Capitolo 32

James

Abbiamo inviato sulla Terra le riprese video del drone messo fuori uso dall’oggetto alieno. Grigorij, Harry e io abbiamo discusso per ore sulle possibili cause. Le ipotesi più plausibili sono le radiazioni o qualche sorta di particella carica. Abbiamo deciso di rafforzare la flotta Midway contro simili attacchi, ma non sappiamo se funzionerà.

Charlotte ha trascorso ogni ora di veglia studiando senza successo il messaggio trasmesso dalla nave aliena. Sono contento che ci stia provando ma, per quanto sia brillante, dubito che riuscirà a decifrarlo.

Penso di sapere cosa è successo. Il drone di comunicazione ha trasmesso un semplice messaggio. L’oggetto alieno ha creduto che si trattasse di uno dei suoi, un messaggero, e ha trasmesso il numero successivo di Fibonacci, e poi un messaggio criptato nel suo formato nativo. Quando il drone non ha risposto nello stesso linguaggio, l’oggetto alieno ha capito che non faceva parte dello stesso team.

Il dibattito sulla prossima mossa è sorprendentemente breve. Abbiamo inviato di nuovo il drone esploratore alla flotta Giano. Darà al drone d’attacco il segnale per azionare i cannoni contro Beta. Abbiamo deciso di prelevare un campione più grande dell’oggetto alieno, di quasi due metri quadri, se i cannoni riusciranno a intaccarlo, e il drone di trasporto porterà il campione sulla Terra. Mentre seguivamo il lancio nella bolla, ho pensato che quel campione sarebbe stato il primo artefatto alieno riportato sulla Terra: un pezzo di quello che pensiamo sia un nemico, un invasore, prelevato al solo scopo di studiarlo per poterci difendere.

Da quando ho visto il video, ho pensato molto all’oggetto alieno. Il materiale esterno è chiaramente pieghevole, o perlomeno suddiviso in segmenti abbastanza piccoli da poter creare la forma che abbiamo visto. Durante la missione l’equipaggio non ha mai smesso di chiedersi cosa fossero quegli oggetti alieni. Potevano essere creature viventi che fluttuavano nello spazio? Oppure erano macchine, simili ai droni che avevamo lanciato? O una nave spaziale il cui equipaggio era composto da esseri molto più piccoli di noi? Non ho alcun indizio per stabilirlo con certezza.

Ma presto lo saprò.

L’umore sulla Pax è cambiato. I membri dell’equipaggio parlano e sorridono di meno. Le conversazioni sono più brevi. C’è un’urgenza, una tensione nell’aria. Era così che dovevano sentirsi a Pearl Harbor e in tutta l’America dopo l’attacco. Abbiamo un presagio. Sappiamo che ci aspetta una battaglia. E sappiamo che, anche se non potremo mai essere pronti a combatterla, dal suo destino dipenderà quello dei nostri cari e di tutta l’umanità.

Capisco che Emma possa sentirsi tradita perché non l’ho messa al corrente dei miei sospetti. Ma spero che adesso mi capisca. Il peso era – ed è – troppo grande. Adesso che tutti lo sanno, ci sentiamo schiacciare dalla responsabilità delle nostre decisioni. Ed Emma ha già sulle spalle quella della morte dell’equipaggio della stazione spaziale. So che la sta divorando, anche se lei non lo ammetterebbe, forse nemmeno a se stessa.

So anche che Emma è preoccupata per la sorella e la sua famiglia. Ha registrato per loro un videomessaggio che abbiamo inviato sulla Terra insieme alle riprese del drone. Tutto l’equipaggio ha registrato un video da spedire a casa. Non so cosa abbia detto la maggior parte di loro – parlavano in cinese, giapponese, tedesco e russo – ma i messaggi di Emma, Harry e Charlotte ai loro cari dicevano tutti la stessa cosa: andate in un luogo sicuro, resistete, vi voglio bene.

Sono l’unico membro dell’equipaggio che non ha inviato un messaggio. Per un po’ ho pensato di mandarne uno a mio fratello, ma poi mi sono detto che forse non l’avrebbe nemmeno visto. Non vuole avere mie notizie. Se questa è davvero la fine, devo rispettare i suoi desideri e lasciarlo in pace.

