II
EQUIVALENTI EMICRANICI
L’esame dei numerosi sintomi che possono costituire un’emicrania comune ci ha mostrato come questo termine non possa essere identificato con uno qualunque di essi. Un’emicrania è un aggregato di innumerevoli componenti, ha struttura composita. Nell’àmbito del modello generale, l’importanza delle singole componenti può variare di molto. Il mal di testa può essere il sintomo cardinale, oppure solo un sintomo secondario, o addirittura essere del tutto assente. Noi diciamo equivalente emicranico per indicare complessi di sintomi con le caratteristiche generali dell’emicrania, ma privi di una componente cefalalgica specifica.
Si può confrontare questa espressione con quella di «equivalente epilettico», che indica una forma epilettica senza convulsioni. L’uso dell’espressione «equivalente emicranico» è giustificato quando si verificano le seguenti circostanze: gli attacchi sono distinti, senza mal di testa, presentano durata, periodicità e aspetto clinico simili a quelli dell’emicrania comune, tendono a essere scatenati da precedenti fisici ed emotivi dello stesso tipo. Tali affinità cliniche con l’emicrania dovranno essere accompagnate, e confermate, da somiglianze di ordine fisiologico e farmacologico.
Già autori più antichi avevano descritto casi clinici evidenti di diversi tipi di emicrania («emicrania gastrica», «emicrania visiva», ecc.), ma spettò a Liveing il compito di approfondire la possibilità di mutua conversione di tali attacchi, parlando in tale contesto di «trasformazioni» e di «metamorfosi». Così egli tratta di «trasformazioni» di tipo asmatico, epilettico, laringeo, maniacale, accompagnate da vertigini, da dolore gastrico o al torace.
Per lo più, il concetto di equivalente emicranico non è stato accettato con favore. Un medico che abbia l’ardire di diagnosticare un’«emicrania addominale» sarà guardato da molti suoi colleghi come se parlasse un linguaggio incomprensibile, o peggio, e può darsi che l’antica denominazione vittoriana sia riesumata e presa in considerazione solo dopo infinite ricerche diagnostiche e laparotomie negative, oppure dopo l’improvviso sopravvenire di tipiche cefalee vascolari al posto di attacchi di dolore addominale.
L’esperienza di lavoro concentrata su pazienti emicranici deve convincere il medico – quali che siano state le sue opinioni precedenti – che molti pazienti vanno effettivamente incontro ad attacchi ripetuti, distinti e parossistici di dolori addominali, dolori al torace, febbre, ecc., che rispondono a tutti i criteri clinici dell’emicrania, eccezion fatta per la presenza del mal di testa. Qui ci limiteremo a una discussione delle seguenti sindromi: attacchi ciclici di vomito e «attacchi biliari», «emicranie addominali», «emicranie precordiali», nonché disturbi periodici, di origine nervosa, della temperatura corporea, dell’umore e del livello della coscienza.
Oltre a queste sindromi acute, periodiche e parossistiche, c’è una gran varietà di altri stati che hanno solo qualche affinità con le emicranie; ad esempio, mal di viaggio, «postumi» di una sbornia, reazioni alla reserpina e altri. Queste sindromi saranno esaminate nella Parte seconda.
Attacchi ciclici di vomito e attacchi biliari
Abbiamo visto come la nausea intensa e frequente sia una componente delle emicranie giovanili. Spesso essa rappresenta il sintomo principale di una reazione emicranica; in quanto tale, molte volte è chiamata pomposamente «attacco biliare». Selby e Lance riportano le seguenti percentuali, calcolate sulla loro ampia casistica:
«... su 198 pazienti [emicranici], il 31 per cento ricordava attacchi biliari frequenti. Su altri 139 pazienti, il 59 per cento aveva sofferto, durante l’infanzia, di qualche attacco biliare oppure di chinetosi grave».
Io non dispongo di tabulati dei dati di incidenza relativi ai miei casi clinici, ma stimerei – in accordo con le percentuali di Selby e Lance – che circa la metà dei pazienti emicranici sia stata colpita, una volta o l’altra, da tali sintomi. Una forte nausea è sempre accompagnata da molti sintomi vegetativi – pallore, brividi, sudorazione profusa e simili. Nei bambini, la maggior parte degli attacchi è attribuita a errori dietetici, mentre nell’adulto essi vengono collegati piuttosto a un’«influenza gastrica», o a una patologia della colecisti, a seconda delle convinzioni personali del medico.
Questi attacchi possono durare per tutta la vita, oppure subire una trasformazione, graduale o improvvisa, nella forma «adulta» – cioè l’emicrania comune. Il seguente caso clinico, riportato da Vahlquist e Hackzell (1949), illustra la genesi e l’evoluzione di tali attacchi in un paziente giovane:
«... Quando aveva 10 mesi rimase terrorizzato dalla sirena di un allarme aereo, e dopo ebbe delle reazioni di paura anormali ed episodi di pavor nocturnus ... Il primo attacco tipico si presentò quando aveva un anno. Egli impallidì di colpo, e più tardi ebbe un violento accesso di vomito. Nel corso dei due anni successivi ebbe diversi attacchi alla settimana, sempre dello stesso tipo ... All’età di circa 3 anni, cominciò a lamentare dolore alla testa durante gli attacchi ... Questi generalmente terminavano in un sonno profondo».
