CLARA SÁNCHEZ


L’autrice rivelazione degli ultimi anni.
Da oltre un anno al vertice della classifica dei bestseller.

ALCUNE DOMANDE ALL’AUTRICE

Dall’intervista a cura di V. Valensise, «Albatros Magazine», 2/2011

Quali sono gli autori che hanno colpito in modo forte la tua vita e la tua scrittura?

Sono stati davvero tanti gli autori che hanno influito sulla mia scrittura. Mi definisco come una scrittrice esistenzialista. Il mio punto di partenza potrebbe essere rappresentato da La metamorfosi di Kafka e il mio punto d’arrivo da Natalia Ginzburg. Quello che faccio è scrivere sul mondo contemporaneo esattamente come questi autori, e sull’angoscia che dà il vivere nel mondo di oggi.

Cosa ne penseresti se uno dei tuoi libri diventasse una trasposizione cinematografica?

Dipende da quello che potrà essere il risultato. Sono molto interessata, ma preoccupata, perché credo che sia indispensabile che la sceneggiatura mantenga e riporti la stessa atmosfera del libro. Quando racconto una storia ad altri voglio che sia una storia che nessun altro possa raccontare in altro modo.

Dall’intervista a cura di G. Broggi, 4/2011

Che rapporto hai con i tuoi personaggi? Ce n’è qualcuno che ha seguito un destino diverso da quello pensato in origine?

Non decido mai il destino dei mie personaggi a priori. Lascio che se lo creino da soli.

Il messaggio che vorresti trasmettere ai tuoi lettori?

Che tutti noi siamo molto più coraggiosi di quanto crediamo. Ma che dobbiamo avere anche il coraggio di mettere in pratica questo coraggio.

Dall’intervista a cura di B. Piña, «Qué Leer», 2/2008

Sei una scrittrice del mondo delle emozioni. Che cosa ti interessa di più di questo universo?

Le emozioni sono esperienza di ogni giorno. Menzogna, inganno, sfiducia sono accompagnati in gradi diversi dall’odio. Però l’emozione più grande è l’amore, perché l’amore è meno viscerale del suo opposto, l’odio. Apprezzare e amare qualcuno richiede da parte nostra tanta energia perché dobbiamo vincere con la volontà la pigrizia e l’indifferenza, ma poi siamo travolti dall’entusiasmo.

Dall’intervista a cura di M. Aznárez, «El País», 16/2/2008

Sei spesso definita una scrittrice intimista, un aggettivo che viene associato per lo più alle donne. Ti infastidisce?

Ho smesso di combattere contro queste etichette e ho deciso che è meglio pensare ad altro. Ci sono anche scrittrici eccezionali come Carson McCullers, Willa Cather o Ginzburg, che meraviglia!, che donne! Non so cosa sia la letteratura intimista, perché tutto viene dell’intimo di sé stessi, si scriva quello che si scriva, a meno che non si finga, perché allora manca la tua sensibilità e la tua dimensione morale. La letteratura è come uno specchio per lo scrittore. E questo vale per le donne come per gli uomini, perché l’atto dello scrivere è unico: ciò che conta è la singolarità di ognuno.

Sei una scrittrice che, cosa per niente facile, vive di letteratura. Ti immaginavi così quando da bambina correvi nei prati di Guadalajara o Albacete?

Questo è un cammino molto arduo e finché non arrivi alla fine non puoi sapere se hai dato il meglio di te. Io mi sono sempre sentita una scrittrice, ma decidere di pubblicare, di vivere la vita della scrittrice, è una cosa diversa. A quattro anni ho vissuto in una stazione perché mio padre era un ferroviere e lì credo di essere diventata una scrittrice. Non si può immaginare quella vita, la ricordo come fosse ieri, era assolutamente incredibile! La mia esistenza non si è svolta in modo regolare, l’unica cosa che in mezzo a tutto ha seguito un suo filo continuo è stata la scrittura, la letteratura.