Vorrei disperatamente contattare il mio unico amico, Oscar, ma non posso rivelare dove si trova. Sarebbe un altro tipo di tradimento.

Ci riuniamo nella bolla per il lancio della flotta Midway. La nave vibra e si scuote mentre il cannone lancia i droni, che scompaiono nel buio dello spazio prima che riusciamo a vederli sullo schermo. Guardiamo semplicemente i numeri succedersi sul display per assicurarci che tutti i sistemi funzionino.

I droni si allontaneranno dal Sole per cercare la nave madre che ha inviato gli oggetti misteriosi… Se quella nave esiste davvero. Questo implica che il vettore di lancio si trova alle nostre spalle e quindi, a differenza della flotta Giano, il rinculo del cannone ci sta spingendo in avanti. Per favorire questo effetto, Grigorij ha incrementato l’energia dei lanci. Mi chiedo se non ne stia usando troppa, compromettendo il ritorno della nave sulla Terra. Forse ci resta abbastanza energia per rispedire sulla Terra una capsula di salvataggio, ma non sono sicuro nemmeno di questo. Usare l’energia del reattore è una decisione che non abbiamo discusso, ma è stata presa automaticamente. Conosciamo tutti la verità: dobbiamo restare quassù. Siamo in guerra. Dobbiamo scoprire dove si trova e su cosa può contare il nemico. Le nostre vite sono meno importanti di questo.

In qualche modo, penso che tutti sapessimo che era un viaggio di sola andata. E adesso non ci sono più dubbi.

Non torneremo a casa.

Lina è molto brillante. Ha ideato un algoritmo di compressione che permetterà alle placche di comunicazione di trasmettere immagini dell’oggetto. Ha capito che non c’è bisogno di alta risoluzione per sapere cosa sta succedendo – in larga parte perché nello spazio tutto è nero. Ha deciso quindi di scattare un’immagine completa, senza però memorizzare i pixel neri o quasi neri. I droni prenderanno nota soltanto della posizione, e poi il software aggiungerà il Sole e le stelle sullo sfondo. Una volta stabilita l’immagine iniziale, il drone si limiterà a trasmettere quelli che Lina chiama “delta caps”: immagini parziali che registrano i cambiamenti di quella originale.

Il vantaggio principale è che potremo vedere le “immagini” in tempo reale. Allineeremo tutti i droni esploratori a nostra disposizione per ritrasmettere i dati e così, anche se saremo fuori dalla visuale o molto lontano dall’oggetto, potremo vedere esattamente cosa succede.

Quegli oggetti stanno uccidendo il nostro mondo, ma presto passeremo al contrattacco. E saremo in grado di testimoniarlo.

Stiamo consumando i nostri pasti senza orari precisi, ogni volta che ci viene fame. Mangiare meno e più spesso ci dà più energia, aiutandoci a lavorare senza posa. Quando ci incrociamo nella bolla o lungo i corridoi, siamo quasi sempre a testa bassa, concentrati sul nostro lavoro. Ci stiamo separando, come pianeti che ruotavano attorno a una stella diventata supernova, che li ha scagliati in direzioni diverse, bruciati e ammaccati.

A Izumi questo non piace. Ci ha convocati nella bolla per mangiare tutti insieme e sfruttiamo l’occasione per sollevare l’interrogativo che ci assilla tutti: cosa succederà dopo che avremo staccato un pezzo dell’oggetto?

«È chiaro», risponde Grigorij. «Appena il campione sarà fuori dal raggio dell’esplosione, spareremo una carica nucleare dalla Fornax».

«Sono d’accordo», dice Min.

«Anche io», annuisce Lina.

Charlotte inarca le sopracciglia. «So che probabilmente è una domanda stupida, ma come funzionerà la carica nucleare nello spazio?».

Intuisco che Charlotte è sinceramente curiosa e non sembra contraria all’idea.

«È una domanda legittima», risponde pacatamente Harry. Poi lancia un’occhiata a Grigorij, invitandolo a rispondere, visto che è lui lo specialista in questo campo.

