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Frank sedeva nella cabina e guardava indietro verso la scia lasciata dalla barca. La giornata era perfetta. Il sole era splendente, la brezza forte e il traffico marittimo era quasi del tutto assente. Era la giornata ideale per una traversata in direzione dell’isola di Vancouver attraverso lo stretto di Georgia. Un giorno perfetto per un nuovo inizio. Dopo mesi di preparazione, la fine era finalmente in vista.

Gettò un’occhiata verso Melinda, che prendeva il sole sul ponte. Era stesa a pancia in sotto sul suo telo da mare. Le cosce increspate e pallide contrastavano con la schiena bruciata dal sole, che diventava un tutt’uno con gli shorts rossi. Era immobile, priva di sensi o ignara. Non era sicuro di quale delle due.

Aveva un aspetto orribile, con la bruciatura o senza, ma di lì a poco non avrebbe più avuto importanza. Dopo la nascita di Emily si era davvero lasciata andare e si era perfino rifiutata di fare esercizio o stare a dieta. Non riusciva nemmeno a ricordare quando l’avesse vista con gli shorts l’ultima volta. Di solito indossava t-shirt sformate, pantaloni da ginnastica, e niente trucco, cosa che, francamente, era un miglioramento rispetto agli shorts. La donna che aveva sposato sette anni prima era una sciattona che non aveva alcun desiderio di compiacerlo. Ne aveva abbastanza.

La sua situazione era intollerabile a causa dell’egoismo di sua moglie. L’aveva costretto ad agire. Era un peccato essere arrivati a tanto, ma era colpa sua. L’aveva pianificato per mesi. Ora doveva solo mettere in atto il piano.

La sua vita stava per compiere una svolta decisiva. Sorrise e immaginò l’indomani. Le possibilità erano infinite.

In effetti gli piaceva ancora Melinda, una cosa sorprendente. Come moglie aveva avuto un sacco di carenze e lui meritava di più. Ma poteva farlo davvero? Certo che poteva. Se non l’avesse fatto, non avrebbe avuto da incolpare altri che sé stesso per la sua esistenza miserabile. Non aveva intenzione di giocare a quel gioco. Tutto quello che doveva fare era attenersi al piano.

Solo le persone deboli agivano guidate dai sentimenti, ed era una cosa che non cessava mai di divertirlo. La maggior parte delle persone lasciava che le emozioni regolassero le loro azioni. Questo faceva sì che prendessero pessime decisioni e diventassero bersagli facili. Lui non era prigioniero delle sue emozioni. Era un maestro di logica, aveva il suo destino sotto controllo. Non era così ingenuo da non sapere quando andare avanti.

Si era quasi rassegnato a gettare via la sua vita, ma finalmente aveva visto la luce. Aveva sposato la vecchia Melinda, non quella versione sciatta. Era arrivata l’ora di un cambiamento, uno permanente. Nessun divorzio complicato o battaglia per la custodia. Se solo gli avesse prestato più attenzione e non lo avesse costretto ad agire. Nel giro di qualche ora, Melinda non avrebbe più provato niente.

Era stata la sua seconda scelta su un sito di appuntamenti. Le scelte erano limitate, ma lui non poteva farci molto. Si era sposato in un momento di debolezza quando lei l’aveva incastrato restando incinta. Un impegno oneroso, ma uno a cui poteva porre fine adesso, impunemente. Poteva ricominciare con la sua vita e salvare il suo futuro. Tutto quello che doveva fare era portare avanti il piano. Il solo pensiero di una nuova prospettiva di vita gli dava energia.

“Tesoro? Non pensavo che avrebbe fatto così caldo qui fuori. Ho sete.” Lei sorrise e si schermò gli occhi con la mano.

Lui sorrise di rimando. “Ti prendo da bere.” Un’opportunità perfetta. Aprì il contenitore termico e tirò fuori le bottiglie con il drink preparato in precedenza. Lo versò in un bicchiere e aggiunse il ghiaccio. Privo di sapore, privo di odore, non si sarebbe accorta di nulla.

Camminò lentamente verso di lei cercando di fermare la sua mano tremante. Si chinò e la baciò sulla guancia posando il bicchiere accanto a lei.

“Grazie, tesoro. Vorrei che avessi fatto delle foto della nostra nuova casa. Non vedo l’ora di vederla.”

“Ero così concentrato sul chiudere l’affare che me ne sono dimenticato. La vedrai presto.” Melinda sapeva solo quello che lui le aveva detto. Era lui a gestire le loro finanze e lei non aveva idea che non ci fosse alcuna casa, alcun nuovo lavoro. In realtà erano al verde. Aveva sperperato l’eredità di Melinda, e i suoi genitori danarosi in realtà non esistevano.

