LXVI
Una cosa è essere tentati, Escalus,
Altra è soccombere.
Misura per misura
Lydgate indubbiamente aveva dei buoni motivi per meditare sul servizio che gli rendeva la sua professione nel contrastare le sue preoccupazioni personali. Non aveva più molta energia per dedicarsi di buon grado alla ricerca o alle sue riflessioni teoriche; ma quando si trovava al capezzale dei pazienti, gli appelli diretti dall’esterno al suo sapere e alla sua solidarietà creavano l’ulteriore impulso necessario a farlo uscire da se stesso. Non era soltanto quell’imbrigliatura benefica della routine che consente agli sciocchi di vivere in modo rispettabile e agli infelici di vivere in modo tranquillo – era un appello costante all’applicazione viva e immediata del suo pensiero e all’attenzione per i bisogni e le sofferenze altrui. Molti di noi, ripensando al passato, direbbero che l’uomo migliore che abbiano mai conosciuto è stato un medico o forse quel chirurgo il cui tatto eccellente, guidato da un’intuizione profonda e competente, li ha soccorsi nel momento del bisogno con una beneficenza più sublime di quella di coloro che fanno miracoli. Un po’ di quella misericordia due volte benedetta accompagnava sempre Lydgate nel suo lavoro all’ospedale o nelle case private, servendo più di ogni altra droga a calmarlo e a consolarlo dalle sue angosce e dalla sensazione della sua degenerazione intellettuale.
Tuttavia Mr Farebrother aveva avuto un giusto sospetto riguardo alla droga. Spinto dalla prima dolorosa pressione delle difficoltà intraviste e dalla prima percezione che il suo matrimonio, se non si fosse trasformato in una solitudine costretta, sarebbe certamente diventato uno sforzo per continuare ad amare senza curarsi troppo di essere ricambiato, Lydgate aveva provato due o tre volte a prendere una dose di oppio. Ma egli non aveva alcuna propensione costituzionale o ereditaria per tali mezzi passeggeri di sfuggire all’ossessione della sofferenza. Era forte e riusciva a bere molto vino, ma non gli piaceva farlo; e quando intorno a lui gli uomini bevevano bevande alcoliche, lui prendeva dell’acqua zuccherata perché provava una compassione sprezzante persino per i primi indizi di eccitazione provocati dal bere. Lo stesso avveniva per il gioco d’azzardo. A Parigi si era trattenuto molto spesso a osservare il gioco con lo stesso interesse che gli procurava una malattia. Ma non era tentato da tali vincite più di quanto non lo fosse dall’alcol. Si era ripromesso di conseguire l’unica vittoria a cui ambiva attraverso un processo cosciente, che avrebbe combinato elementi difficili ed elevati, tendente al raggiungimento di un risultato benefico. Il successo a cui aspirava non poteva essere rappresentato da dita che afferrano febbrilmente un mucchio di monete, o dall’espressione di trionfo idiota e selvaggia che brilla negli occhi di un uomo che raccoglie tra le proprie braccia le puntate di venti compagni costernati.
Ma così come aveva provato l’oppio, adesso il suo pensiero cominciò a rivolgersi al gioco – non allettato dall’eccitazione che esso forniva, ma perché, meditandoci a lungo, vi ravvisò un modo facile di guadagnare denaro, che non implicava alcuna richiesta e non comportava nessuna responsabilità. Se a quell’epoca si fosse trovato a Londra o a Parigi, è probabile che tali pensieri, assecondati dal caso, lo avrebbero portato in una casa da gioco, non più per osservare semplicemente i giocatori, ma per seguire il gioco con la loro stessa impazienza. Il disgusto sarebbe stato superato dall’immenso bisogno di vincere, se la fortuna si fosse mostrata favorevole. Un episodio che accadde poco tempo dopo che quella vana speranza di ottenere un aiuto da suo zio era stata accantonata, mostrò a quali conseguenze avrebbe potuto portare il ripresentarsi dell’occasione di giocare d’azzardo.
