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Silwerstein cominciò nel modo più semplice possibile.

 

"Ha ucciso lei sua moglie, Barbara Hennan, la sera di giovedì 5 giugno?"

 

"No."

 

"Ha incaricato qualche altra persona perché lo facesse?"

 

"No."

 

La voce di Hennan era forte e chiara. Van Veeteren si accorse di essere rimasto seduto col fiato sospeso, in attesa dei due no - e come lui tutta l'aula. Era la stessa tensione trattenuta prima del sì degli sposi a un matrimonio. Il commissario rifletté brevemente su quanto siano semplici i nostri criteri.

 

Un sì oppure un no. L'ago della bilancia.

 

"Ha ucciso la sua allora consorte, Philomena McNaught, durante un viaggio nel parco di Bethesda, negli Stati Uniti, nel giugno del 1983?"

 

L'avvocato difensore balzò in piedi.

 

"Obiezione. Il mio cliente non è accusato di fatti avvenuti quattro anni fa."

 

Il giudice Hart cambiò occhiali e la fissò un istante con un interesse quasi scientifico. Come un biologo che aveva appena scoperto uno strano organismo vivente e che cercava di stabilire a che specie appartenesse.

 

"L'avvocato saprà certamente che i precedenti dell'imputato possono aiutarci a ottenere informazioni utili" tuonò, puntandole contro la stanghetta degli occhiali come un'arma. "Prego, si sieda! Signor Hennan, voglia essere così gentile da rispondere alla domanda del pubblico ministero."

 

Hennan annuì.

 

"No" disse. "Non ho ucciso Philomena. Eravamo in viaggio di nozze, io l'amavo."

 

Motivazione banale, pensò Van Veeteren cupo. Ma pur sempre una motivazione.

 

"Che professione svolge?" continuò Silwerstein.

 

"Sono un uomo d'affari."

 

"Un uomo d'affari?"

 

"Sì."

 

"Di quale genere di affari si occupa?"

 

Hennan si piegò in avanti e appoggiò le mani sulla sbarra. Van Veeteren notò che quel giorno portava la vera nuziale. Durante gli interrogatori in centrale non gliel'aveva mai vista.

 

"Come forse sapete, io e mia moglie eravamo appena arrivati dagli Stati Uniti, quando è successa la disgrazia... A Denver avevo una ditta d'importazioni, ed era nei miei progetti fare lo stesso a Linden."

 

"Una ditta d'importazioni?" domandò Silwerstein. "Cosa importate?"

 

"Come ho cercato di spiegare, non ho ancora avuto modo di avviare l'attività. A Denver importavo frutta e verdura in scatola dal Sudest asiatico, ma anche prodotti tecnologici. Ci vuole tempo per partire."

 

Fino a quel momento Silwerstein era rimasto fermo sullo stesso punto, tre metri davanti all'imputato; ora fece due passi di lato e si voltò verso la giuria.

 

"Perciò si può affermare che la sua azienda non si dedicava ancora a nessuna attività in particolare?"

 

"No, naturalmente non..."

 

"Si potrebbe sostenere che si trattava soltanto di una copertura?"

 

"Temo di non capire a cosa si riferisca."

 

"No? Invece io credo che lo capisca fin troppo bene. Non è forse vero, signor Hennan, che lei aveva un unico scopo, quando si è trasferito qui da Denver? Come aveva già fatto con Philomena McNaught, sbarazzarsi di sua moglie e intascare i soldi dell'assicurazione? Un milione e..."

 

"Obiezione!" gridò l'avvocato difensore. "Il pubblico ministero sta formulando accuse prive di qualsiasi fondamento. Mi vedo costretta a..."

 

"Grazie" la interruppe il giudice Hart. "Può bastare. Posso chiedere alla pubblica accusa di moderarsi un po'?"

 

Silwerstein annuì sottomesso.

 

"Ha sottoscritto un'assicurazione sulla vita di sua moglie con la F/B Trustor, giusto?"

