Rachel e Sid
Era stata la loro prima vera lite, e Sid si sentiva malissimo. Piccoli screzi ne avevano avuti, certo, ma mai nulla del genere. Per tutta la strada da Hawkhurst a Home Place, Rachel non le aveva rivolto parola, si era chiusa in un silenzio glaciale che esprimeva la più totale indifferenza alla sua persona. Non era mai accaduto prima.
Era cominciato tutto con l’invito a cena da parte di Edward e Diana. Sid non voleva andarci, in parte perché Diana le faceva paura, ma soprattutto perché non si sentiva affatto bene. Da mesi soffriva di problemi di stomaco, così li chiamava lei, ovvero difficoltà a digerire: se mangiava cibi elaborati finiva spesso per rimettere. E immaginava (a ragione) che la cena sarebbe stata a base di cibi molto elaborati. Rachel però s’era messa in testa di risanare il conflitto tra i suoi fratelli, e secondo lei fare amicizia con Diana era il primo passo in quella direzione. Aveva insistito al punto da suggerire, già indispettita, di prendere un taxi se Sid non se la sentiva di guidare, cosa che Sid naturalmente non avrebbe permesso. «Una spesa inutile». E così erano partite, con Rachel armata di un mazzo di violette colte dal giardino della Duchessa. Entrambe avevano avuto difficoltà a decidere cosa mettersi. Rachel aveva optato per il suo miglior tailleur di lino blu e Sid si era messa il completo giacca e pantaloni con la camicetta di seta, regalo di Rachel per il suo ultimo compleanno.
Non era stato facile trovare Park House, si erano perse e avevano dovuto fermare un contadino alla guida di un trattore con un rimorchio pieno di balle di fieno. Alla fine trovarono la stradina stretta che conduceva al vialetto della casa.
«Sembra molto imponente», disse Sid e Rachel rispose: «Oh, a Ed sono sempre piaciute le case grandi».
All’ingresso furono accolti da Edward, Diana e da un labrador giallino evidentemente entusiasta del loro arrivo.
«Che bello vederti, cara! Sta giù, Honey... Ti presento Diana».
«E lei è Sid», disse Rachel.
«È un piacere, Sid». E si trovò avvolta per qualche istante dall’aroma di lavanda e cedro del Libano che promanava dalla persona di Edward mentre le accompagnava in salotto.
Il pavimento era coperto da un tappeto di un giallo intenso, c’era una finestra affacciata sul vialetto e due sul giardino, da cui s’intravedevano un prato, un cedro e tre muri guarniti da altrettante aiuole di arbusti.
Mentre Sid assimilava tutti questi dettagli e Edward apriva una bottiglia, avvenne il seguente scambio.
Rachel: «Ti ho portato un mazzetto delle viole che coltivava mia madre. Sono della vecchia varietà, lei la preferiva».
«Che cara! È un peccato che non durino a lungo dopo essere state recise, eh?».
Sid si voltò a osservare Diana mentre riponeva i fiori sul tavolo più vicino. Portava un vestito di crêpe di un viola sontuoso, con una striscia di lustrini a guarnire la generosa scollatura. Questa donna non mi piacerà mai, pensò Sid in quel momento.
Edward aveva versato lo champagne in quattro bicchieri e adesso li porgeva alle signore. «A noi quattro!». Sollevò il bicchiere e tutti bevvero. Rachel si limitò a bagnarsi le labbra. Beveva pochissimo, ma nella sua famiglia tutti amavano il vino e lei naturalmente non voleva dare un dispiacere al fratello. Sid ne bevve un sorso senza pensare; a lei invece lo champagne era sempre piaciuto molto, ma le ultime due e tre volte che ne aveva bevuto era stata molto male. Oh be’, dopo questo bicchiere potrò rifiutare con la scusa che devo guidare. Questo pensiero riuscì a tranquillizzarla e si domandò per quanto tempo ancora Diana sarebbe riuscita a non rivolgerle la parola.
Finito lo champagne, era ora di mettersi a tavola. La sala da pranzo era dominata dal rosso intenso, con una carta da parati damascata che imitava l’effetto di un ricco tessuto, tende di velluto cremisi un po’ più scure e tre coppie di applique che emanavano una soffusa luce elettrica. Il tavolo rotondo era apparecchiato per quella che si preannunciava come una cena luculliana. Ebbe il tempo di notare tutte queste cose perché Diana si mise a ragionare sui posti a tavola.