La sala da biliardo del Green Dragon di solito era frequentata da un certo gruppo di persone, la maggior parte delle quali, come la nostra conoscenza Mr Bambridge, erano considerate dissolute. È lì che il povero Fred Vincy aveva contratto una parte del suo memorabile debito, dopo avere perduto del denaro alle scommesse, ed era stato costretto a chiedere un prestito a quell’allegro compagno. Era generalmente risaputo, a Middlemarch, che un mucchio di denaro veniva perso e vinto in questo modo; e la conseguente reputazione del Green Dragon come luogo di dissipazione naturalmente faceva aumentare, in certi ambienti, la tentazione di andarci. Probabilmente i suoi frequentatori abituali, come gli iniziati della massoneria, avrebbero desiderato che quel ritrovo avesse un carattere un po’ più inaccessibile e misterioso; e invece essi non formavano una comunità segreta, e molti giovani e vecchi rispettabili di tanto in tanto entravano a curiosare nella sala da biliardo. Lydgate, che aveva la capacità muscolare adatta al biliardo e amava molto quel gioco, nei primi giorni dopo il suo arrivo a Middlemarch aveva fatto una o due volte qualche partita al Green Dragon; ma in seguito non aveva avuto più tempo da dedicare al gioco, e d’altronde non gli piaceva la gente che si riuniva in quel luogo. Una sera, comunque, ebbe l’occasione di andarvi a cercare Mr Bambridge. Il sensale di cavalli si era impegnato a trovargli un acquirente per il cavallo buono rimastogli, che voleva sostituire con un altro meno costoso, sperando in questo modo di guadagnarci una ventina di sterline; adesso, infatti, Lydgate cercava di procurarsi qualsiasi piccola somma che l’aiutasse a fare pazientare i suoi fornitori. Un salto alla sala da biliardo, visto che vi passava nei pressi, gli avrebbe fatto risparmiare del tempo.
Mr Bambridge non era ancora arrivato, ma sicuramente non avrebbe tardato, spiegò il suo amico Mr Horrock; Lydgate quindi restò, e per passare il tempo si mise a giocare. Quella sera aveva negli occhi quella luce particolare e quell’insolita vivacità che una volta avevano attirato l’attenzione di Mr Farebrother. La sua presenza inconsueta fu molto notata nella sala piena di gente di Middlemarch; parecchi spettatori, come pure alcuni dei giocatori, scommettevano animatamente. Lydgate giocava bene e si sentiva sicuro di sé; le scommesse piovevano intorno a lui e, spinto dall’improvviso pensiero della probabile vincita che avrebbe raddoppiato la somma risparmiata con la vendita del cavallo, egli cominciò a scommettere sul proprio gioco e vinse ripetutamente. Nel frattempo era entrato Mr Bambridge, ma Lydgate non lo aveva notato. Non era eccitato soltanto dal gioco, ma anche dall’abbagliante prospettiva di recarsi l’indomani a Brassing dove si giocava su più vasta scala e dove, con un unico vigoroso strappo all’esca del diavolo, avrebbe potuto portarsela via senza l’amo, liberandosi così dalle sollecitazioni che riceveva quotidianamente.
Vinceva ancora quando entrarono due nuovi visitatori. Uno di essi era il giovane Hawley, appena arrivato dalla capitale dove studiava giurisprudenza, e l’altro era Fred Vincy, che ultimamente aveva trascorso diverse serate in questo luogo a lui familiare. Il giovane Hawley, un esperto giocatore di biliardo, si inserì nel gioco con calma e disinvoltura. Ma Fred Vincy, sbigottito nel vedere Lydgate e sorpreso di sentirlo scommettere con tanta eccitazione, rimase in disparte e si tenne fuori dalla cerchia che circondava il biliardo.
