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23 giugno 1980

Il temporale si abbatteva furioso su Elizondo. Alla luce di una candela, Juan pregava inginocchiato in bagno. Si rendeva conto che non era il posto più adatto per rivolgere la parola a Dio, ma lui era un uomo all’antica e si vergognava a farsi vedere in quello stato. Umiliato, morto di paura, e con gli occhi gonfi di lacrime.

Verso le nove di sera, Rosario gli aveva chiesto di portare le piccole a casa della madre, e lungo la strada le bambine si erano fermate mille volte, affascinate dai falò che i ragazzi più grandicelli cominciavano ad accendere un po’ ovunque. Nel frattempo, lei aveva chiamato il dottor Hidalgo, e dal suo arrivo erano passate più di tre ore. Erano usciti dalla stanza solo per chiedere delle candele quando era andata via la luce, all’incirca un’ora prima, e lui non sopportava più lo spettrale silenzio della casa dopo le urla spaventose della moglie. Esiliato nel bagno, alla fine aveva dovuto arrendersi e adesso pregava Dio a mani giunte che andasse tutto bene. Rosario era stata così strana, aveva ignorato le raccomandazioni del dottor Hidalgo e si era rifiutata di andare in ospedale, neanche per fare un’ecografia, nonostante i possibili rischi di una gravidanza gemellare. Aveva deciso di partorire a casa come le due volte precedenti e non gli aveva neanche permesso di rivelare ai parenti che aspettavano due bambini.

Sentì bussare alla porta e subito dopo la voce rassicurante del dottor Hidalgo.

«Juan, sei lì?»

Si alzò di scatto, scoprendosi allo specchio gli occhi arrossati e il viso deformato dai riflessi della candela.

«Sì, vengo subito», rispose aprendo il rubinetto per rinfrescarsi il viso. Uscì tenendo ancora la salvietta in mano. «Sta bene Rosario?»

«Sì, tranquillo, lei sta bene e anche le bambine. Due belle bimbe sane e forti, Juan, congratulazioni!» gli disse, porgendogli una mano che odorava di disinfettante.

Juan la strinse tra le sue, tutto sorridente.

«Posso vederle?»

«Aspetta un momento, mia sorella sta ancora finendo di pulirla e sistemarla, tra un attimo puoi entrare».

«Altre due figlie, si vede che so fare solo femmine…» Juan non la smetteva di sorridere. «Ci beviamo un goccio?» propose.

Il dottor Hidalgo sorrise.

«Uno solo: ho altre due signore che stanno per partorire, e non vorrei che si mettessero tutte d’accordo per farlo proprio stanotte: sai come si dice, se la luna muove il mare, gli acquazzoni muovono il fiume…»

Juan prese due bicchierini e versò in ognuno un dito di whisky.

Fina Hidalgo si affacciò alla porta, e Juan fece subito per posare il bicchiere.

«Tranquillo, bevi pure con calma e aspetta un momento: Rosario è sfinita e non andrà da nessuna parte».

Ma Juan si scolò il whisky d’un sorso e si precipitò in corridoio.

«Aspetta», lo trattenne lei, «non è ancora pronta: voleva cambiarsi la camicia da notte, dalle ancora un minuto».

Ma lui non ce la faceva più ad aspettare. Cosa voleva saperne quella zitellona? Aveva visto sua moglie nuda mille volte, altrimenti secondo Fina Hidalgo come avrebbe fatto a metterla incinta?

Juan si liberò dalla sua presa sorridendo, ma lei lo afferrò di nuovo per un braccio, tenendolo fermo.

«Dalle un minuto», lo supplicò.

Il sorriso di Juan scomparve, nello stesso momento in cui il dottor Hidalgo si avvicinava.

«Fina, si può sapere che ti prende? Lascialo andare dalla moglie!»

 

La stanza era impregnata di un odore intenso e caldo, sangue e sudore mescolati all’effluvio acre e pungente del disinfettante. Rosario, con una camicia da notte pulita, era china sulle gemelline. Juan sorrise sconcertato di fronte all’espressione che si dipingeva sul viso della moglie appena lo vide. Rosario teneva in mano un cuscinetto di raso che di solito decorava il letto e lo premeva contro il naso di una delle due piccole.

«Rosario, Dio mio, ma che fai?» le urlò, dandole uno spintone per allontanarla dalla culletta.

Rosario era una donna forte, ma indebolita com’era dal parto cadde sul letto e rimase a fissarlo con aria serissima, senza emettere un lamento né dire una parola.

Juan tolse il cuscino dal viso della figlia, che riprese fiato e scoppiò subito a piangere.

«Oh, Dio mio! Oh, Dio mio!» gridava disperato.

Il dottor Hidalgo gli strappò la bimba dalle braccia, toccandole il nasino e infilandole il mignolo in bocca per accertarsi che non avesse ingerito nulla. La creaturina singhiozzava a più non posso contorcendo il viso in smorfie furiose.

«Sta bene, Juan, sta bene, la bimba sta bene».

Ma lui non sembrava dargli retta, si limitava a fissare la sua bimba scrollando la testa. Allora il dottor Hidalgo gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo.

«Sta bene, Juan, senti come piange, sta bene, non le è successo niente! Quando un neonato piange così vuol dire che va tutto bene!»

Alla fine sembrò aver capito. Il suo viso si rilassò un istante, ma si girò subito verso l’altra culletta. La bimba non piangeva. Era immobile, con i pugnetti socchiusi ai due lati della testa e le palpebre serrate. Juan allungò una mano verso di lei e ancor prima di toccarla capì che era morta.