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Quando arrivò la telefonata del sovrintendente Mulder dal laboratorio di analisi forensi di Maardam, erano tutti e cinque radunati nella sala riunioni.

 

DeKlerk e Stiller erano sul posto fin dal mattino presto, Münster e Rooth dalle undici e l'ispettore Moerk era comparsa qualche minuto prima di mezzogiorno. Adesso erano le dodici e dieci. Rooth sollevò il ricevitore e lo passò al capo della polizia, che con un ritmo sorprendentemente rapido disse "sì" cinque volte, "capisco" due e "grazie, allora" una volta.

 

Poi mise giù e si inumidì le labbra con la punta della lingua.

 

"Corrispondenza perfetta su undici punti" spiegò. "Non ci sono dubbi. Christopher Nolan e Jaan G. Hennan sono la stessa persona."

 

"Porca miseria" disse l'ispettore Rooth. "Allora non potremo tornare a casa nemmeno oggi."

 

Seguì qualche secondo di silenzio. Münster cercò lo sguardo di Beate Moerk, ma non lo trovò. Stiller faceva scricchiolare una biro mordicchiandola e il capo della polizia aveva un'aria assente. Cominciò a tormentarsi il lobo dell'orecchio destro, poi passò a quello sinistro.

 

"Che cosa facciamo?" disse quando ebbe finito.

 

"Facciamo come ha detto lui" suggerì Beate Moerk.

 

"Lui chi?"

 

"Van Veeteren. Mettiamo Nolan sotto sorveglianza. È il minimo che si possa pretendere."

 

Münster si alzò.

 

"Io vado a parlare con i due commissari" disse. "Ho la sensazione che non riusciremo a risolvere la questione senza di loro. Che ne dite?"

 

"Alright" fece deKlerk. "Probabilmente hai ragione. Forse dovremmo anche scusarci."

 

"Vedrò come fare" disse Münster. "Ma non so valutare il rischio di fuga."

 

"Che cosa intendi?" disse Rooth.

 

"Che a quanto ci risulta Hennan non sa ancora che siamo a conoscenza della sua identità... ma se dovesse intuirlo se ne andrebbe subito."

 

"E perché?" chiese Beate Moerk. "Perché dovrebbe fuggire? In fondo non c'è niente di cui possiamo accusarlo... a parte il fatto che vive sotto falso nome."

 

"Niente di niente" confermò Rooth. "Non abbiamo in mano nulla, contro di lui. Però siamo convinti che ha ucciso tre persone. Ma se ci appostiamo fuori di casa sua, prima o poi succederà qualcosa. Questa calma piatta mi fa venire l'orticaria."

 

"Vuoi dire che dovremmo provocarlo?" chiese deKlerk.

 

"Provocarlo..." borbottò Rooth. "Non lo so. Ma se Van Veeteren ci serve un triplice omicida su un piatto d'argento, sarebbe piuttosto imbarazzante se ce lo lasciassimo scappare. Questo è il mio punto di vista, e mi offro volontario per il primo turno di sorveglianza."

 

Si guardò intorno.

 

"Okay" disse Beate Moerk. "Vengo con te. Come valutate il rischio che diventi violento, se dovesse scoprire che lo stiamo controllando?"

 

"È un tipo abbastanza tranquillo" disse Rooth. "A parte quella piccola inclinazione a far fuori qualcuno di tanto in tanto. Porta con te l'arma, questo è il mio consiglio. Puoi sempre startene lì a lucidarla, così non rischi di annoiarti... Per parte mia ho intenzione di fare le parole crociate e di limarmi le unghie."

 

Stava per andarsene, quando deKlerk lo pregò di aspettare ancora un momento.

 

"Solo un'altra domanda" disse. "Nessuno di voi è arrivato a qualcosa, a proposito di quel problema?"

 

"Quale problema?" chiese Beate Moerk.

 

"Cosa aveva scoperto Verlangen... la prova riguardante il vecchio caso? Nessuno ha avuto un'idea?"

 

Nessuno era arrivato a nulla. Neanche quel giorno.

 

Bausen e Van Veeteren erano seduti in veranda e stavano mangiando una zuppa di cipolle con crostini quando arrivò Münster.

 

"Benvenuto nella giungla, sovrintendente" disse Bausen. "Vuole favorire?"

