Bacco, tabacco e Venere
La civiltà del Mediterraneo è quella del pane e del vino, alimenti facili da trasportare, che sono forse la causa primaria della infinita capacità di movimento dei suoi protagonisti storici, uomini e dèi. Quindi il pane è sacro et in vino veritas. Eppure gli ubriachi dipingono brutti quadri, quando scolpiscono rischiano di farsi male e quando costruiscono rischiano di fare del male agli altri. Nondimeno si continua a sostenere che l’ebbrezza sia fondamentale per la creatività: porta nella dimensione della follia. Ben lo insegnano i greci e lo spiega Socrate: «I beni più grandi ci vengono dalla follia, dalla follia concessa per divino entusiasmo». Questo è il percorso dell’entrata in fusione col divino, cioè dell’entusiasmo, esaltazione necessaria per la creazione artistica. Stato mistico che si può raggiungere con la meditazione oppure, e all’opposto, con una danza sublime dove gli stimoli sono ben altri. Per le baccanti di Euripide «sta per cominciare una danza senza timpani e senza bisogno del tirso sonoro». Dioniso, secondo Nietzsche, si contrappone ad Apollo.
Il codice etico del Medioevo mette le cose a posto e pone l’ebbrezza alla radice dello sviluppo di non pochi fra i vizi capitali, dalla lussuria all’ira, alla gola ovviamente, che dei vizi è il primo gradino. Ma appena si torna a leggere i classici, Dioniso torna trionfante. Rinasce il dio greco, lo dice la parola stessa, nel Rinascimento. E appare in modi svariati, prima giovane e muscolato, atto quindi a risvegliare Arianna e i suoi sensi dallo sfortunato stato di sonno a Nasso, a liberare lei come libera i letterati del Quattrocento. Poi inizia il sincretismo e si confonde con l’immagine cicciona di Sileno, il satiro anziano normalmente seduto ubriaco sull’asino nel seguito delle baccanti, e nasce così un Bacco riassuntivo, bolognese e romano, che Rubens trasporta oltre le Alpi.
I tempi moderni vanno ben oltre il vino: gli arabi hanno insegnato la magia della distillazione, quella dell’el-izir, che servirà agli alchimisti per trovare la pietra filosofale ma pure a Guillaume Apollinaire per pubblicare Alcools in quel 1913 durante il quale Picasso riempie i tavolini dei bar parigini di bottiglie di assenzio, quella bevanda piena d’alcol metilico che farà uscire di testa Modigliani e gli farà allungare il collo delle sue fanciulle. La strada nuova per visioni nuove è aperta. Guai a chi rimane in senno. Il Bacco di Michaux sarà la mescalina, quello di Kerouac roba ben più tossica ancora. E poi… Forse è giunta l’ora di tornare alla meditazione. O al collirio.
(da “Art e Dossier” n. 268, luglio-agosto 2010)