Possiamo accennare al fatto che questo tipo di attacchi ciclici di vomito è comunemente associato anche a reazioni anormali d’ira, e spesso coesiste con accessi di collera.
Emicrania addominale
In tutti i tipi di emicrania i sintomi sono molteplici, e la distinzione fra «attacchi biliari» ed «emicranie addominali» è arbitraria. Il carattere prevalente di queste ultime è rappresentato da un dolore epigastrico continuo e molto forte, accompagnato da svariati altri sintomi vegetativi. Nella monografia di Liveing troviamo la seguente descrizione, molto incisiva:
«Quando avevo circa 16 anni, pur godendo per altri versi di un’eccellente salute, cominciai a soffrire di attacchi periodici di forti dolori allo stomaco ... L’attacco poteva cominciare a qualunque ora e non fui mai in grado di scoprirne una causa qualsiasi, poiché esso non era mai preceduto da dispepsia o da disordini intestinali ... Il dolore cominciava con un disagio profondo e mal definito all’epigastrio, che aumentava regolarmente durante le due o tre ore successive, e poi scemava. All’acme, il dolore era davvero intollerabile e debilitante, ma non aveva mai caratteristiche spasmodiche. Era sempre accompagnato da un senso di freddo, soprattutto alle estremità, da un rallentamento del polso e da un senso di nausea ... Solitamente, quando il dolore cominciava a diminuire, provavo una sensazione di movimento nell’intestino ... Il parossismo lasciava la zona colpita molto sensibile; questo aspetto, assente durante l’attacco, impiegava uno o due giorni per risolversi».
Qualche anno più tardi, gli attacchi addominali cessarono e questo paziente cominciò a soffrire di attacchi di emicrania classica, che si presentavano a intervalli analoghi di tre o quattro settimane.
Ho conservato appunti su più di 40 pazienti (su un totale di 1200) che mi consultarono con sintomi di un’emicrania comune o classica, e ammisero di aver avuto in passato, per mesi o per anni, attacchi addominali simili a quelli descritti. I pazienti dotati di senso d’osservazione possono riferire sulla lentezza del polso o su altri sintomi vegetativi che accompagnano il dolore addominale. Così, un paziente già ricordato (caso 51) ebbe per un periodo di cinque anni attacchi addominali, al posto delle emicranie comuni, ma in entrambe le situazioni aveva potuto osservare rallentamento del polso, contrazione delle pupille, soffusione degli occhi e colorito pallido. Io ho raccolto la descrizione di quelle che potrebbero essere definite emicranie classiche addominali da tre pazienti.
Caso 10 Quest’uomo di 32 anni soffriva di emicranie classiche fin dall’età di 10 anni, con attacchi che si presentavano con grande regolarità ogni quattro settimane. In qualche caso, lo scotoma emicranico era seguito non da mal di testa, ma da un forte dolore addominale con nausea che poteva durare da sei a dieci ore.
Farquhar (1956) ha scritto un’eccellente relazione sull’emicrania addominale nei bambini e sui problemi diagnostici a cui questi giovanissimi pazienti possono dar luogo.
La diarrea frequente, come si è visto, è un sintomo dell’emicrania comune, specie nelle ultime fasi dell’attacco. Di per sé, la diarrea è spesso preceduta da una forte stitichezza, e può rappresentare un sintomo isolato che si manifesta nelle stesse circostanze o con la stessa periodicità degli attacchi di emicrania comune; uno dei disturbi più frequenti è la «diarrea del fine settimana». Si tende ad attribuire queste diarree di origine nervosa a un’alimentazione sbagliata, a intossicazioni alimentari o a un’influenza intestinale, fino a che queste spiegazioni perdono plausibilità e sia il paziente sia il medico si convincono che l’attacco è un equivalente ciclico o circostanziale dell’emicrania.
Un certo numero di questi pazienti (specialmente quelli sottoposti cronicamente a forti tensioni emotive) può passare da diarree emicraniche isolate di tipo benigno a una diarrea mucosa cronica o, più raramente, a una vera e propria colite ulcerosa. C’è il sospetto che in questi pazienti l’intestino sia stato un «organo bersaglio» fin dal principio (si veda il capitolo XIII).
Febbre periodica
Nel corso di emicranie comuni gravi, specialmente nei bambini, si può avere febbre alta. Essa può anche essere considerata come un sintomo periodico isolato che si presenta per suo conto, a volte alternandosi con emicranie comuni.
Ho visitato circa una mezza dozzina di pazienti che soffrivano abitualmente di emicranie classiche o comuni e che avevano sofferto, nel passato, di questi attacchi di febbre periodica di origine nervosa. In casi simili, la diagnosi differenziale può essere laboriosa e infida, in quanto, prima di poter ipotizzare un’origine funzionale o neurogena del sintomo, è necessario considerare ed escludere tutte le possibili cause di malattia organica. Riassumo un caso clinico riportato da Wolff:
«Il paziente, un ingegnere di 43 anni, nel 1928 cominciò a soffrire di accessi intermittenti di febbre, che arrivava a 40 gradi, e continuò poi a esserne afflitto ... fino al 1940. È particolarmente interessante osservare che tali attacchi intermittenti di febbre associati a “emicrania”, nausea e vomito, si erano verificati anche in suo padre ...