«Oh, ma via, cara! È semplice. Tu ti siedi al tuo solito posto, io davanti a te e le ragazze in mezzo. È una cena di famiglia. Il signor sindaco stasera non poteva venire!».
Così si sedettero come aveva detto Edward.
«Mi pare che tu dimentichi che non conosco bene la tua famiglia, caro. Naturalmente ho sentito molto parlare di te... posso chiamarti Rachel, vero? Ma di lei so a malapena come si chiama, Miss Sidney, giusto? Come la città australiana. Per caso viene da quelle parti?».
«No. Sono europea al cento per cento. Ebrea, in verità».
In quel momento arrivò il soufflé.
«Lo servo io, Amy. È meglio. Sbrigati a portare i piatti e assicurati che siano caldi».
Mentre Sid si sforzava di escogitare una scusa per non mangiarlo, Rachel chiese una porzione piccola, perché non poteva mangiare molto. «E sono certa che questo è solo l’inizio».
«Lo stesso per me», disse Sid.
Ma Diana fece come se nessuna delle due avesse aperto bocca e riempì i loro piatti di cucchiaiate ugualmente abbondanti. Nel frattempo Edward versava del vino bianco, spiegando che si trattava di un sauvignon speciale aperto in loro onore. «È perfetto con il granchio». Sid si rassegnò a mangiare un po’ di quel soufflé, e sciacquarlo via con qualche sorso di vino le fu di conforto.
La conversazione procedeva arrancando e approdò presto al tema del Canale di Suez. Edward disse che gli sembrava assai improbabile che Nasser accettasse la formazione di un organismo internazionale per la gestione del Canale. Andava fermato, anzi, avrebbero dovuto opporsi ai suoi piani dal primo momento in cui se ne era impossessato. Rachel deplorò il fatto che per i politici la forza restasse il modo migliore per affrontare i problemi. Diana si dichiarò completamente d’accordo con Edward, aggiungendo che era un sollievo avere i francesi dalla nostra parte.
Rachel era riuscita a dirottare gran parte della sua porzione di granchio nel piatto di Edward e adesso conversava con lui a volume così basso che Sid non riusciva a sentirli.
Diana agitò un campanellino perché i piatti fossero ritirati. Fissava Sid senza dire niente. In effetti, rifletté Sid, non è che avessero molto da dirsi, ma Rachel doveva parlare con Edward di Hugh e stava a lei distrarre un poco Diana.
«È una bellissima casa. C’è voluto molto tempo per trovarla?».
«Moltissimo. Edward, caro, quanto ci abbiamo messo a trovare Park House?».
«Non ne ho idea, cara. Ha fatto tutto Diana. Ha visto dozzine di case e ne ha selezionate alcune da mostrarmi».
«Doveva essere non troppo lontana da Londra, perché Edward deve lavorare sempre di più, adesso che hanno mandato Teddy a Southampton. Poverino, arriva a casa esausto... attendiamo sempre con ansia il venerdì sera!».
Arrivò la portata successiva. Uno stufato di cervo, spiegò Diana, cotto in una mistura di vino e brandy. Edward si alzò per prendere una bottiglia di borgogna dal mobile accanto.
La pentola troneggiava fumante di fronte a Diana; l’odore provocò a Sid un giramento di testa e cominciò a sentire che le doleva la schiena. Chiese una porzione molto piccola e questa volta posò una mano sul braccio di Diana perché capisse che diceva sul serio. «Rachel e io di solito consumiamo una cena molto leggera... giusto un’omelette o della minestra».
«Oh Edward, perché non me lo hai detto? Dicevi che volevi una cenetta speciale per Rachel, e io naturalmente ho ordinato un mezzo banchetto! Tutto sprecato, a quanto pare. Avresti dovuto mettermi al corrente!».
Rachel, con l’aria davvero sofferente, disse: «Oh, Diana, non far caso a Sid! Si preoccupa sempre di quello che mangiamo, specialmente di quello che mangio io. Il cervo ha un profumo delizioso. Non vedo l’ora di assaggiarlo».
Questo ammorbidì un poco la padrona di casa, che depositò una generosa mestolata di carne su un piatto e poi lo porse alla cognata. Nel frattempo la cameriera aveva portato anche due piatti di verdure, patate e piselli. «Servitevi pure», disse Diana.
Edward, che aveva versato il borgogna, si voltò verso Rachel. «Era il preferito del Generale. Lo ha lasciato a me e questa è l’ultima bottiglia».
«Edward caro, che bel pensiero hai avuto!».
