«Alla nostra generazione…»
Alla nostra generazione è toccata la sorte poco invidiabile di vivere avvenimenti ricchi di storia. Non intendo dire che dopo non sia successo piú nulla nel mondo: catastrofi naturali, e tragedie collettive volute dall’uomo, si sono succedute dappertutto, ma, nonostante i presagi, nulla di paragonabile alla Seconda guerra mondiale è successo in Europa. Ognuno di noi è perciò un testimone, che lo voglia o no; ed è stata giusta e tempestiva l’indagine svolta dalla Regione Piemonte sulla memoria dei superstiti della deportazione, poiché quest’ultimo evento, per la sua ampiezza e per il numero delle vittime, si è andato delineando come un fatto unico, almeno finora, nella storia dell’umanità.
Io sono stato chiamato in causa nella mia duplice veste di testimone e di scrittore. Ne sono onorato, ed insieme gravato da una responsabilità. Un libro si legge, può divertire o no, può istruire o no, può o no essere ricordato o riletto. Come scrittore della deportazione, questo a me non basta. Fin dal mio primo libro, Se questo è un uomo, ho desiderato che i miei scritti, anche se li ho firmati io, fossero letti come opere collettive, come una voce che rappresentasse altre voci. Piú ancora: che fossero un’apertura, un ponte fra noi e i nostri lettori, specie se giovani. È gradevole, fra noi ex deportati, sedere a mensa e raccontarci a vicenda le nostre ormai lontane avventure, ma è poco utile. Finché siamo vivi, è nostro compito parlare sí, ma agli altri, a chi non era ancora nato, affinché sappia «fin dove si può arrivare».
Non è quindi un caso se buona parte del mio lavoro attuale consiste in una sorta di dialogo ininterrotto con i miei lettori. Ricevo molte lettere piene di «perché?»; mi si chiedono interviste; soprattutto, e specialmente da parte dei giovani, mi vengono rivolte due domande fondamentali. Come l’orrore dei Lager ha potuto verificarsi? Avverrà di nuovo?
Non credo che esistano profeti, lettori del futuro; chi finora si è spacciato per tale ha fallito miseramente, spesso in modo ridicolo. Tanto meno mi sento profeta io, né interprete autorizzato della storia recente. Tuttavia, queste due domande sono talmente pressanti che mi sono sentito in obbligo di tentare una risposta, anzi, un grappolo di risposte: sono quelle di cui in occasione di questo convegno sono state distribuite le copie. Alcune rispondono a lettori italiani, americani ed inglesi; altre, e mi sembrano le piú interessanti, sono il frutto di una mia intricata rete epistolare che per molti anni mi ha messo a confronto con i lettori tedeschi di Se questo è un uomo. Sono le voci dei figli, dei nipoti di coloro che hanno commesso i fatti, o che li hanno lasciati commettere, o che non si sono curati di venirne a conoscenza. Alcune voci di tedeschi diversi, che hanno fatto il poco o il molto che potevano fare per contrastare il delitto che il loro paese stava commettendo. Mi è sembrato giusto dare spazio agli uni e agli altri.
Noi superstiti siamo dei testimoni, ed ogni testimone è tenuto (anche per legge) a rispondere in modo completo e veridico: ma si tratta per noi anche di un dovere morale, perché le nostre file, esigue da sempre, si stanno assottigliando. A questo dovere ho cercato di adempiere con un mio libro recente, I sommersi e i salvati, che qualcuno di voi forse ha letto, e che presto verrà tradotto almeno in inglese e in tedesco. Anche questo libro, che è fatto di domande sulla deportazione (non solo su quella nazista) e di tentate risposte, fa parte del mio colloquio lungo ormai piú di quarant’anni: lo sento in profonda sintonia con questo convegno. Spero che, a giudizio dei lettori, esso adempia al tema stesso del convegno: che porti cioè il suo modesto contributo alla comprensione della storia d’oggi, la cui violenza è figlia della violenza a cui siamo fortunosamente sopravvissuti.
In aa.vv., Storia vissuta, Franco Angeli, Milano 1988, pp. 113-14 (il testo contiene le risposte alle domande della postfazione dell’edizione americana di Survival in Auschwitz [Se questo è un uomo] e The Reawakening [La tregua], presso Simon e Schuster, New York 1986).