Lo stupore e l’inganno

«ya solo de mi engaño me sustento / ya no tengo más vida que mi engaño, / con este engaño mi tormento engaño...». Per Lope de Vega questi tre versi sono una dichiarazione di fede; di fede nella vita e di convinzione nell’artificio nobile della scrittura, sono l’evoluzione barocca delle esaltazioni di Góngora e l’anticipazione della nota esaltazione della meraviglia come leva della nuova arte proposta dal suo coetaneo napoletano Giovan Battista Marino. L’Europa diventa moderna nel Seicento con l’abbandono delle certezze rinascimentali e con lo sdoppiamento del pensiero: da un lato la scienza che scopre il rigore di Galileo, di Keplero e di Newton, dall’altro le arti, la musica, la plastica, il visivo e il teatro che ripongono la loro fiducia nell’invenzione pura. Il dolce “ricercar” di Frescobaldi corre parallelo alla colonna a torciglione che traghetta verso le corti dell’Europa barocca del XVII secolo – negli arazzi di Mortlake e dei Gobelins – le intuizioni di Raffaello e di Giulio Romano. E Rodolfo II colleziona denti di narvalo sperando che gli aprano la strada alla pietra filosofale e alla salvezza delle sue finanze. La fantasia prende il potere e non lo abbandonerà più relegando la mimesi aristotelica all’archeologia dalla quale sorse e dalla quale risorgerà solo in epoca neoclassica. Siamo figli perenni d’un cocktail storico in costante agitazione. Lezione utile per le arti d’oggi che faticano a rimanere statiche come vorrebbe la buona educazione del mercato internazionale per garantire la salvaguardia degli stock invenduti. Stimolo a guardarci intorno per scrutare mutamenti inattesi fuori dal palcoscenico. Parametro per distinguere talvolta anche fra i troppo noti – in un’epoca che sempre più appare come esaltatoria d’ogni manierismo –, quelli che raccontano banalità tardogermaniche alle signore dei salotti da quelli che (evviva Damien Hirst, perché no?) riescono a inventare ipotesi inattese per la Wunderkammer di domani. Strumento assai raffinato per scoprire chi, per nulla voglioso di notorietà plateali, distilla idee di sofisticata qualità, nel segreto alchemico di laboratori nascosti.

(da “Art e Dossier” n. 267, giugno 2010)

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