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"Chiuso per ferie!" disse Stiller. "C'era da scommetterci."

 

Beate Moerk fissò il cartello sulla vetrina.

 

"Riaprono lunedì" lesse. "Perfetto."

 

"Che facciamo adesso?" chiese Stiller.

 

Beate Moerk ci pensò su un paio di secondi.

 

"Il proprietario si chiama Baagermaas o qualcosa del genere, mi pare. Non è mica detto che sia andato in vacanza in Africa."

 

"In Africa?" disse Stiller.

 

"O a Maiorca o alle Maldive" continuò Beate Moerk. "Cerchiamolo sull'elenco del telefono e proviamo a chiamarlo."

 

"Okay" disse Stiller e fece il numero della stazione di polizia sul suo cellulare.

 

Un minuto più tardi aveva ricevuto l'informazione dalla signorina Miller, che spiegò inoltre che il nome esatto era Maagerbaas. Stiller compose il numero e qualcuno rispose dopo nemmeno due squilli.

 

"Pronto?"

 

"Erwin Maagerbaas?"

 

"Sì."

 

"Qui è la polizia. È in casa fra un quarto d'ora?"

 

"Eh? S... sì, sono in casa. Di cosa si tratta...?"

 

"Normale routine. L'indirizzo è Oostwerdingen Allé 32?"

 

"Sì, esatto."

 

"Grazie, allora ci vediamo fra poco" disse Stiller e chiuse la conversazione.

 

Sta cominciando a crescere, pensò Beate Moerk, e aprì la portiera della macchina.

 

Erwin Maagerbaas non aveva l'aria di essere stato in vacanza né a Maiorca né in Africa. Piuttosto, da qualche parte nel bosco. Era pallido e sciupato. Fece accomodare Moerk e Stiller nel suo appartamento di Oostwerdingen Allé. Starnutì tre volte e spiegò che era a letto malato da qualche giorno.

 

Adesso stava migliorando e forse avrebbe avuto la forza di rispondere a qualche domanda.

 

Beate Moerk gli porse la fotografia di Verlangen.

 

"Riconosce quest'uomo?" domandò. "Abbiamo motivo di credere che sia stato nel suo negozio."

 

Maagerbaas si mise un paio di occhiali con la montatura di corno e studiò attentamente l'immagine.

 

"Mah" disse. "È possibile... mi sembra di riconoscerlo, ma non saprei."

 

"È piuttosto importante per noi" disse Stiller.

 

"Be', ho parecchi clienti. Quando sarebbe successo? Sono chiuso da metà agosto."

 

"Lo sappiamo" disse Moerk. "Ecco, quest'uomo dovrebbe essere venuto da lei in aprile."

 

"Aprile?" esclamò Maagerbaas e cominciò a tossire. "Come faccio a ricordarmi di qualcuno che è stato in negozio quasi sei mesi fa? Non è uno dei miei clienti abituali, in ogni caso, ne sono sicuro. Che cosa doveva fare?"

 

"Probabilmente ha lasciato soltanto una pellicola da sviluppare" rispose Stiller. "E poi è venuto a ritirarla..."

 

"Perché lo cercate?"

 

Moerk scambiò un'occhiata con il collega.

 

"Non ha letto i giornali?" chiese. "Abbiamo emesso un comunicato di ricerca su di lui lunedì."

 

"Sul Journaal?"

 

"Sì."

 

"Sono stato via un paio di settimane. Sono tornato ieri."

 

"Capisco" disse Beate Moerk. "Dunque non è in grado di dire se questa persona sia stata o meno nel suo negozio?"

 

Maagerbaas si strinse nelle spalle e starnutì un'altra volta.

 

"No."

 

Stiller si schiarì la gola.

 

"Mi scusi... se le ha lasciato una pellicola da sviluppare in aprile, sarebbe possibile trovare un riscontro?"

 

Maagerbaas si tolse gli occhiali, ci alitò sopra un paio di volte e li ripose in un astuccio marrone.

 

"Sì" disse. "Sarebbe registrato nel computer, ma..."

 

"Splendido" disse Beate Moerk. "Può accompagnarci, così verifichiamo?"

 

"Adesso?" chiese Maagerbaas, con aria riluttante.

 

"Subito" spiegò Stiller. "Si tratta di un omicidio, signor Baagermaas, non gliel'avevamo detto?"

 

"Maagerbaas" lo corresse Moerk.

 

Dieci minuti dopo erano di nuovo al Foto Blix in Hoistraat. Erwin Maagerbaas accese il computer e li invitò a sedersi.

 

"È piuttosto vecchio" spiegò. "Di solito ci mette un po' ad avviarsi. Come si chiamava?"

 

Beate Moerk si rese conto di non aver ancora pensato a quel punto.

 

"Provi con Verlangen" disse.

 

Maagerbaas aspettò ancora un momento, poi inserì il nome.

