25

Winton Page, l’avvocato di Charles Avery, era seduto davanti a lui, e gli stava passando alcuni documenti da studiare, descrivendogli minutamente le cifre di ognuno. Era tardi, ma Charles era stato impegnato per tutto il giorno. Voleva farla finita con la faccenda del divorzio. «Quindi, morale della favola?»

«Morale della favola: meglio versare a tua moglie la cifra che vuole. A lungo andare, ti costerà meno.»

«Che io sia dannato se le darò un centesimo di quello che chiede. Ho costruito quest’impero dal nulla. Lei non ha fatto altro che spendere i soldi che io guadagnavo.»

«E darti due figli.»

«Che hanno seguito le sue orme. Marmocchi viziati e rapaci.»

«È per questo che esistono i testamenti. Tua moglie è il problema più immediato.»

Problema era il termine giusto. Se ci fosse stato un modo per sbarazzarsi di lei senza attirare l’attenzione su di sé, Charles l’avrebbe già fatto. Era certamente un’ipotesi percorribile in futuro. Per il momento, la minaccia più pressante era che lei ficcasse il naso nelle sue finanze. «Che mi dici di questo contabile forense che dice di aver assunto?»

«È una di quelle domande a cui si dovrebbe rispondere: ’Dipende’. Se tua moglie ha avuto in qualche modo accesso a documenti riservati, esiste la possibilità che scoprano alcuni dei tuoi beni nascosti. In altre parole, è un azzardo.»

Un azzardo che Charles era disposto ad affrontare. Nel corso degli anni era stato attento e, per quanto Alexandra sapesse che lui aveva nascosto dei beni, quelli di cui lei era a conoscenza erano appena la metà. Anzi, forse non sarebbe neppure stata al corrente di attività recenti, se non fosse stato per l’improvvido arrivo dei Fargo mentre lui cercava la mappa. La loro interferenza lo aveva spinto a prendere decisioni avventate che avevano portato a un’improvvisa mancanza di liquidità, con il conseguente bisogno di mettere mano al conto corrente della moglie.

Diede un’occhiata all’orologio, domandandosi come mai Fisk non lo avesse chiamato per aggiornarlo sulle ricerche in Giamaica. A quel punto, avrebbe dovuto già ricevere sue notizie, dunque mentre Winton proseguiva con la sua litania sugli aspetti legali di ciò che stava facendo, spostò lo sguardo al telefono.

Finalmente, la lucina si accese. Afferrò la cornetta e sentì la sua segretaria dirgli: «Sua moglie...»

La porta dell’ufficio si spalancò. «... è qui», disse Alexandra. «Non so perché quella donna si prenda la briga di annunciarmi. Come se avessi bisogno del permesso per entrare in un edificio che mi appartiene per metà.»

«Per metà un c...»

«No, no, caro. Lo sai cos’ha detto il dottore della tua pressione sanguigna.» Aprì la borsetta, ne estrasse una busta, quindi gettò la borsetta sul divano. «Winton», disse, andandogli incontro. «Che piacere vederla svolgere diligentemente il suo lavoro. Ha ricevuto poi il mandato per quei documenti contabili?»

«Quale mandato?»

«Oh, che sciocca. Questo mandato.» Agitò la busta in aria e gliela consegnò. «Naturalmente, è solo una copia. Sono sicura che l’ufficiale giudiziario possa fornirvi l’originale. Sto solo cercando di essere garbata, mettendovi sull’avviso.»

L’avvocato la aprì, dopo di che la fece scivolare sulla scrivania verso Charles, che si limitò a guardare di sfuggita il documento, non volendo dare ad Alexandra la soddisfazione di vederlo uscire dai gangheri.

«Sta diventando un tuo rito serale? Venire nel mio ufficio a provocarmi? Oppure la tua agenda di appuntamenti mondani si è improvvisamente svuotata?»

«Al contrario, è più fitta che mai ora che si è diffusa la notizia del divorzio.» Appoggiò le mani sulla scrivania e si sporse verso di lui, con un sorriso gelido. «Se mi fossi resa conto di quanto nuocevi alla mia reputazione in società, forse l’avrei riempita molto prima.»

«Peccato che tu non l’abbia fatto.»

Alexandra posò gli occhi sui documenti che erano sulla scrivania e Charles subito li capovolse per impedirle di leggerli. Allora, lo sguardo di lei si spostò sul taccuino giallo pieno di appunti, numeri di telefono ed estremi di varie telefonate ricevute nel corso della giornata. Allungò una mano, attirando il taccuino verso di sé. «Fargo?» disse, leggendo il nome cerchiato e sottolineato. «Una nuova acquisizione nel North Dakota? Qualcosa che devo far sapere al mio avvocato?»

Lui le strappò di mano il taccuino e girò anche quello. «Mi hai portato il tuo mandato, ora vattene.»

«Oh, non sono venuta per quello. Non è legale. Volevo solo farti sapere che il mio avvocato ha chiesto che i conti correnti vengano congelati. Nel caso tu ti stia chiedendo come mai il tuo bancomat abbia smesso improvvisamente di funzionare.» Stavolta, il sorriso era acido. Diede un colpetto sul taccuino che lui continuava a tenere stretto, poi si voltò e recuperò la borsetta dal divano. «Stammi bene, Charles. Winton, è sempre un piacere vederla.»