«Verso la fine dell’adolescenza, anche il paziente cominciò ad avere cefalee periodiche ... frequenti soprattutto nel caso di tensioni emotive e diagnosticate come emicranie ... Prima di ogni episodio [febbrile] c’erano sintomi prodromici ... una sensazione di irrequietezza, difficoltà a concentrarsi. La temperatura saliva rapidamente fino a un massimo per tornare poi, entro dodici ore, a valori normali. C’era leucocitosi con valori di circa 15 000 cellule. Dopo la febbre egli si sentiva come “purificato” con una sensazione di particolare benessere e di efficienza mentale».
Questo caso clinico illustra mirabilmente come gli attacchi di emicrania febbrile possano presentare una sequenza simile a quelli di emicrania comune, con uno stato di «vigilanza» prodromica e con la ripresa caratteristica delle fasi postemicraniche. E anche degno di nota il fatto che le febbri del paziente cessarono in seguito alla discussione terapeutica dei suoi problemi psicologici, della sua situazione generale e del presunto meccanismo degli attacchi.
Emicrania precordiale
L’espressione «emicrania precordiale» (emicrania pectoralgica o pseudoanginosa) indica la presenza di dolore toracico come uno dei principali costituenti di un’emicrania classica o comune, oppure il suo manifestarsi come sintomo periodico e parossistico con qualità e precedenti di tipo emicranico più che anginoso.
Il sintomo è raro; personalmente l’ho incontrato solo in un paio di casi su più di 1000 pazienti emicranici: una volta associato a emicrania comune, l’altra volta a emicrania classica. Il seguente caso clinico ne mostra il manifestarsi durante attacchi di emicrania classica o in alternanza a essi:
Caso 58 Donna di 61 anni, soggetta fin dall’adolescenza ad attacchi di emicrania classica, il più delle volte annunciati da scintillazione e parestesie bilaterali, seguite da un intenso mal di testa vascolare unilaterale, nausea e dolori addominali. Durante questi gravi attacchi, un altro sintomo è rappresentato da una sensazione di dolorosa tensione al torace, accompagnata dall’irradiarsi del dolore alla scapola sinistra e poi giù fino al braccio sinistro; esso dura di solito due o tre ore.
Il dolore al torace non è esacerbato dall’attività fisica, né è accompagnato da anomalie cardiografiche; non è alleviato dalla nitroglicerina, mentre è attenuato, insieme agli altri sintomi, dal trattamento con ergotamina.
Sporadicamente, questa paziente ha avuto attacchi nei quali il dolore toracico si presentava come un sintomo isolato, a volte annunciato da scotomi e parestesie emicraniche.
Le caratteristiche e la diagnosi di questi attacchi sono state già trattate esaurientemente da Fitz-Hugh (1940).
Sonno periodico e stati di trance
La sonnolenza che spesso accompagna o precede un grave attacco di emicrania comune può presentarsi, occasionalmente, come sintomo isolato a sé stante, costituendo pertanto l’unica espressione della tendenza emicranica. Il seguente caso clinico illustra la «trasformazione» di un’emicrania comune in un equivalente del sonno:
Caso 76 La paziente era una monaca, soggetta a emicranie comuni molto gravi almeno due volte alla settimana da circa vent’anni. Inizialmente il trattamento fu preventivo e sintomatico, poiché non desiderava la discussione di questioni personali. Dopo tre mesi di queste cure, i suoi attacchi di mal di testa scomparvero all’improvviso; ma al loro posto si manifestavano, una o due volte alla settimana, attacchi di sonno di intensità quasi stuporosa, che duravano dalle 10 alle 12 ore, aggiungendosi al suo abituale sonno notturno, senza che ciò fosse mai accaduto prima.
Abbiamo accennato alla frequenza del torpore nelle emicranie postprandiali. Il seguente caso clinico, al quale avremo occasione di fare riferimento anche in un altro contesto, illustra il verificarsi di stupori postprandiali isolati.
Caso 49 Il paziente, un ingegnere che lavora infaticabilmente, fino a rasentare l’ossessione (come dice egli stesso: «Non mi fermo mai; vorrei non dover andare a dormire»), è soggetto a una straordinaria varietà di equivalenti e analoghi emicranici. Dopo i pasti, a meno che non si imponga di fare una passeggiata di buon passo, cade in un torpore irresistibile. Egli descrive il fenomeno così: «Cado in una sorta di trance, che mi permette di udire ciò che accade intorno a me, ma mi impedisce di muovermi. Sono madido di sudore freddo. Il polso rallenta». Questa condizione dura da una a due ore, raramente di più o di meno. Egli si «sveglia», se così si può dire, con una sensazione di intenso sollievo e sprizzante energia.
A questo punto possiamo anche ricordare brevemente che non di rado il sonno e gli stati stuporosi emicranici si alternano con altri stati di trance periodici e più brevi, quali narcolessie, «incubi diurni», episodi di sonnambulismo. A queste alternanze sarà riservata una particolare attenzione in successivi capitoli.