Grigorij si stringe nelle spalle. «Naturalmente la carica esploderà. La fissione nucleare non richiede alcun comburente. La domanda è quale sarà la sua forza distruttiva. Sulla Terra, nell’atmosfera, il calore e l’onda d’urto causano la maggior parte delle distruzioni. Ma nel vuoto dello spazio non ci sono né onda d’urto né calore. L’effetto distruttivo sarà causato soltanto dalle radiazioni e dalla nuvola di plasma. L’involucro della carica è stato ottimizzato per creare una nuvola di plasma. Sarà molto, molto distruttiva. E anche estesa».

Charlotte annuisce seccamente. «Grazie». Si morde per un istante il labbro e poi continua: «Sì. Sono d’accordo di usare la carica nucleare. Rimanderei però il lancio. Non mi piace, ma non sono riuscita a decrittare il messaggio. E poiché due sonde sono state distrutte, per non parlare del presunto attacco alla stazione spaziale», fa una pausa e lancia un’occhiata a Emma, che non reagisce, «penso sia chiaro che l’oggetto è ostile».

«Per me», dice Min, «il fatto che la radiazione solare sia quasi nominale nelle regioni dello spazio al di fuori della Terra è molto eloquente».

«Sì», concorda Charlotte. «C’è anche questo. Dobbiamo scoprire tutto quello che possiamo. Compreso come distruggerli».

Non aspetto il resto. Non ce n’è bisogno. L’equipaggio è stremato e preoccupato, ma concordiamo su come reagire.

«La domanda è quando». Aspetto, ma nessuno dice nulla. «Penso che dovremo sparare la carica nucleare subito dopo avere prelevato il campione dell’oggetto. Non dobbiamo lasciargli il tempo di inviare un messaggio o svignarsela. Riusciremo a vederlo attraverso la linea di droni ideata da Lina. Riceveremo le immagini prima dell’esplosione e al momento dell’impatto».

«E dopo?», chiede Izumi.

«Per un po’ non vedremo nulla. L’esplosione neutralizzerà i droni di comunicazione, ma a quel punto la Pax sarà abbastanza lontana. Riceveremo comunque qualche radiazione. Dopo l’esplosione invieremo una flotta di droni di osservazione per verificare l’effetto».

Siamo tutti d’accordo sul piano. Dichiareremo guerra all’oggetto. Le ore si susseguono come un conto alla rovescia di un evento che potrà cambiare il corso della storia umana.

Scopriamo di avere abbastanza componenti di ricambio dei droni per due linee di relay di comunicazione: una con Beta e una con la Fornax. Durante la battaglia avremo immagini di entrambe in tempo reale.

Nella bolla ci sono due grandi schermate dei conti alla rovescia.

Tempo di attivazione linea con Fornax

2:32:10

Tempo di attivazione linea con oggetto alieno

7:21:39

Ho bisogno di dormire. Sono allo stremo. Ma non posso. I miei nervi tesi sono come il ronzio di una sveglia che mi suona nella testa.

C’è un’altra cosa che devo fare. Mentre fluttuo verso il laboratorio, sento la voce di Emma, forte e distinta. Non sta parlando con qualcun altro nel laboratorio, il suo tono è troppo alto. Una registrazione, forse?

«Pronto, signor Perez. Il mio nome è Emma Matthews. Ero il comandante di missione della stazione spaziale quando è avvenuta la catastrofe. Voglio farle sapere quanto mi dispiace per la sua perdita. Sua figlia era per me un’amica meravigliosa, oltre che una brillante scienziata. Era anche la più grande burlona a bordo della stazione. Ricordo quando…».

Scoppia a ridere e poi subito dopo si mette a piangere finché non riprende fiato. «Fine registrazione. Cancellare file. Nuova registrazione».

Ho raggiunto il portello del laboratorio, che è socchiuso. Harry mi fluttua accanto. Ha deciso anche lui di non entrare.

Gli faccio un cenno con il capo e ci allontaniamo insieme.

Nello spazio attrezzato a palestra salgo su una cyclette e pedalo mentre lui fa esercizi con le bande di resistenza.

