Simon, Polly e Gerald

Alla scuola preparatoria aveva patito enormemente la nostalgia di casa e quando era andato a Radley era ricominciato tutto da capo. Ai singhiozzi soffocati nei dormitori ci si abituava, e il malessere veniva allo scoperto solo quando qualche scherzo crudele si spingeva troppo oltre. Parlarne sarebbe stato inopportuno, se per opportunità si intende una condizione misteriosa fatta di cose da non dire e da non fare. A casa (e casa sua era Home Place) non aveva tardato a capire che la morte di sua madre aveva sconvolto suo padre, Polly e Wills (come facesse poi Wills a essere sconvolto, lui che di sua madre si ricordava appena, non lo sapeva; anche se poi Wills stesso gli aveva detto di aver provato una profonda tristezza) e perciò non se ne poteva parlare, perché sarebbe stato strano. Se c’era una cosa importante che Simon aveva imparato a scuola era che non bisogna mai esporsi. Bisogna essere il più possibile uguali agli altri. Adesso cominciava a temere che quella regola si applicasse anche alla vita fuori dalla scuola. Perché sforzarsi di essere il più possibile uguale agli altri era noioso, oltre che faticoso. Negli ultimi tempi si era accorto che si annoiava quasi sempre. Papà e Jemima erano buoni con lui – be’, molto buoni in realtà, considerando che non era della famiglia: i gemelli avevano la loro vita e Laura era solo una bimbetta. Ladbroke Grove non l’aveva mai considerata casa sua, non come Home Place.

L’unica altra casa nella quale Simon stava volentieri era Fakenham Hall, perché lì c’era Polly. A lei voleva bene più che a chiunque altro e per lei aveva imparato ad apprezzare persino Gerald, che aveva anche il merito di non avergli mai fatto le temute domande di rito: come vanno gli studi e cosa vuoi fare dopo.

Aveva trascorso un mese da loro: Neville non aveva bisogno di lui e loro non andavano da nessuna parte perché Polly aspettava un altro bambino. Avevano deciso di dare una sistemata a una parte del loro enorme e selvaggio giardino, il che voleva dire eradicare un mucchio di cespugli già mezzi secchi e bruciarli. Non avevano chiesto il suo aiuto, ma lui si era comunque offerto e aveva scoperto che quel lavoro gli piaceva. Nelle giornate di brutto tempo suonava il vecchio Broadwood che era in una delle stanze inutilizzate. Aveva la cassa di legno satinato ed era scordatissimo, ma lui poteva suonare senza farsi sentire da nessuno. Polly aveva chiamato un accordatore per sistemarlo e lui si era messo a comporre in gran segreto una sonata che intendeva dedicarle. Ma era un agosto caldo e assolato e Simon si era accorto che desiderava solo restare a letto il più a lungo possibile per semplice mancanza di alternative interessanti. Gerald aveva un libro di giardinaggio e insieme si erano messi a potare la logora siepe di bossi e, sull’onda dell’entusiasmo, gli altri arbusti. Si portavano il pranzo al sacco preparato da Polly e dalla vecchia Nan, tutte cose buonissime come tramezzini freddi con la salsiccia, tortine alle mele, fichi e uva raccolti nella vecchia serra cadente, il tutto accompagnato da sidro e dalla limonata fatta da Polly. Per pranzo si univano a loro anche i bambini, e una volta, dopo mangiato, Eliza e Jane avevano insistito perché andassero tutti quanti a vedere gli allenamenti per la loro prima gara di equitazione.

Andrew si era messo a piangere perché non aveva un pony tutto suo. «Ma non potresti andarci comunque, Andrew», gli disse Jane, ed Eliza rincarò: «Non c’è un pony abbastanza piccolo per te».

