Presentazione

Il tormento dell’emicrania viene descritto da almeno 2000 anni; e senza dubbio tutte le generazioni della specie umana, con la sua storia di circa 250 000 anni, hanno conosciuto questa costellazione di disturbi. Tuttavia, è opinione molto diffusa, tanto fra il pubblico quanto fra i medici, che sull’emicrania si sappia poco, e che ancora meno si sia fatto. Solo nel 1970 è stata progettata una clinica specialistica per la cura dell’emicrania, da fare sorgere nella City di Londra.

L’emicrania è citata nei manuali di medicina e specialmente in quelli di neurologia, questo è vero; tuttavia di solito essa è trattata in poco spazio, dispersa tra altri disturbi intermittenti come l’epilessia e la nevralgia. L’atteggiamento comune vede in essa soltanto una forma di mal di testa, nella maggior parte dei casi non invalidante, che richiede al medico, già tanto impegnato, molto più tempo di quanto la sua importanza giustifichi. Alcuni dei fenomeni associati, come il vomito e i disturbi visivi, sono ben riconosciuti; al punto che talvolta la diagnosi di emicrania viene formulata già solo di fronte a un quadro definito da disturbi visivi, mal di testa e vomito, in sequenza. Il medico, che in cuor suo spera di non essere di turno quando il paziente tornerà a chiedere un consiglio, prescrive qualche compressa, e insieme lo scontato, un po’ brusco ammonimento a «imparare a conviverci». E siccome non si è ancora capita appieno la complessità e la variabilità di una condizione che è in ogni caso affascinante per la sua fenomenologia, molti medici sono ben lieti quando un paziente, disperato, toglie loro il disturbo per rivolgersi alla «medicina alternativa», e quasi sperano che i risultati siano disastrosi e al tempo stesso molto costosi.

Ma la professione medica è totalmente in colpa? Qualcuno ricorda il titolo di un manuale autorevole e «definitivo»? Esistono centri ben attrezzati, organizzati e numerosi, nei quali si possa studiare questa condizione? Esistono studi statistici che approfondiscano il problema nella sua interezza, come sono ad esempio disponibili nel caso degli infortuni sul lavoro, del carcinoma bronchiale o del morbillo? Quando eravamo studenti, ci hanno mai tenuto una sola lezione sull’emicrania? E qualcuno ci ha mai detto che essa non è soltanto una molesta forma di mal di testa occasionale, dalla quale qualcun altro è fastidiosamente afflitto? Quasi certamente la risposta è no; ed è solo da pochissimo tempo che si è raggiunta la consapevolezza che l’emicrania è un’espressione dei caratteri genetici, della personalità e dello stile di vita di un individuo.

Un altro aspetto molto trascurato del processo emicranico è il disordine fisiologico che esso esprime. In nessun’altra condizione possiamo trovare, in un essere umano, quel completo esperimento di fisiologia che è offerto dall’attacco di emicrania. Osserviamo, e possiamo sentire noi stessi, la graduale disintegrazione delle funzioni normali, proprio come accade nel caso di un colpo apoplettico o di un tumore al cervello, senza tuttavia la devastazione rappresentata dall’invalidità permanente. Nel giro di qualche minuto, di un’ora o pressappoco, l’attacco passa; i sintomi e i segni, che possono includere disfasia, emiplegia, visione doppia, vertigini, vomito, disturbi intestinali, alterazioni dell’equilibrio idrico e disturbi della personalità, sono svaniti. Tuttavia, gli studi fin qui condotti in queste condizioni sono pochi, ed è probabile che le ricerche siano state svolte su animali più o meno anestetizzati, che probabilmente non hanno emicranie come le conosciamo noi.

Per compensare questo squilibrio fra l’interesse, l’esperienza, le conoscenze di fisiologia e le iniziative terapeutiche, abbiamo bisogno di un lavoro sinottico che descriva in tutta la sua estensione il continuum spazio-tempo dell’emicrania: quella sequenza, che dura tutta una vita, di caratteri e fattori sempre mutevoli che il paziente emicranico subisce e al tempo stesso alimenta. Il suo ambiente sociale, i suoi colleghi di lavoro e soprattutto i suoi medici sono elementi inscindibili di questo continuum.

Il dottor Oliver Sacks si è assunto il compito di fornire questa visione generale, che da così lungo tempo mancava. Con un atto di grande vigore ed erudizione clinica, egli ha radunato pressoché tutti gli aspetti delle moderne conoscenze sull’emicrania. Per un neurologo è un esercizio accademico interessante cercare e rivelare l’omissione di qualche punto di secondaria importanza che egli crede di essere quasi il solo ad aver notato. Ma è estremamente difficile trovare una qualsiasi di tali omissioni.

Speriamo che questo lavoro abbia pieno successo nel suo intento di illuminare il grande quadro dell’emicrania. Un tale successo implica necessariamente benefici immensi per i singoli pazienti e anche per i medici e la società in genere.

 

William Gooddy