Cambiamenti periodici di umore
Abbiamo già parlato dei fattori concomitanti di natura emotiva nelle emicranie comuni: stati prodromici di esaltazione e di irritazione; stati di paura e depressione durante la fase principale dell’attacco; stati di ripresa euforica. Ognuno di essi può essere considerato come sintomo periodico isolato di breve durata (qualche ora o al massimo due o tre giorni); in quanto tali, essi possono presentarsi come disturbi emotivi primari. Il più acuto di questi cambiamenti di umore, generalmente di durata non superiore a un’ora, rappresenta di solito il fattore concomitante o l’equivalente dell’aura emicranica. Per adesso possiamo limitare la nostra attenzione agli attacchi di depressione, o a cicli maniaco-depressivi abortiti, che si presentano a intervalli in pazienti che hanno sofferto in precedenza di attacchi di emicrania certa (classica, comune, addominale, ecc.). Alvarez è particolarmente attento al verificarsi di tali equivalenti emicranici; egli riporta il seguente caso clinico:
«Una donna di 56 anni lamentava accessi di profonda depressione, che duravano uno o due giorni. Il suo medico riteneva probabile che fossero dovuti alla menopausa; io scoprii invece che erano di origine emicranica e associati a un leggero mal di testa unilaterale. Seppi che nella sua prima infanzia aveva subito i tipici attacchi di vomito emicranico ... Dopo i 40 anni, aveva avuto forti cefalee emicraniche, con conati di vomito insistenti».
Nella mia esperienza clinica, si è rivelato insolitamente chiaro il seguente caso (in parte già citato in un altro contesto):
Caso 10 Questo paziente, di 32 anni, aveva sofferto di emicranie classiche con mal di testa e di emicranie classiche addominali fin dall’adolescenza; gli attacchi si presentavano a intervalli mensili con notevole regolarità. Intorno ai 25 anni, gli attacchi erano cessati, per circa un anno; tuttavia durante questo periodo aveva sofferto di accessi ugualmente regolari di esaltazione, seguiti poi da depressione grave: l’episodio non si protraeva per più di due giorni, nell’insieme.
Caratteristica di questi equivalenti emotivi è la loro brevità; è un dato acquisito che i cicli maniaco-depressivi durano, invece, diverse settimane, spesso anche di più. Equivalenti emotivi di questo tipo – bizzarrie o «lune», se possiamo azzardarci a usare questo termine – si osservano più di frequente, con cadenza mensile, nel contesto delle sindromi mestruali.
Sindromi mestruali
Un’ampia minoranza di donne sperimenta serie turbe emotive e vegetative in prossimità delle mestruazioni. Secondo Greene «circa 20 donne su 100 soffrono a volte di emicrania premestruale»; se in questo termine comprendiamo anche le turbe emotive e vegetative non accompagnate da mal di testa, la percentuale deve essere ben più alta. In effetti, si può sostenere che il ciclo mestruale sia sempre associato a un certo grado di disturbo fisiologico, anche se questo può passare inosservato alla paziente. Il disturbo tende ad assumere il carattere di risveglio psicofisiologico prima del mestruo; dopo, invece, assume un carattere di «rilassamento» seguito dalla ripresa.
Il periodo di risveglio può essere caratterizzato da «tensione», ansietà, iperattività, insonnia, ritenzione di liquidi, sete, stitichezza, dilatazione addominale, ecc.; più di rado si osservano asma, psicosi o epilessia. Il periodo di «rilassamento» o di «non risveglio» può manifestarsi con debolezza, depressione, mal di testa vascolare, iperattività viscerale, pallore, sudorazione e simili. In breve, pressoché tutti i sintomi dell’emicrania descritti finora possono condensarsi nello scompiglio biologico che accompagna la mestruazione.
È particolarmente interessante il fatto che spesso, nel corso della vita di una singola paziente, si alternino diverse forme di sindrome mestruale, una volta accentuandosi il mal di testa vascolare, un’altra i crampi intestinali, e così via. Il caso seguente illustra un’improvvisa «trasformazione» da un tipo di emicrania mestruale a un altro.
Caso 32 Donna trentasettenne, che aveva sofferto di forti crampi addominali (probabilmente intestinali) al momento delle mestruazioni dai 17 ai 30 anni. A quest’età improvvisamente smise di avere questi sintomi, ma cominciò invece a soffrire di tipiche cefalee emicraniche premestruali.
Altre pazienti, soggette per molti anni a una forte sintomatologia mestruale, possono in seguito liberarsene per andare incontro a frequenti attacchi di mal di testa o a dolori addominali parossistici; infine tornano allo schema originale di turbe legate alle mestruazioni.
L’esatta periodicità di tali sindromi mestruali, e il loro rapporto fisiologico e psicologico con la mestruazione, saranno considerati per esteso nel capitolo VIII.