Gerald allora aveva detto: «Io sono un pony molto piccolo. Puoi cavalcare me». E si era messo a correre bocconi su e giù per il campo con Andrew in groppa, facendo gli inchini e tentando perfino qualche salto. Dopo un po’ era rosso come un pomodoro e senza fiato, e Andrew rideva deliziato e chiedeva di farlo ancora, ma Polly disse che così poteva bastare e che Gerald sarebbe rimasto chiuso fino a ben oltre l’ora della merenda.

«Chiuso? Come un negozio, intendi?».

«Esattamente».

«Non credo che alle persone succeda come ai negozi, mamma».

Polly era seduta con la schiena contro una quercia ombrosa e Gerald le si era seduto accanto. Sull’onda dell’ispirazione Simon scrisse chiuso su un tovagliolo di carta e lo posò sul petto di Gerald.

«Non sappiamo leggere quella parola», disse Jane. «Riusciamo a leggere solo quelle brevi».

«C’è scritto “chiuso” e sono certo che potete leggerlo, se vi impegnate».

Alla fine Simon si offrì di accompagnare le bambine a levare le selle ai loro pony grassocci e sudati e a riportarli nel loro campo. Andrew insistette per andarci anche lui. Ne ricavò sorrisi di gratitudine da parte dei genitori. «Credo che fino alle cinque saremo tutti fuori combattimento», disse Gerald. «Dopo avremo un po’ di fresco».

Lui e le piccole avevano appena finito di togliere le selle a Buttercup e Bluebell e stavano aprendo il cancelletto del campo, quando comparve Nan annunciando che per i bambini era arrivata l’ora del riposino. La notizia scatenò un’ondata di proteste, e le gemelle dissero che Andrew doveva andarci per primo. «Lui deve dormire più di noi».

«Sbrigatevi a togliere i finimenti alle bestie e venite a casa. Non ho intenzione di discuterne ancora. Fate come vi è stato detto». Stette a guardare mentre tiravano il paletto e accompagnavano i pony dentro il recinto. Poi tutti e tre la seguirono mesti verso la porta di servizio. Andrew, che aveva tentato la fuga ed era stato riacchiappato da Simon, aveva la mano stretta in quella della tata. «Può dire lei a Milady che i bambini li ho presi io? E che è ora che si metta a gambe in su?».

Le assicurò che glielo avrebbe detto e tornò alla quercia, dove li trovò che dormivano mano nella mano. Voleva mettere via gli avanzi del picnic, bruciare altri cespugli, riempire una carriola di erbacce... voleva stupirli con la sua efficienza, diventare un aiuto indispensabile, così da poter restare lì con loro per sempre...

Simon si rese conto che da settimane non si annoiava più. Gli piaceva il lavoro in giardino e soprattutto gli piaceva essere trattato alla pari da Polly e Gerald. Lo avevano coinvolto nelle loro discussioni sul progetto di trasformare una parte di quello strampalato vecchio maniero in un luogo da dare in affitto per ricevimenti ed eventi, lo avevano ringraziato per ogni piccola idea che aveva avuto. Lo trattavano insomma come un membro adulto della famiglia. Cosa vera, del resto. Se davvero poi quel progetto fosse stato messo in atto, di lavoro non ne sarebbe mancato...

Decise di parlarne seriamente con Polly e nel frattempo di continuare con la sua composizione. Allora gli venne in mente, di punto in bianco, la Duchessa. Lei sì che si sarebbe interessata alla sua musica! Però si sarebbe accorta che non era al livello dei grandi compositori. Rifletté sul fatto che forse, per eccellere in una disciplina, bisogna dedicarvisi notte e giorno. Questo escludeva che lui potesse entrare nel novero dei grandi compositori, perché non aveva nessuna voglia di passare la vita davanti al pianoforte a riempire pentagrammi con la sua brutta grafia. Sì, doveva parlare a quattr’occhi con Polly e sapere cosa ne pensava. Senza Gerald, aggiunse fra sé: di una cosa così importante come il suo futuro poteva parlarne solo con una persona alla volta.