Lo aveva costretto ad agire prima del previsto rimanendo di nuovo incinta. Non pianificato, proprio come la volta precedente. Lo faceva davvero incazzare. La sua noncuranza l’aveva costretto ad agire con alcuni mesi di anticipo, il che significava che non aveva avuto davvero il tempo di mettere tutto in moto.

Poteva improvvisare, purché stesse attento. Il tempismo non era perfetto, ma prima si fosse occupato di tutto, prima la sua nuova vita sarebbe iniziata. Sentì un brivido di eccitazione mentre immaginava la sua nuova libertà.

Aveva programmato tutto fin nei minimi particolari. Anche i pianificatori meticolosi si facevano beccare, ma lui era più intelligente della maggior parte della gente. Nei programmi sui crimini reali, le persone inevitabilmente dimenticavano qualche piccolo dettaglio, una fibra di tessuto o un pelo. O un amico sospettoso. Lui era più furbo di loro, non avrebbe commesso errori.

Inoltre aveva un enorme vantaggio che la maggior parte delle persone non ha. Melinda non aveva fratelli o sorelle. I genitori erano morti entrambi in un incidente d’auto cinque anni prima e non aveva altri parenti stretti. Aveva pochi amici e non conoscevano nessuno dei loro vicini nel palazzo.

Sua moglie era già stata dimenticata dai colleghi. Aveva lasciato il suo lavoro a salario minimo nel commercio qualche mese prima, dietro sua insistenza. Nessuno aveva mai chiamato né era andato a farle visita. Melinda era una persona priva di importanza in un mondo privo importanza. I pochi amici e i conoscenti l’avrebbero dimenticata presto dopo il tragico incidente.

Questa volta sarebbe morto anche il marito. Un marito morto non può certo essere sospettato.

Aprì la scatola per i pesci e controllò il gommone e la pompa per l’ennesima volta. Luci, camera, azione. Mesi di attenta preparazione lo avevano ricompensato con una giornata di luglio senza nuvole e le condizioni di marea perfette per portare avanti il suo piano. La sua barca da quattordici piedi era appena adeguata per andare in mare, ma andava bene per navigare in acque tranquille. Lo stretto tra Vancouver e Vancouver Island era ragionevolmente calmo in estate quindi non si aspettava di avere problemi. Aveva comprato la barca mesi prima e avrebbe voluto non doverla dare alle fiamme. Tuttavia ogni deviazione dal suo piano attento l’avrebbe fatto affondare. Ma se si fosse attenuto al piano, avrebbe potuto comprare dozzine di barche migliori con cui rimpiazzarla.

Lo stretto di Georgia era animato dal traffico estivo, come in una costante ora di punta marittima, fatta di piccole imbarcazioni da di porto e grandi battelli passeggeri che facevano la spola tra la terra ferma e l’isola mentre residenti e turisti navigavano avanti e indietro. Il vento estivo era pungente ma piacevole, rinfrescava dal caldo che aveva avvolto la costa per tutta la settimana. Frank mantenne la rotta leggermente a sud, lontano a sufficienza dalle barche commerciali da non attirare l’attenzione. Erano già a metà della traversata dello stretto verso la destinazione, Victoria.

Almeno era quello che aveva detto a Melinda. Non c’era alcun nuovo lavoro o nuova casa a Victoria, ma Melinda non lo sapeva. Fin lì tutto bene. Era una bella giornata per il nuovo inizio che aveva pianificato per mesi.

Era il suo mantra per la sua nuova vita. I mantra e le affermazioni continuavano a spingerlo verso il suo obiettivo finale. Aveva vissuto una menzogna per anni, ma era una menzogna necessaria. Era stato paziente e ora poteva praticamente assaporare la libertà. Ancora poche ore e sarebbe stata sua.

Aveva seminato per un futuro di successo. Era arrivato il momento del raccolto.

Un giorno perfetto di luglio.

Il primo giorno del resto della sua vita.

Era un cliché ma era vero. E non vedeva l’ora di iniziare quella nuova avventura. Tastò la tasca dei pantaloncini coi tasconi, sentendo la bozza rassicurante dei suoi nuovi documenti. Passaporto, patente e carte di credito a limite elevato pronte per essere usate. Contraffatte, naturalmente. Le aveva già testate un paio di giorni prima. Era tutto quello di cui aveva bisogno per sistemarsi nella sua nuova vita.

