Luxe, calme et volupté

Attraverso la tempesta del 1848, il fallimento del Secondo impero e i sanguinosi esiti della Comune di Parigi, si esaurisce l’influenza sulla politica degli intellettuali, al riparo dall’impegno, ripiegati su ricerche e linguaggi estetizzanti. Dall’impressionismo al Kitsch, la via dell’arte alla modernità passa anche per l’“art pour l’art”.

Il peso della cultura francese nel XIX secolo è innegabilmente legato alla sua capacità di anticipare le trasformazioni dei modi e dei gusti. E quest’evolversi rapido s’intreccia costantemente con il sentimento della politica, battaglie comprese. Avevano vinto nel 1830 contemporaneamente il romanticismo e la monarchia costituzionale: la borghesia era al potere con un sistema elettorale di censo che attribuiva il diritto di voto a circa trecentomila elettori. Il ribollire romantico non si poteva fermare. Il poeta Lamartine pubblica la Storia dei Girondini che vende, prima del 1848, centomila copie, Michelet dà alle stampe nel 1846 Il popolo mentre Prudhon persegue il suo scambio epistolare con Karl Marx. E nel frattempo il governo di Luigi Filippo perde un colpo dopo l’altro, da uno scandalo all’altro. Il nipote di Napoleone I, Luigi Napoleone Bonaparte, esiliato in Svizzera, non è da meno: passa dalla carboneria italiana nel 1830 a vedere suo fratello maggiore Napoleone Luigi cadere nel sollevamento di Forlì l’anno successivo. Poi tenta un colpo di stato nel 1836 a Strasburgo e fallisce. Lo esiliano in America. Torna. Ci riprova nel 1840 quando tornano eroiche da Sant’Elena le ceneri dello zio. Lo mettono in galera a vita, dove scrive i suoi proclami fra utopia e socialismo. Evade per l’Inghilterra. Finché non passa attraverso l’Europa la tempesta della primavera del 1848 che fa saltare definitivamente la monarchia. Luigi Napoleone si fa eleggere con il 74% dei voti. È tornata al potere la famiglia, ben mutata nel frattempo, dei còrsi. Per due anni sarà battaglia confusionaria nell’Assemblea nazionale fra rossi e bianchi, fra suffragio universale e censo. Il tutto si conclude con il colpo di stato del 1851. Il principe presidente nel giro di un anno diventa Napoleone III. Dichiara: «L’impero, ecco la pace!», dopo avere usato per la prima volta nella storia politica la parola “masse”: «Oggi il regno delle caste è finito, si può governare solo con le masse». Era finita anche l’influenza degli intellettuali sulle opzioni della politica. Victor Hugo, il padre della rivolta teatrale dell’Ernani, è esiliato a Bruxelles. Nello stesso 1852 il più sofisticato dei poeti romantici, Théophile Gautier, inizia a pubblicare la raccolta di poemi Emaux et Camées, manifesto estetico puro al quale nel giro di pochi anni si converte il mondo della cultura dando luogo a un movimento che lascerà tracce indelebili, il Parnasse. Non ha più senso alcuno l’impegno nel sociale, conta solo l’estetica totale fine a se stessa. È nata la parola d’ordine L’art pour l’art. Gautier e Baudelaire si danno alla critica estetica, sono già stati i primi esaltatori di Delacroix, e quando Baudelaire pubblica nel 1857 I fiori del male, la raccolta è dedicata a Gautier, il poeta impeccabile, il mago delle lettere, il maestro. Dei vari testi raccolti ce n’è uno che avrà curiose conseguenze, è l’Invito al viaggio, all’abbandono della città carica di spleen: «Sorella, bambina mia, / pensa che dolcezza / vivere laggiù insieme! / Amarsi senza fine, / amarsi e morire / nel paese che ti assomiglia! […] / Laggiù, soltanto ordine e bellezza, / lusso, calma e voluttà».

La lingua estetica ha trovato il suo corrispondente etico: lusso, calma e voluttà. L’impero nel frattempo si ammorbidisce mentre aumentano le ambizioni. Crolla dinanzi alla truppe prussiane nel 1870 a Sedan. I tedeschi invadono Parigi nel 1871. Riparte l’ultimo sussulto della rivoluzione con l’insurrezione della Comune. Gli artisti si separano in due campi ben distinti. La generazione del 1848, quando Courbet aveva dipinto Funerale a Ornans, torna sulle barricate. Gli artisti nuovi, eredi dell’arte per l’arte, fuggono. Monet, Sisley e Caillebotte, costruttore di barche a vela per passione, se ne vanno ad Argenteuil sulla Senna: «Vedi sui canali / vascelli addormentati / d’estro vagabondo […]» (figura 28).

Nasce l’impressionismo, calmo come l’animo della Terza repubblica dopo la sanguinosa repressione della Comune, lussuoso come la Francia ha sempre amato essere, e pieno delle dolci e piccole voluttà della piccola borghesia trionfante. L’arte per l’arte diventa “il tema” delle arti visive. Certo non l’unico, ma storicamente trainante. L’arte si fa simbolista e sognante, l’estetismo permane. Baudelaire muore, arrivano Rimbaud, Verlaine e Mallarmé, ma non più la politica. La poesia rimarrà sempre il parallelo letterario delle arti plastiche. Guillaume Apollinaire s’impegna con la carabina nelle trincee della Grande guerra, è ferito, ma nulla traspare nell’estetica totale del suo scrivere: s’interessa alla metafisica del giovane de Chirico. Ma non così è tutta la scrittura. Da Aix-en-Provence erano giunti a Parigi due amici dai destini ben diversi, Emile Zola e Paul Cézanne. Il primo si dà al giornalismo, al romanzo impegnato e all’affare Dreyfus, il secondo alla pura riforma della forma. Sainte-Victoire è la montagna provenzale dove luxe, calme et volupté troveranno il varco verso la modernità, i bagnanti estivi ne saranno gli araldi (figure 30 e 31). Matisse giovane realizza un grande dipinto proprio con il titolo baudelairiano, e nella sua maturità sarà capace di celebrare il bello costante sulla Costa Azzurra mentre l’Europa viene soggiogata dai cingolati di Hitler. Negli stessi anni la mente acuta di Clement Greenberg trasferisce agli Stati Uniti i concetti più acuti del vecchio continente in disfacimento. È lui a rilanciare la parola “kitsch”, è pure lui a portare in America la sicurezza borghese dell’“art pour l’art”. E nei primi anni Cinquanta, in contemporanea con la diffusione democratica di frigoriferi e asciugacapelli, il senatore McCarthy, affannato dalla sua “caccia alle streghe”, in questo concetto proprio si potrà rasserenare, perché marchio di garanzia di un’arte nuova americana pronta al dialogo con la gioia del consumismo e priva d’ogni rischio di contenere i germi terribili dell’insidioso comunismo (figura 29).

(da “Art e Dossier” n. 246, luglio-agosto 2008)