Avvicendamenti e trasformazioni
È legittimo parlare di «equivalenti» addominali, precordiali, febbrili, emotivi dell’emicrania, in quanto la forma e la sequenza generali dell’emicrania (descritte nel capitolo I) persistono nonostante la diversa accentuazione dei sintomi. Nella vita di un individuo, oltre a tali equivalenti accettabili, ci sono molte altre forme di malattia o di reazione parossistica che possono «rimpiazzare» insidiosamente e improvvisamente gli attacchi di emicrania; la maggior parte di esse si presenta con la stessa periodicità delle emicranie originali, oppure in risposta a circostanze molto simili. Sarebbe assurdo, senza dubbio, parlare di asma parossistica, di angina o di laringospasmo come di equivalenti emicranici; d’altra parte l’osservazione clinica ci porta a domandarci se queste manifestazioni non possano, occasionalmente, coprire un ruolo biologico analogo a quello degli attacchi emicranici. In questa sede una discussione semantica è inutile; per il momento possiamo accontentarci della definizione non compromettente usata da Liveing: «disturbi associati».
Heberden (1802) notava (osservazione peraltro già dimostrata) che «l’emicrania ... se n’è andata al sopraggiungere di un attacco d’asma», e non si può dubitare che nella vita di un paziente possano esservi transizioni improvvise da un tipo di parossismo all’altro. Io stesso ho osservato questi avvicendamenti, generalmente repentini, in almeno 20 pazienti che avevo in cura. Il seguente caso clinico, del quale in parte ho già riferito, esemplifica una di queste trasformazioni.
Caso 18 Paziente di 24 anni che aveva sofferto di frequenti incubi ed episodi di sonnambulismo fino all’età di 8 anni, di attacchi periodici di asma, generalmente notturni, fino ai 13 anni, e in seguito era andato soggetto a emicranie classiche e comuni. Le emicranie classiche si presentavano, con notevole regolarità, ogni domenica pomeriggio. L’uso di derivati ergotinici risultò efficace nel far cessare questi attacchi; dopo tre mesi di cure cessarono improvvisamente perfino le aure emicraniche premonitrici. Alcune settimane dopo, egli tornò da me adirato, lamentando la ricomparsa degli attacchi di asma, da tempo morti e sepolti; questi si presentavano in particolare la domenica pomeriggio. Il paziente si doleva dello scambio, poiché trovava le sue emicranie preferibili e tutto sommato meno spaventose degli attacchi d’asma. «Mi ridia la mia emicrania» mi disse.
Avremo occasione di tornare su questo caso, particolare e illuminante, nel capitolo che segue. Questo fu uno dei miei primi pazienti, e la sua, anzi la nostra esperienza congiunta mi persuase ben presto del fatto che in certi casi un trattamento esclusivamente sintomatico può non avere altro effetto che quello di trascinare il paziente attraverso una sequela senza fine di «reazioni associate».
È possibile raccogliere una serie di casi clinici simili e compiere analoghe considerazioni a proposito della mutua trasformazione dell’emicrania in attacchi di angina o laringospasmo neurogeni. La prima di queste trasformazioni era ben nota anche a Heberden: «Non mancano esempi» egli scrive infatti «... nei quali il paziente è stato colpito alternativamente ora da questo disturbo, ora da cefalea». I problemi di diagnosi differenziale che si presentano nei pazienti in cui le emicranie si alternano con attacchi di angina sine dolore non scatenati da attività fisica né accompagnati da alterazioni cardiografiche sono sconcertanti. La seguente descrizione, ripresa da Beaumont (1952), dimostra quale sia la base clinica comune che può essere condivisa dai due tipi di attacco.
«... Il paziente a un tratto è colpito da una sensazione di morte imminente, diventa pallido e immobile, e tuttavia non prova dolore. L’attacco, durante il quale può esserci salivazione o vomito, cessa con l’eruttazione di aria o con un abbondante flusso di urina».
Il laringospasmo neurogeno (crup) è un altro esempio di reazione parossistica eccezionalmente acuta che può mostrare trasformazioni reciproche con attacchi di emicrania. Liveing ce ne riferisce un mirabile esempio. Abbiamo già avuto modo (si veda il capitolo II, Emicrania addominale) di accennare alle emicranie addominali del suo paziente Mr. A (attacchi periodici fra i 16 e i 19 anni) e agli attacchi di emicrania classica che le sostituirono (fra i 19 e i 37 anni). Successivamente il paziente «perse» le sue emicranie classiche, ma divenne soggetto ad attacchi periodici di crup parossistico:
«... dopo aver dormito circa un’ora, egli si svegliava bruscamente nell’atto di saltar giù dal letto strappandosi il colletto della camicia, lottando per respirare, con un ansimare forte e stridulo; dopo qualche minuto di questa che a lui sembrava un’agonia lunghissima e insopportabile, la contrazione spasmodica della gola cessava e poteva tornare a respirare liberamente. Gli attacchi si presentavano a intervalli molto irregolari, a volte a distanza di diversi mesi, ma solitamente in sequenza di due o tre, nel corso di notti successive o comunque vicine».