 

Münster accettò e Bausen andò in cucina a prendere un altro piatto, un bicchiere e il cucchiaio. Servì una porzione dalla pentola che era in mezzo al tavolo e invitò Münster ad accomodarsi.

 

"Noi la stiamo accompagnando con un bianco secco" spiegò. "Ne gradisci un bicchiere?"

 

Poi versò senza aspettare la risposta.

 

"Grazie" disse Münster. "Sì, devo dirvi una cosa. Abbiamo ricevuto la risposta da Mulder."

 

"E...?" fece Bausen.

 

"Coincide, Nolan è Hennan."

 

Fino a quel momento Van Veeteren era rimasto concentrato sulla zuppa. Ora depose il cucchiaio e si asciugò con cura la bocca con il tovagliolo.

 

"Questo lo sapevamo già" disse. "Credevo che fossi venuto a portarci qualche novità."

 

Bausen sorrise passando lo sguardo dall'uno all'altro.

 

"Chiedo scusa" disse Münster. "Adesso siamo sicuri al cento per cento. Rooth e l'ispettore Moerk sono appostati davanti a casa sua. L'interrogativo è come dobbiamo muoverci."

 

"Non avete ancora deciso?" domandò Van Veeteren e bevve un sorso di vino.

 

"No" disse Münster. "Anche se personalmente comincio a ritenere che sarebbe meglio fermarlo. Aspettare che si smascheri... o che potremmo scoprire qualcosa senza intervenire... no, ne dubito."

 

Bausen si schiarì la voce.

 

"Ma se lo sorvegliate, finirà senz'altro per capire che lo state braccando" osservò. "Oppure Moerk e Rooth pensano di agire con discrezione?"

 

Münster esitò.

 

"In effetti non lo so" ammise. "Era tutto un po' vago e non ne abbiamo discusso in maniera approfondita. Anche se non credo che Rooth abbia intenzione di mantenersi discreto ancora per molto... non è esattamente il suo stile."

 

Van Veeteren rifletteva, facendo ruotare il suo bicchiere.

 

"No" disse alla fine. "Non è una situazione semplice. Volete un buon consiglio?"

 

Münster annuì con aria sottomessa.

 

"Sorvegliatelo, ma in modo che se ne accorga" continuò Van Veeteren. "Lasciate che cominci a preoccuparsi. Mettetelo dentro stasera sul tardi oppure domani. E se per caso voleste ancora approfittare dei miei servigi, sono pronto a interrogarlo per quarantott'ore di fila."

 

Bausen sollevò un sopracciglio.

 

Münster, tutti e due.

 

"Bene" disse. "Lo riferirò a deKlerk."

 

Fece per alzarsi, ma Bausen lo spinse di nuovo sulla sedia.

 

"Finisci di mangiare, prima" disse. "Ed è un vecchio, raffinato Chardonnay quello che hai nel bicchiere. Non si può bere un vino così stando in piedi."

 

"Scusate" ripeté il sovrintendente Münster.

 

Era la prima volta che l'ispettore Moerk si ritrovava a tu per tu con l'ispettore Rooth, e anche se ciò che accadde al termine delle quattro ore trascorse insieme non fosse successo, probabilmente si sarebbe comunque ricordata di lui.

 

O almeno così credeva in quelle ore.

 

"Sei sposata, vero?" esordì Rooth prima ancora che salissero in macchina. "Me l'ha detto Münster."

 

"È vero" rispose Beate Moerk. "E tu?"

 

"Single" disse Rooth. "Come un melo in una taiga. Avrai anche dei bambini, immagino."

 

"Due" disse Beate Moerk.

 

"E nessun progetto di separarti?"

 

"No."

 

"Che peccato" disse Rooth. "Non è facile per un uomo stare solo."

 

Beate Moerk rifletté.

 

"Mi sembrava che avessi detto che avresti fatto le parole crociate e ti saresti pulito le unghie. Quando hai intenzione di cominciare?"

 

"Limato" disse Rooth. "Non pulito. No, credo che parleremo un po' di filosofia e dei massimi sistemi, invece. Tanto per cominciare. Che ne dici?"

 

"Volentieri" disse Beate Moerk. "Però adesso accendi il motore, così potremo muoverci prima che Hennan abbia fatto in tempo a dileguarsi."

 

Rooth la guardò con aria triste e fece come gli era stato detto.