Frank e Melinda avevano traslocato dal loro appartamento in affitto a Vancouver e avevano messo i mobili in un magazzino, visto che la nuova casa temporanea a Victoria era completamente arredata. L’avevano subaffittata da un insegnante che era via per un anno sabbatico in India. Era lo stesso insegnante di cui Frank avrebbe preso il posto per quell’anno. Doveva cominciare a settembre. O almeno era quello che pensava Melinda. Era tutta una gigantesca favolosa bugia a cui lei aveva abboccato come un pesce lesso. Finalmente il suo piano era in atto.

La verità era molto diversa. Non c’era alcun trasloco, almeno non per Melinda. Era il bello di un trasferimento per lavoro. Aveva finto che l’amministrazione a scuola si fosse presa cura di tutti i dettagli e che non ci fosse stato abbastanza tempo per consultare Melinda. Lei avrebbe potuto immergersi nelle minuzie quando fosse arrivata a Victoria, così le aveva detto. Purtroppo per lei, non ci sarebbe mai arrivata.

Ma prima si sarebbero goduti un ultimo giorno in barca.

Era stato estenuante ma, fino a quel punto, tutto era andato secondo i piani. I vicini, che non conoscevano davvero—se ne era assicurato lui—avevano scoperto solo ieri del loro trasferimento, quando aveva caricato il furgone con le loro cose destinate al magazzino. La bambina, Emily, di quattro anni, era troppo piccola per andare a scuola e non era andata all’asilo, visto che Melinda aveva lasciato il lavoro. Nessuno nella loro ristretta cerchia di conoscenze avrebbe notato la loro assenza lunedì mattina.

Melinda sapeva solo quello che lui le aveva detto, ed era stato parco sui dettagli di proposito. Lei aveva creduto a ogni cosa, non importava quanto oltraggiosa. Era stupida in modo bovino e fiducioso.

O forse non era così stupida. L’aveva incastrato con la gravidanza, sapendo che lui non voleva bambini e non ne avrebbe mai voluti. Lo aveva ingannato, ma anche lui conosceva qualche trucco.

Melinda gli aveva tarpato le ali. Gli aveva impedito di sviluppare il suo vero potenziale ed era ora di cambiare le cose. Solo che il cambiamento non includeva una nuova città e un lavoro da insegnante. Non prevedeva una nuova scuola e certamente non una nuova casa completamente arredata in cui trasferirsi. Tutta la faccenda era una bugia, una bugia necessaria. C’era voluto molto lavoro per arrivare a quel punto, soprattutto perché aveva dovuto mettere in azione il piano mesi prima di quanto previsto. Tutto a causa di Melinda.

Mai guardare indietro.

Il suo piano stava andando come aveva stabilito. Aveva il potere di cambiare la sua vita adesso. Proprio in quel momento, come aveva detto il seminario. Aveva quello che serviva per avere successo. Dipendeva tutto da lui.

Ora doveva solo portare a termine il piano.

Emily dormiva sottocoperta, beatamente ignara dell’improvvisa deviazione che la sua vita stava per prendere.

Esitò. Forse avrebbe potuto ottenere il divorzio.

No. Troppe questioni in sospeso. Il pagamento degli alimenti lo avrebbe tenuto legato a quella vacca per quasi vent’anni. Questo avrebbe complicato le cose. Lui odiava le complicazioni e odiava avere la responsabilità di altre persone.

Non accontentarti mai di qualcosa di meno di quello che sai di meritare.

Era contento di aver ascoltato la registrazione motivazionale quella mattina. Fresca nella sua mente, lo aiutava a riaffermare le sue convinzioni e gli dava la forza per intraprendere il passo successivo.

Si erano avvicinati alla loro destinazione ore prima, ma aveva percorso un cerchio per tornare indietro quando era stato colto dal nervosismo dell’ultimo minuto. Stava bene adesso, e Melinda era ignara di tutto, come sempre. Spense il motore e aspettò che Melinda se ne accorgesse.

“Tesoro? Perché ci siamo fermati?” Melinda bevve l’ultimo sorso del suo drink e posò il bicchiere accanto a .

“Non lo so. Il motore si è spento.” Trafficò con il motore mentre studiava sua moglie. Era sulla buona strada verso l’incoscienza.

Melinda sbadigliò. “Mi sto addormentando, dev’essere il sole.”

Parlava con voce strascicata. Le medicine stavano facendo effetto.

Meno di cinque minuti più tardi era comatosa, le parole confuse erano state rimpiazzate dal suo russare. Il braccio destro le scivolò dalla sdraio e colpì il ponte con un tonfo sordo. Non si svegliò.

