Home Place
«Ragazze alla pari, nientemeno! Chissà poi perché le chiamano così. Più una scocciatura che un aiuto, se vuoi la mia opinione!».
Il fatto era, pensò Tonbridge, che nessuno l’aveva chiesta, la sua opinione. Se chiedevi qualcosa a Mabel, lei te la forniva all’istante, che si trattasse di un vassoio di biscotti o di un consiglio su un argomento qualunque. Si chiese se avrebbe trovato il coraggio di sollevare l’argomento con Miss Rachel e si ripropose di aspettare che si presentasse l’occasione giusta. Dentro di sé sapeva che questo voleva dire che mai, per nessuna ragione, ne avrebbe fatto parola.
Faceva del suo meglio per dare una mano. Quella mattina aveva portato in casa la legna da ardere; la modesta razione di carbone se ne era andata il giorno di Santo Stefano, a parte il necessario per la stufa in cucina. Era anche andato a Battle a ritirare la spesa dal macellaio e dal droghiere, aveva portato dentro le patate e le cipolle raccolte da McAlpine, era andato in farmacia a prendere le medicine per Miss Sidney. Adesso era ora di fare una pausa prima del pranzo dei signori per il quale Eileen aveva già apparecchiato: in sala da pranzo gli adulti, in corridoio i bambini e le ragazze alla pari, che avevano lavato i piatti della colazione rompendo due tazze e una caraffa e che adesso erano andate di malavoglia a rifare i letti. Le aveva assunte Miss Rachel; aveva detto anche che le due ragazze sapevano che ci si aspettava da loro un po’ di aiuto quando serviva. Ma avevano un sacco di tempo libero perché erano lì per imparare l’inglese, e quel tempo sembravano passarlo perlopiù lavandosi i capelli e pittandosi le unghie o lamentandosi per il freddo.
La casa era piena di gente. Ai vecchi tempi almeno una famiglia avrebbe preso alloggio a Mill Farm, la casa in fondo alla strada, ma non c’era più. Fece il conto. Mr Hugh e sua moglie coi due ragazzi e la bambina, e naturalmente il giovane Mr William. Mr Rupert con Mrs Zoë, Miss Juliet e quel ragazzino col topo; Mr Lestrange e Miss Clary coi loro due bambini. E naturalmente Miss Rachel e la sua amica Miss Sidney. Meno male che Mr Edward con la sua nuova signora erano rimasti a casa coi figli, e lo stesso aveva fatto Lady Fakenham. Non c’era proprio spazio per altra gente, anche se Mr Edward era venuto per il tè il giorno di Santo Stefano, con parte della famiglia. Mabel era straordinaria, davvero, a far da mangiare per tutte quelle persone, ma la sera aveva i piedi in condizioni spaventose. Doveva ammettere che anche le signore si erano date da fare. Non come ai vecchi tempi. Non gli era mai capitato di vedere Madam oppure Miss Rachel con un aspirapolvere in mano. Allora c’erano tanti domestici e le signore si dedicavano solo al cucito, al passeggio, al tennis e ai pisolini pomeridiani, a parte Madam: non c’era verso di staccarla dal suo giardino.
Meglio andare, ora: inghiottì l’ultimo morso di una crostatina al formaggio, si ripulì i calzoni dalle briciole e scoreggiò un po’ prima di uscire dalla saletta attigua alla cucina (quanti nervosi spuntini avevano consumato lì dentro, con lui che spiegava a Mabel come andava il mondo, perché lei, essendo una donna, non ne capiva niente...).
In cucina trovò il figlio piccolo di Mr Rupert che chiedeva cosa ci fosse per pranzo.
Timballo al formaggio e torta alla melassa, gli disse Mabel. Stava mescolando il composto per la torta in una grossa ciotola.
«Ah, bene! A me piace un sacco la torta alla melassa. Mi chiedevo solo se...», si era arrampicato su una sedia proprio accanto a lei, «...se posso avere un pezzettino di formaggio a parte. Un pezzetto piccolo e basta!». Le stava accarezzando il braccio. «A me piace il timballo... il formaggio è per Rivers».
«E chi sarebbe?».
«È il mio amico. In effetti si tratta di un topo, ma è diverso dagli altri topi».
«Non ti azzardare a portarlo nella mia cucina».
«Non lo farò». E senza farsi vedere si portò la mano alla tasca profonda nella quale di solito teneva Rivers mentre andava in giro. «Un pezzetto piccolo... gli piace anche la crosta». Adesso aveva un ginocchio sul tavolo, le stringeva un braccio e la guardava dal basso verso l’alto. Era troppo per lei. Mise giù il cucchiaio e andò nella dispensa. Mentre prendeva il formaggio, il piccolo tuffò un dito nella ciotola e leccò avidamente il composto che riuscì a tirare su. Era buonissimo, quasi meglio della torta finita.
Mabel fece ritorno con una generosa fetta di cheddar. «Adesso va’, e vedi di non far avvicinare a me quella bestiaccia».
«Lo prometto. Molte grazie». Scese dal tavolo e sparì in un baleno.
«Che faccia tosta. La copia sputata di Mr Rupert», aggiunse, come a giustificare la propria indulgenza.
«Sei troppo generosa», disse lui in tono affettuoso, ma lei la prese come una provocazione.
«Certe cose non le sopporto, e una di quelle è averti addosso mentre lavoro». Una grossa forcina cadde nella ciotola. «Accidenti, guarda cosa mi fai fare!».
Un sopruso di quella portata non poteva essere ignorato. «Vado a lavare la macchina», le disse lui simulando noncuranza.
Lei sbuffò. «Tu e le tue macchine», disse. «Vedi di non fare tardi a cena. Non mi va di chiedere a una delle ragazze alla pari di venire a cercarti!». Si era già sincerata del fatto che le ragazze non rappresentassero una minaccia: a lui non piacevano i tipi pelle e ossa.