Il ricciolo del Barocco
Il ricciolo del Barocco continua a ossessionare i razionalisti. Lo stupore poetico del Barocco continua a infastidire i minimalisti. La pittura barocca può talvolta apparire troppo degna di rispetto anche se nessuno può esimersi dall’ammirazione per Caravaggio e Velázquez, ma «sono essi solo barocchi?», diranno. La musica barocca è l’unica indiscussa e trionfante. Evviva il violino che suona dieci volte più forte di sua mamma la viola da braccio e per questo motivo riuscì a far ballare tutti. Evviva il violino la cui forma mossa stimolò il Vignola ad arricciare le pietre e Sansovino a rompere in volute il rigore dorato delle cornici dei rinascimentali. Perché il Barocco fu il più travolgente movimento popolare delle arti, sorto in Italia e protagonista d’una lenta e inesorabile invasione dell’Occidente tutto. Noi barocchi lo eravamo forse già prima, sui sarcofagi etruschi, nelle plastiche terrecotte degli osco-umbri, nei vasi apuli. Forse lo siamo ancora oggi, nella vita quotidiana. Lo siamo diventati in modo inesorabile dopo il Concilio di Trento quando la Chiesa sentì il bisogno di coinvolgere tutti nella sua riforma e stimolò la nascita d’una lingua estetica che potesse trascinarli proprio tutti, ricchi e poveri, colti e analfabeti. Si scrisse meno e si poetò di più, si mescolò teatro, musica e scena per mettere l’opus al plurale e farne opera. Da allora siamo ufficialmente melodrammatici. La pompa mista dei papi e del popolo fu immediatamente d’esempio per la corte dei principi. Una rivoluzione del gusto e delle abitudini che ebbe il suo fulcro nella prima metà del Seicento e che merita tuttora un’attenzione analitica, perché cent’anni dopo fu messa al bando dai protagonisti del secolo dei Lumi, quelli che le attribuirono il nome di barocco pescandolo fra i termini della scolastica medievale dove serviva a definire un sillogismo nonsense. Esercizio quindi fondamentale rivederne le glorie e i fantasmi, i motivi e i successi, le alternate vie del suo sviluppo.
Gli uomini del Barocco non sapevano affatto di essere barocchi, alcuni erano filospagnoli, altri legati alla Francia, i papalini si opponevano ai riformati, i luterani ai puritani. Lo stile li accomunava, ma non sempre. È corretto oggi costringerli tutti nella medesima categoria?
Arturo Schwarz, lo storico di Marcel Duchamp e del surrealismo, sostiene che il fulcro della crisi attuale del pensiero critico sta nella confusione semantica, nella difficoltà di sapere che cosa siano oggi la scultura, la pittura, la fotografia e le installazioni, il teatro o le performance. Diventa necessario ridare un significato alle parole che usiamo.
(da “Art e Dossier” n. 243, aprile 2008)
