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«BAH», commentò Fìlice dopo aver poggiato le carte.

Continuò a passare in rassegna il materiale a casaccio. Il viceispettore Cammareri si protendeva dietro le sue spalle per sbirciare. Fìlice non se ne curò. Sfilò un foglio dal mucchio e prese a leggerlo.

«Interessante, molto interessante…»

Il documento era stato redatto da un certo Antonio Maugeri, commissario della Mobile di Torino che, nel luglio del ’52, era partito alla volta di Bellinzona per verificare la veridicità di una segnalazione. Arrivato in Svizzera aveva trovato l’informatore, un tale Socrate Atabini, manovale emigrato che viveva con la moglie in una catapecchia alla periferia della città. Sulle prime Atabini si era dimostrato reticente; voleva la garanzia di poter ricevere, per la sua delazione, la taglia di trenta milioni stanziata dagli industriali. Alla fine il commissario Maugeri era riuscito a convincerlo a parlare.

Atabini raccontò di avere dei sospetti su un suo vecchio amico, Giorgio Magnani.

«Ma bene bene… Senti un po’ qua: disertore della Repubblica Sociale, partigiano rosso, fanatico comunista nel dopoguerra. Questo è il complice di Faletto, mi ci gioco la carriera! Molti testimoni dissero di aver visto due uomini fare dei sopralluoghi attorno alla villa di Codecà nei giorni precedenti l’assassinio. È coinvolto!»

Atabini rivelò di aver sentito dire a Magnani nel ’51 che a Torino c’era un paraculo, un ex gerarca fascista, un nemico dei partigiani che doveva pagarla: un tale Codecà. Dopo aver letto dell’omicidio sui giornali, Atabini era andato a casa della madre di Magnani per informarsi, e quella gli aveva detto che il figlio era partito in gran segreto per la Francia.

«Codecà un ex gerarca fascista?! I comunisti all’epoca erano proprio fantasiosi!»

Cammareri finalmente prese coraggio e intervenne: «Dottore, sta leggendo i documenti che riguardano Giorgio Magnani?»

«Sì, Cammareri, ma che gliene importa a lei? Lei che ne sa di questi documenti?»

«No… ecco… è che sul treno, prima, mentre venivo, ho avuto occasione di leggere qualcosa…» Aveva letto quasi tutto, in realtà.

«E che idea si sarebbe fatto di questo Magnani?»

«Io non credo che sia coinvolto.»

«Ma come no, Cammareri, suvvia! Uno che dà del gerarca fascista a un onesto lavoratore come Codecà altri non può essere che un infervorato estremista, uno pronto a qualsiasi sproposito.»

«Be’, dottore, con tutto il rispetto… ammesso che Magnani avesse mai detto quelle parole, forse dava del fascista a Codecà perché era stato uno dei responsabili dell’Ufficio Germania della FIAT durante l’occupazione, quindi aveva collaborato coi nazisti.»

«E con ciò? Ma non ha letto cosa disse la madre di Magnani ad Atabini, quando andò a trovarla?! Ecco, guardi qua: ‘Ho paura che mio figlio abbia ucciso qualcuno’. Ancora non le basta? E allora mi spieghi perché Magnani emigrò in Francia proprio dopo il delitto.»

«Per la verità era emigrato già nell’ottobre del ’51.»

«Come nel ’51?!»

«Aspetti», disse Cammareri, rovistando tra le veline. «Ecco, vede… Magnani era andato a Grenoble per lavorare come muratore.»

Fìlice grugnì parole incomprensibili per non essere costretto a dare ragione al viceispettore.

«E poi c’è un altro documento ancora, un documento della Gendarmerie francese in cui si dice che Magnani sicuramente non poteva essere stato a Torino il giorno dell’omicidio di Codecà. I colleghi francesi avevano controllato i movimenti di Magnani degli ultimi mesi e avevano escluso che si fosse spostato da Grenoble il 16 aprile del ’52, quindi era innocente.»

«E allora, sentiamo un po’, per quale motivo Atabini avrebbe dovuto tirare in ballo un vecchio amico, per di più per un’accusa così grave?»

«A mio modesto parere, dottore, Atabini lo fece per soldi. Si capisce già dalla relazione del commissario Maugeri che era molto povero e viveva in condizioni di grave indigenza. Si convinse a parlare solo quando gli fu assicurato che avrebbe incassato i soldi della taglia. Semmai l’elemento di maggior interesse è un altro…»

«E cioè?»

Cammareri armeggiò ancora col faldone. Stese davanti a Fìlice un vecchio foglio ingiallito. «Questa lettera fu scritta prima che Magnani venisse definitivamente scagionato.»

Il magistrato lesse svogliatamente.

Parigi, 17 ottobre 1952

Oggetto: MAGNANI Giorgio di Celso e MONGARDI Domenica, nato il 12.1.1925 a Borgo Tassignano, manovale muratore, già residente a Torino, espatriato in Francia.

A S.E. il Capo della polizia

Roma

Il Prof. Valletta della FIAT di Torino ha dimostrato a S.E. l’ambasciatore interessamento per far intervenire la polizia francese al fine di accertare se il connazionale in oggetto, sospettato di essere l’autore dell’assassinio dell’ing. CODECÀ a Torino, il giorno 16 aprile scorso poteva trovarsi in quella città. L’intervento dell’ambasciatore è stato richiesto perché la polizia francese, evidentemente già interessata dai dirigenti della FIAT, non crede di poter agire perché, a loro dire, il MAGNANI sarebbe rientrato in Francia il 5 aprile senza più allontanarsi…

«Cammareri mio, e per quale motivo mi fa leggere questa cosa qua?! Che Magnani il 16 aprile non poteva essere a Torino già me l’aveva detto. Che mi fa?! I repentina iuvant?!» si lagnò Fìlice.

Cammareri cercò di assumere il tono più dimesso e modesto possibile, onde evitare di far alterare ulteriormente il magistrato: «No, dottore. Però la comparsa del nome di Valletta mi sembrava degna di nota».

«E perché mai?»

«Be’, dottore… perché significa che la FIAT si preoccupava di tenere d’occhio lo svolgimento delle indagini smuovendo tutti i contatti che aveva a sua disposizione, anche quelli all’estero, come per esempio l’ambasciatore italiano in Francia.»

Fìlice si grattò il cranio foderato di ricci ispidi. «Eh già», dovette convenire. Evitò di aggiungere altro per non dare soddisfazione a Cammareri. Poi schioccò le dita, come chiamasse il maître. «Va bene, Cammareri, ora vada, vada, ché il lavoro ci attende!»

Il viceispettore era già sulla porta quando il magistrato lo richiamò.

«Ah no, che sbadato. Aspetti, Cammareri! Di tutti questi incartamenti mi faccia quattro copie e le invii al più presto a questi destinatari che le scrivo.»

Cammareri tornò sui suoi passi senza fiatare. Il pensiero delle torri di pratiche che ancora lo aspettavano in commissariato gli tolse le ossa dal corpo, facendo precipitare a terra pelle, organi e tegumenti in uno scroscio viscido. Prese il fascicolo Codecà e il biglietto con gli indirizzi.

«Mi raccomando: alla svelta.»

«Sarà fatto, dottor Fìlice.»

«Me ne rallegro, me ne rallegro vivamente.»

L'insolita morte di Erio Codecà
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