Bellezza al bagno

Il tema del corpo nella modernità ha vissuto momenti estremamente ambigui. E questo a partire dai mutamenti che hanno, sin dai primi anni del XX secolo, iniziato il grande cambiamento. D’altronde c’era da aspettarselo, se i tedeschi non hanno mai usato la parola “nudo” ma quella curiosamente pudica e accademica di Akt, gli inglesi non hanno adoperato il loro termine naturale di naked ma si sono serviti del termine francese nu arricchito da quello italiano “nudo” e gli spagnoli la Maja la vedono desnuda, quindi non nuda ma spogliata. Lo si sapeva già: gli unici che affrontano senza pudore la faccenda sono da sempre quegli svergognati di italiani e francesi. Questo spiega la fierezza delle Pomone di Maillol e di Marino Marini come i muscoli tesi dei corpi atletici e arcaici di Arturo Martini. Ed è forse anche la chiave interpretativa delle due opere maggiori degli inizi, Les Demoiselles d’Avignon che Picasso dipinge nel 1907 per rompere i parametri ma non le dolcezze dei bagni di Cézanne e di Matisse, e il Nu descendant un escalier di Duchamp nel 1912, il quale di sconcio non ha nulla, anzi possiede l’eleganza dell’incedere d’una gran dama che regalmente scende le scale. Mentre i popoli barbarici del Nord avranno pure motivo d’esser barbari, e ciò sta in una loro assunzione spregevole del corpo, ricettacolo dei piaceri inferiori, che ha quindi da essere cadaverico e bianco come quello femminile di Hans Baldung Grien, sofferto come quello delle coppie di Schiele, il quale inventa un voyeurismo che prima è sottile e decadente ma poi pornografia per duchesse britanniche in Lucian Freud. Non sapendo bene che pesci pigliare, l’America in fondo al cuore puritana ebbe la fortuna dell’espressionismo astratto e lasciò ai rari esperimenti di Wesselmann il diritto a un nudo che era tollerato solo in quanto erotico e pop. Perché il nudo latino non è affatto erotico, è solo fisico: corrisponde a un’esaltazione del benessere materiale che si lega all’idea che la mens debba essere sana in un corpore altrettanto sano, ma non necessariamente “bello” secondo gli intransigenti parametri d’Atene. Ecco perché le bagnanti di Renoir possono essere tondeggianti come le pance dei defunti nei monumenti sepolcrali etruschi. Ed ecco perché la voluttà parigina non disdegna la vasca da bagno come erede delle terme romane. Ma ecco soprattutto perché l’Origine du monde di Courbet, che alcuni occhi estranei alla tradizione romana potrebbero trovare troppo realista, passò sia nella collezione dello scrittore Edmond de Goncourt che in quella di Jacques Lacan, lo psicanalista, e di sua moglie, l’attrice Sylvia Bataille. Naturalia non sunt turpia, ma il detto vale solo per i latini e i loro derivati immediati.

(da “Art e Dossier” n. 277, maggio 2011)

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