 

"Niente" disse. "Mi dispiace."

 

"Sommers" disse Stiller. "Provi con Henry Sommers."

 

Maagerbaas li guardò un attimo con stupore, facendo come gli era stato chiesto.

 

Una possibilità su mille, pensò Beate Moerk cupamente, mentre l'uomo premeva sui tasti.

 

"In effetti, un Sommers c'è" disse Maagerbaas, facendo un colpo di tosse catarrosa. "15 aprile, può essere?"

 

Beate Moerk si affrettò a girare intorno al bancone e guardò lo schermo.

 

"Quadra perfettamente" spiegò. "Cosa significa? Che le ha lasciato una pellicola?"

 

"Sì" rispose Maagerbaas, controllando meglio. "L'ha lasciata, ma non..."

 

"Non...?"

 

"Mmm... non ha ritirato le stampe."

 

"Non ha...?"

 

Le occorsero tre secondi per capire cosa significava. O poteva significare. Stiller la precedette di una frazione di secondo.

 

"Che diavolo sta dicendo?" esclamò. "Non ha ritirato le stampe? Significa che..."

 

"... che sono ancora qui?" completò Beate Moerk.

 

Maagerbaas si soffiò il naso a lungo.

 

"Probabile. Di solito le tengo da parte circa un anno, capita che i clienti se ne dimentichino... Prima telefono per ricordarglielo... io o il mio assistente. Ma in questo caso evidentemente non è servito. Fra l'altro quest'uomo non ha nemmeno lasciato un numero di telefono."

 

"Dove?" disse Stiller. "Dove le tiene, le foto?"

 

"Dove?" disse Erwin Maagerbaas. "Saranno di là in ufficio. Ho un armadio con tutte le fotografie non ritirate. Volete...?"

 

"Come no!" disse Beate Moerk. "Oh, mio Dio..."

 

"Oh, mio Dio!" concordò il capo della polizia deKlerk un'ora dopo. "Ventiquattro fotografie scattate dalla vittima, dovrebbe essere un bel passo avanti."

 

Le fotografie erano sparse sul tavolo della sala riunioni e i presenti le avevano fissate a lungo. Uno per uno. Il sovrintendente Münster e l'ispettore Rooth. Il capo della polizia. Moerk e Stiller, che erano arrivati con le stampe mezz'ora prima. Ogni singola fotografia era passata di mano in mano. Ventiquattro in totale. Tutti le avevano studiate con attenzione. Nessuno aveva esclamato "aha!" o usato l'espressione "passo avanti" prima che lo facesse deKlerk.

 

Il problema era il soggetto delle fotografie.

 

Ritraevano una casa.

 

Sempre la stessa casa.

 

Che compariva in ogni singola, dannatissima foto, per citare l'ispettore Rooth.

 

Una villa a un piano, piuttosto grande, ripresa da angolature diverse; quattro, per l'esattezza. Due dal davanti e due dal retro: diciannove immagini avevano catturato il lato posteriore della casa, un fazzoletto di prato, due alberi da frutto nodosi, forse meli, un certo numero di piccoli cespugli, probabilmente di berberis, un vasto terrazzo con un tavolo e quattro sedie verdi. La facciata era rivestita di mattoni rossi, il tetto era di ardesia scura; Münster ipotizzava che risalisse agli anni Cinquanta o ai primi anni Sessanta, e i colleghi sembravano d'accordo. In un certo numero di immagini comparivano un uomo e una donna; l'uomo undici volte, la donna otto; in sei foto erano insieme. Entrambi erano sempre vestiti nello stesso modo; tutte le immagini sembravano scattate lo stesso giorno. In un intervallo di tempo piuttosto breve, forse un'ora, a giudicare da luci e ombre.

 

Quanto alla macchina fotografica, deKlerk riteneva che si trattasse di un apparecchio piuttosto semplice. Sul retro la casa era stata ripresa sempre dalla medesima distanza, intorno ai venticinque metri; non era stato usato uno zoom, le espressioni sui volti dell'uomo e della donna erano difficili da decifrare, i lineamenti piuttosto confusi.

 

L'uomo, fra i sessanta e i settant'anni, pareva più anziano della donna. Aveva i capelli e la barba corta entrambi brizzolati. Indossava pantaloni scuri e una camicia celeste con le maniche arrotolate. La donna portava un paio di jeans e una maglia nera a maniche lunghe; i capelli scuri erano raccolti in una semplice coda di cavallo. In quasi tutte le foto i due erano sulla terrazza, in piedi o seduti. C'era il sole e sul tavolo si intravedevano tazze da caffè, un thermos, giornali e libri. In tre scatti la donna teneva in mano una sigaretta. In due, l'uomo portava gli occhiali.

 

Era tutto.

 

"Quel fesso ha fotografato una casa" commentò Rooth. "Ventiquattro volte! Gran lavoro d'indagine, complimenti. Se non fosse morto, dovremmo riprenderlo in polizia."