I confini dell’emicrania
Nella prefazione a una serie di conferenze su «I confini dell’epilessia», Gowers (1907) dichiara che intende parlare di attacchi vicini all’epilessia, ma non epilettici. Egli prende in considerazione svenimenti, attacchi vagali, vertigini, sintomi di sonno e, soprattutto, l’emicrania. Nella loro forma più chiaramente riconoscibile, le epilessie sono caratterizzate dal fatto di essere improvvise, brevi, accompagnate da perdita di coscienza. Ma proviamo, osserva Gowers, a immaginare
«... un attacco epilettico non grave, che si prolunghi nel tempo, senza che le sue manifestazioni tendano a concludersi con una perdita di coscienza; le sue caratteristiche sarebbero, allora, così diverse che non si potrebbe nemmeno sospettarne la natura».
In effetti è proprio in questi termini, e cioè come epilessie prolungate, che Gowers classifica molti degli attacchi che descrive. Egli cita il seguente caso clinico come esempio di attacco vagale affine all’epilessia:
«Il soggetto ... era un uomo di 30 anni, un ufficiale dell’esercito. Gli attacchi non erano frequenti: da quando aveva 18 anni, quindi da circa 12 anni, si presentavano una volta ogni sei mesi. Nella prima parte della giornata era particolarmente di buon umore – un antecedente, questo, che si osserva spesso. Poi, in modo assolutamente improvviso, sopravveniva uno stato mentale come di sogno, di reminiscenza, la ben nota sensazione che qualunque cosa stesse accadendo fosse già accaduta prima. Questo non era passeggero, come è nell’epilessia, bensì protratto nel tempo. Contemporaneamente, o subito dopo l’insorgenza di questo stato, mani e piedi divenivano freddi ... Con il freddo, il suo volto si faceva sempre più pallido; lo colpiva una prostrazione fisica che raggiungeva rapidamente un grado tale da lasciarlo a malapena capace di muoversi. Se appena tentava di mettersi seduto, cadeva all’indietro. Le estremità diventavano fredde come il ghiaccio anche a un esame esterno. La prostrazione era così grande che egli poteva emettere solo una o due parole alla volta ... Il polso si faceva sempre più debole, fino a essere percepibile solo a fatica. Ma non c’era un solo momento in cui perdesse coscienza. La sua personale sensazione era di morire, di uscire dall’esistenza fisica. Questa condizione durava circa mezz’ora, dopodiché egli si accorgeva che il suo stato mentale stava migliorando e, contemporaneamente, che i piedi erano un po’ meno freddi. Il miglioramento proseguiva, ma dopo due o tre minuti cominciavano forti brividi, egli tremava e batteva i denti ... Qualche minuto dopo, sentiva un urgente bisogno di urinare, che durava poi per il resto della giornata; egli eliminava grandi quantità di urina limpida ... Restava pallido per tutto il giorno».
In questa descrizione, mirabilmente dettagliata, il lettore avrà riconosciuto molti dei sintomi che abbiamo finora definito emicranici. Il senso di benessere che precede, la durata dell’attacco e la sua conclusione con una diuresi protratta sono tutte caratteristiche che abbiamo incontrato nella sequenza delle emicranie comuni. A che titolo, quindi, definire simile attacco un’epilessia protratta piuttosto che un’emicrania molto breve e violenta, potremmo dire condensata?
Pressoché tutti i tipi di equivalenti emicranici che abbiamo preso in considerazione in questo capitolo possono presentarsi in una forma più contratta. Lennox e Lennox (1960) riportano molti casi clinici sotto il titolo di epilessia vegetativa o diencefalica. A volte tali attacchi vegetativi possono avere origine da epilessie o emicranie tipiche, oppure sfociarvi; altre volte possono alternarsi.
Un tipo di attacco manifesto e importante che ha chiare affinità nei confronti sia dell’emicrania, sia dell’epilessia (nel primo caso per le sue caratteristiche vegetative diffuse, nel secondo per la subitaneità e la perdita di coscienza) è il mancamento. Questo non di rado coesiste con emicranie ricorrenti, e può verificarsi quasi con la stessa periodicità degli attacchi di emicrania, oppure in risposta a eventi scatenanti simili. Come nel caso degli attacchi vagali, nel quadro clinico si può osservare una transizione continua da un collasso drammatico e improvviso a reazioni vegetative prolungate con annebbiamento – ma non perdita – della coscienza. Gli attacchi ancora più brevi presi in considerazione da Gowers (vertigini, narcolessia, catalessi, ecc.) saranno esaminati nel prossimo capitolo, in quanto essi hanno maggiori affinità con l’aura emicranica di quante ne abbiano con l’emicrania comune e con gli equivalenti emicranici discussi finora.
