23.
LA PROMESSA DI VERÓNICA
A Laura piaceva il mio anello, e il fatto che le piacesse mi fece tornare in mente Mateo. Adesso però lui era il ricordo di un passato molto lontano, che non aveva niente a che vedere con Laura né con mia madre malata. Mio padre lavorava pochissimo. Disse alla mamma che si stava prendendo una parte delle vacanze che non aveva fatto d’estate e che l’ospedale aveva sfinito anche lui. Mi sembrò un brutto segno che si dedicasse a farle costantemente compagnia. Sembrava che non volesse abbandonarla di nuovo in un altro momento critico della sua vita. Da parte mia, si supponeva che frequentassi l’università, perciò vendevo il maggior numero di prodotti possibile e stringevo il cerchio intorno a Laura. Ora o mai più. Non volevo più ombre nella nostra vita e forse avrei potuto dissipare quelle di mia madre per sempre.
Ana a volte veniva a trovarci, e questo era apprezzabile nella nostra situazione, ma mi sembrò esagerato ritrovarmela alterata, agitata e con una faccia che non sembrava la sua sulla soglia del cancello quando stavo uscendo per andare ad affrontare Laura per la seconda volta. Volevo aspettarla davanti al negozio per accompagnarla fino al conservatorio e, se non l’avessi vista, l’avrei aspettata alla fine delle lezioni. Sentivo che il meccanismo era entrato in funzione e, se si fosse fermato, sarebbe stato per sempre.
Ana non aveva portato Gus. Non aveva parcheggiato con precisione millimetrica come era normale per lei. Queste circostanze, se non avessi appena visto la mamma tutta assorta nella telenovela con mio padre al suo fianco, mi avrebbero allarmato.
«Ciao, tesoro», esordì dandomi un bacio. «Dove vai così di fretta?»
«La mamma sta bene», dissi per tutta risposta.
Mi prese per un braccio. «Perché non torni in casa e non prepariamo un tè? A Betty farebbe piacere vederci tutti insieme.»
«Non posso. Ho appuntamento con un ragazzo.»
«Non credi che adesso la priorità, la cosa più urgente, sia Betty?»
Ci guardammo senza pietà. Non capivo perché insistesse per farmi rimanere a casa.
«Non vorrei che in questo momento ti distraessi con cose poco importanti e poi te ne pentissi. Il senso di colpa è il peggior sentimento che una persona possa avere.»
Per un attimo mi fece dubitare e mi sentii in colpa perché non passavo tutto il tempo con mia madre e perché non potevo tenere fede alla promessa che le avevo fatto senza che lei lo sapesse.
«Ciao, Ana, grazie per essere venuta. Alla mamma fa un gran piacere.»