 

"Non ci dice nulla di particolare" disse deKlerk.

 

"Siete sicuri di non riconoscere la casa?" domandò Münster.

 

DeKlerk scosse la testa.

 

Moerk e Stiller scossero la testa.

 

"Purtroppo no" disse Moerk. "Sembrano benestanti... ma non è nemmeno sicuro che la casa sia a Kaalbringen."

 

"Deve trovarsi a Kaalbringen, accidenti" disse Rooth. "Perché Verlangen dovrebbe venire qui per fotografare una casa che si trova ad Amburgo? O a Sebastopoli?"

 

"Certo, certo" disse il capo della polizia, tirandosi il naso pensieroso. "L'ispettore Rooth probabilmente ha ragione. Ma cosa mi dite dell'uomo nelle foto? Potrebbe essere Hennan?"

 

Münster gettò un'occhiata a Rooth prima di rispondere.

 

"È molto probabile" disse. "Perché no? Potrebbe essere chiunque, ma se queste foto devono avere un senso... sono disposto a scommettere che è Jaan G. Hennan. Chi sia la donna non saprei, ma perché non dare per scontato che sia la sua nuova moglie?"

 

"Ehi" fece Beate Moerk. "Conclusioni ardite, mi sento di dire. D'altra parte, tenendo conto di un certo margine d'errore, dove ci porta tutto questo? Se Hennan abita veramente a Kaalbringen, ha tutto il diritto di farlo, no?"

 

"Non se ha piantato una pallottola in testa a Verlangen" ribatté Rooth e tirò fuori da una tasca quella che sembrava essere una tavoletta di cioccolato mangiata per metà. "Perché in questo caso non sarebbe libero di scegliere dove vivere per almeno una decina d'anni. Però non capisco... non mi pare che queste foto possano essere la prova di cui parlava Verlangen. A meno che non fosse completamente fuori."

 

"È molto probabile che lo fosse" sospirò Münster. "Comincio a pensare che sia così."

 

"È stato ucciso perché sapeva qualcosa" rammentò deKlerk.

 

"Oppure perché qualcuno credeva che sapesse qualcosa" lo corresse cautamente Stiller.

 

Beate Moerk si alzò e andò accanto alla finestra. Incrociò le braccia sul petto e lasciò scorrere lo sguardo su Kleinmarckt.

 

"È ciò che pensiamo" disse meditabonda. "Ciò che immaginiamo perché tutto quadri con le nostre teorie. E se fosse stato qualche altro pazzo a sparargli... qualcuno che non ha niente a che fare con Jaan G. Hennan? È del tutto plausibile."

 

Rooth appallottolò la carta del cioccolato, prese la mira e mancò il cestino di un buon metro e mezzo.

 

"Quello è il piano B" disse. "Potresti avere ragione, ma per un po' andiamo avanti con il piano A. O no?"

 

DeKlerk rifletté un istante, poi annuì e cominciò a radunare le fotografie. Stiller raccolse la pallottola di carta e chiese a Rooth se voleva fare un altro tentativo. Rooth scosse la testa.

 

"Anch'io sono alquanto scettico sul fatto che tutto questo possa portare da qualche parte" disse deKlerk, "ma tanto vale seguire la pista fino in fondo."

 

"Cosa dobbiamo fare allora?" chiese l'aspirante Stiller facendo girare lo sguardo intorno al tavolo.

 

"Proposte?" domandò deKlerk, guardando anche lui i colleghi uno a uno.

 

"Penso che ce ne sia una sola" intervenne Beate Moerk. "Il primo passo è identificare la casa."

 

"Ma come?" disse deKlerk. "Dobbiamo metterci tutti in macchina e girare per le strade finché non la troviamo?"

 

Calò il silenzio mentre ognuno sembrava valutare questa possibilità.

 

"Mah" disse Beate Moerk. "Potrebbe anche funzionare, ma potremmo arrivarci più in fretta con un altro metodo."

 

"E quale?" volle sapere Stiller.

 

"Ci sarà qualcuno in città che è più bravo di noi a riconoscere le case, non credete?"

 

"Può darsi" borbottò il capo della polizia. "Ma penso che dovremmo evitare di coinvolgere i cittadini. Avevamo già deciso per questa linea di condotta. Pensavi a qualcuno in particolare?"

 

"Be'" disse Beate Moerk, "in effetti un nome mi era venuto in mente. È un uomo che ha più di settant'anni e vive a Kaalbringen da sempre. Ne conosce ogni angolo."

 

"E chi sarebbe?" domandò incuriosito l'aspirante Stiller.

 

"Bausen" disse Beate Moerk e aprì la finestra. "L'ex capo della polizia. Credo che sia ora di far entrare un po' d'aria fresca e interrompere una partita a scacchi."