Altri dieci minuti. Frank fu indeciso se legarle i polsi insieme, ma quando il corpo fosse ricomparso il suo gioco sporco sarebbe stato evidente. Che modo di dire interessante, gioco sporco. Implicava una tale gravità, eppure veniva chiamato gioco. O forse giocare era inteso con il significato di ingannare qualcuno.

Sentì di nuovo quella sensazione in fondo allo stomaco. E se qualcosa fosse andato completamente storto e lei si fosse svegliata? I polsi legati le avrebbero impedito di salvarsi. C’erano predatori che avrebbero potuto mangiarne la carne? Non ci aveva nemmeno pensato.

Alla fine decise di non legarle i polsi. Nell’eventualità improbabile che il suo corpo venisse trovato, le legature avrebbero lasciato delle ferite. Quei segni non solo sarebbero stati la prova di un delitto, ma avrebbero anche dato informazioni sul momento della morte. Lasciò cadere la corda sul ponte.

Melinda era un peso morto. Le aveva dato una dose tripla, non c’era possibilità che riprendesse conoscenza. Le sollevò il braccio e lo lasciò cadere per provare la sua ipotesi.

Nessuna risposta.

Il braccio era molle nella sua mano, un peso morto.

Frank fece un passo indietro e la studiò. Aveva posizionato la sdraio vicino al bordo, in modo che fosse più facile buttarla giù dalla barca. Ricordava le lezioni teoriche di ingegneria dell’università e aveva allestito una sorta di sistema di carrucole che attaccò alla sedia.

Il cuore gli martellava nel petto, sia per la paura di essere scoperto che per l’esaltazione di essere sul punto di farlo finalmente. Non sentiva neppure un’oncia di senso di colpa.

Tirò fuori la cerata dalla scatola e la stese. Probabilmente era eccessivo visto che avrebbe dato fuoco alla barca, ma non si poteva essere troppo prudenti. Inoltre odiava il disordine e non voleva avere un altro lavoro da fare dopo.

Mentre trascinava la sdraio il più vicino possibile al bordo, il sudore gli coprì la fronte. Fece una pausa e si asciugò, poi srotolò la cerata e la lanciò sopra la sedia. Infilò i bordi attorno alla sdraio e la tirò dall’altro lato.

Niente sangue, niente DNA o altre prove. Niente confusione.

Solo una piccola scena contenuta che poteva controllare, senza preoccuparsi di prove che potessero comparire con il Luminol o altri attrezzi forensi.

Una precauzione di troppo forse, visto che la barca sarebbe bruciata. Ma non si poteva mai essere troppo prudenti.

Fece un respiro profondo e guardò il bozzolo affondare nell’oceano. Si sfregò le mani sui pantaloncini proprio mentre la tela cerata galleggiava in superficie a diversi metri di distanza.

Dannazione. A questo non aveva pensato.

Afferrò un remo e tese il braccio il più lontano possibile, ma l’incerata era fuori portata.

Sussultò quando un braccio sporse dall’incerata. Non era affondata affatto. Era ancora avvolta nella dannata incerata.

“Papà?”

Frank sobbalzò, colto di sorpresa. Si voltò per fronteggiare sua figlia. “Emily? Credevo stessi dormendo.”

“Dov’è la mamma?” Indossava quel costoso vestito a fiori rosa e gialli che Melinda aveva scelto per l’occasione del trasloco in una nuova casa. Era proprio da Melinda spendere una piccola fortuna per qualcosa di così frivolo.

“È di sotto, tesoro.” Aveva fatto scivolare del sedativo nel succo di Emily quando se n’erano andati da Vancouver. Avrebbe dovuto metterla al tappeto per ore. Invece, Emily era appena un po’ arruffata. I suoi capelli erano scompigliati. Mancava un piccolo sandalo rosa ai suoi piedi e l’altro era slacciato.

Frank iniziò a sudare. Che cosa era successo? La dose di Emily era stata la metà di quella di Melinda, eppure pesava meno di un terzo. E se quella di Melinda non avesse fatto effetto? E se lo shock dell’acqua l’avesse svegliata e fosse stata salvata in qualche modo?

“Non è giù. Papi, mi fa male la testa.” Emily si sfregò gli occhi e aggrottò la fronte. “Dov’è mamma?”

Frank gettò un’occhiata all’incerata, dove la gamba di Melinda era parzialmente esposta, nel punto in cui la tela cerata galleggiante si separava dal corpo. Doveva sistemare le cose in fretta.

“Sta facendo un sonnellino, tesoro. Ora torna a dormire.” E se Melinda fosse stata trovata e salvata in qualche modo? Lo stretto era molto trafficato nei giorni d’estate, quindi era probabile. Perché non aveva pensato ad appesantirla con il cemento come facevano i gangster?