Quando fu il momento di riempire il piatto di Sid, Diana prese con movimenti affettati un pezzo di carota e due minuscoli cubetti di carne. Poi innaffiò il tutto con una quantità tale di sugo da nascondere tutto il resto e le porse il piatto. «Spero tu abbia fame», disse a Edward in tono velatamente minaccioso.
«Certo che ho fame», rispose lui. Era arrabbiato: le cose non stavano andando come si era aspettato e gli sfuggiva completamente il perché.
Rachel compì uno sforzo supremo. Bevve un cauto sorso di vino e disse che era ottimo, poi fissò il piatto e risolutamente cominciò a mangiare. Lanciò a Sid un’occhiata che chiaramente voleva dire: mangia anche tu, ma i vapori che salivano dall’intingolo le stavano rivoltando lo stomaco e, dopo quel terribile episodio a Home Place, era paralizzata dal terrore di vomitare davanti a tutti. E in quella casa non sapeva nemmeno dove fosse il gabinetto più vicino. Così alla fine lasciò tutto nel piatto.
Da quel momento in poi Diana la ignorò.
«Di che parlate voi due?», disse agli altri membri della tavolata.
«Oh, solo affari di famiglia», rispose Edward.
«Be’, anch’io sono della famiglia ormai, no? Posso partecipare?».
«Ecco, è un po’ complicato», spiegò Rachel. «Speravo di convincere Edward a venire a pranzo con me e Hugh». Arrossì. «Per risolvere alcuni problemi. Ha a che fare più con l’azienda che con la famiglia, veramente».
Aveva smesso di mangiare il cervo, ma col vino era a buon punto.
Sid allora osservò: «Ciò che ha a che fare con l’azienda ha a che fare anche con la famiglia».
Edward, riempiendole il bicchiere, disse: «È tutto inutile, Rachel cara. Hugh non cambierà idea. E in fin dei conti il presidente è lui».
Vi fu un breve silenzio carico di reciproca insoddisfazione. Poi la situazione precipitò tutta in una volta. Diana annunciò il dessert, crème brûlée, Rachel si asciugò gli occhi e posò la mano su quella del fratello e Sid, dopo aver bevuto un sorso di vino per farsi coraggio, disse: «Si sta facendo tardi. Credo che dovremmo andare». E poi, rivolgendosi direttamente a Diana, aggiunse: «Non dovresti costringere le persone a mangiare. Ognuno dovrebbe decidere per sé. Qualcuno può indicarmi dove si trova il bagno?».
«Accompagnala, Edward. Non voglio che vomiti sul tappeto nuovo».
Edward obbedì e Sid poté dare di stomaco in santa pace. Dopodiché, tremante ma sollevata, uscì in corridoio dove trovò Edward che aiutava Rachel a infilarsi il cappotto. Sid indossò il suo e cercò la chiave.
«Ed caro, mi spiace se abbiamo dato tante noie per via del cibo. E non volevo turbarti coi miei discorsi su Hugh... e poiché Sid non si è scusata per essere stata tanto scortese con Diana, dopo tutto il disturbo che si è presa, ti prego, chiedile tu scusa da parte mia. E ricordati quanto vuoi bene a tuo fratello... tutti hanno delle divergenze qualche volta».
«Se almeno si comportasse civilmente con mia moglie...».
«Certo. Glielo dirò». Gli posò una mano sulla spalla e lo baciò sulla guancia. «Andiamo, Sid».
* * *
Sid mise in moto e scese fino alla strada, poi si fermò. Per alcuni istanti restò ammutolita dalla rabbia.
«Perché ti sei fermata?».
«Perché mi hai tradita in questo modo? Hai dato tutta la colpa a me. Sì, ho risposto male a Diana, ma lei mi ha dato addosso per tutta la sera. Ti sei accorta che ha preso atto della mia presenza solo quando siamo andati in sala da pranzo e si è messa a fare domande sulle mie origini? E quando le ho chiesto una porzione piccola di soufflé di granchio – lo sai che lo detesto – per tutta risposta me ne ha dato una montagna!».
«Lo ha fatto anche con me».
«E quando è arrivato quel nauseabondo stufato, ha finto di darmene poco e poi ci ha versato sopra una quantità di quel sugo pieno di grasso. Con te non lo ha fatto perché tu ti sei messa a scodinzolarle dietro, mettendo me in pessima luce. Ero certa che, se ne avessi mangiato anche un solo boccone mi sarei sentita male. E per quanto riguarda la mia scortesia, quella donna andava rimessa al suo posto».