Fred negli ultimi tempi aveva deciso di rilassarsi un po’ dalle fatiche che si era imposto. Per sei mesi si era dedicato con grande entusiasmo a ogni sorta di lavoro all’aperto sotto la guida di Mr Garth; attraverso esercizi rigorosi era quasi riuscito a migliorare la sua calligrafia, probabilmente perché questi esercizi gli erano parsi un po’ meno duri in quanto spesso venivano fatti la sera, a casa di Mr Garth, sotto gli occhi di Mary. Ma da due settimane Mary si trovava al presbiterio di Lowick per fare compagnia alle signore, mentre Mr Farebrother soggiornava a Middlemarch dove stava lavorando a certi progetti per la sua parrocchia; e Fred, non trovando nulla di più piacevole da fare, era ritornato al Green Dragon in parte per giocare a biliardo e in parte per riassaporare il vecchio gusto delle discussioni sui cavalli, lo sport e altre cose in generale, considerate da un punto di vista assai poco corretto. Non era andato a caccia neppure una volta questa stagione; non possedeva un cavallo personale, e si era recato da un posto all’altro quasi sempre con Mr Garth, nel suo calesse, o con il modesto cavallo che questi poteva prestargli. Era un po’ troppo, cominciava a pensare Fred, che lo si tenesse imbrigliato con maggior severità che se fosse stato un ecclesiastico. «Ti confesserò una cosa, Mary – forse è più faticoso imparare a misurare terreni e a disegnare progetti che non scrivere sermoni» le aveva detto per farle apprezzare i sacrifici che faceva per amor suo; «Ercole e Teseo non erano nulla paragonati a me. Andavano a caccia, e non hanno mai dovuto imparare a scrivere come un contabile.» E durante la breve assenza di Mary, Fred, come un grosso cane che non riesce a liberarsi del proprio collare, aveva spezzato l’anello della sua catena e aveva fatto una piccola fuga, senza tuttavia voler andare veloce né lontano. Non vedeva alcun motivo per non giocare a biliardo, ma era deciso a non fare scommesse. Quanto al denaro, Fred aveva in mente l’eroico progetto di mettere da parte quasi tutte le ottanta sterline che Mr Garth gli aveva offerto: una cosa che poteva fare agevolmente rinunciando a tutte le spese inutili, poiché aveva abiti a sufficienza e il vitto assicurato. In questo modo avrebbe potuto, in un anno, restituire gran parte delle novanta sterline di cui aveva malauguratamente privato Mrs Garth in un momento in cui lei aveva più che mai bisogno di quella somma. Tuttavia bisogna sapere che quella sera, che era la quinta delle sue recenti visite alla sala da biliardo, Fred aveva, se non in tasca, quantomeno nella mente, le dieci sterline che intendeva riservarsi dallo stipendio degli ultimi sei mesi (con la piacevole prospettiva di portarne trenta a Mrs Garth quando era sicuro che Mary fosse tornata a casa), e quelle dieci sterline che aveva in mente erano come un fondo di cui avrebbe potuto rischiare una parte se si fosse presentata l’occasione di fare una buona scommessa. Perché? Be’, con tutte quelle sovranea che fluttuavano intorno a lui, perché non avrebbe dovuto afferrarne qualcuna? Non si sarebbe mai più spinto molto lontano su quella strada; ma a un uomo – e ai gaudenti in genere – piace avere la certezza che, se volesse, potrebbe intraprendere la via del male, e che se si astiene dal compiere cattive azioni, dal ridursi in miseria o dall’usare il linguaggio più licenzioso che sia consentito dai limiti ristretti delle capacità umane, non è perché è uno stupido. Fred non usava delle motivazioni formali, che costituiscono un modo molto artificiale e inesatto di spiegare la smania di un ritorno alle vecchie abitudini e i capricci di un sangue giovane: ma quella sera in lui c’era la sensazione latente e profetica che se avesse cominciato a giocare avrebbe anche cominciato a scommettere – che avrebbe bevuto del ponce e in qualche modo si sarebbe preparato a sentirsi “piuttosto malconcio” l’indomani mattina. È tra tali impulsi impercettibili che spesso si comincia ad agire.
