17

Qui è il passerotto. Domenica pomeriggio.

Tutti si lamentano di novembre. Io adoro novembre. La pioggia. Gli alberi che si spogliano delle foglie e rimangono nudi nel vento. Il buio che ogni giorno rimane più a lungo, e quella sensazione di affondare. Bisogna essere forti, non tutti riescono a vivere in queste condizioni, ma io ci riesco.

Io e Germund. Andremo a vivere insieme, è stato lui a proporlo, non io. I miei padroni di casa piccolo borghesi non vogliono più dare in affitto la loro stanza di Norrtäljegatan, non so se per sbarazzarsi di me o se pensano di portare su dal garage il telaio, o chissà cosa. In ogni caso devo andarmene entro il 1º dicembre, e quando l’ho comunicato a Germund mi ha detto che intanto potevo stare da lui.

Intanto? ho detto. Cosa cazzo intendi con «intanto», Germund?

Fino a quando uno di noi non morirà, ha risposto lui. Cosa credevi, passerotto mio?

O entrambi? ho proposto. Un bel giorno potremmo decidere di saltare giù da un ponte o di cadere in un burrone insieme. Non sarebbe perfetto? Decoroso ed elegante, atterrare con la colonna vertebrale spezzata in mezzo alla matematica pura e all’amore fisico.

Avevo appena finito di leggere La morte felice di Camus, che ho trovato da Bok-Viktor l’altro giorno.

Perché no? ha detto Germund. Quando sarà il momento. Ma prima beviamo un po’ di vodka, che ne dici?

Abbiamo bevuto un po’ di vodka.

Questo è successo l’altro ieri. Ieri eravamo in Sibyllegatan per la festa d’autunno. Stufato di alce accompagnato da tutto ciò che offre il bosco, come dice sempre il papà. E naturalmente vino fatto in casa. Sapeva di lievito, come al solito, ma dopo un paio di bicchieri ci si abitua. È successo qualcosa tra Tomas e Germund, non so ancora cosa, anche se ho cercato di carpire qualche informazione.

Non ho insistito, non molto, magari lo scoprirò.

Eravamo in dieci. Noi quattro, Rickard con la sua ultima fiamma, una ragazza di sinistra senza trucco, una certa Anna. A ben pensarci, credo che non sia la sua ultima fiamma, ma la sua prima ragazza. È una mia ipotesi, non conosco Rickard. Del resto non conosco nemmeno nessun altro; non capisco bene cosa comporti «conoscere» qualcuno.

Comunque non si dà delle arie, questa Anna, penso sia forte. Discreta e forte. Mi potrebbe anche piacere, ma non le ho parlato molto. C’erano altre due coppie, per essere precisi, due compagni di Tomas con le rispettive ragazze. Una era francese, in Svezia da un anno, ed è stato naturale che mi interessassi a lei. Abbiamo anche fumato insieme una canna sul balcone. Abbiamo dovuto farlo di nascosto, su questo argomento Tomas e Gunilla sono conformisti. Cazzo, sono così borghesi, come se l’alcol fosse meglio dell’erba. Lei si chiama Nadal e viene da Nantes, è a Uppsala per studiare un ramo specifico di storia dell’arte. Anche se non credo che studi molto, i suoi genitori possiedono un castello in una tenuta vinicola nella valle della Loira. Mi ha invitato per un giro in bici il prossimo autunno; non so se mi piace veramente, ma è stato bello parlare francese tutta la sera.

Per Germund invece la serata non è stata piacevole. Ha bevuto troppo e si è arrabbiato subito con uno di economia, non il ragazzo di Nadal, l’altro. Si chiamava Lars-Inge ed era un tipo insopportabile, perciò in un certo senso capisco Germund. Anche se avrebbe potuto controllarsi di più. Non conviene sprecare energie per zittire persone come Lars-Inge.

Mi rendo conto che non conosco Germund al cento per cento. Neanche lui, alla fine. Quando siamo da soli sappiamo esattamente chi siamo, ma in compagnia di altri a volte mi sembra un estraneo. In effetti accade solo quando Tomas e Gunilla ci invitano da loro. Germund e io non frequentiamo quasi nessun altro. Forse sarà diverso quando andremo a vivere insieme, non so. Forse sarà difficile stare in equilibrio sulla corda tesa tra la matematica pura e il sesso. Non so se funzionerà.

Lars-Inge parlava a voce alta, è sicuramente il prodotto di quindici generazioni di politici e religiosi. Era infastidito da quasi tutto e tutti: negri, comunisti, hippy, musica pop, danesi, finnici, credenti, discipline umanistiche e la gente che non capisce. Perlomeno dopo quattro bicchieri di vino, prima era rimasto seduto quasi tutto il tempo senza dire una parola. Presumo che Tomas non lo abbia mai visto sbronzo prima di quella sera. E se invece lo aveva visto non capisco perché cazzo lo abbia invitato.

