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Sono Maria, il passerotto.

Sono la sorellina di Super Tomas, e tutti credono che sia pazza.

Non è un problema sapere che mi credono pazza. Al contrario. Penso sia magnifico. Io so che non è follia. È cattiveria.

Se non è cattiveria, allora è egoismo. Io penso a me stessa. Gli altri devono arrangiarsi.

Quindi non sono come Amleto. Nient’affatto. La gente non pensa che oggi si possa essere cattivi. Soprattutto quando sei una ragazza di diciannove anni. Carina. Per non dire bella.

E intelligente. Tutti si stupiscono che sia così intelligente, i miei voti sono ottimi, come quelli di Super Tomas, che si è diplomato due anni prima di me. Sempre che si possano fare paragoni, visto che lui ci sapeva fare con le parole, e io con i numeri. In ogni caso, i miei insegnanti erano sorpresi, e anche i miei genitori. Io non sono sorpresa, so quanto valgo.

Anche quando avevo otto anni ero carina. È stato allora che sono caduta dall’altalena, ho sbattuto la testa e da quel momento ho cambiato personalità. Non mi relaziono con gli altri come dovrei. O questo, almeno, è quello che sostiene il mio psichiatra, Douglas Dienesen. Sono andata sempre e solo da lui. Mio padre e mia madre si fidano di lui, tutti si fidano di lui, tranne me. Mi sono accorta che quando mi vede si eccita, così credo che non lo vedrò più.

E comunque andrò a Uppsala. Sono intelligente, ma soffro di disturbi comportamentali. Inizierò a studiare francese; erano tutti convinti che avrei condiviso l’appartamento di zia Becka con Tomas, se ne parlava già la scorsa primavera, ma io ho detto no, grazie. Sono cresciuta all’ombra del «ragazzo d’oro», così è il momento che anch’io mi metta al sole.

Con il tempo magari passerò a giurisprudenza, ma voglio iniziare dal francese. Può sembrare avventato, ma al momento non ho nessun progetto definitivo di vita. Starò in una stanza in Norrtäljegatan. Ho fatto una croce sulla cartina, dalla stazione ci vogliono al massimo dieci minuti. Parto domani, questa è la mia ultima sera qui. Le valigie sono pronte, papà voleva accompagnarmi in macchina, ma io ho detto mai e poi mai. Sto per lasciare il nido e voglio farlo con le mie ali. Che cazzo credono?

La mamma ha pianto tutta la sera. Non proprio tutta tutta, ma a intervalli regolari. Dice che non sa cosa se ne faranno della casa. Adesso che sia io che Tomas non ci saremo più. Non sapevate che saremmo cresciuti? le ho chiesto. Vendete la baracca, ho pensato tra me e me, e se non la smette di frignare glielo dico anche.

Vendete la baracca e trasferitevi in Spagna, come zia Becka. O come quei coglioni dei von Friesmans di cui parlate sempre. Se uno ha così tanti soldi come voi, che motivo c’è di rimanere a Sundsvall? In Spagna potrete giocare a golf e stare a bordo piscina a bere vino dalla mattina alla sera.

Me ne frego di loro. Ecco qual è il mio problema. Me ne frego di tutti. E soprattutto me ne frego dei ragazzi. Se mai ne incontrerò uno, se non per scopare, dovrà essere uno svitato come me. Svitato e intelligente come me. Allora potrebbe nascere qualcosa.

Non sopporto di essere sentimentale e positiva. Tutte quelle fesserie entusiastiche sulla speranza. La vita è una merda. Io sono cattiva.

Ho diciannove anni e sono bella e penso solo a me stessa, gente, mettetevelo bene in testa. Domani sera scriverò qualche riga della mia nuova vita in Norrtäljegatan a Uppsala. Forse.

Sono Maria, il passerotto.

L'uomo che odiava i martedì
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