Ma l’ultima cosa che Fred si sarebbe aspettato era quella di vedere suo cognato Lydgate – che egli non aveva mai smesso di considerare un pedante tremendamente consapevole della propria superiorità – agitarsi e scommettere proprio come avrebbe fatto lui. Fred provò uno shock maggiore di quanto poteva attendersi pur sapendo vagamente che Lydgate si trovava indebitato e che suo padre si era rifiutato di aiutarlo; e la voglia di partecipare al gioco gli passò all’improvviso. Si verificò una strana inversione di atteggiamenti: il viso chiaro di Fred e i suoi occhi azzurri, di solito luminosi e spensierati, pronti a essere attratti da qualsiasi cosa che si presentasse come divertente, sembravano involontariamente seri e quasi imbarazzati, come se si trovassero di fronte a qualcosa di sconveniente: mentre Lydgate, che di solito mostrava una forte padronanza di sé e una certa tendenza alla riflessione che pareva si accompagnasse all’attenzione più viva, si muoveva, guardava e parlava, eccitato e dominato da un’idea fissa come un animale con occhi feroci e artigli retrattili.
Lydgate, scommettendo sul proprio gioco, aveva vinto sedici sterline; ma l’arrivo del giovane Hawley mutò la situazione. Questi fece degli ottimi colpi e cominciò a scommettere contro Lydgate, la cui tensione nervosa che derivava dalla semplice fiducia nella propria abilità si trasformò nel desiderio di sfidare un avversario che ne dubitava. La sfida era più eccitante della fiducia, ma meno sicura. Egli continuò a scommettere sul proprio gioco, ma mancò diversi colpi. Tuttavia proseguì, perché ormai la sua mente era sprofondata in quel ripido precipizio del gioco come se egli fosse stato il più ignorante tra coloro che bazzicavano quel luogo. Fred notò che Lydgate perdeva vertiginosamente e si trovò nella situazione inconsueta di scervellarsi per escogitare qualche espediente che, senza offenderlo, potesse richiamare l’attenzione di suo cognato e magari suggerirgli un motivo per lasciare la stanza. Vide che anche altri stavano osservando il comportamento di Lydgate, strano e diverso dal solito, e pensò che toccandogli semplicemente il gomito e chiamandolo in disparte per un momento avrebbe potuto scuoterlo dalla sua concentrazione nel gioco. Non riusciva a pensare a nulla di meglio e di più credibile che chiedergli se Rosy era in casa quella sera, perché lui desiderava andare a trovarla; e stava per attuare questo proposito disperato quando un camieriere gli si avvicinò con un messaggio, dicendo che Mr Farebrother era di sotto e desiderava parlargli.
Fred rimase sgradevolmente sorpreso, ma mandò a dire che sarebbe sceso immediatamente; poi, spinto da un nuovo impulso, si avvicinò a Lydgate e disse: «Posso parlarvi un momento?», e lo tirò in disparte.
«Farebrother mi ha appena fatto avvertire che desidera parlarmi. Sta di sotto. Ho pensato che forse vi avrebbe fatto piacere sapere che è qui, se avete qualcosa da dirgli.»
Fred aveva colto questo pretesto semplicemente per parlargli, perché non poteva dire: “State perdendo maledettamente, e tutti vi guardano; fareste meglio a venire via”. Ma questa ispirazione non avrebbe potuto servire meglio al suo scopo. Lydgate prima non si era accorto della presenza di Fred, e la sua comparsa improvvisa, insieme alla rivelazione della presenza di Mr Farebrother, ebbero su di lui l’effetto di una scossa violenta.
«No, no» disse Lydgate; «non ho nulla di particolare da dirgli. Ma... la partita è finita... devo andarmene... ero venuto soltanto per incontrare Bambridge.»
«Bambridge è laggiù, ma sta facendo baruffa – non penso che sia in grado di parlare di affari. Scendete con me da Farebrother. Mi aspetto una lavata di capo, e voi mi difenderete» disse Fred con una certa abilità.