 

"Non possiamo ripercorrere un po' il caso?" propose lei quando ebbero parcheggiato di fronte alla villa dei Nolan in Wackerstraat. "Dobbiamo appostarci proprio qui, a proposito?"

 

Rooth si strinse nelle spalle.

 

"Non lo so di preciso" disse. "Tu che ne pensi?"

 

"Se vogliamo che lui ci noti è perfetto" disse Moerk, guardando verso la casa. "Se due persone passano tutto il pomeriggio a bordo di un'auto in un quartiere residenziale come questo..."

 

"... o sono dei poliziotti, oppure una coppia di amanti" proseguì Rooth. "Forse è meglio se fingiamo di essere una coppia di amanti, in modo che non ci smascherino."

 

"Sì, baciami" disse Beate Moerk.

 

"È proprio quello che avevo in mente" disse Rooth.

 

Lei lo fulminò con lo sguardo e valutò rapidamente se mollargli un ceffone, ma poi si trattenne.

 

"Piantala con queste stupidaggini sessiste" disse invece. "Ti rendi solo ridicolo."

 

Rooth la guardò stupefatto. Poi si grattò sotto il mento.

 

"Scusami" disse. "È solo la mia vecchia vita da libertino che gioca brutti scherzi. È sempre così, quando c'è una bella donna nelle vicinanze. Forse dovremmo metterci un po' più defilati, non credi?"

 

Rooth riavviò il motore e spostò indietro l'auto di una decina di metri. Avevano ancora una buona visuale sulla villa, ma finché Nolan non fosse uscito in giardino, probabilmente non si sarebbe accorto di loro. Rooth spense il motore. Moerk guardò l'ora. Erano le due e venti.

 

"Il problema" disse Rooth. "Quel dannato problema è incomprensibile. Ma se mettiamo insieme le nostre teste, forse riusciremo a risolverlo."

 

Beate Moerk rifletté velocemente se ci fosse qualche riferimento sessuale nell'espressione "mettere insieme le teste", ma quando incrociò gli occhi blu di Rooth decise per il no.

 

"Alright" disse. "Comincia!"

 

"Verlangen era alcolista" disse Rooth.

 

"Vero."

 

"Non molto lucido, probabilmente."

 

"Probabilmente no."

 

"Ma qualcosa fa pensare che abbia trovato una prova decisiva su quell'omicidio a Linden."

 

"Sì."

 

"Come può esserci riuscito? Che cosa intendeva?"

 

Beate Moerk rifletté qualche secondo.

 

"Deve aver notato G e averlo riconosciuto" disse. "O almeno tutto deve essere partito da lì."

 

"Possibile" disse Rooth.

 

"Dove? Dove l'avrà visto?"

 

"Buona domanda. Maardam, con ogni probabilità."

 

"In aprile?"

 

"O subito prima."

 

"Mmm... Verlangen lo vede per puro caso... ma non basta."

 

"Perché non basta?" domandò Rooth, e sistemò lo specchietto retrovisore in modo che potessero guardarsi negli occhi senza dover girare la testa.

 

"Dev'esserci stato qualcosa di più. Verlangen non aveva nessun motivo di seguire Hennan, solo perché l'aveva incrociato quindici anni dopo. A meno che non fosse completamente fuori di sé..."

 

"Sì, è verosimile" disse Rooth. "Ma forse non ha scoperto niente qui a Kaalbringen, non credi?"

 

"Non saprei. Secondo te ha parlato con Hennan?"

 

"Dove? A Maardam?"

 

"A Maardam e a Kaalbringen... quantomeno qui."

 

"Secondo me ha parlato con G anche a Maardam" disse Rooth. "E Hennan può aver detto qualcosa, che... che ha svelato un dettaglio importante. O che ha indotto Verlangen a porsi delle domande."

 

Beate Moerk rimase in silenzio.

 

"Che cosa può aver svelato, in tal caso?" domandò poi. "Il nome del complice, forse? Perché doveva esserci un complice in quell'omicidio, o sbaglio?"

 

"Pare proprio di sì" disse Rooth sospirando. "Ma torniamo alla solita domanda. Perché Hennan dovrebbe essere così stupido da tradirsi con uno come Verlangen? Credo che in questo ragionamento ci sia qualcosa che non va, l'ho sempre pensato."