 

"Sì."

 

"Vuole illuminare la corte circa l'entità di tale polizza assicurativa?"

 

Hennan si schiarì la voce.

 

"Un milione e duecentomila."

 

"Un milione e duecentomila corone?"

 

"Sì."

 

"Non trova che sia una somma insolitamente elevata?"

 

"No."

 

Silwerstein distolse nuovamente lo sguardo dall'imputato.

 

"Se conducessimo un'indagine in quest'aula" disse, allargando il braccio in un gesto teatrale, "quanti potrebbero avere un'assicurazione per una cifra simile? Io arrivo a centocinquantamila, ho parlato proprio ieri con la mia assicurazione, e pensano che sia una somma piuttosto alta. Le ripeto la domanda, signor Hennan. Non trova che un milione e duecentomila corone sia una somma insolitamente elevata?"

 

"Non saprei" disse Hennan. "Negli Stati Uniti non è così strano... ho pur sempre vissuto lì otto anni."

 

Il pubblico ministero cercò di mostrarsi soddisfatto. Fece qualche passo avanti e indietro prima di fermarsi di nuovo davanti a Hennan.

 

"Esatto" disse. "Lei ha agito proprio come in America. Può dirci l'entità della somma che le è stata liquidata a seguito della morte di Philomena McNaught?"

 

"Obiezione" s'intromise ancora una volta Van Molde. "Non ha assolutamente nulla a che fare con..."

 

"Respinta" disse Hart senza nemmeno degnare di uno sguardo l'avvocato. "La invito a rispondere alla domanda, signor Hennan."

 

"Quattrocentomila" disse Hennan.

 

"Corone?" domandò Silwerstein.

 

"Dollari" specificò Hennan.

 

"Quattrocentomila dollari?" ripeté Silwerstein scandendo le parole. Appoggiò l'indice sulla punta del mento e finse di calcolare. "Corrispondono più o meno a ottocentomila corone, esatto?"

 

"Grosso modo" disse Hennan. "Non so quale sia il cambio al momento."

 

"No? Be', riassumendo la situazione, risulta che lei nell'arco di cinque anni si è liberato di due mogli in circostanze poco chiare, intascando complessivamente due milioni di corone. Non le sembra piuttosto... strano?"

 

Hennan rimase in silenzio e fissò la fede al dito. Il pubblico ministero fece una breve pausa.

 

"È al corrente del fatto che sua moglie si sentiva minacciata da lei?"

 

Hennan sollevò lo sguardo e fissò uno per uno i membri della giuria.

 

"Barbara non si sentiva minacciata. Sono solo sciocchezze."

 

"Signor giudice, vorrei poter esprimere la mia protesta" intervenne l'avvocato. "Se la pubblica accusa continuerà a lanciare accuse prive di fondamento..."

 

"Mmm" ringhiò il giudice Hart. Cambiò di nuovo occhiali e guardò in cagnesco Van Molde. "Si dia una regolata, adesso, avvocato! Se vuole, protesti per qualsiasi cosa. Ma la smetta di parlare a vanvera!"

 

L'avvocato tornò a sedersi. Hart si rivolse a Silwerstein.

 

"Ci spieghi a cosa alludeva" disse. "In che senso, minacciata?"

 

Silwerstein fece un piccolo inchino di fronte al giudice.

 

"Dunque lei non ne era al corrente?" domandò.

 

"Di cosa?" disse Hennan.

 

"Del fatto che sua moglie era preoccupata che potesse accaderle qualcosa."

 

"Non era preoccupata e non si sentiva minacciata, ho detto."

 

"Allora perché avrebbe ingaggiato un investigatore privato per farla pedinare?"

 

"Non lo so" disse Hennan, allargando le braccia.

 

"Ma ne era al corrente?"

 

"L'ho saputo dopo dalla polizia. Allora non lo sapevo... e continuo a dubitarne."