Attacchi acuti di questo tipo, affini all’emicrania ma non emicranici veri e propri, possono essere definiti attacchi emicranoidi e, come l’emicrania, tendono a essere periodici, ricorrenti e a carattere marcatamente famigliare. Possiamo riservare il nome reazioni emicranoidi a certi tipi di reazione affini all’emicrania per i loro aspetti clinici, ma che insorgono, più che in modo spontaneo e periodico, indotti dalle circostanze. Vanno classificate qui le reazioni iperboliche al calore (e alla febbre), all’astenia, al movimento passivo, a certi farmaci – reazioni che sono nello stesso tempo tipiche e di comune riscontro nei pazienti emicranici. Distinguere fra un’emicrania e una reazione emicranoide è una questione di mera convenienza: ad esempio, se da un lato è improprio chiamare la chinetosi attacco di emicrania, è tuttavia molto appropriato definirla reazione emicranoide e notare, a sostegno di tali affinità, che una larghissima minoranza (quasi il 50 per cento, secondo le stime di Selby e Lance) dei pazienti emicranici adulti ha sofferto, durante l’infanzia, di chinetosi grave. Allo stesso modo, è utile considerare i cosiddetti postumi della sbornia (con mal di testa vascolare, malessere, letargia, nausea e depressione penitenziale) come una reazione emicranoide; molti pazienti emicranici non tollerano assolutamente l’alcol e quando ne abusano possono andare incontro, il giorno dopo, a una gamma di sintomi che vanno da una forte reazione di nausea o mal di testa al dispiegamento di tutti i «postumi». Possono essere considerate emicranoidi, allo stesso modo, le cefalee accompagnate da febbre e le reazioni vegetative.
C’è inoltre uno spettro di risposte ai farmaci, che possono essere acute e subacute, caratterizzate da reazioni centrali e vegetative diffuse, simili sia alla sincope, sia all’emicrania. Goodman e Gilman (1955) citano la seguente descrizione di una «crisi nitritoide»:
«Soggetto maschio, normale, robusto, di 28 anni, cui erano stati somministrati 0,18 g di nitrito di sodio per bocca ... Cominciò a sbadigliare in modo via via più insistente; gli atti respiratori diventarono più profondi, assumendo le caratteristiche di rumorosi sospiri; c’era irrequietezza, eruttazione e borborigmo; un sudore freddo ricopriva tutta la superficie corporea. Nel giro di venti minuti, la pelle era grigia come la cenere e il soggetto diventò sonnolento ... la lettura della pressione sanguigna divenne impossibile ... e sopravvenne perdita di coscienza».
Reazioni della stessa gravità possono verificarsi in seguito a danno o a dilatazione dei visceri, a una caduta della pressione sanguigna riflessa oppure dovuta a emorragia, a insulti tossici o metabolici (ad esempio, un’ipoglicemia) e nel corso di reazioni allergiche e anafilattoidi.
Più avanti dovremo chiederci se tali reazioni possano fornire utili modelli della reazione emicranica; qui ci accontentiamo di notarne l’affinità clinica e la collocazione ai confini dell’emicrania.
Alternanze e concomitanze con altri disturbi
Ancora più complessi di questi casi, in cui si alternano due sintomi associati, sono quelli che si presentano con una sindrome polimorfa, nella quale una gran varietà di sintomi (con affinità cliniche e fisiologiche reciproche) si manifesta simultaneamente o ciclicamente nella vicenda del paziente.
Caso 49 Ingegnere trentunenne, già menzionato per la sua tendenza agli stati stuporosi postprandiali. Egli è affetto da una varietà di altri sintomi, qui elencati:
a) un mal di testa vascolare continuo «latente», che diviene manifesto in seguito a scosse, colpi di tosse;
b) attacchi di emicrania comune;
c) sudorazione notturna per la quale non è stata scoperta alcuna causa organica;
d) attacchi di salivazione notturna;
e) attacchi di dolori addominali e di diarrea; indagini condotte sull’intestino con opportuni mezzi di contrasto hanno dato sempre esito negativo;
f) ipotensione ortostatica;
g) «paralisi del sonno» occasionale, narcolessia e cataplessia.
A parte ciò, è in ottima salute.
Fig. 1. Caso 49.
Caso 75 Medico di 35 anni soggetto ad aure emicraniche e a emicranie classiche, che ha avuto anche, in alternativa, emicranie addominali, attacchi biliari, equivalenti emicranici stuporosi, «attacchi vagali» (straordinariamente simili a quello descritto da Gowers) e, più raramente, svenimenti e narcolessia. Tutte queste reazioni sono indotte dalle circostanze, dall’esaurimento o da forti tensioni emotive, specialmente quando questi fattori sono associati. Egli non è in grado di prevedere quale risposta somatica si presenterà: sembra che esse siano tutte equivalenti fra loro e ugualmente disponibili.
Fig. 2. Caso 75.
Caso 64 Donna polisintomatica di 45 anni, con la seguente anamnesi: asma intrinseca (di solito notturna) dall’età di 20 anni, ulcere duodenali ricorrenti fra i 20 e i 37 anni. All’età di 38 anni ebbe un episodio iniziale di artrite reumatoide e diversi altri in seguito. In coincidenza con il manifestarsi di questo nuovo sintomo, cominciò ad avere frequenti attacchi di edema angioneurotico e di emicrania comune. Queste ultime due sindromi si sono fuse e a partire dall’età di 43 anni i suoi attacchi di emicrania sono stati preceduti da edema facciale e perioculare.
Fig. 3. Caso 64.
Caso 62 Donna di 51 anni, la cui storia sociale ed emotiva verrà considerata in dettaglio nella Parte seconda. Aveva sofferto per oltre 20 anni di tre diverse manifestazioni somatiche (emicrania comune, colite ulcerosa e psoriasi) in alternanza: era afflitta per diversi mesi da uno di questi sintomi, poi ne guariva e passava a un altro sintomo – intrappolata in un ciclo maligno e senza fine.