 

"Proponi una valida alternativa, allora" lo esortò Beate Moerk.

 

"Non ho altre idee" ammise Rooth. "Ma proprio adesso mi è venuta in mente una cosa. Come facciamo a essere sicuri che è in casa?"

 

"Eh?"

 

"Magari stiamo sorvegliando un'abitazione vuota."

 

Beate Moerk rifletté di nuovo.

 

"Stupido" disse. "Sarebbe stupido. Che facciamo?"

 

"Questo" disse Rooth, e tirò fuori il cellulare. "Telefoniamo e controlliamo se risponde."

 

"Geniale" disse Beate Moerk.

 

"La genialità è sempre stata il mio forte" affermò l'ispettore Rooth e fece il numero.

 

Dopo tre squilli si udì la voce di Christopher Nolan e Rooth chiuse la comunicazione.

 

"Okay" commentò. "È in casa. Almeno adesso lo sappiamo."

 

"Potrebbe filarsela dal retro" puntualizzò Moerk. "E sparire nel bosco."

 

"Ma non lo farà" disse Rooth. "Non sa nemmeno che siamo qui. Ma se vuoi girare intorno al giardino di nascosto e appostarti in mezzo ai cespugli, fai pure. Anche se in questo caso ti perderesti la mia compagnia."

 

Beate Moerk non fece in tempo a valutare i pro e i contro di una simile iniziativa, poiché in quello stesso istante una Hyundai color argento passò loro accanto e s'infilò nel vialetto. La signora Nolan scese dall'auto, prese una valigetta nera dal sedile posteriore ed entrò in casa. Rooth guardò l'ora.

 

"Le tre e undici" disse. "Elizabeth Nolan torna a casa dopo una giornata alla galleria. Concorderai che è eccitante fare il poliziotto, ispettore Moerk."

 

"Terribilmente" disse Beate Moerk.

 

Trascorsero esattamente un'ora e due minuti prima che succedesse qualcosa di altrettanto drammatico.

 

La signora Nolan uscì dalla porta. Salutò con un gesto il marito dal vestibolo, raggiunse l'auto, si sedette al volante e si avviò verso il centro di Kaalbringen.

 

"Aha?" disse Rooth, che nell'ultima mezz'ora, non avendo pranzato, era stato sul punto di addormentarsi.

 

"Mmm" fece Moerk.

 

Si accorse che non aveva più nemmeno la forza di cercare le parole.

 

"Ecco che se ne va di nuovo" disse Rooth e sbadigliò. "Sai cosa stavo pensando?"

 

"No" disse Moerk. "Cosa stavi pensando?"

 

"Ecco, non è che venendo qui siamo passati davanti a un chiosco? Vicino alla stazione... Penso che farò quattro passi per comprare un giornale e qualcosa da mangiare. Tu nel frattempo potresti telefonare al quartier generale e pregarli di fornirci un po' d'istruzioni, che ne pensi?"

 

Moerk si raddrizzò sul sedile e annuì.

 

"E chiedere se hanno qualcosa contro le piaghe da decubito."

 

Lui scese dall'auto e si incamminò lungo Wackerstraat. Beate Moerk aspettò finché non fu fuori dalla visuale, poi compose il numero della stazione di polizia.

 

Fu l'aspirante Stiller a rispondere.

 

"Come sta andando?" volle sapere.

 

"Andando?" disse Beate Moerk. "Non succede un accidente. Anzi, sì, la signora Nolan è uscita di nuovo. L'ipotesi, ancora non confermata, è che sia andata a fare la spesa."

 

"Interessante" commentò Stiller. "Vi state annoiando?"

 

"Un bel funerale ci darebbe un po' di carica" disse Moerk. "Avete deciso quando verrete a darci il cambio?"

 

"Un istante" disse Stiller coprendo il microfono con una mano.

 

Lei cercò di capire cosa stesse dicendo, ma non riuscì a distinguere le parole.

 

"Sì, pronto" riprese Stiller dopo una quindicina di secondi. "Dovrete resistere ancora per un paio d'ore. Io e Münster saremo lì alle sei."

 

"Avete sentito Van Veeteren e Bausen?" domandò Beate Moerk.

 

"Sì. Anche loro ritengono che si debba aspettare che faccia sera."

 

Beate Moerk sospirò.