«È buffo, ma la gente maleducata si sente sempre in dovere di rimettere al loro posto le persone. I maleducati sono sempre gli altri. Credi che io volessi mangiare tutta quella roba? Potevi prestarti, almeno per buona educazione. Stava cercando di essere gentile con noi, preparando tutta quella roba complicata. Ma tu hai mandato a monte ogni cosa!».
«Ecco che di nuovo dai a me tutta la colpa! Certo, per te andava tutto bene. Tu avevi Edward con cui parlare. Io invece ero bloccata con lei, che non aveva nessuna voglia di rivolgermi la parola».
Si rese conto di avere mal di testa e un dolore pulsante, intenso alla schiena. Per alcuni secondi nessuna parlò.
«Preferirei che ti limitassi a guidare. Sono stanca e non ho voglia di discutere ancora. Almeno Diana non ha fatto commenti quando le hai detto che sei ebrea».
«Ma certo! Che donna di buon cuore, eh? Una santa, davvero».
Rachel non replicò. E non replicò nemmeno ai numerosi tentativi di Sid di coinvolgerla ancora nella discussione. Alla fine Sid ci rinunciò e si concentrò sulla guida, anche perché le era sorto l’inquietante sospetto di essere leggermente ubriaca. Ma era spiazzata dal comportamento di questa nuova Rachel, che affrontava allora per la prima volta. Il suo commento inequivocabilmente malevolo riguardo alla reazione di Diana quando Sid aveva detto di essere ebrea l’aveva colpita nel profondo con le sue implicazioni ostili. L’aveva ferita molto più delle accuse di maleducazione e scortesia. Rachel, la donna che una volta le aveva detto: «Non c’è nessuno al mondo con cui voglia stare più che con te», ora le voltava crudelmente le spalle. Le lacrime le punsero gli occhi e se le asciugò di fretta, poi lanciò un’occhiata a Rachel che li teneva chiusi.
Arrivate a Home Place, parcheggiò, svegliò Rachel che disse di non aver dormito affatto e aprì la porta d’ingresso. «Vado a dormire nella camera azzurra», disse secca, e Sid la seguì su per le scale finché si separarono senza toccarsi e senza dirsi una parola. Sid s’avviò in silenzio verso la stanza che di solito condividevano, Rachel lungo il corridoio opposto.
Sid prese un antidolorifico, mangiò un cracker per dare sollievo allo stomaco, si spogliò e si mise a letto. Temeva di non riuscire a dormire, ma la stanchezza ebbe la meglio e la fece sprofondare in un sonno senza sogni.
* * *
Fu svegliata alle prime luci del mattino da una Rachel pentita e piangente che implorava perdono ai piedi del letto. «Cara! Sono stata orribile con te. Mi dispiace tanto... forse ero un po’ brilla. Non sono abituata a bere così tanto. Ma non voglio giustificarmi. Sono stata un vero mostro. Mi sono accorta benissimo che Diana ti trattava male ed è stato vile da parte mia non fare nulla per difenderti... ero talmente delusa perché Edward non voleva dare una possibilità a Hugh... ero... ero arrabbiata, ecco! Ce l’avevo con lui per tutta una serie di ragioni e poi mi sono detta: per quanto Diana non mi piaccia, ora è sua moglie e io devo cercare di vedere il meglio in lei, per amore di mio fratello. Ma invece chi ha avuto il peggio sei stata tu, povera cara. E non volevi nemmeno venire! Ci sei venuta solo per accompagnarmi in macchina. Ti prego, perdonami!».
«Vieni a letto o morirai di freddo... Certo che ti perdono», aggiunse pochi secondi dopo.
Si baciarono per un po’, poi Rachel si accoccolò fra le braccia di Sid e disse: «La cosa peggiore è stata quella frecciata sul fatto che Diana non ha fatto commenti sulle tue origini ebraiche. L’ho detto per ferirti. Quando uno è arrabbiato si attacca a tutto pur di fare del male, ed è quello che ho fatto io. Vorrei non aver aperto bocca».
«Non sei brava ad arrabbiarti, tesoro mio. Non è mai stato il tuo forte».
E così tutto tornò a posto.
* * *
Qualche settimana dopo trovò il coraggio di chiedere a Rachel (con disinvoltura) se il fatto che fosse ebrea le creasse dei problemi, e con suo grande sollievo si sentì rispondere: certo che no.