Fig. 4. Caso 62.
Caso 61 Donna di 38 anni; si presentò per curare un’emicrania comune, sebbene presentasse anche una psoriasi sfigurante. Il suo quadro famigliare era ricco di malattie funzionali polimorfe: emicrania, febbre da fieno, asma, orticaria, sindrome di Ménière, ulcera peptica, colite ulcerosa, malattia di Crohn. Era difficile respingere la sensazione che questa famiglia, così colpita, stesse in effetti commettendo una sorta di suicidio fisiologico.
Fig. 5. Caso 61.
Caso 21 Donna di 25 anni, molto intelligente, che associa gravi sintomi nevrotici a una varietà di sindromi somatiche. Sofferente di emicranie classiche (delle quali riporta un’anamnesi famigliare significativa) fin dall’infanzia. La maggior parte di questi attacchi insorge all’alba con un incubo: le creazioni dell’incubo e le inconfondibili figure scotomatose possono unirsi prima che ella si svegli nella seconda fase, caratterizzata dal mal di testa. In alcuni casi l’aura è seguita da dolore addominale, senza mal di testa. Associate a quest’ultimo, ma senza aura, sono le sindromi premestruali, nelle quali un periodo caratterizzato da ritenzione idrica, stitichezza e irrequietezza sfocia gradualmente nella diuresi, nella diarrea e nel flusso mestruale; queste sindromi premestruali possono essere accompagnate, ma non sempre, da mal di testa vascolare. In qualche caso va soggetta a «offuscamenti» o sincopi, cui segue di solito (ma non sempre) mal di testa emicranico. In periodi di forte tensione emotiva è anche soggetta ad attacchi di orticaria. Curato con successo il mal di testa, l’attenzione si è spostata verso gli attacchi addominali e l’orticaria, aggravatisi.
Fig. 6. Caso 21.
Diagnosi differenziale e terminologia
Quando è assente il sintomo fondamentale, rappresentato dal mal di testa vascolare, i tipi di attacco che abbiamo considerato in questo capitolo possono costituire sfide formidabili alla diagnosi differenziale. È probabile anzi che in nessun altro campo della medicina si possano trovare tante diagnosi e trattamenti errati, tanti esempi di interventi medici e chirurgici decisi con le migliori intenzioni ma del tutto impropri. Le emicranie addominali, per esempio, non meno delle crisi tabetiche, devono avere offerto innumerevoli occasioni per laparotomie d’urgenza. Può essere ingiustificato aspettare passivamente l’esito di un attacco di dolori addominali misteriosi e intollerabili; senza dubbio è più sensato eseguire una laparotomia negativa, in un caso di emicrania addominale, che trovarsi di fronte a un’appendicite e a una peritonite trascurate. La diagnosi corretta può chiarirsi solo in seguito, con il ripetersi degli attacchi, quando ne sia dimostrata la natura benigna e transitoria. In molti casi, perciò, la diagnosi di equivalenti emicranici non chiari richiede un’osservazione prolungata del paziente, e di fatto può essere formulata solo a posteriori.
Finora ci siamo limitati a considerare attacchi parossistici relativamente distinti, circoscritti e molto marcati, e abbiamo scelto, per essere più incisivi, casi clinici di una chiarezza quasi schematica. In pratica, i sintomi e le anamnesi possono essere nel complesso più vaghi, in termini di sintomatologia specifica. È probabile che attacchi caratterizzati da poco più che un malessere vengano interpretati come leggere malattie virali. Attacchi con alterazioni della sfera emotiva e anche della coscienza (lieve sonnolenza o depressione) possono essere scambiati per reazioni puramente emotive. Sia la malattia virale sia la reazione psicologica possono, in effetti, avere in comune molti sintomi clinici che, pur non essendo patognomonici delle emicranie, si manifestano nel corso di esse; la diagnosi differenziale non potrà mai essere chiara, a meno che non vengano svelati sintomi più specifici, o i fattori che determinano gli attacchi.
Al di là dei confini netti e artificiosi della «diagnosi», ci addentriamo in una regione di ambiguità semantica nella quale la definizione del termine «emicrania» è tirata fino al punto di rottura. Al centro, per così dire, possiamo porre l’emicrania comune – chiara e indiscutibile. Attorno a essa possiamo raggruppare gli equivalenti emicranici, che sono polimorfi nelle loro manifestazioni e rappresentano diverse dissezioni, scomposizioni e ricomposizioni di elementi emicranici differenti. Ancora oltre, bisogna riconoscere una zona marginale di reazioni associate e analoghe che possono, in un certo senso, far le funzioni di un’emicrania.
Compatta e chiaramente definita al centro di tale gamma, l’emicrania si estende e sfuma ai due lati fino a fondersi con l’immenso dominio circostante dei fenomeni associati. Esistono solo i confini che noi siamo costretti ad adottare per chiarezza nosologica e per poter intervenire clinicamente. Li costruiamo noi, questi confini e questi limiti: la materia di per sé non ne presenta alcuno.