Comunque. Si sera sempre vantato di essere capace di prendere decisioni su due piedi, e ora non era diverso. Si sarebbe adattato e sarebbe andato oltre.

“Perché hai buttato la sdraio fuori dalla barca? Farà male ai pesci?”

Sentì stringersi la gola. Quanto aveva visto? “Vieni qui e dai un bacio a papà.” Si inginocchiò e aprì le braccia.

Emily trascinò i piedi in avanti con i suoi piedi calzati nei sandali solo a metà e cadde assonnata tra le sue braccia.

La afferrò con un braccio e strinse l’altra mano sulla sua bocca e sulle sue narici.

Emily cercò di gridare. Lottò contro di lui e le sue piccole braccia fallirono mentre cercava di respirare.

Quanto, si chiese.

Proprio come un pesce appena pescato che lottava per il suo ultimo respiro.

Con la coda dell’occhio vide un movimento mentre l’incerata blu si srotolava tra le onde. Era come un gigantesco bersaglio mentre fluttuava sull’acqua. Il corpo di Melinda si era finalmente separato dalla tela cerata e stava affondando lentamente sotto la superficie. Osservò mentre teneva stretta Emily, in attesa.

Smise di lottare dopo meno di un minuto e divenne un peso morto. Attento a non scoprirle il naso e la bocca, allentò la presa sul suo corpo e controllò il collo per sentire le pulsazioni. Niente. Aspettò un altro minuto per essere sicuro che fosse morta, poi la spinse fuoribordo.

Appena in tempo. Individuò la barca a vela mentre si avvicinava da sud. Allo stesso tempo notò che si era alzato il vento. Guardò giù verso l’acqua dov’era scomparsa Emily. Si aspettava di vedere delle increspature.

Tranne che non era affondata. Galleggiava, a faccia in giù nell’acqua. Il sandalo rosa di gomma ancora attaccato al piede. Ma si supponeva che tutti i corpi morti andassero a fondo, almeno secondo le ricerche che aveva fatto. Che diavolo?

Ancora quello stupido vestito. La stoffa intrappolava l’aria.

La barca a vela era vicina adesso, a meno di trenta metri. Abbastanza vicino per vederlo chiaramente e forse perfino vedere il corpo di Emily in acqua. Con i binocoli potevano aver visto quello che aveva fatto. Andò nel panico e afferrò un remo. Lo tuffò contrò la schiena di Emily, spingendola sotto il pelo dell’acqua. Le sacche d’aria nel suo vestito a balze si dispersero e lei andò giù.

Poi il suo sandalo si staccò dal piede e galleggiò sull’acqua. Stava per recuperarlo con il remo, quando si rese conto che avrebbe lasciato tornare il corpo di Emily in superficie.

Il suo cuore martellava mentre la barca a vela virava e si avvicinava.

Imprecò sotto voce. Aveva trascurato la cosa più importante. Non gli era venuto in mente che i corpi potessero non affondare immediatamente.

La barca a vela raddrizzò la rotta e scivolò sull’acqua a meno di quindici metri di distanza. C’era solo un uomo in vista sul ponte. Era occupato a sistemare le vele. “Grazie a Dio” disse ad alta voce, mentre teneva il remo contro il corpo di Emily nell’acqua. Alzò il braccio libero e salutò.

Era colpa di Melinda per averlo incastrato restando incinta. Voleva godersi la vita, una cosa impossibile con un bambino, una moglie casalinga e i conti che ne erano seguiti. Era stufo marcio di essere manipolato e di vivere con tutti i compromessi a cui doveva scendere. Aveva solo una vita da vivere e non aveva intenzione di sprecarla.

Estrasse il cellulare, il portafogli e le chiavi e li gettò fuori bordo. Nell’improbabile eventualità che venissero trovati, sarebbe sembrato che fosse caduto nell’acqua con Melinda e Emily. Il suo corpo non sarebbe mai stato trovato, ma non era troppo preoccupato a riguardo. Molti corpi non venivano recuperati in quelle acque. Finché nulla l’avesse collegato alla barca data alle fiamme al porto, sarebbe andato tutto bene.

Aggiungeva un po’ di mistero e di intrigo. Gli piaceva. Perché non divertirsi un po’ nel superarli in astuzia.

Si guardò la mano e notò la fede nuziale. La sfilò dal dito e la studiò tenendola sul palmo. Era simbolica, pensò mentre la gettava nell’acqua. Basta con il vecchio, avanti con il nuovo.

Una nuova vita. Una vita da ricco. E iniziava in quel momento.