 

"Allora d'accordo."

 

Chiuse la comunicazione e guardò verso la villa.

 

Non si era mossa.

 

In seguito, ripensando a quanto era successo fra le sei meno dieci e le sei meno cinque, Beate Moerk non poteva fare a meno di ricordare l'incidente del sacchetto della spesa.

 

Elizabeth Nolan aveva appena parcheggiato nel vialetto; Rooth aveva constatato che perfino a Kaalbringen c'era un ipermercato Merckx - aveva riconosciuto il logo sui sacchetti che la donna stava recuperando dal sedile posteriore per posarli ai margini del prato ben curato. Beate Moerk aveva dato un'occhiata all'orologio; erano le sei meno dieci.

 

Elizabeth Nolan chiuse la portiera, prese i due sacchetti traboccanti, uno per mano, e quando li sollevò uno dei manici si ruppe.

 

Una montagna di cibo rotolò sull'erba; Moerk e Rooth poterono vedere - più che udire - la donna lanciare una lunga imprecazione. La signora Nolan esitò un istante, poi portò in casa il sacchetto intero e tornò mezzo minuto dopo con una scatola di cartone marroncino.

 

Nel frattempo Moerk si chiese con una certa irritazione perché il marito non venisse a darle una mano.

 

Tipico culo pesante, pensò. Di sicuro sarà seduto davanti alla tv a guardarsi la partita!

 

Era una supposizione del tutto errata, come di lì a poco si sarebbe resa conto.

 

La signora Nolan entrò in casa con il cartone stracolmo fra le braccia. Con una certa difficoltà, si richiuse la porta alle spalle.

 

Rooth guardò Moerk. Moerk guardò Rooth. Rooth sbadigliò e guardò l'ora.

 

"Sei minuti al cambio" informò. "Davvero dopo non vuoi venire con me a mangiare un boccone?"

 

Beate Moerk declinò l'invito per la quinta volta. Poi la porta della villa si aprì di nuovo. Elizabeth Nolan uscì di corsa.

 

Si precipitò sul prato premendosi le mani sulle tempie, i gomiti in fuori. Dopo qualche passo si bloccò, vacillando avanti e indietro. Poi cadde di lato e rotolò sul ventre.

 

Moerk e Rooth la raggiunsero contemporaneamente. Insieme la voltarono: la donna emetteva deboli lamenti e pareva in stato d'incoscienza; la bocca e gli occhi erano semiaperti. Rooth la prese per il mento e lo scosse piano.

 

"Come si sente?" chiese Beate Moerk. "Che cos'è successo?"

 

La donna si rianimò. Li fissò stupita per qualche secondo. Quindi indicò verso la casa e mosse le labbra.

 

"Come dice?" chiese Rooth.

 

Lei chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Poi li riaprì.

 

"In bagno" sussurrò con un filo di voce. "È dentro la vasca."

 

Rooth la fissò a occhi sgranati, poi guardò Beate Moerk.

 

Dopo di che entrambi si precipitarono all'interno della villa.

 

Lo trovarono subito. Il bagno era in fondo all'ingresso a forma di L, e la donna aveva lasciato la porta aperta.

 

Nella vasca, piena d'acqua fino all'orlo, giaceva Christopher Nolan. La testa poggiava sul bordo e l'acqua era talmente rossa che per una frazione di secondo Beate Moerk arrivò a pensare che fosse quasi bella.

 

"Cazzo!" urlò l'ispettore Rooth. "Maledizione!"

 

"Che cosa succede?" si udì una voce dall'ingresso.

 

Era Münster. Beate Moerk arretrò uscendo dal bagno, si voltò e lo incrociò nel punto in cui l'ingresso disegnava un gomito.

 

"Cos'è successo?" ripeté Münster. "Eravamo appena arrivati per darvi il cambio. La signora Nolan sembra in stato di shock, e..."

 

"Non occorre più nessun cambio" disse Beate Moerk. "Hennan si è tolto la vita. È là dentro."

 

Passò oltre Münster. Uscì dalla porta e vide l'aspirante Stiller accovacciato accanto a Elizabeth Nolan, che era ancora distesa sul prato.

 

Tutt'a un tratto, un raggio di sole ormai al tramonto le colpì gli occhi, e Beate provò una nostalgia dolorosa dei suoi bambini.