Charles, a denti stretti, attese che la porta si richiudesse pesantemente alle spalle della moglie. «Capisci cosa ho dovuto sopportare per tutti questi anni?»

«Sta solo cercando di provocarti.»

«Be’, ci sta riuscendo.» Si alzò e si versò un drink, rilassandosi a sufficienza per riflettere su ciò che lei gli aveva detto. «Può farlo? Congelare i miei soldi, intendo.»

«Lo scopriremo domattina, quando apriranno le banche. Ma, ipotizzando che il suo avvocato riesca a convincere un giudice che tu hai nascosto dei beni, allora sì, può farlo. Se dovessi tirare a indovinare, è stato quel suo contabile forense a suggerirle la cosa. Per forzarti la mano e vedere da dove provengono i tuoi soldi.»

Charles si portò il bicchiere e la bottiglia di whisky alla scrivania e si risedette. «Vuole iniziare una guerra? Sono pronto a stare in trincea per tutto il tempo necessario.»

«Oppure, puoi darle ciò che chiede e farla finita.»

«No.» Charles bevve un sorso. Non lo avrebbe consentito per nessuna ragione al mondo.

Squillò il telefono. Era Fisk. Finalmente.

«Ho un aggiornamento dalla Giamaica», disse Fisk. «Forse, non ti piacerà quello che ho da dirti, ma ti assicuro che funzionerà.»

Charles strinse il bicchiere. «Funzionerà? Mi stai dicendo che non siete ancora riusciti a mettere le mani sui documenti?»

«A tal proposito... Pare che i Fargo, nonostante tutto, siano ancora vivi.»

La rabbia lo pervase. «Cosa c... Com’è possibile che quei due continuino a sfuggirvi?»

«Te l’avevo detto che non sono una coppia normale. Sam Fargo ha passato molto tempo alla DARPA e, forse, pure alla CIA. Sua moglie si è laureata al Boston College...» Avery lo udì far scorrere delle carte. «... con una specializzazione in antropologia e storia, sulle antiche vie commerciali.»

«Questo spiega l’interesse per i tesori. Quello che non spiega è come abbiano fatto a sfuggirci.»

«Per non parlare della sua estrema intelligenza e della bravura come cecchino.»

«Come? Qualcuno a bordo del Golfinho ha dato una pistola a quella donna? Non voglio sentire scuse per i vostri fallimenti. Vi pago per avere risultati certi.»

«Sono stati commessi alcuni errori. Ce ne stiamo occupando.»

«Pensavo che la squadra che avevi reclutato per assumere il controllo del Golfinho fosse più che capace di gestire una coppia di viziati del jet set che ficcano il naso negli affari altrui.»

«Come ho detto, ce ne stiamo occupando. Nel frattempo, abbiamo una pista sui Fargo. I miei uomini li hanno seguiti dall’autonoleggio di Kingston, ma loro sono riusciti a seminarli. Non a lungo, però.»

«Pensavo avessi detto che quegli uomini erano in grado di portare a termine il lavoro.»

«È così.»

«E allora come mai questi due impiccioni continuano a sfuggirci? A me sembra che i tuoi uomini siano tutto tranne che capaci.»

«Ti avevo avvisato che i Fargo sono pieni di risorse.»

Charles sbatté gli occhiali sulla scrivania e dall’orlo del bicchiere tracimò un po’ di whisky. «Mi avevi detto che avresti saputo gestire la faccenda. Che i tuoi uomini avrebbero saputo gestire la faccenda.»

«Ed è così. Sapranno gestirla.»

«Sarà meglio. Voglio quei documenti e voglio che i Fargo siano eliminati. Punto. Se non sei sicuro che sappiano portare a termine l’incarico, occupatene personalmente. Voglio risultati, non incompetenza.»

«Chiaro. Abbiamo un piano. Ti chiamo appena ho i dettagli.»

Charles lasciò cadere il telefono, prese il bicchiere e bevve un lungo sorso.

«Immagino che le notizie non siano buone», disse Winton.

«E se invece ti concentrassi a pensare come possiamo impedire a mia moglie di mettere le mani sul mio patrimonio? Delle mie attività extracurricolari mi occupo io.»

«Basta che non dimentichi che qualsiasi somma destinata a queste attività potrebbe venire scoperta.»

«Sono più che consapevole dei rischi.»

Winton annuì e si alzò. «Se non c’è altro, tolgo il disturbo.»

Dopo che se ne fu andato, Charles si versò un altro drink e guardò il taccuino. Il nome dei Fargo ricambiò il suo sguardo. Strappò la pagina, l’accartocciò e la gettò a terra. In quel momento non sapeva bene cosa lo irritasse di più, se i Fargo che ficcavano il naso nei suoi affari o sua moglie che cercava di sottrargli le sue ricchezze.

La morte sarebbe stata una cosa fin troppo bella per tutti e tre.

E questo lo spinse a farsi una domanda: voleva davvero Alexandra morta?

In effetti, sì. Era la madre dei suoi figli, certo, ma lui non aveva nulla a che fare con loro. I suoi due figli erano decisamente sangue di quella donna. Lui avrebbe dovuto sbarazzarsi di sua moglie nel modo più vantaggioso possibile. La domanda era: come? Come far sembrare che la sua morte non avesse nulla a che fare con lui?

Ogni cosa a suo tempo, ora occupiamoci dei Fargo, pensò.

Un’ora dopo, Fisk lo richiamò. «Buone notizie...»

Pirati
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