 

"Dubita del fatto che sua moglie la stesse facendo sorvegliare da un detective privato?"

 

"Sì. Non c'è... non c'era nessun motivo per farlo."

 

"Ma davvero" disse Silwerstein. "Io sono di tutt'altro avviso. Se si fosse rivolta a un investigatore più competente - o alla polizia - ecco, forse sarebbe ancora viva."

 

"Obiezione!" urlò l'avvocato, con un tono che tradiva una certa impotenza.

 

"Accolta" disse Hart. "I signori della giuria sono invitati a non tenere conto dell'ultima affermazione della pubblica accusa."

 

Silwerstein fece qualche altro passo, si fermò accanto all'imputato e appoggiò il gomito alla sbarra.

 

"Può raccontarci cosa fece la mattina di giovedì 5 giugno?" chiese.

 

"Avevo parecchie cose da fare a casa" spiegò Hennan. "Sono andato in ufficio in tarda mattinata."

 

"In particolare mi riferisco alla piscina."

 

"Doveva essere pulita."

 

"Ci spieghi cosa fece."

 

"La svuotai. Lo sapete già."

 

"Tolse tutta l'acqua?"

 

"Sì."

 

"E come mai?"

 

"Perché è così che si fa. Andava pulita e c'erano alcune piccole crepe da riparare."

 

"Sua moglie lo sapeva?"

 

"Ovvio."

 

"Era a casa mentre lei svuotava la piscina?"

 

"No, era già partita per Aarlach."

 

"Capisco. Perciò lei svuota la piscina durante la mattinata, passa il pomeriggio nel suo cosiddetto ufficio e la sera sua moglie, quando torna da Aarlach, si tuffa e rimane uccisa. Secondo lei è andata così, signor Hennan? Sua moglie si sarebbe tuffata da un'altezza di oltre dieci metri - di testa - in una piscina che sapeva essere vuota!"

 

"Non so in che altro modo spiegarlo" disse Hennan. "Era sdraiata sul fondo della vasca, quando sono tornato. Cosa volete che creda?"

 

"A me non interessa quello che crede" disse il pubblico ministero. "Ma so quello che vuol far credere a noi. Non ci riuscirà, signor Hennan. Si rende conto di quanto sia poco plausibile tutta la faccenda?"

 

"Non ho nessun'altra spiegazione" ribadì Hennan.

 

"Io sì, invece" ribatté Silwerstein. "Una spiegazione alla quale sono convinto che tutti i presenti in quest'aula saranno propensi a credere. Sua moglie non è morta per una disgrazia. È morta perché qualcuno prima l'ha tramortita e poi l'ha spinta dal punto più alto del trampolino. Qualcuno che lei ha ingaggiato per commettere il misfatto. Un sicario. Non le sembra una spiegazione molto più plausibile della...?"

 

"Obiezione" ringhiò l'avvocato. "Il pubblico ministero è in grado di dimostrare un'accusa così grave con qualche prova? Un sicario! Ci vogliono le prove!"

 

Una certa inquietudine cominciò a serpeggiare fra il pubblico e Hart batté forte col martelletto.

 

"Ordine!" gridò. "Obiezione respinta, ma sarà cura del pubblico ministero avvalorare la sua affermazione."

 

"È il buonsenso stesso ad avvalorarla" dichiarò Silwerstein con convinzione dopo una pausa teatrale. "Il buonsenso! E se ce ne fosse bisogno, un milione e duecentomila corone! E se anche questo non bastasse: Philomena McNaught e quattrocentomila dollari! Non ho altre domande."

 

Dopo di che si produsse in un nuovo, discreto inchino e si sedette al suo posto.

 

L'avvocato difensore Van Molde si alzò.

 

"Dove si trovava la sera del 5 giugno, signor Hennan?"

 

"Al ristorante Colombine, a Linden."

 

"Da che ora a che ora, grosso modo?"