«Come pensi che andrà a finire, James?»

«Onestamente, non lo so».

Quando torno in laboratorio c’è silenzio. Emma pedala sotto il piano di lavoro e digita sul tablet.

Mi guarda con gli occhi iniettati di sangue e sorride.

«Ciao».

«Ciao. Come va?».

È la domanda più stupida che avrei potuto farle, ma sono nervoso e non so perché.

«Bene», risponde lei. «Ho appena finito dei video e delle lettere che vorrei spedire sulla Terra. Immagino ci sia posto nel prossimo invio».

«Certo. Le immagini di Lina non pesano molto e non abbiamo molti altri dati».

«Bene».

«Volevo soltanto dirti una cosa prima che raggiungiamo l’oggetto».

Lei smette di digitare e di pedalare. Imbarazzata.

«Io, ehm, prima, quando ero così… categorico sui tuoi esercizi, ero soltanto preoccupato per te. Non voglio che ci sia alcun disaccordo o conflitto tra di noi. Non adesso. Non alla fine… no, non la fine. Non voglio che ci siano tensioni prima di quello che stiamo per fare».

«James, so perché lo dici. E l’apprezzo. Ti apprezzo ancora di più per questo. Sto bene con te».

Mi si avvicina e mi abbraccia. Per un lungo istante restiamo stretti l’uno all’altra. Non voglio staccarmi. E neanche lei.

Nella bolla, ci allacciamo al tavolo. Siamo tutti tesi in volto, come una giuria pronta a esaminare le prove in un processo per un delitto capitale.

Sugli schermi sta procedendo il conto alla rovescia:

Tempo di attivazione linea con Fornax

015:04

Tempo di attivazione linea con oggetto alieno

5:04:33

Nel laboratorio di ingegneria Harry sta conversando con Grigorij. Izumi e Min, affacciati al portello, li stanno ascoltando dandomi le spalle.

«C’è a malapena abbastanza carburante», borbotta Grigorij.

Min si volta e quando mi vede sobbalza. «James», dice a voce alta.

«Ehi».

Mi fissano tutti, sorpresi.

«Cosa succede?».

Harry inarca le sopracciglia.

«Stiamo controllando il piano di volo e il carburante del drone che recupererà il campione dell’oggetto».

Il lancio del drone è previsto tra dieci minuti, è per questo che sono venuto a cercare Harry. Abbiamo già fatto quei calcoli centinaia di volte.

C’è sotto qualcosa.

Abbiamo le immagini della Fornax e possiamo comunicare con loro in tempo reale. Soltanto comunicazioni testuali, però, video e audioconferenze non sono possibili con la bassa lunghezza di banda del relay di droni. Ma abbiamo sincronizzato il nostro piano e gli orologi del conto alla rovescia.

So che dovrei dormire, ma non ci riesco. Seduto nel laboratorio, cerco di pensare se ho dimenticato qualcosa.

Emma si ferma un attimo sulla porta e poi entra.

«Anche io voglio dirti qualcosa prima dell’attacco».

«Cioè?», dico raddrizzandomi.

«Grazie per avermi salvata».

Annuisco. Non ero sicuro di cosa avrebbe detto. Mi sento… deluso? È questo che provo?

«Sono felice di averlo potuto fare», riesco a dire. «Felice che sia stato il mio modulo ad approdare vicino alla tua capsula».

«Anche io sono felice».

Mi si avvicina. Credo stia per abbracciarmi, ma invece posa le mani sulle mie spalle e si muove lentamente verso di me. Poi accosta le labbra alla mia fronte e mi dà un bacio.

Per prepararci al peggio, indossiamo tutti le tute EMU. Non infiliamo caschi e guanti, ma li teniamo a portata di mano. È una precauzione in più – là fuori non c’è nessuno che potrà salvarci – ma Emma insiste affinché lo facciamo. Si sente ancora in colpa per la stazione spaziale. Se questo può aiutarla a stare meglio, non ho nulla in contrario. E nemmeno gli altri. Ormai Emma fa parte della famiglia.