Lydgate provava vergogna, ma non voleva mostrarlo rifiutandosi di incontrare Mr Farebrother; e quindi scese. Tuttavia si scambiarono soltanto una stretta di mano e parlarono della gelata; e quando tutti e tre furono usciti per strada, apparve chiaro che il vicario desiderava congedarsi da Lydgate. Evidentemente voleva parlare da solo con Fred, al quale disse con gentilezza: «Ti ho disturbato, giovanotto, perché ho delle cose urgenti di cui parlarti. Accompagnami fino a St Botolph, se non ti dispiace».
Era una bella serata, il cielo era cosparso di stelle, e Mr Farebrother propose di fare una deviazione attraverso la strada per Londra, prima di raggiungere la vecchia chiesa. Subito dopo cominciò:
«Credevo che Lydgate non andasse mai al Green Dragon!»
«Anch’io» rispose Fred. «Ma ha detto che ci era andato per incontrare Bambridge.»
«Allora non stava giocando?»
Fred non avrebbe voluto parlarne, ma a questo punto non poté fare a meno di rispondere: «Sì, stava giocando. Ma suppongo che sia stato un fatto accidentale. Non l’ho mai visto lì prima d’ora».
«Dunque ci sei andato spesso anche tu, negli ultimi tempi?»
«Oh, cinque o sei volte!»
«Credo che avessi delle buone ragioni per rinunciare all’abitudine di andarci.»
«Sì, voi lo sapete» disse Fred, a cui non piaceva che lo si interrogasse in questo modo. «Vi ho confessato tutto.»
«Credo che questo ora mi dia il diritto di parlare della faccenda. Si intende, tra di noi – non è vero? – che abbiamo un rapporto di sincera amicizia: io ti ho ascoltato, e ora sono convinto che tu vorrai ascoltare me. Posso parlarti un po’ di me adesso?»
«Ho degli obblighi profondi nei vostri confronti, Mr Farebrother» disse Fred con un certo disagio e un vago sospetto.
«Non fingerò di negare che hai qualche obbligo nei miei confronti. Ma devo confessarti, Fred, che sono stato tentato di tenere tutto questo per me e di non parlartene. Quando mi hanno detto: “Il giovane Vincy ha ricominciato a frequentare la sala da biliardo tutte le sere – non sopporterà a lungo le briglie”, ho avuto la tentazione di fare il contrario di quello che sto facendo – di tenermi la lingua a freno e di aspettare che ti rovinassi di nuovo, prima con le scommesse e poi...»
«Non ho fatto nessuna scommessa» si precipitò a dire Fred.
«Lieto di sentirlo. Ma francamente il mio primo impulso è stato quello di restare a guardare e vederti prendere una cattiva piega, esasperare la pazienza di Garth e perdere la migliore occasione della tua vita – un’occasione che ti sei assicurato non senza grandi sforzi. Puoi immaginare il sentimento che ha fatto nascere in me quella tentazione – sono sicuro che lo conosci. Sono sicuro che sai che l’appagamento del tuo amore ostacola il mio.»
Seguì una pausa. Pareva che Mr Farebrother aspettasse un cenno di assenso; e l’emozione percepibile nel tono della sua bella voce conferiva una certa solennità alle sue parole. Ma nessun sentimento poteva calmare l’allarme di Fred.
«Non si può pretendere che io rinunci a lei» disse dopo un momento di esitazione: non era il caso di fare mostra di generosità.
«Certamente no, visto che lei corrisponde al tuo amore. Ma questo genere di affetti, anche quando sono di vecchia data, sono sempre soggetti a cambiare. Riesco a immaginare benissimo che potresti comportarti in maniera tale da sciogliere quel legame che la unisce a te – devo ricordarti che ti è legata soltanto a certe condizioni – e che in quel caso un altro uomo, che può vantarsi di meritare la sua stima, potrebbe riuscire a conquistare nel suo cuore quel posto sicuro e quel rispetto che tu ti sarai lasciato sfuggire. Riesco a immaginare benissimo un risultato simile» ripeté Mr Farebrother con enfasi. «Esiste un rapporto di simpatia e di comprensione reciproca che potrebbe prendere il sopravvento persino sui legami più consolidati.»