Dopo mezz’ora che eravamo a tavola, Germund ha chiesto alla sua ragazza, una tettona di nome Berit con un vistoso rossetto rosso fuoco, cosa diavolo ci trovasse in un sorcio così poco affascinante come Lars-Inge. Siccome lei ha creduto che scherzasse – cosa cazzo doveva credere altrimenti? – gli ha risposto che era il figlio illegittimo di Hitler e di una femmina di scimpanzé, e che le faceva pena perché aveva avuto un’infanzia orribile.

Oppure non pensava che Germund scherzasse, una non è mica stupida solo perché ha le tette grosse ed esagera con il rossetto. A quanto pare Lars-Inge non aveva voglia di arrabbiarsi con la sua ragazza, forse l’aveva rimorchiata solo per la serata per poi scoparsela più tardi, così ha deciso di attaccare Germund.

Vuoi prenderle o preferisci che ti massacri di parole, brutto stupido? ha detto, e poi hanno cominciato a dirsi scemate per un bel pezzo come fanno di solito i giovani maschi sbronzi. È stato allora, più o meno dopo un quarto d’ora, che io e Nadal siamo uscite sul balcone a farci una canna. È stata lei a proporlo, io non fumo mai erba di mia spontanea volontà. Quando siamo tornate, Germund e Tomas erano usciti, e l’atmosfera era fiacca. Lars-Inge era appoggiato allo schienale della sedia e tirava boccate di fumo dal sigaro. Anna e Rickard sembrava stessero meditando di andare a casa anche se erano solo le undici, ma erano ancora seduti e bisbigliavano tra loro. Gunilla e Berit, la tettona, erano in cucina a preparare il caffè, e il ragazzo di Nadal, Bengan, ciondolava davanti alla libreria, leggeva i titoli dei volumi con la testa inclinata e assomigliava a un punto interrogativo abbacchiato. Il disco dei Led Zeppelin era finito, ma nessuno si era preso la briga di metterne su un altro. Io e Nadal però stavamo benissimo, ci siamo buttate sul divano ridacchiando, e così piano piano l’atmosfera si è alleggerita. Abbiamo bevuto altro vino, caffè e un liquore speziato che aveva portato Bengan dall’Ucraina, perché in estate aveva fatto un viaggio in Unione Sovietica. Mi chiedo cosa cavolo ci sia andato a fare uno studente di economia in quel paese! Poi, quando me ne sono resa conto, ho chiesto dove cazzo erano andati Germund e Tomas, e Rickard ha risposto che erano usciti a parlare. Rickard sembrava completamente sobrio, è diventato più serio da quando ha iniziato quel corso di preti. Anche Anna non era particolarmente eccitata. Credo che lei studi giornalismo, ma non ne sono sicura. Come ho detto sembra di sinistra, ma è okay.



Era già mezzanotte quando i due uomini sono tornati, e sembrava che avessero passato del tempo in un fosso. Forse era solo la pioggia. Forse erano semplicemente andati al Rackispub a farsi un paio di birre. Nessuno dei due aveva voglia di spiegare cosa fosse accaduto o cos’avessero fatto, hanno bevuto un bicchiere di liquore ucraino e poco dopo se ne sono andati tutti. È probabile che mi sia persa una parte della serata, forse mi sono addormentata un momento nel mio angolino di divano, ma quando siamo arrivati a casa di Germund era l’una e mezzo e la mia capoccia era bella sveglia.

Lui invece non era lo stesso di prima. Si è fatto la doccia, e siamo andati a letto. Gli ho chiesto cos’aveva fatto fuori con mio fratello sotto la pioggia, ma non mi ha risposto. È rimasto sdraiato a fissare il soffitto, e io ho pensato che se si comporta così non è una grande idea andarci a vivere insieme. Ma alla fine ci siamo addormentati, non eravamo dell’umore giusto per farci una scopata, e il mattino dopo era tutto come al solito. Più o meno.

A parte che abbiamo fatto colazione insieme. Lui mi ha anche chiesto scusa. Cazzo, penso di essere caduto in un buco nero ieri sera, ha detto.

Qualcosa che ha a che fare con Tomas? ho chiesto. O con quel Lars-Inge?

Germund ha detto che aveva a che fare soprattutto con se stesso. Un’acidità di stomaco che si portava dietro dall’infanzia, gli capitava di tanto in tanto.

È per quell’incidente? ho detto.

E anche per qualcos’altro, ha risposto Germund. Per qualcos’altro.

Me lo dirai un giorno? ho insistito.

Probabilmente no, ha detto Germund. Hai voglia di un po’ di vodka e un po’ di sesso?

No, ho risposto, non oggi.

In effetti ti capisco, ha aggiunto.

Poi mi sono rivestita e sono tornata a casa mia a Norrtäljegatan. Novembre, penso. Gli alberi spogli, il buio, la depressione. Dio ci volta le spalle.

Non solo a me, volta le spalle a tutti. A me sta bene. Trovo che ci sia una fredda giustizia in tutto questo. Nella mia prossima vita voglio essere un albero, spoglio nel vento.

L'uomo che odiava i martedì
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