 

"Arrivai dopo le sette e mezzo e mi fermai fino a mezzanotte e mezzo circa."

 

"Lasciò il ristorante nel corso della serata?"

 

"No."

 

"Grazie." L'avvocato si rivolse al giudice. "Ho qui delle testimonianze scritte da parte del personale del Colombine, secondo le quali Jaan G. Hennan è rimasto al ristorante tutta la sera. Non li ho chiamati a deporre, poiché nel pomeriggio sentiremo un altro testimone che riferirà la stessa cosa. Secondo il medico legale, il dottor Meusse, Barbara Hennan è deceduta fra le nove e mezzo e le dieci e mezzo di giovedì 5 giugno. In questo intervallo di tempo, così come per il resto della serata, l'imputato si trovava al ristorante Colombine. Quindi non può, ripeto, non può aver ucciso sua moglie. Ha ingaggiato qualcuno per farlo, signor Hennan?"

 

"Naturalmente no."

 

"Naturalmente no, ecco. Amava sua moglie, signor Hennan?"

 

"Sì. Ci amavamo molto."

 

"Grazie. È sua opinione che sia un diritto in questo paese sottoscrivere un'assicurazione per qualcuno che amiamo?"

 

"Lo spero bene."

 

"Lo spero anch'io. Grazie, non ho altre domande."

 

Prima di lasciare il banco dei testimoni, Hennan rimase seduto ancora qualche secondo, come se volesse aggiungere qualcosa. Passò lo sguardo sul pubblico, e quando vide Van Veeteren in seconda fila si fermò un istante e fece una sorta di cenno pensoso col capo, che la maggior parte dei presenti non poté cogliere. Poi si alzò e riprese il suo posto accanto all'avvocato.

 

Che bastardo, pensò Van Veeteren, e fu costretto a trattenere l'impulso di alzarsi. Alzarsi e abbandonare l'aula. Perché faccio così fatica a controllarmi? si chiese. Perché vorrei aggredirlo ogni volta che mi guarda? Dannazione, non sarei dovuto venire.

 

Serrò i pugni e chiuse gli occhi. Il giudice Hart cambiò occhiali e chiamò alla sbarra il direttore Kooperdijk.

 

Le domande che il pubblico ministero e l'avvocato della difesa posero al corpulento direttore della compagnia di assicurazioni non offrirono nessuna sorpresa. Le risposte di Kooperdijk furono sicure e prevedibili fin nei minimi dettagli. Mentre il direttore rispondeva alle domande, il commissario valutò - così come fecero sicuramente molti dei presenti - se non fosse il caso di stipulare una polizza con la F/B Trustor. Se la compagnia era disposta a sottoscrivere accordi così generosi - e a pagare le somme pattuite (sì, certo che c'è liquidità sufficiente, dichiarò Kooperdijk) - allora ci avrebbero guadagnato sia la F/B Trustor che i suoi clienti.

 

Kooperdijk lasciò il banco dei testimoni meno di venti minuti dopo. L'orologio segnava le dodici meno un quarto e il giudice Hart aggiornò la seduta alle tredici e trenta. Invitò tutti a essere puntuali e picchiò il martelletto sul codice.

 

Van Veeteren andò a pranzo al Colombine. A Linden non c'erano molti posti dove mangiare, e il menu del Colombine non prevedeva l'Hawaiiburger Special.

 

Scelse il filetto di vitello innaffiandolo con due calici di costoso ma ottimo Rioja. Potrei essere allo stesso tavolo a cui era seduto Hennan quella sera, pensò. Poi si chiese se avesse davvero intenzione di assistere all'udienza del pomeriggio.

 

Non ne aveva nessuna voglia, concluse, ma un oscuro senso del dovere lo indusse a tornare in aula.

 

Until the bitter end, pensò cupamente. Speriamo che Verlangen riesca a combinare qualcosa!

 

Ma il pubblico ministero chiamò a testimoniare Doris Sellneck.