A Fred pareva che se Mr Farebrother avesse avuto il becco e gli artigli, invece di una lingua molto abile, il suo modo di attaccarlo difficilmente avrebbe potuto essere più crudele. Aveva l’orribile convinzione che dietro questa affermazione ipotetica si nascondeva la consapevolezza di qualche reale mutamento dei sentimenti di Mary.
«Naturalmente so benissimo che potrebbe non esserci più alcuna speranza per me» disse con voce turbata. «Se lei comincia a fare paragoni...» Si interruppe improvvisamente per non tradire ciò che provava, e poi aggiunse con un po’ di amarezza: «Ma pensavo che mi eravate amico».
«Lo sono; ecco perché siamo qui. Ma ho avuto la forte tentazione di non esserlo più. Mi sono detto: “Se c’è la probabilità che quel giovanotto si faccia del male, perché dovresti intervenire? Non vali forse quanto lui, e i sedici anni in più che hai vissuto, affamato dalla stessa felicità, non ti danno forse più diritto di soddisfarla? Se c’è la possibilità che vada in malora, abbandonalo al suo destino – forse non potresti impedirlo comunque – e traine vantaggio”.»
Ci fu una breve pausa in cui Fred si sentì rabbrividire assai sgradevolmente. Che sarebbe successo ancora? Temeva di sentire che era stato riferito qualcosa a Mary – gli sembrava di ascoltare una minaccia piuttosto che un avvertimento. Quando il vicario riprese la parola ci fu un cambiamento nel suo tono, come un passaggio incoraggiante a una chiave maggiore.
«Ma in passato avevo mostrato dei propositi migliori di questi, e sono tornato alle mie vecchie intenzioni. Ho pensato, Fred, che non avrei potuto confermarmi meglio in esse se non confessandoti esattamente ciò che era avvenuto in me. E ora, mi capisci? Desidero che tu faccia la sua felicità e la tua, e se una parola di avvertimento da parte mia può evitare il rischio che accada il contrario – ebbene, io l’ho pronunciata.»
Il tono della voce del vicario si abbassò, mentre egli pronunciava le ultime parole. Si fermò – erano giunti a uno spiazzo erboso dove la strada deviava verso St Botolph, e lui tese la mano come per indicare che la conversazione era finita. Fred si sentì commosso in un modo del tutto nuovo. Una persona assai sensibile a una bella azione ha detto che essa produce nell’organismo una sorta di fremito rigeneratore e fa sentire pronti a iniziare una nuova vita. Fred Vincy in quel momento provava in gran parte quell’effetto.
«Cercherò di essere degno...» disse, interrompendosi prima di potere aggiungere: «di voi come di lei.» E nel frattempo Mr Farebrother aveva avuto l’impulso di dire qualcos’altro.
«Non pensare che io creda che al momento la sua preferenza per te sia diminuita, Fred. Stai pur certo che se ti manterrai su una buona strada, tutto andrà bene.»
«Non dimenticherò mai quello che avete fatto» rispose Fred. «Non riesco a dire nulla che mi sembri degno di essere detto – tranne che mi sforzerò di non rendere inutile la vostra bontà.»
«Tanto basta. Arrivederci, e che Dio ti benedica.»
Così si separarono. Ma entrambi vagarono a lungo prima di sottrarsi al chiarore stellare. Gran parte della meditazione di Fred potrebbe essere riassunta nelle seguenti parole: “Certo, sarebbe stata una gran cosa per lei sposare Farebrother – ma se ama me più di ogni altro, e io divento un buon marito?”.
Forse quella di Mr Farebrother potrebbe essere concentrata in una semplice scrollata di spalle e una piccola riflessione. “E pensare al ruolo che una piccola donna può avere nella vita di un uomo: rinunciare a lei può costituire un’eccellente imitazione di un atto eroico, e conquistarla può rappresentare l’imposizione di una disciplina!”
a. Monete d’oro del valore di una sterlina.