Antirinascimento

È curioso quanto l’affermarsi o il mutare della cultura visiva possano anticipare la formazione delle identità sociali, come se talvolta addirittura le plasmassero. I pittori d’Europa sono stati spesso vaticinatori. La letteratura è innegabilmente più “ragionata” e il dialogo, in pieno Rinascimento, fra Erasmo o Melantone e l’antichità greco-latina era assai naturale. Per i pittori era cosa bizzarra da interpretare secondo fantasmi propri. Ben lo mostra Hans Baldung Grien. Ma tutti anticipavano la grande spaccatura religiosa di un’Europa che nel Medioevo era unita dalla stessa fede e dalla stessa estetica. Nel Cinquecento si stava formando la lingua visiva germanica in un costante spostarsi di artisti e intellettuali da un capo all’altro di terre vastissime, divise fra Stati radicalmente diversi, unite dalla stessa pulsione all’autonomia. Si spostano intellettuali e artisti. Il giovane svevo Schwarzerdt (cioè “nera terra”) viene tradotto in greco greco_p74.jpg dal giudice supremo della Svevia Johannes Reuchlin, che prima aveva fatto l’universitario e lo studioso d’ebraico, di greco e di latino. Col nome nuovo, Melantone se ne va nella lontana Sassonia, a Wittenberg, la città dove Lutero affigge le sue 95 proposizioni e dove dipinge Lucas Cranach. Il parallelo di Cranach è Hans Baldung Grien che all’opposto se ne va a Strasburgo dopo essersi formato a Norimberga dai Dürer: vive fra Svevia e Alsazia ma lascia il suo capolavoro nella chiesa di Halle, ancora in Sassonia. La Germania è un crogiolo in movimento perenne. Sta formando una nuova cultura religiosa, filosofica ed estetica, la prima realmente sua. Ed è una cultura dove si riforma tutto, anche il concetto di bellezza che viene a perdere ogni riferimento neoplatonico, quello d’un assoluto stabile e sublime, per giocare con un gnosi nuova, ben più concreta e sensitiva, atavica e talvolta tribale. Aristotele ne sarebbe il referente possibile, ma anche lui viene domato e plasmato come tutto il pensiero scolastico che aveva legittimato.

(da “Art e Dossier” n. 271, novembre 2010)