Ci riuniamo nella bolla, ognuno con il proprio tablet, e ci allacciamo al tavolo con gli occhi incollati al grande schermo.

Appaiono le prime immagini dell’oggetto. È come nel primo video, un esagono nero alla deriva verso il Sole.

Lo schermo si divide e sulla destra appare la Fornax. Per la sicurezza di entrambe le navi, ci teniamo a una certa distanza, mantenendo i contatti in tempo reale.

«C’è qualche problema?», chiedo a Grigorij e Harry.

Grigorij scuote la testa.

«Tutto a posto», dice Harry.

«Facciamo un controllo del sistema della Fornax», chiedo a Lina.

«Sono pronti», risponde lei dopo avere controllato sul tablet.

«Azionate il drone di intervento».

Ho appena ordinato il primo attacco contro un’entità aliena. È surreale.

Gli occhi di Emma incrociano i miei e poi fissiamo entrambi lo schermo. Ogni secondo sembra durare un’eternità.

Un lampo illumina lo schermo. I droni stanno sparando. Un segmento si stacca dall’oggetto alieno e fluttua nello spazio.

«Prelievo del campione eseguito», dice Lina in tono piatto.

«Recupero in corso», dichiara Harry. «Tempo stimato per il lancio della carica nucleare: 93 secondi».

«Ho informato la Fornax», dice Lina. «Confermano la sincronizzazione del conto alla rovescia».

I secondi passano inesorabilmente. Non posso fare altro che aspettare, sperando che il nostro piano funzioni.

Sotto il tavolo, una mano mi stringe le dita. È calda, umida e più piccola della mia. È di Emma. Le lancio un’occhiata, ma lei evita il contatto oculare.

«La Fornax sta sparando», dice Emma. «Tempo stimato per l’impatto: 37 secondi».

Riesco a malapena a respirare. Il tempo si è dilatato, l’assenza di gravità e il silenzio peggiorano le cose. Ho perso il senso del tempo, non provo alcuna emozione tranne la mano di Emma che stringe la mia.

Il conto alla rovescia prosegue.

12

11

10

9

8

7

6

Sullo schermo l’oggetto alieno si ripiega su se stesso emettendo un lampo di luce.

«Fornax! Manovre elusive!», urlo.

Ma è troppo tardi. Una vampata bianca attraversa la nave squarciandola come una lattina di soda.

L’oggetto non cambia forma. Diventa bianco come un attizzatoio incandescente che fluttua nello spazio. Il conto alla rovescia è arrivato a 3 quando l’oggetto alieno lampeggia e lo schermo diventa bianco.

«Mettetevi i caschi», urla Emma. Non l’ho mai sentita parlare così forte. «E anche i guanti», aggiunge lanciandomi il casco.

«Preparatevi all’impatto», dice prima di allacciarsi il casco e aiutarmi a fare lo stesso con il mio.

Mi infilo i guanti mentre la nave ondeggia, scaraventandomi contro una parete. La cintura che mi ancora al tavolo si tende, facendomi schizzare indietro come uno yo-yo. Fuori dall’oblò un modulo del braccio robotico si stacca e fluttua nello spazio come un silos sollevato in aria da un tornado.

Tutto l’equipaggio è allacciato al tavolo della bolla. Il silenzio è rotto soltanto dal sibilo dell’aria nella tuta che si sta pressurizzando. Sento un odore dolciastro. C’è qualcosa che non funziona? L’ultima volta che era stata pressurizzata, prima del lancio, quell’odore non c’era.

Giro la testa e mi si appanna la vista. Come se fossi ubriaco. O drogato.

Emma fluttua a un paio di metri da me, anche lei è allacciata al tavolo e il suo sguardo è offuscato. Non si muove, sembra che abbia perso conoscenza.

Mi ancoro con i piedi alla parete e cerco di spingermi verso di lei. Ma le mie gambe non collaborano. Cosa mi sta succedendo?

Mi aggrappo al tavolo e mi spingo in avanti.

Una mano guantata afferra la mia. Harry mi fluttua davanti. Non riesco a sentire, ma leggo i movimenti delle sue labbra.

«Mi dispiace».